giovedì 27 ottobre 2016

Cronache bizantine



Credo valga la pena leggere questo articolo scritto due giorni prima delle ultime forti scosse di terremoto. È il ritratto fedele e peraltro scontato di un paese dove le regole non valgono per tutti e dove si attende l’ennesima sanatoria e condono per le tasse non pagate, gli abusi di ogni tipo e le multe per quando si passa col semaforo rosso o si guida ubriachi. Il paese dei 21 arresti di ieri per la leggendari autostrada Salerno Reggio e per il Tav Milano-Genova. E se vai a vedere i nomi, trovi quelli dei figli di personaggi eccellenti, dell’ex ragioniere generale dello Stato e dell’ex ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture.

Nel merito dell’articolo, basta leggere cose come queste:

È proprio Amatrice, all’alba della metà di ottobre 2016 e in compagnia della metà dei paesi laziali, non ha ancora il piano di microzonazione validato dalla Regione Lazio. Peggio: il piano è stato secretato dalla magistratura e gli uomini di Nicola Zingaretti l’hanno negato persino al presidente dell’ordine regionale dei geologi.

martedì 25 ottobre 2016

Il clima sta cambiando, ma non abbastanza


Il movimento della materia è tutto, avevano ben compreso Marx ed Engels, e la conoscenza delle diverse forme di movimento della materia è il più alto prodotto del pensiero umano, il riflesso delle cose reali nel nostro cervello (*). Possiamo ricavare le leggi generali di questo movimento, tanto del mondo esterno, quanto del pensiero umano. Una serie di leggi identiche nella sostanza, differenti però nell’espressione, poiché il pensiero umano le può applicare in modo consapevole, mentre nella natura e sinora per molti aspetti anche nella storia umana esse giungono a farsi valere in modo incosciente (vedi p. es. nell’economia), nella forma della necessità esteriore, in mezzo a una serie infinita di apparenti casualità (**). Scrive Engels:

«Le forze socialmente attive agiscono in modo assolutamente uguale alle forze naturali: in maniera cieca, violenta, distruttiva, sino a quando non le riconosciamo e non facciamo i conti con esse. Ma una volta che le abbiamo riconosciute, che ne abbiamo compreso il modo di agire, la direzione e gli effetti, dipende solo da noi il sottometterle sempre più al nostro volere e per mezzo di esse raggiungere i nostri fini. E questo vale in modo tutto particolare per le odierne potenti forze produttive. Fino a quando ostinatamente ci rifiuteremo di intenderne la natura e il carattere, e a questa intelligenza si oppongono il modo di produzione capitalistico e i suoi sostenitori, queste forze agiranno malgrado noi e contro di noi, e ci domineranno».

Economisti e politici, al contrario, ogni giorno cercano di ingabbiare la realtà secondo un loro arbitrario disegno, tutto ideologico e pregno d’interessi particolari. Gli utopisti borghesi, quelli che hanno proclamato la fine della storia, non vogliono vedere nella crisi generale del modo di produzione capitalistico che ci sta sotto gli occhi (la ripresa! tra cinque anni, tra sette, tra venti, stagnazione secolare, causa la deflazione e altri deliri …), come abbia guadagnato in ampiezza e in profondità la contraddizione e il contrasto tra rapporti di produzione e le forze produttive, il conflitto in atto fra lo sviluppo materiale della produzione e la sua forma sociale. La contraddizione si è sviluppata sino a diventare il controsenso per cui il modo di produzione si ribella contro la forma dello scambio.

lunedì 24 ottobre 2016

Teppisti di Stato


Oggi è il 24 ottobre e la legge di bilancio non è ancora stata presentata al Parlamento per l’approvazione. Il ritardo è dovuto proprio a coloro che hanno messo in scena lo stravolgimento della Costituzione soprattutto a causa, sostengono, delle lentezze del “bicameralismo perfetto”.


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Oggi ricorre il 99° anniversario di Caporetto. Sarebbe quanto mai opportuno istituire una giornata di memoria e riflessione sui motivi, sempre attuali, che condussero a quella tragedia.

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È sufficiente leggere questo breve estratto da un articolo di Alberto Negri per farsi un’idea assai precisa sulle responsabilità della guerra in Siria. Tra tutti gli imperialismi, quello degli Stati Uniti d’America è il più pericoloso e minaccioso. Barack Obama e Hillary Rodham sono tra i maggiori responsabili della carneficina siriana, sono dei criminali di Stato, colpevoli di centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi. Quei profughi che bussano alle porte d’Europa (*). E tuttavia Matteo Renzi e il suo caravanserraglio hanno trovato modo di andare a cena da quel teppista internazionale di Barack Obama, tra lazzi e pacche sulle spalle.


