venerdì 12 gennaio 2024

Il colpo di spugna sul fascismo


Valdagno, grosso centro laniero all’imbocco delle Valli del Pasubio, dove raramente il cielo è sereno. È il 1945, a guerra finita. Da qualche parte vi sono 238 casse sorvegliate da decine di agenti di polizia (c’è chi scrive di centinaia di agenti). Ovvio che per una vigilanza così imponente il contenuto di quelle casse debba essere molto prezioso.

Non si tratta dei circa 35 kg di lingotti e dei 200/300 milioni di lire del cosiddetto “oro di Dongo”. Si tratta di materiale ancora più prezioso in chiave politica: documenti compromettenti. È l’archivio dell’OVRA, il servizio spionistico del regime fascista.

Decine di migliaia di fascicoli che riguardano un po’ tutti, senza riguardo. Esponenti del fascismo ma soprattutto dell’antifascismo. La polizia segreta fascista nelle sue indagini fu molto efficiente e scrupolosa, senza fare sconti a nessuno. Sono in molti ad avere interesse a mettere le mani su tali fascicoli.

Attorno a quei fascicoli si aggirano molti personaggi, per brevità espositiva ne cito solo alcuni. I primi tre: Guido Leto, già vice capo della polizia e capo dell’OVRA; Ciro Verdiani, ispettore di polizia, già al Quirinale come responsabile della sicurezza personale dei Savoia e poi responsabile di vari misfatti, da ultimo, in Dalmazia; Luca Osteria, strano e straordinario personaggio le cui vicende si possono leggere, tra l’altro, in Wikipedia.

Gli altri tre personaggi stanno a Roma: Ferruccio Parri è presidente del Consiglio dei Ministri; Pietro Nenni, segretario del partito socialista, è vice presidente del Consiglio, nonché Alto commissario per l’epurazione; Palmiro Togliatti, segretario generale del partito comunista, è ministro di Grazia e giustizia del Regno d’Italia.

Ferruccio Parri ebbe a conoscere Luca Osteria quand’era detenuto all’hotel Regina di Milano, sede delle Ss durante l’occupazione nazista. Se ne servì poi ampiamente, anche per contatti con Guido Leto. Quest’ultimo, sebbene in seguito detenuto nel carcere di Rebibbia in attesa di processo, verrà condotto presso lo studio di Pietro Nenni per un colloquio (ebbe un colloquio anche con Togliatti). Leto, più volte, manderà a dire e dirà personalmente a questi personaggi politici che « [...] il processo contro l’organismo dell’ex Ovra e i suoi componenti [...] è suscettibile di pregiudicare larghi interessi nel campo politico nazionale e in quello internazionale [...].»

Le casse contenenti i documenti dell’OVRA, da Valdagno vengono trasferite a Roma, nei sotterranei della palazzina sede della presidenza del Consiglio dei Ministri. Pietro Nenni e molti altri riuscirono a mettere le mani sui proprii fascicoli. Secondo il capo della polizia di allora, Luigi Ferrari, Nenni «dispone[va] liberamente – senza una dimostrata necessità di indagine di carattere giudiziario o epurativo – dei fascicoli degli uomini politici più in vista, consentendone visione agli stessi interessati» (Davide Conti, Gli uomini di Mussolini, Einaudi, p. 87).

Pare, tra l’altro, emergesse dai fascicoli come Nenni, esule in Francia, fosse stato per anni agente del Deuxième Bureau francese. Di qualcosa bisogna pur campare. Il tramite tra il vice presidente del Consiglio e il suo fascicolo è il citato Ciro Verdiani, uomo per tutte le stagioni.

Scrive ancora Davide Conti a pag. 85: « [...] il 24 ottobre 1945, una nota del controspionaggio alleato aveva indicato nel rapporto Nenni-Verdiani, relativo alla scomparsa di fascicoli della polizia politica fascista riguardante il leader socialista, la ragione dell’immunità garantita all’ex funzionario dell’Ovra.»

