venerdì 18 luglio 2025

Un altro capitalismo

 

Norbert Wiener (1894-1964), matematico statunitense dalla faccia simpatica e affascinato dalle macchine calcolatrici, coniò un neologismo: cibernetica. Parola dalla quale poi derivarono una molteplicità di termini con radice cyber, fino a collassare con “cybersesso”.

Norbert Wiener è stato un pensatore dell’informazione e della comunicazione. Fu durante la progettazione del primo cannone antiaereo che concettualizzò il feedback, la retroazione, ovvero il momento in cui un essere vivente o una macchina tiene conto del risultato della propria azione per adattare le azioni successive.

Questa nozione avrebbe avuto implicazioni in tutti i campi, inclusi la psicologia e i modelli di organizzazione sociale. Persino Lacan – quello che sottoponeva ad elettrochoc Dora Maar, l’amante di Picasso che il cosiddetto artista non mancava di riempire di botte – parlava di retroazione nei circuiti dei significanti.

Il padre di Norbert, Leo Wiener, un ebreo russo emigrato negli Stati Uniti, fondò una colonia vegetariana. Attivista contro il maltrattamento degli animali, Leo Wiener insegnava lingue slave ad Harvard. Determinato a fare di suo figlio un genio, lo istruì a casa con un programma di studi molto impegnativo. Il suo metodo: insulti e accanimento.

Obbligò il figlio a leggere ogni libro della biblioteca di famiglia, tra i quali molti opuscoli anti-vivisezione. Il piccolo Norbert imparò a leggere a 4 anni e diventò miope. Entrò all’università a 11 anni e conseguì una laurea in matematica avanzata a 14: scelse la matematica perché era l’unica materia in cui suo padre non poteva permettersi di ingerirsi.

A 18 anni, conseguì il dottorato di ricerca ad Harvard. Lavorò per la General Electric e si occupò di balistica presso un poligono militare fino alla fine della prima guerra mondiale. Nominato professore di matematica al MIT, negli anni Venti frequentò anche diverse università europee, lavorando con importanti matematici.

Durante la II GM, pare si sia rifiutato di partecipare al Progetto Manhattan. Partecipò invece alle Conferenze Macy, che riunivano neurologi, logici, economisti e antropologi. Fu in questo contesto che coniò il termine “cibernetica”, che dal greco antico significa pilotare, dirigere, governare. Wiener definisce la cibernetica come la “scienza del governo”.

Una scienza che comprende tutte le teorie relative al controllo, alla regolazione e alla comunicazione negli esseri viventi e nelle macchine. Il suo libro Cybernetics or Control and Communication in the Animal and the Machine fu un bestseller, nonostante fosse pieno di equazioni e diagrammi.

Se Alan Turing e Claude Shannon erano degli sfrenati fanatici delle “macchine”, Norbert Wiener ebbe parole virulente contro la scienza e la tecnologia. Due anni dopo, pubblicò The Human Use of Human Beings: “Voglio dedicare questo libro a una protesta contro l’uso disumano degli esseri umani”. Insomma, le intenzioni erano buone, anche se il costrutto risentiva dell’impostazione idealistica borghese.

Scrisse: “La cibernetica è un’arma a doppio taglio; prima o poi ti ferirà profondamente”; e considerò che una macchina è come un bambino, una creatura al tempo stesso plasmata e mutilata dal suo creatore, disponibile ma sempre pronta a rivoltarsi contro di lui.

Norbert credeva che le macchine potessero diventare intelligenti combinando feedback e potenza di calcolo. Oggi, questo concetto di feedback è alla base dell’addestramento dell’intelligenza artificiale: parliamo di “apprendimento automatico” e di “feedback umano”, quando gli esseri umani aiutano un algoritmo ad adattare le sue risposte.

