domenica 9 marzo 2025

In difesa dei nostri valori ...

 

Non sono molti gli italiani (ma anche i francesi, ...) che sanno chi sono stati i fratelli Ernest e Julio Gallo. Erano figli di due immigrati piemontesi negli Stati Uniti, precisamente in California. All’epoca in cui gli italiani erano chiamati con tono dispregiativo Dagos (dey-goh), considerati dei poveri ignoranti e mafiosi. Un razzismo feroce, tanto da aver scatenato il più grande linciaggio della storia americana, a New Orleans, che costò la vita a decine di italo-americani, i quali venivano strappati dalla prigione dove erano detenuti per una colpa che non avevano e furono impiccati dalla folla in piazza con la complicità della polizia.

I fratelli Ernest e Julio Gallo sono stati (e loro eredi e lo sono tuttora) i più grandi produttori mondiali di vino (anche qualcosa che assomiglia al vino). Quando entrambi erano ancora in vita, la Ernest e Julio Gallo Winery era (ed è) al primo posto nella classifica dei 75 maggiori produttori di vino mondiali. I primi 16 posti di tale classifica erano occupati da aziende californiane. Ma nessuna di esse poteva reggere il confronto con l’azienda dei due fratelli. L’italiana Riunite era al 17o posto, seguita dalla francese George de Bouef. Un altro dei più importanti produttori italiani, Bolla, imbottigliava allora un decimo della produzione Ernest e Julio Gallo Winery. Attualmente gli Usa sono al quarto posto nella produzione mondiale di vino.

Gli statunitensi, in generale, capiscono poco o nulla di vino. Importante è che sia qualcosa di alcolico o di semi alcolico, magari un liquido di un colore accattivante in confezioni seducenti. L’etilismo acuto è un severo problema sociale negli Stati Uniti, trasversale a tutte le classi sociali, cambia solo il prezzo del liquame.

I coloni nel 1770 bevevano in media più di 13 litri di alcol all’anno. Nel 1830, quel numero era raddoppiato e i coloni di età superiore ai 15 anni bevevano 26,5 litri di alcol all’anno. Una persona poteva consumare poco meno di 2 bottiglie di liquore a 80 gradi ogni settimana. Nel 1919, fu promulgato il proibizionismo, con gli esiti che conosciamo.

Secondo l’indagine nazionale del 2023, 28,9 milioni di persone di età pari o superiore a 12 anni (il 10,2% in questa fascia di età) hanno sofferto di disturbi da uso di alcol nell’ultimo anno. La percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni che consumano alcol ogni mese è aumentata del 16% tra il 2002 e il 2019, a causa delle dimensioni della coorte dei baby boomer invecchiati, il numero effettivo di bevitori in quella fascia di età è aumentato dell’80% durante quel periodo.

Ciò detto, prevengo una eventuale e sottilissima obiezione: anche in Russia l’alcolismo costituisce una grave piaga sociale. Vero, ma ora sto parlando degli statunitensi, non dei russi o dei veneti. Del resto è risaputo che il clima più freddo e le minori ore di luce solare aumentano il consumo di alcol (e la cirrosi alcolica). Tenuto conto di questa correlazione, il numero degli alcolisti abituali negli Stati Uniti è fuori scala.

Pare che i soliti cinesi vogliano dedicarsi in proprio alla produzione del vino (penso sia più probabile che rilevino le nostre aziende vinicole). Questo è uno dei tanti sintomi del tramonto della nostra civiltà. Per fortuna abbiamo un ministro che indefessamente difende i nostri valori ... alcolici.

sabato 8 marzo 2025

L'orizzonte strategico europeo

 

Se Trump avesse accettato di preservare gli interessi dell’Europa, Berlino, Parigi e Londra non si sarebbero sentite escluse dal bottino di guerra e avrebbero cercato un accordo con Washington, come dimostrano le continue aperture di Starmer e Macron verso i fascisti della Casa Bianca.

Succede come per il Medioriente. Se in quei Paesi la risorsa principale fossero i datteri, nessuno spenderebbe un dollaro o un euro per farci la guerra e gli arabi vivrebbero in pace, sionismo permettendo.

L’Europa sta cercando disperatamente di far rivivere il Memorandum d’intesa tra l’Unione europea e l’Ucraina su un partenariato strategico sulle materie prime del luglio 2021, come base per il continuo sostegno al regime fascistoide di Zelensky.

L’Europa fa affidamento quasi esclusivo sulla Cina per i suoi minerali strategici. E invece questo memorandum è stato descritto il mese scorso dal Commissario europeo per la strategia industriale, Stéphane Séjourné, dopo i suoi incontri a Kiev, come la fornitura di ventuno dei 30 materiali critici di cui l’Europa ha bisogno” come parte di una “partnership win-win”.

E invece Putin ha avanzato l’idea di una partecipazione di imprese americane allo sviluppo di un polo per la produzione di alluminio nella regione asiatica di Krasnoyarsk. Putin aveva lanciato l’idea di attirare investitori americani, pubblici e privati, per lo sfruttamento delle terre rare, affermando che la Russia ha riserve “significativamente superiori” all’Ucraina, dalla regione di Murmansk nel nord-ovest, al Caucaso nel sud, fino all'Estremo Oriente.