(*) Si pensi poi all’esproprio dei terreni agricoli africani da parte delle multinazionali (ne ho già parlato qui) e allo sfruttamento delle materie prime, per esempio il petrolio nel delta del Niger o in Monzambico.

domenica 23 ottobre 2016

Attori



Non esistono più gli operai e i padroni. Non nel senso che non ci sono più gli operai e i padroni di un tempo, ma nel senso delle parole del presidente della Confindustria, riprese dal Sole 24ore, il quale li chiama: “attori di fabbrica”. A voler dire: siamo tutti nella stessa barca, anche se a remare sono sempre i soliti, solo che ora questi schiavi non li chiamano neppure più operai – termine che potrebbe rievocare un passato conflittuale – ma “attori”.

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Da qualche domenica, su Radiotre, verso le 9, Massimo Cacciari intrattiene gli ascoltatori, per un’oretta, con “lezioni” sul tema: “Il destino d’Europa”. Ho avuto modo di ascoltare la prima puntata e quella di oggi. Nella lezione odierna, Cacciari ha posto in rilievo il “suicidio” cui è andata incontro l’Europa nel Novecento, a causa, sostiene, delle rivalità tra le potenze europee, ognuna di esse tesa ad affermare la propria egemonia sulle altre. Partendo dalle guerre napoleoniche, per arrivare fino all’oggi, il professore non ha mai usato espressioni quali: “classi sociali” e “lotta di classe”, che forse un po’ c’entravano con l’argomento. Cacciari ha inoltre evitato di pronunciare termini come “borghesia” e “proletariato”, che pure un ruolo nelle vicende europee l’hanno pur avuto e non solo nel secolo scorso. Soprattutto ha posto cura nel non menzionare mai il “capitalismo”.



sabato 22 ottobre 2016

Un codice bizantino



Secondo l’Inps, nel 2012 i pensionati erano 16.352.152, circa 75 mila in meno rispetto al 2011. I nuovi pensionati, nel 2013, erano 559.634, mentre i “cessati” 760.157. Nel 2014, i nuovi erano 541.982 e i “cessati” 675.860. Nel 2015 le nuove pensioni sono state 423.000. Non vi sono ancora dati disponibili per i “cessati”. Nei primi 9 mesi del 2016 le nuove pensioni liquidate dall'Inps sono state 311.299 con un calo del 26,5% rispetto allo stesso periodo del 2015. La tendenza è chiara, le nuove pensioni erogate negli ultimi cinque anni (2012-2016) si sono dimezzate e quelle cessate risultano grossomodo quasi il doppio delle nuove.

Interessanti anche i dati sul gettito contributivo: i dipendenti privati hanno versato nel 2015 contributi per 130.017 miliardi (59,79), quelli pubblici 54.921 (25,58), i lavoratori autonomi 19.466 (9.07).

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giovedì 20 ottobre 2016

In ciò si consolida la decadenza.


Il tasso di mortalità è in forte aumento, e dire che ciò dipende dalla cattiva stagione e dall’influenza è semplicemente ridicolo. Il tasso di natalità è in picchiata verticale. Aumentano di decine di punti percentuali i licenziamenti, a capriccio crescente. Diminuiscono i contratti a tempo indeterminato (che non esiste più nei fatti) nonostante decine di miliardi buttati nel calderone della riduzione degli oneri sociali. Chi ha un pezzo di carta valido e competenze se ne va all’estero, ma parte anche chi è solo disperato. Prospera la rendita, il privilegio è seriale, e la ricchezza si concentra sempre più in poche mani lasciando vuote quelle di tutti gli altri. Questo lo stato d’imbalsamazione del paese, e le iperboli sui decimali sono diventate davvero stucchevoli quanto lo psuedo dibattito sul “merito” della riforma costituzionale. Non sarà un voto d’intelligenza, e neppure di volontà, in ogni caso un voto o d’interesse o di rifiuto.