Federico Faggin, nella sua autobiografia (Silicio. Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza, Mondadori, 2025)), rileva: «Oggi c’è molta speculazione su un possibile futuro in cui l’umanità sarà sorpassata o addirittura distrutta dalle macchine intelligenti. [...] In tutte queste proiezioni, si prende come dato di fatto che sarà possibile realizzare macchine autonome e intelligenti in un futuro non troppo lontano: macchine uguali se non migliori di noi. Ma questa supposizione è corretta? Il mio pensiero è che la vera intelligenza richiede coscienza, e che la coscienza è qualcosa che le nostre macchine digitali non hanno, e non avranno mai».

Faggin, fisico e imprenditore, inventore del microprocessore, del touchpad e del touchscreen, è un teorico della cosiddetta scienza della consapevolezza: «La maggior parte degli scienziati crede che siamo solo macchine: sofisticati sistemi di elaborazione delle informazioni basati su wetware [riferimento all’interazione tra il cervello umano e la tecnologia]. Ecco perché pensano che sarà possibile realizzare macchine che supereranno gli esseri umani. Credono che la coscienza emerga solo dal cervello, che sia prodotta da qualcosa di simile al software che funziona nei nostri computer».

Il razionalismo scientista, supportato in particolare dalle neuroscienze, è un volgarissimo materialismo riducibile a processi meccanici e a processi biochimici o elettrici. Ci porta ad essere tutti dei piccoli Norbert Wiener di 4 anni: potenziati dai nostri computer e smartphone, spinti a essere sempre più efficienti da un padre onnipotente, tutti intrappolati nella rete di Internet. Questo strumento, che utilizziamo per un’infinità di cose, ci consente di dire tutto e il suo contrario, ma ci dice anche: usate pure il mio strumento, però io stabilisco e decido che cosa questo strumento consente.

E infatti non ha prodotto un grande ed effettivo dibattito su ciò che accade. Per esempio, sul capitalismo. Non che cosa era, non cosa è stato, ma che cos’è oggi il capitalismo, che cos’è in questo preciso momento questo tipo di formazione sociale e questo modo di produzione.

I telai non ci sono più e le macchine a vapore sono state sostituite da altre tecnologie più avanzate ed efficienti. E poi anche le fabbriche, le manifestazioni e i tanti operai insieme, che i più anziani di noi ricordano, non esistono più. E conseguentemente anche le forme del potere sono cambiate. Ora è la guerra il polo principale e la politica quello secondario. Siamo in un altro capitalismo, in una società con caratteri assolutamente diversi rispetto a tutti quelli conosciuti nella storia della nostra specie.

C’è chi si rifiuta di capire, ma nella sua forma ideale totalmente compiuta e divenuta, il dominio del capitale sull’insieme così come su ciascun rapporto sociale, significa totale distruzione di ogni forma di vita realmente umana. 

giovedì 17 luglio 2025

Finalmente sappiamo chi è stato

 

Diversi storici israeliani specialisti della Shoah, come Omer Bartov, Amos Goldberg e Daniel Blatman, hanno già descritto la situazione dei palestinesi a Gaza come genocidio.

Dopo decine di migliaia di morti nella Striscia, decine di morti e centinaia di invalidi in Libano, l’ex babysitter della Garbatella si è svegliata e, seppur a parole e senza fatti, dichiara che gli attacchi e gli omicidi “contro i civili sono inaccettabili”. Ci sono molte cattive ragioni per cui Benjamin Netanyahu uccide i civili, ma finora la notizia non era riuscita a passare fino ad arrivare al centro di Roma.

Le “giornate della memoria” hanno prodotto un certo conformismo, tuttavia i politici ci tengono tanto perché vengano celebrate, alla ricerca di una “memoria giusta”. Ultimamente il richiamo al “dovere della memoria” è diventato un vero e proprio mantra politico per quanto riguarda le foibe, ma Marzabotto resta una memoria comunista.

