Non sono molti gli italiani (ma anche i francesi, ...) che sanno chi sono stati i fratelli Ernest e Julio Gallo. Erano figli di due immigrati piemontesi negli Stati Uniti, precisamente in California. All’epoca in cui gli italiani erano chiamati con tono dispregiativo Dagos (dey-goh), considerati dei poveri ignoranti e mafiosi. Un razzismo feroce, tanto da aver scatenato il più grande linciaggio della storia americana, a New Orleans, che costò la vita a decine di italo-americani, i quali venivano strappati dalla prigione dove erano detenuti per una colpa che non avevano e furono impiccati dalla folla in piazza con la complicità della polizia.
I fratelli Ernest e Julio Gallo sono stati (e loro eredi e lo sono tuttora) i più grandi produttori mondiali di vino (anche qualcosa che assomiglia al vino). Quando entrambi erano ancora in vita, la Ernest e Julio Gallo Winery era (ed è) al primo posto nella classifica dei 75 maggiori produttori di vino mondiali. I primi 16 posti di tale classifica erano occupati da aziende californiane. Ma nessuna di esse poteva reggere il confronto con l’azienda dei due fratelli. L’italiana Riunite era al 17o posto, seguita dalla francese George de Bouef. Un altro dei più importanti produttori italiani, Bolla, imbottigliava allora un decimo della produzione Ernest e Julio Gallo Winery. Attualmente gli Usa sono al quarto posto nella produzione mondiale di vino.
Gli statunitensi, in generale, capiscono poco o nulla di vino. Importante è che sia qualcosa di alcolico o di semi alcolico, magari un liquido di un colore accattivante in confezioni seducenti. L’etilismo acuto è un severo problema sociale negli Stati Uniti, trasversale a tutte le classi sociali, cambia solo il prezzo del liquame.
I coloni nel 1770 bevevano in media più di 13 litri di alcol all’anno. Nel 1830, quel numero era raddoppiato e i coloni di età superiore ai 15 anni bevevano 26,5 litri di alcol all’anno. Una persona poteva consumare poco meno di 2 bottiglie di liquore a 80 gradi ogni settimana. Nel 1919, fu promulgato il proibizionismo, con gli esiti che conosciamo.
Secondo l’indagine nazionale del 2023, 28,9 milioni di persone di età pari o superiore a 12 anni (il 10,2% in questa fascia di età) hanno sofferto di disturbi da uso di alcol nell’ultimo anno. La percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni che consumano alcol ogni mese è aumentata del 16% tra il 2002 e il 2019, a causa delle dimensioni della coorte dei baby boomer invecchiati, il numero effettivo di bevitori in quella fascia di età è aumentato dell’80% durante quel periodo.
Ciò detto, prevengo una eventuale e sottilissima obiezione: anche in Russia l’alcolismo costituisce una grave piaga sociale. Vero, ma ora sto parlando degli statunitensi, non dei russi o dei veneti. Del resto è risaputo che il clima più freddo e le minori ore di luce solare aumentano il consumo di alcol (e la cirrosi alcolica). Tenuto conto di questa correlazione, il numero degli alcolisti abituali negli Stati Uniti è fuori scala.
Pare che i soliti cinesi vogliano dedicarsi in proprio alla produzione del vino (penso sia più probabile che rilevino le nostre aziende vinicole). Questo è uno dei tanti sintomi del tramonto della nostra civiltà. Per fortuna abbiamo un ministro che indefessamente difende i nostri valori ... alcolici.