Pertanto, sappiamo bene che cosa non funziona e come invece dovrebbero andare le cose, e tuttavia ci sentiamo impotenti, costretti a subire, a compiere atti che non condividiamo, contrari ai nostri principi, al bene comune, che ci vengono imposti dalla forza delle cose. Non sappiamo come reagire poiché ogni gesto di rivolta ci sembra inutile o pericoloso per noi stessi. In ciò matura e consolida la rassegnazione e la decadenza.

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Invito a leggere questo post del 4 ottobre 2015 per avere contezza di come in solo 12 mesi Eugenio Scalfari abbia ancora una volta cambiato bandiera a riguardo di Matteo Renzi, diventato ora il salvatore della Patria e anche dell’Europa.

Non è mai troppo tardi (in Francia)


Foto e notizia pervenuta grazie a un'amica di Trieste per il tramite di Luca (il cui blog merita sempre una visita

mercoledì 19 ottobre 2016

Se debba nascere prima l’uovo o la gallina


Un fenomeno può essere definito sia in base al suo aspetto esterno, sia in base alla sua origine reale. L’analisi fenomenologica (empirismo, positivismo, varie derive “marxiste”, ecc.) considera il fenomeno per quanto si mostra nella sua manifestazione esteriore e ne deduce che la forma del manifestarsi coincida col nesso causale che le sta a fondamento.

Il caso più frequente riguarda i fenomeni connessi alla crisi economica, ma anche, per esempio, quando si ha a che fare con le classi sociali. Non starò qui a dire in che cosa si differenzi il metodo marxista, presupponendo non sia necessario poiché più o  meno tutti si sono fatti un’esatta idea di che cosa sia il marxismo e dunque sanno di che cosa si sta parlando, anche se il pensiero di Marx viene viepiù inteso come una “spiegazione” (*).

A stare in tema di classi sociali si può rilevare un errore comune al sociologismo borghese. È vero che ad un esame puramente fenomenico noi troviamo delle “cose”, e cioè dei gruppi psico-sociali, dei gruppi di status (patrizi e plebei, manovali e artigiani, borghesi e gentiluomini, ecc.) surdeterminati dalle motivazioni più disparate, ma queste aggregazioni, essendo potenzialmente infinite, quanto lo sono gli individui, possono essere sciolte da un’infinità di fatti casuali.

martedì 18 ottobre 2016

Fingono di non sapere

La seconda parte del post può anche essere non letta essendo di irrilevante importanza.


Ce la prendiamo con i ricchi, ma se fossimo noi i ricchi, come ci comporteremo? Ci sono quelli, la stragrande maggioranza, che sostengono che il problema dei problemi riguarda la distribuzione della ricchezza attraverso una maggiore, rigorosa e progressiva tassazione. Lasciando ovviamente intonso il modo in cui la ricchezza viene prodotta e accumulata. Sono quelli, molto realisti e pragmatici, che vogliono “salvare” il sistema basato sulla schiavitù salariata, alternativa dal quale non esiste.

Quel bravo e intelligente ragazzo che risponde al nome di Gilioli, nel suo blog scrive:

«… se i giganti digitali decuplicano i profitti con un decimo dei dipendenti (e se questa è la tendenza) solo la tassazione di questi profitti e la loro redistribuzione col reddito minimo può salvare il meccanismo produzione-consumo su cui si regge l'economia.»

Gilioli, ha costruito la sua carriera su questo tipo di contenzioso, e del resto non si può chiedere al calzolaio di andare oltre la scarpa.

Questi signori che invocano la “salvezza” del sistema di sfruttamento su cui regge “il meccanismo produzione-consumo”, fingono di non sapere che per il capitale il plusvalore è l’unica misura della razionalità di un sistema. I singoli capitalisti, in quanto tali, siano essi rappresentati individualmente o come azionisti, sono  interessati solo all’acquisto e allo sfruttamento della forza-lavoro; fuori dal rapporto di scambio e di sfruttamento ogni costo diventa per loro improduttivo, irrazionale e dunque assolutamente privo d’interesse.

I gruppi sociali che consumano senza produrre e senza contribuire in alcun modo alla realizzazione e alla conservazione del valore, potrebbero senza alcun inconveniente, per ciascun singolo capitalista, essere tranquillamente soppressi. Il ragionamento può essere spinto fino al suo estremo limite, restando vero anche in rapporto a tutti i capitalisti nel loro insieme.