Le giornate della memoria dovrebbero proteggere le nostre società dal rischio di crimini di massa e genocidi, e però i “nostri” leader diventano improvvisamente silenti quando le uniformi degli assassini sono quelle degli israeliani. Sono i sionisti in questo inizio di secolo i campioni mondiali di crimini di massa e i sedicenti statisti europei campioni di cecità.

P.S. : noto oggi alcune decine di visite anomale a un mio post, questo. Mi pare Repubblica abbia pubblicato un servizio sullo stesso argomento. Non potendo, per senso di pudore e igiene, acquistare un quotidiano che appoggia apertamente il genocidio dei palestinesi (per tacere di altro), qualcuno per cortesia sa dirmi qualcosa in proposito? Grasie, fioi.

L'inganno

 

Nei primi anni Sessanta, d’estate mi portavano in montagna. Quasi una punizione. Allora come oggi, tra i monti, la sera mi prende una insopprimibile e sfacciatissima malinconia. Ricordo che dopo cena mi mettevo alla finestra, seguivo le luci dei fari delle automobili cercando d’indovinarne il loro percorso nell’oscurità. A tratti le luci sparivano, inghiottite dai tornanti, poi riapparivano. Non vorrei apparire troppo dolce con questi ricordi adolescenziali, del resto non posso scrivere sempre di Gaza e di Ucraina ... Scrivo per passione, non per trasmettere sensazioni di sgomento e dolore.

Tra le altre amene occupazioni di villeggianti, si andava a raccogliere funghi, poco dopo l’alba, nell’erba umida, tra lo sterco di mucca su cui crescevano piccoli funghi, forse psicotropi (non provateci). I miceti abbondavano: il numero di raccoglitori metodici era abbastanza esiguo, mentre oggi per il semplice dilettante non c’è gioco.

I funghi che mi affascinavano di più erano, manco a dirlo, quelli velenosi e dal nome suggestivo. In cima alla gerarchia del male il porcino di Satana, con il suo grosso stipite rosso, poi l’amanita muscaria, per la sua bellezza fiabesca, e infine il fungo della morte, l’amanita falloide, famosa per la sua discrezione assassina, perché simile ad altri funghi invece edibili.

L’imperatore Claudio pare sia morto avvelenato dai funghi che gli avevano servito. Qualche giorno fa, in Australia, una cinquantenne paffutella è stata giudicata colpevole per triplice omicidio, per aver avvelenato alcuni parenti con dei funghi. I suoi ex suoceri, la sua ex zia e il suo zio acquisito. Solo lo zio, un pastore, sopravvisse. Trascorse due mesi in ospedale e dovette la sua salvezza solo a un trapianto di fegato.

Erin Patterson, questo il nome della Messalina australiana, sembrava avere un buon rapporto con la famiglia del suo ex marito, nonostante avesse scritto in un’email di non sopportarli più (ma le email, come gli SMS, spesso hanno senso solo nel momento in cui vengono scritte). In ogni caso, li aveva invitati tutti per un pranzo del fine settimana. L’ex marito, anche lui invitato, non si presentò.

Erin aveva cucinato un filetto alla Wellington. Non conosco nei dettagli la sua ricetta. Non è chiaro perché questo piatto, di origine francese, prenda il nome dal vincitore di Waterloo, il quale consumava semplicemente un filetto in crosta. Ciò che leggo a tale riguardo in Wikipedia e altrove non mi convince.

In genere viene preparato in modo banale un filetto di manzo in crosta con interstizio di una salsa (con senape!). La mia ricetta è diversa: filetto di manzo tritato a coltello, mescolato con un ripieno di foie gras e salsa duxelles (in pratica finferli o chiodini saltati al burro e aromatizzati con scalogno e altre erbe), il tutto in un pirottino di pasta sfoglia. Accompagnare con un rosso morbido e un sorriso.