Non solo l’immunità. Potrà sembrare incredibile, ma Verdiani, nonostante i suoi trascorsi come funzionario dell’Ovra (o proprio per questo?), e nonostante fino a pochi mesi prima avesse ricoperto la carica di vice-direttore della polizia nella Repubblica di Salò, il 20 aprile 1946, a poco più di un mese dal referendum istituzionale e dall’elezione dell’Assemblea costituente, venne nominato questore di Roma, con tanto di congratulazioni del giornale l’Avanti, che lo definì un “funzionario integerrimo di provata competenza”, in possesso di “tutte le qualità che si richiedono a chi assume il non lieve compito di controllare l’ordine pubblico della capitale, specie in un momento come questo”.

In seguito alla chiusura dei cantieri edili del Genio civile, a Roma fu indetto una manifestazione di protesta degli operai con arrivo al Viminale, a cui si unì un gruppo di profughi e disoccupati del campo di Cinecittà. Scoppiarono incidenti, scontri tra polizia e manifestanti, il cui primo bilancio fu di due morti e 141 feriti. Verdiani fu sollevato dall’incarico, ma la sua carriera non finì lì, andrà a gestire l’ordine pubblico in Sicilia.

Scriveva Guido letto nelle sue memorie: il 26 luglio, dopo l’arresto di Mussolini, spuntarono da ogni parte uomini e partiti politici per attribuirsi meriti o per rinfacciarsi responsabilità (OVRA, Fascismo- Antifascismo, Cappelli editore, 1952, p. 253).»

Neanche si fece a tempo a proclamare la Repubblica, che il 22 giugno 1946 venne l’amnistia Togliatti, con decreto presidenziale di De Gasperi, tra i reati amnistiati il concorso in omicidio. Furono annullate le norme del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159 che stabiliva l’ergastolo e la pena di morte per i membri del governo fascista e i gerarchi “colpevoli di aver annullate le garanzie costituzionali, distrutte le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesse e tradite le sorti del Paese condotto all'attuale catastrofe” e assoggettava alle vigenti norme penali gli squadristi e quanti erano stati responsabili “dell’insurrezione del 28 ottobre 1922 del colpo di Stato del 3 gennaio 1925”.

Praticamente un colpo di spugna totale sul fascismo e i suoi crimini.

Stante il quadro storico, se indubbiamente la Repubblica nacque sulla spinta della guerra antifascista, è altrettanto indubbio che, non solo nell’ombra ma anche in piena luce, fu raggiunto un ampio compromesso che garantì la permanenza e la continuità d’azione nei gangli fondamentali dell’amministrazione dello Stato repubblicano delle vecchie pantegane fasciste, abili nel ricatto e agili nel separare le loro responsabilità ventennali da quelle del regime. 

5 commenti:

  1. Post molto interessante che ho molto apprezzato.
    Ma chi le dice 'ste cose se non tu ?
    Ti stimo sempre smodatamente e ti amo platonicamente

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La domanda vera è: quante persone hanno sviluppato una curiosità per queste cose?
      Grazie, ciao

      Elimina
    2. Con i miei limitati strumenti, anche se dopo tredici anni di blog qualche idea me l'hai trasmessa, provo a sintetizzare il colpo di spugna.
      Anche se le parti si confrontano aspramente, ed una guerra civile non è poca cosa, alla fine delle ostilità, e anche durante le ostilità,rimane la gestione del presente. In pratica bisogna che i padroni restino padroni e gli schiavi restino schiavi. Per fare questo,che in assoluto è la cosa per loro più importante, le parti hanno bisogno l' una dell' altra.
      Questo rende ragione del fatto che pur cambiando i regimi le condizioni dei salariati non cambiano.

      L'ammiratore smodato

      Elimina
  2. Chissà quanti corsi di storia "contemporanea" d'Italia contemplano, nella bibliografia, libri come quello di Davide Conti.

    RispondiElimina