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domenica 16 ottobre 2016

Le fazioni della borghesia si ricompattano in vista del referendum


Di là di ogni altra considerazione sulle bugie dei saltimbanchi del governo (e dei pagliacci sindacali) in tema di pensioni, mi pongo due semplici e domande. Quanti potranno essere i macchinisti ferrovieri e gli infermieri professionali di camera operatoria che, dopo almeno 36 anni di contributi versati e a 63 anni d’età, percepiranno una pensione lorda di 1.350 euro? Insomma, quanti di costoro saranno nelle condizioni di ottenere l’Ape senza pagare oneri all’Inps, alle banche e alle assicurazioni per 20 anni? Per lo stesso motivo, quanti potranno essere i macchinisti ferrovieri e gli infermieri professionali di camera operatoria con 30 anni di contributi versati e che risultano disoccupati?

Interessante il fatto, tra l’altro, che oltre alla categoria dei lavori “usuranti” sia stata selezionata anche quella dei lavori “gravosi”. In attesa, in vista delle elezioni politiche, della lista di quelli “difficoltosi”, ecc.. Tutti mezzucci efficaci del divide et impera. Gravoso è, tanto per fare un esempio, il lavoro dell’infermiere di sala operatoria, ma non quello di chi pulisce culi e svuota pappagalli da mane a sera.

Ad ogni modo l’operazione pensioni messa in campo dal governo in vista del referendum (di questo si tratta) è stata calibrata per accontentare molti (p. es. quattordicesima anche per evasori contributivi e baby pensionati) e per scontentarne molti altri. Fatta la tara di chi si asterrà dal voto referendario, la bilancia dovrebbe pendere dalla parte del Sì. Anche perché mancano ancora 49 giorni all’appuntamento e saranno giorni di spappolamento mediatico dei marroni. Alla fine molti cederanno per sfinimento. Tanto più che Eugenio Scalfari, come previsto, è passato armi e bagagli dalla parte di Renzi, con la scusa che questi gli ha telefonato e l’ha convinto, dopo un'ora, che la legge elettorale sarà cambiata dopo il referendum (cosa a cui finge di credere anche quel bel tomo di Cuperlo). Del resto Scalfari non poteva continuare ancora il giochino del bastian contrario su uno dei due maggiori quotidiani. In caso contrario, Renzi l'ha minacciato di spedirgli in pensione la badante introducendo nella legge finanziaria un emendamento per i lavori “penosi”.


PS: da notare che il vecchio ha infine scoperto il modo di reperire le risorse necessarie per tagliare il famigerato “cuneo” del 30 per cento: “La fonte è chiara: il reddito nero che è stato valutato”. Si prega voler valutare, oltre all’involontario umorismo, anche l’ossimoro di chiaro e nero.

venerdì 14 ottobre 2016

La manovra del governo



Il potere minaccioso


Scalfari ci manda a dire che le oligarchie non sono costituite necessariamente da “ricchi”. È vero, signor Eugenio, ma ci permetta di osservare che non sono sicuramente costituite da poveri, malgrado la dirigenza dell’ex PCI e PSI esibisse nelle proprie abitazioni, come lei si premura di ricordare, le lampadine appese al soffitto senza neppure “una traccia di paralume”. E, a tale riguardo, è opportuno dare un’occhiata ai privilegi di cui godono le oligarchie economiche, grandi, piccole e piccolissime, ma tutte di costituzione assai robusta e di ottimo appetito. Tutta gente che conta, che non ha paura, che vota e soprattutto fa votare.

giovedì 13 ottobre 2016

Cose che sa anche la colf di Zagrebelsky

(con aggiornamento in fondo al post)


Eugenio Scalfari, nei suoi ultimi due editoriali ha sostenuto che la democrazia altro non è che un’oligarchia. Dal che si dovrebbe dedurre che la competizione elettorale è solo fuffa. Noi siamo i poveri che lavorano, illusi tutti i giorni e le notti della nostra vita. Detenuti in questa galera senza possibilità di fuga. Una società formattata in sæcula sæculorum. Altro che potere del popolo.