Il tracciamento dei cellulari di Erin Patterson (ne aveva diversi) ha permesso di rintracciarne gli spostamenti fino alla zona in cui crescono gli agarichi muscari (le amanite). Il fatto che avesse resettato i dispositivi non giocava a suo favore. Né che avesse un essiccatore contenente tracce di funghi e che stesse cercando di sbarazzarsene. Né che, durante il pasto, si fosse servita su un piatto separato dagli altri. La vicenda ovviamente ha affascinato l’Australia. Sociologi e psicologi si saranno divertiti un mondo e guadagnato qualche dollaro.

Anche i cuochi avevano qualcosa da dire. Si sparlava di Shakespeare (i funghi di mezzanotte), di Agatha Christie. Quest’ultima era stata infermiera e assistente di uno speziale durante la prima guerra mondiale, dunque qualcosa di veleni ne sapeva). In Sento i pollici che prudono, uno stufato di funghi avvelenati è un elemento chiave, e in Il segreto di Chimneys, è di scena una zuppa di salvia e funghi avvelenata.

A me viene in mente un film scritto e diretto da Sofia Coppola che ho visto un po’ di tempo fa: L’inganno. È il remake del film di Don Siegel con Clint Eastwood (1971). Guerra civile americana, un soldato nordista ferito viene accolto e curato in un collegio per giovani ragazze del Sud. A poco a poco, ne seduce diverse dal suo letto, dorme con loro, provocando tensione, gelosia, odio. Il film è deliziosamente misantropo e, bisogna ammetterlo, misogino: se il soldato è un seduttore patetico e cinico, le ragazze sono oche bianche e puttane più o meno eccitate. Finiscono per amputargli una gamba e avvelenarlo con i funghi, poi lo seppelliscono, con discrezione.

mercoledì 16 luglio 2025

L'offerta promozionale

 

Era il giugno dell’anno scorso, le antenne del radiotelescopio ASKAP, nel deserto occidentale australiano, captarono un segnale radio di potenza anomala per un brevissimo istante. Sarebbe stata l’onda più potente catturata dall’Institute for Radio Astronomy della Curtin University nel 2024.

Finalmente li abbiamo intercettati questi alieni. Non resta che invitarli a mettere ordine nei nostri casini, quelli politici e quelli domestici. Eccoli, gli arcangeli di cui parlava quel tale nei Vangeli. Gli astronomi parlano di parsec, gigapianeti, centinaia di gradi sopra o sotto lo zero, o di fondo cosmico a microonde. Eppure, bastano loro solo tre nanosecondi ed è tutto da riscrivere, dai Sumeri ad oggi.

Si pensò che quel misterioso segnale fosse l’annuncio di una nuova, importante scoperta astrofisica. In realtà, proveniva da un vecchio satellite americano dimenticato dal 1967. Spazzatura, insomma. Del resto, ci direbbe oggi Pier Domenico Colosimo, chi avrebbe potuto produrre un simile lampo nelle profondità dello spazio se non un’entità aliena?

Tuttavia i radioastronomi della Curtin University hanno preferito approfondire l’ultima ipotesi di moda riguardo a questo tipo di segnale: quella dei “burst radio veloci”. Si tratta di impulsi radio molto brevi, dell’ordine di pochi millisecondi, scoperti per caso in dati d’archivio nei primi anni di questo millennio.

Non sanno ancora come spiegare queste esplosioni, ma ipotizzano che potrebbero essere associate a stelle di neutroni con un forte campo magnetico. Ipotetiche stelle chiamate “magnetar”, proprio come le famose “pulsar”, stelle simili con un campo magnetico da 100 a 1.000 volte meno intenso, scoperte cinquant’anni prima dai radioastronomi irlandesi.

E gli alieni? Dobbiamo portare pazienza, prima o poi si faranno vivi. Relay 2, questo il nome dell’oggetto dell’equivoco, era considerato inattivo dal 1967. Lanciato dalla NASA nel 1964, il satellite era stato utilizzato per le comunicazioni, ma per oltre cinquant’anni non si è avuto alcun segno di vita, nessun segnale. Allora che cos’è successo? Morite dalla voglia di saperlo, sospetto.