Nel mio piccolo ebbi a dargli ragione, anche se, soggiungevo, detta così è un po’ piatta e, in prospettiva, troppo assoluta. Sennonché Gustavo Zagrebelsky, chiamato in causa dallo stesso Scalfari, risponde da par suo. Per dire che cosa? Precisamente questo:

«La democrazia è conflitto. Quando il conflitto cessa di esistere, quello è il momento delle oligarchie. In sintesi, la democrazia è lotta per la democrazia e non sono certo coloro che stanno nella cerchia dei privilegiati quelli che la conducono.»


mercoledì 12 ottobre 2016

Non solo Trump



«… elargite dalla guerra e con l’aiuto di Dio»

La maggior parte degli abitanti dell’Europa occidentale guarda con preoccupazione al futuro. Sembra che col restringersi della sua influenza la civiltà europea perda terreno e che si divida in piccole unità ostili. L’iscrizione alle università diminuiscono perché l’istruzione che esse offrono diventa sempre meno attraente e priva di sbocchi. Le istituzioni sono in decadenza e persone di buona volontà cadono nello scetticismo e nella disperazione. Di questo stato d’animo generale si può avere prova leggendo le ultime pagine della Die Schedelsche Weltchronik. È dunque questa la situazione in cui si trova l’Europa occidentale nell’autunno del 1492.

Mentre ci si prepara alla stampa della Cronica di Norimberga – il colofone di questo imponente in-folio reca la data del 12 luglio 1493 – un legno spagnolo, la Niña, spinto dal vento invernale, raggiungeva Lisbona prima di Colombo – fermato alle Azzorre da una tempesta – annunciando una notizia che avrebbe aperto nuovi orizzonti all’Europa e cambiato le sorti del Mondo. E tutto ciò accadde per caso, e altresì per necessità, nel tentativo di raggiungere, a ponente, il Giappone e la Cina, in base a dei calcoli che si sapevano essere assolutamente sbagliati per quanto riguarda le distanze da coprire. La storia riserva sempre delle sorprese. A farne le spese furono decine di milioni di abitanti di quello che venne chiamato il “Nuovo Mondo”.

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lunedì 10 ottobre 2016

Una completa rivoluzione dell'intero ordine sociale contemporaneo




La questione della crisi della democrazia ritorna ad occupare con sempre maggior forza una posizione centrale nel serrato confronto che si svolge tra le diverse componenti della società, non solo italiana.

Politologi, sociologi e simili, proprio per la loro posizione di classe, gli interessi che essi oggettivamente difendono e intendono preservare, non arrivano mai a considerare la crisi generale, storica, del processo di valorizzazione del capitale, come la causa scatenante di contraddizioni a pioggia in tutte le istituzioni politiche che garantiscono la riproduzione della formazione sociale capitalistica. Al massimo, se crisi c’è, ed è impossibile negarlo, si tratta di una crisi di ciclo, qualcosa di transeunte. Per il resto, è caccia nel fantasmagorico mondo dei fenomeni sociali (*).

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domenica 9 ottobre 2016

E perline per tutti gli altri



Secondo l'Ufficio federale di statistica a Wiesbaden, sono nati in Germania nel 2015 circa 738.000 bambini. Il 20 per cento ha genitori non tedeschi, nonostante il numero dei bambini nati da genitori tedeschi sia aumentato di 5.370 unità (un aumento si registra per il quarto anno consecutivo), portando il totale a poco meno di 590.000. Tuttavia gli stranieri hanno segnato un aumento, rispetto all’anno prima, di 17.000 fantolini. Pertanto in Germania sono nati 148.000 bambini da madri di nazionalità straniera. Più in dettaglio: 21.000 bambini di madre turca, circa 11.000 nati da una madre polacca, 8.000 da madre rumena e 7.000 con madre bulgara, ecc.. Per favorire da subito l’apprendimento della lingua tedesca è obbligatoria la scuola materna dall’età di 3 anni. Nelle scuole tedesche circa un terzo degli alunni sono figli di immigrati; in molte aree metropolitane ci sono scuole in cui i bambini di origine non tedesca costituiscono la stragrande maggioranza degli studenti.

Il prossimo anno si vota.





sabato 8 ottobre 2016

... non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi



Di seguito, un post che scrissi il 29 marzo 2012. Ho sostituito una virgola con un punto e virgola, il resto è uguale. Oggi non lo riscriverei esattamente così, ma ad ogni modo nella sua sostanza può andar bene così anche oggi e poi ancora a lungo.

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Si può parlare di comunismo in molti modi, per esempio in termini filosofici, andando a scomodare il terzo principio della dialettica che vede il superamento del capitalismo come negazione della negazione. Oppure secondo altre declinazioni. Nei media e quindi nell’umore più comune prevale però un modo reazionario d’intendere la questione del comunismo, il quale fa leva sulla mistificazione più sfrontata. Non è un andazzo recente se vigeva già ai tempi di Marx. Uno tra i tanti catechisti odierni dell’antimarxismo è Pierino Ostellino, il quale evince:

«Sempre vi sono stati nella storia uomini di varia specie, alcuni avventurieri, altri nobili d'animo, tutti ugualmente insoddisfatti del mondo in cui viviamo, e risoluti a cambiarlo: gli idealisti, i rivoluzionari. E tanti sono stati attraverso la storia i loro profeti. Il più famoso, quello le cui teorie hanno avuto conseguenze più profonde nel mondo in cui viviamo, fu Karl Marx».

In realtà Marx, fin dal Manifesto, opera che scrisse poco più che ventenne, afferma l’opposto di quanto contrabbanda Pierino: «Le posizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto su idee, su princìpi inventati o scoperti da questo o quel riformatore del mondo».


giovedì 6 ottobre 2016

La tendenza storica dell’accumulazione capitalistica



Ieri mattina a Radio 3 ascoltavo il solito dibattito sulla mancata crescita, la disoccupazione, il lavoro precario e le relative proposte di rimedio a tutti questi mali. Mi spiace dover esprimere un giudizio tanto assertivo, ma come solito nell’appassionato dibattito dell’inclita guarnigione non è stata posta in luce una sola delle contraddizioni immanenti al capitalismo (termine che rarissimamente in simili dibattiti viene evocato).

È del resto triste dover constatare come la più importante legge dell’economia politica moderna venga ignorata per motivi ideologici e di bottega; non tanto e non solo perché essa è stata scoperta da Marx, bensì perché mostra come il capitale per valorizzarsi incontri sempre maggiori difficoltà nel suo sviluppo accelerato, provocando al contempo guasti sociali (e ambientali) sempre più gravi ai quali nessuna politica riformistica può porre stabile rimedio.

Pertanto, vedo di sciorinare la lezioncina sul tema della crisi, avendo cura di guardare al movimento reale nelle sue leggi e non alle ombre proiettate sul fondo della caverna. 

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mercoledì 5 ottobre 2016

Antonio



Mi spiace davvero abbiano tolto il vitalizio ad Antonio, che pure in qualche modo se l’era duramente guadagnato, tra l’altro riflettendo a lungo sulle conseguenze dell’insorgere contro le leggi dello Stato borghese. Addirittura passando per essere nientemeno che il capo (sì, proprio il capo!!) delle BR. Della qual cosa allora ci si scompisciò alquanto, e azzeccò di più un giornale satirico col nome di Ugo Tognazzi. Qualcuno parlò – ovviamente a sproposito – addirittura di grande vecchio. Ora, vecchi lo siamo per davvero, Antonio anche di più. Pretendere effettivamente e precisamente di sapere che cosa è stata la nostra vita è argomento assai difficile, tanto più oggi che tante cose sono cambiate e l’epoca non sia per nulla paragonabile al passato. E poi sapremmo essere abbastanza sinceri con noi stessi? C’è sempre qualcuno pronto al rimprovero anche quando parli della tua condotta pur osservando le apparenze della più fredda oggettività. Ad ogni modo ad Antonio non mancherà il necessario di cui vivere. “Voi non sapete – scriveva Pierre François Lacenaire ad Arago – che cos’è la miseria; non avete mai avuto fame”. Antonio ha sempre vissuto sobriamente, pensando a migliorare le condizioni delle masse. Certo che quei duemila euro e spicci il mese gli facevano comodo. Non proprio argent de poche. La cosa che gli darà più fastidio – certamente – è che il suo nome, nell’occasione, sia stato accostato a quello dell’avv. Previti. Sic transit gloria mundi, locuzione latina che sempre più spesso affiora, senza alcuna intenzionalità beffarda, alle nostre labbra.

P.S.: il provvedimento ha comunque effetto temporaneo, poiché scatterà la "riabilitazione" e dunque gli verrà restituito il vitalizio e pure gli arretrati. Basta ravvedersi e lo Stato si dimostra ben disposto a riabbracciare i suoi ex sovvertitori riappacificati.

martedì 4 ottobre 2016

L’Ape non fa il miele con l’aceto


In presenza di tanta abbondanza e dissipazione, mai la disperazione per sopravvivere ha raggiunto negli ultimi decenni una tensione così estrema. Le nuove generazioni, afferrate alla gola da un'economia priva di scopi umani, sono preda di un disorientamento che le domina e le costringe a servitù volontarie che il riformismo aveva dichiarato estinte. Un disorientamento che le priva del piacere di vivere, di desiderare, di fare e le costringe a una rabbia rassegnata. Esse possono trovare reale coscienza della propria condizione solo nella lotta di classe. Perciò è necessario stabilire fin da subito  chi sono i nostri nemici e i loro alleati. I nostri nemici sono coloro che ci hanno dichiarato guerra, non è per nulla difficile individuarli; i loro alleati, non c'è dubbio, sono i partiti politici riformisti e i sindacati, di ogni tendenza.