Probabilmente il risultato di una scarica elettrostatica dovuta all’accumulo di cariche elettriche sulla superficie metallica del velivolo, la sua sottile e intensa banda radio catturata dagli astronomi tredici mesi fa non era inferiore a quella di una magnetar. I radioastronomi sono stati quindi ingannati. Né alieni, né collassi galattici di stelle. Solo monnezza spaziale.

In realtà, i segnali parassiti non divertono più i radioastronomi, perché questo tipo di false piste si moltiplica di anno in anno e sono persino destinate a intensificarsi. L’ultima generazione di radiotelescopi è ottimizzata per cercare segnali sempre più deboli provenienti da sempre più lontano. Un giorno forse potremmo imbatterci in una bestemmia pronunciata quasi 14 miliardi di anni or sono. Questo significa che i nuovi radiotelescopi sono anche molto più sensibili ai segnali parassiti inviati da vicino alla Terra.

42.000 satelliti Starlink e altrettanti rottami parassiti. Ed è proprio questo che minaccia la radioastronomia: una luce parassita permanente proveniente non dai confini dell’universo, ma dalla nostra orbita terrestre, di cui i satelliti zombie sono solo un esempio. Dal 2019, la società SpaceX di Elon Musk ha lanciato oltre 6.000 satelliti Starlink attorno alla Terra e punta a 42.000 a lungo termine, mentre Cina, Amazon e OneWeb stanno preparando la loro conquista.

Entro il 2030 si prevede che circa 100.000 satelliti popoleranno l’orbita terrestre, e altrettanti potenziali futuri zombie, segnali vaganti “intenzionali”, comandati per comunicare con la Terra, o “non intenzionali”, emessi dal funzionamento automatico del satellite, ci faranno lo sciampo elettromagnetico.

Le aree dedicate all’osservazione spaziale rimangono molto limitate. Ad esempio, intorno ai 1.420 MHz la banda è protetta per l’osservazione dell’idrogeno, la molecola più presente nell’universo. La osservo da anni tutte le notti, e di cose strane ne potrei raccontare a riguardo. La storia di un caos di bande di distribuzione delle lunghezze d’onda, tra operatori satellitari, militari, radio o scientifici. Prima o poi lo stalking telefonico arriverà dallo spazio, e dunque non sapremo se l’offerta promozionale proviene dall’orbita terrestre oppure da una lontana galassia.

martedì 15 luglio 2025

Gente di mestiere

 

“Offro tremila euro al mese per un aiuto cuoco ma non trovo nessuno”: e così il titolare del ristorante “Gentedimare” di Golfo Aranci, che lancia un appello attraverso i suoi social. Malgrado infatti uno stipendio di tutto rispetto, “quando qualcuno mi scrive, nella maggior parte dei casi neanche si presenta ma subito parte con la domanda ‘Che orari devo fare?’”, dice l’imprenditore.

“La paga di tremila euro, spiega, è per mezza giornata perché ha scelto di tenere aperto tutti i giorni ma solo la sera”.

Questi aiuti di cucina sono veramente degli scansafatiche. Giusto l’ennesimo grido di dolore dell’ennesimo imprenditore che si duole a mezzo stampa dell’ennesima difficoltà di trovare personale qualificato.

Prosegue il ristoratore: “Da inizio estate a oggi al “Gentedimare” sono passati e andati via circa quindici dipendenti. Divergenze su orari, carichi di lavoro, rapporto con i clienti. La verità, confida il manager [sic!], “è che questo mestiere non lo vuole più fare nessuno”.

Viene da pensare che se in un paio di mesi si sono licenziati ben una quindicina di lavoratori, forse qualche “divergenza” sorge non solo su orari, carichi di lavoro, ma magari anche, ipotizzo, su regolare retribuzione e contribuzione? Dato il livello e la centralità del locale, non credo. E per quanto riguarda i rapporti con la proprietà?

Leggo una recensione, per ciò che vale, perché altre cento recensioni potrebbero smentirla: “Il titolare piuttosto freddino, manca quel savoir faire che ti mette a tuo agio e ti fa passare una bella serata”. Per chi paga un’aragosta 320 euro un po’ più di empatia con il cliente dovrebbe essere d’obbligo. Ripeto, molti ne parlano bene, anche se poi lamentano che “manca una tovaglia di stoffa a tavola”. Ma che pretese.

C’è anche un certo Paolo T., che tra le altre doglianze (dev’esser un rompiscatole), scrive: “Quando è arrivato il momento di pagare, mi hanno dato una ricevuta non fiscale di default. Ho dovuto chiedere specificamente la ricevuta fiscale ufficiale, il che mi ha dato l’impressione che stiano cercando di essere un po’ troppo intelligenti su come gestiscono i pagamenti”. Si sarà trattato sicuramente di un disguido, ma che pignolo.

Leggo tra le righe delle successive dichiarazioni del proprietario: “Adesso in sala siamo a posto, mi servirebbe qualcuno bravo in cucina perché al momento sto dando una mano io”. Che cosa significa che sta dando una mano lui? A chi la sta dando questa benedetta mano da manager? Al cuoco, si direbbe. Oppure è lui, il proprietario, nelle funzioni di cuoco? Se è il proprietario che sta facendo le veci del “cuoco”, allora cerca non un aiuto cuoco, in realtà un cuoco professionista, uno “bravo” ma riconoscendogli solo la qualifica di aiuto cuoco.

Prendo per buono quanto afferma il “manager”: cerca uno “bravo” per fargli fare l’aiuto cuoco.

La questione dell’orario. Andrebbe precisato che in un ristorante di mare in cucina non si lavora solo nelle ore in cui il locale è aperto (e quanto al rispetto dell’orario ufficiale di chiusura non la bevo che chiude alle 11.30). La preparazione di piatti di pesce non richiede, ovviamente, lo stesso tempo di come cucinare una bistecca alla piastra.

Inoltre, in quel ristorante è previsto il “brunch”, dalle 12 alle 14.30. Domanda che mi brucia le labbra: siamo sicuri che l’aiuto cuoco non centri nulla, neanche di striscio, con i famosi “carichi di lavoro” e la preparazione del brunch? La questione tuttavia è un’altra: i turni di riposo. Se il ristorante è aperto tutti i giorni, com’è indicato nel sito, per il “qualcuno bravo in cucina” i turni di riposo sono previsti ed effettivamente goduti? Chiedo, non insinuo nulla.

Quel “qualcuno bravo in cucina”, che una volta chiamavano “sottocuoco”, il quale non è escluso possa effettivamente, ripeto, espletare saltuariamente o continuativamente le funzioni di cuoco (proprio perché è “bravo”), avrà bisogno di un alloggio, di una lisciviatura per i panni e altre cosucce che costano assai nel Golfo degli Aranci. Domanda di cui non conosco la risposta: chi paga, il ristoratore o l’aiuto cuoco?

Conclusione: quel “qualcuno bravo in cucina” non serve si trasferisca in Sardegna per guadagnare 3000 euro il mese per 2-3 mesi di lavoro. Il titolare del ristorante sarebbe disposto, dice, pagarlo anche 5000 euro. Questa è la remunerazione di un cuoco professionista di stagione. Qualcosa di più, qualcosa di meno. Mi rimane in mente una domanda: cerca effettivamente un cuoco o un aiuto cuoco?

Il nostro “imprenditore” dice di aver bisogno di un “aiuto cuoco”. Ad ogni modo, lo classifichi e lo retribuisca per la mansione che effettivamente svolge. Soprattutto conto sul fatto che lo tratti per quello che è: una persona e un lavoratore.