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Delle famose buste arancioni che l’Inps doveva inviare a tutti gli iscritti non si sente più parlare. Conosco decine di lavoratori di ogni fascia d’età, ebbene nessuno di loro ha ricevuto la famigerata busta. Sarà un caso, tutto concentrato tra i miei conoscenti. Oppure l’invio delle buste è stato sospeso o rallentato in attesa del referendum? Chissà.

«L’incontro tra Governo e sindacati sul tema delle pensioni registra un risultato complessivamente soddisfacente», ha affermato il borghese azzimato con l’orologio sopra il polsino della camicia. Ex sindacalista, è il presidente della commissione lavoro della Camera.

Le modifiche previdenziali si sono rivelate – come avevo facilmente anticipato – un bluff. L’APE poteva venire in mente solo a dei mascalzoni. Tra l’altro, nel documento ufficiale, si legge: “L’APE è esente da imposte ed è erogata mensilmente per 12 mensilità”. Dunque senza tredicesima! Del resto non si tratta di una pensione, bensì di un “prestito comprensivo degli interessi bancari e degli oneri relativi alla polizza assicurativa".

I nipoti del dottor Strangelove



So che a molti non può fregare di meno, ad ogni modo segnalo che il 20 settembre l’Atlantic Council Brent Scowcroft Center on International Security ha pubblicato un rapporto dal titolo Il futuro dell'esercito. Il documento presenta un quadro del prossimo futuro (2020-2025): una distopia con diseguaglianze sempre maggiori e un'acuta insicurezza economica, poi riassume i preparativi di vasta portata che sono in corso negli Stati Uniti per combattere guerre tra “grandi potenze” con “pesanti perdite” e “alti livelli di morte e distruzione”, compresa la possibilità di “uno scambio nucleare”. Una parte del campo di battaglia si prevede saranno aree metropolitane densamente popolate.

Parlando della situazione attuale, il rapporto dichiara che “gli Stati Uniti sono entrati in un’era di guerra perpetua”. Si constata che “Dopo quindici anni, le guerre in Afghanistan e in Iraq sono ancora in corso”. Vi è, inoltre, “un crescente numero di conflitti nelle cosiddette zone grigie, la cui caratteristica principale è l'ambiguità, i loro obiettivi, i partecipanti, e anche i risultati, dal momento che non sono chiaramente definiti, difettano degli scopi finali”. Tuttavia “L'esercito americano non può concentrarsi solo su questo tipo di conflitti”. Deve prepararsi per quelli che “abbiamo chiamato i prossimi grandi avversari, capaci di una guerra molto coinvolgente …”. “La prossima grande guerra” – si legge – vedrà livelli di violenza e di morte ben oltre ciò che è stato visto in Iraq, in Afghanistan e in Siria”.


Co-autore del rapporto il tenente generale David Barno, il quale comandava le forze a guida Usa in Afghanistan nel 2003-2005, avendo già partecipato alle invasioni statunitensi di Grenada nel 1983 e Panama nel 1989. L’Atlantic Council Brent Scowcroft Center on International Security, è uno dei principali think tank di consulenti militari delle amministrazioni Nixon, Ford, George W. Bush e Obama. Nel febbraio 2009, James L. Jones, l'allora presidente del Consiglio Atlantico, si dimise per entrare nell’amministrazione Obama come nuovo consigliere per la Sicurezza Nazionale. È insomma un think tank di peso e non solo di chiacchiere e stellette. Si tratta di tutta gente molto determinata e pericolosa, e non è esclusa tra loro la presenza di qualche dottor Stranamore.

lunedì 3 ottobre 2016

Qualcosa di nuovo, anzi d'antico



La contraddizione tra mercati finanziari e crollo dell'economia reale diventa sempre più esplosiva. Per decenni, le attività finanziarie sono state equivalenti, per dimensioni, al prodotto interno lordo globale. L'aumento della finanziarizzazione, a partire dal 1980, ha portato ad una situazione in cui tali attività rappresentano più del 360 per cento del PIL mondiale. Vale ricordare che la finanza non crea alcun nuovo valore, trasferisce e distrugge ricchezza. È una partita a rubamazzo.

Siamo in presenza di due dinamiche oggettive interconnesse: da un lato la stagnazione in atto nell'economia mondiale, caratterizzata da sovrapproduzione, bassi livelli di crescita e minori investimenti, e dall’altro lato lo sviluppo di una massiccia bolla finanziaria, dovuta – come direbbero gli economisti borghesi – all'insufficiente remunerazione del capitale investito, concetto dietro il quale si nasconde la caduta del saggio del profitto (*).

Mentre il nostro dibattito economico interno verte sui decimali (**) e quello politico vede lo scontro tra fondamentalismo elettorale e neobonapartismo (***), le contraddizioni insolubili dell'economia capitalistica mondiale stanno alimentando tensioni geopolitiche che per molti aspetti ricordano la storia tormentata della prima parte del 20° secolo. Tutto ciò è espressione di una crisi globale del sistema capitalista che porta inesorabilmente ad un conflitto generale (****).

(*) La caduta tendenziale del saggio del profitto è collegata con un aumento tendenziale del saggio del plusvalore, ossia del grado di sfruttamento del lavoro. Il saggio del profitto diminuisce non perché il lavoro diviene meno produttivo, ma perché la sua produttività aumenta. L’aumento del saggio del plusvalore e la diminuzione del saggio del profitto non sono che forme particolari che costituiscono l’espressione capitalistica della crescente produttività del lavoro.


(**) Economisti e altri simili funzionari del capitale, quando sono alle prese con gli zero virgola, mi ricordano una storiella giapponese, quella dei nove ciechi alle prese con un elefante. Ognuno di essi è alle prese con una data parte del pachiderma, e ognuno cerca d’indovinare con quale strano essere ha che fare. E però anche quando questi scribacchini affrontano il problema nella sua totalità, ossia il tema della crisi da un punto di vista globale e delle sue contraddizioni fondamentali, il risultato non cambia. Concentrati ad interpretare i fenomeni attraverso i quali si manifesta la crisi, le cause e gli sviluppi di questa restano per loro questioni inafferrabili.

(***) Anche se non lo cita, nell'ultimo editoriale di E.S. è evidente la lettura del libro di David van Reybrouck (Contro le elezioni). Lo segnalo ai lettori avidi e curiosi.

(****) Perfino la neutrale e pacifica Svezia ha deciso di reintrodurre il servizio militare di leva.


domenica 2 ottobre 2016

Alla bisogna, sanno parlar chiaro



Dalla Treccani:

oligarchìa s. f. [dal gr. λιγαρχα, comp. di λγοι «pochi» e -αρχα «-archia»]. – Forma di regime politico in cui il potere è nelle mani di pochi, eminenti per forza economica e sociale: l’o. dei Trenta tiranni nell’antica Atene; anche, il gruppo che detiene il potere in una tale forma di governo. Per estens., gruppo ristretto di persone che esercita, generalmente a proprio vantaggio, un’influenza preponderante o una supremazia in istituzioni, organizzazioni ed enti economici, amministrativi e culturali, e anche l’istituzione, l’organizzazione o l’ente retti in questo modo: il controllo totale dell’industria è ... in mano di un’o. industriale e bancaria abbastanza estesa (Piovene).

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«… l'oligarchia è la sola forma di democrazia, altre non ce ne sono.»

«L'oligarchia è la classe dirigente, a tutti i livelli e in tutte le epoche.»

Eugenio Scalfari ha le idee chiare e se ne fotte di ciò che è scritto nelle Costituzioni repubblicane.

Di Gustavo Zagrebelsky pensa sia un ignorante, o piuttosto un venditore di almanacchi:

«Forse non sa bene che cosa significa [oligarchia] e come si è manifestata nel passato prossimo e anche in quello remoto.»


E ha perfettamente ragione: la società civile moderna non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito nuove classi alle antiche, nuove condizioni di oppressione. La condizione più importante per l'esistenza e il dominio della classe borghese è l'accumularsi della ricchezza nelle mani di privati, la formazione e la moltiplicazione del capitale; condizione del capitale è lo sfruttamento del lavoro salariato. Miglior involucro politico di tale dominio è la democrazia borghese.