Parlare della fine dell’“ordine internazionale basato sulle regole” e darne la colpa a Trump, prepararsi al perseguimento dei propri interessi imperialisti con la forza delle armi, comporta un conflitto non solo con la Russia, ma anche con l’imperialismo americano. Ed è ciò che si stanno preparando a fare tedeschi, francesi e britannici.

La portata delle ambizioni europee è resa chiara dalle ingenti somme di denaro che vengono disposte per il riarmo, che vanno ben oltre quanto richiesto per i presunti sforzi di interposizione a seguito di un accordo di pace in Ucraina. È in discussione una guerra con la Russia, non per domani, ma in prospettiva.

Questa la sostanza delle cose, il resto sono chiacchiere. Che dire di chi vuole scendere in piazza a sostegno dell’Ucraina? Utili idioti. Ma è tutt’altro che escluso che tra loro ci siano alcuni elementi che sanno bene che cosa fanno e per conto di chi lavorano. Un bel giro di stipendi e di compensi vari.

venerdì 7 marzo 2025

Una mia convinzione

 

Perché c'è la legge marziale, stupido.

Stanno tornando i mostri fantasmi per riprendere la loro follia. Si sente dire con nonchalance: Si vis pacem, para bellum. E sono gli stessi che ad ogni piè sospinto sventolano la costituzione più bella del mondo.

Rimproverano a Trump di aver tolto la maschera d’ipocrisia al conflitto ucraino: dal colpo di stato pro-NATO del 2014 contro il presidente eletto Viktor Yanukovych, il paese è esistito essenzialmente come uno stato cliente sostenuto dagli USA e dalla NATO. Con i finanziamenti e le armi della NATO, l’Ucraina ha condotto una guerra contro la Russia per oltre tre anni, che ha causato centinaia di migliaia di vittime.

Tra la popolazione ucraina e nella classe dirigente ucraina si sta diffondendo la convinzione che Zelens’kyj sia diventato un serio problema dopo il ritorno di Trump alla presidenza degli Stati Uniti. È lo stesso Zelens’kyj che ha vietato ad attori e giornalisti di lasciare temporaneamente l’Ucraina: una volta usciti, non tornavano più. Un sintomo della crisi interna esplicito.

Poco dopo che Trump aveva etichettato Zelens’kyj come un “dittatore senza elezioni”, il parlamento ucraino è stato chiamato a votare una risoluzione a sostegno della legittimità della presidenza di Zelens’kyj. La votazione mirava a rafforzare Zelens’kyj appena prima della sua visita alla Casa Bianca di venerdì.

Tuttavia, nonostante il partito Servo del Popolo di Zelens’kyj detenga la maggioranza assoluta in parlamento (è ancora il vecchio parlamento!), la prima votazione non è passata, raccogliendo solo 218 voti, otto in meno dei 226 voti richiesti.

Il giorno dopo, la bozza di risoluzione è stata infine approvata dopo che l’ex presidente Petro Poroshenko ha annunciato che lui e il suo partito Solidarietà Europea non si sarebbero più opposti alla risoluzione poiché faceva parte di “una legislazione chiave in materia di difesa”.

Vale la pena ricordare che Poroshenko, un miliardario, è diventato presidente dell’Ucraina dopo il colpo di stato del 2014 ed è stato un rivale politico di lunga data di Zelens’kyj. Nelle elezioni presidenziali del 2019, che hanno portato Zelens’kyj al potere, Poroshenko è stato sconfitto.

Quale il motivo di questa decisione di Poroshenko, ossia di votare a favore di Zelens’kyj? Solo poche settimane prima, Zelens’kyj aveva firmato un decreto che imponeva sanzioni a Poroshenko per “alto tradimento” e sostegno a un’organizzazione criminale. Secondo l’agenzia di sicurezza interna del paese, la SBU, che ha guidato l’indagine, le sanzioni sono state imposte perché Poroshenko rappresentava una “minaccia alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Ucraina” e la “creazione di ostacoli allo sviluppo economico sostenibile”.

Poroshenko ha risposto alle accuse incolpando direttamente Zelens’kyj affermando: “Ci sono molti complici in questo crimine: l’intero team di Zelens’kyj, il gabinetto dei ministri, che è stato costretto a sottomettersi a una proposta assurda, membri del suo Consiglio di sicurezza e difesa nazionale. Ma il cliente, l’esecutore e il firmatario è uno solo: Zelens’kyj in persona”.

Questo è il clima, questi i personaggi, la lotta tra bande in Ucraina. È per difendere il potere di gentaglia come questa che inviamo denaro e armi in Ucraina, che si decide di riarmare i Paesi della UE per difendersi dalla “minaccia” russa.

Intanto l’amministrazione Trump ha già iniziato a incontrare i rivali di Zelens’kyj all’interno della classe dirigente ucraina. Ho già scritto che se Zelens’kyj non si toglie di torno, non morirà nel suo letto. È una mia convinzione che si rafforza.

giovedì 6 marzo 2025

La notte europea

 

A Lucio Caracciolo, per le sue posizioni sull’Ucraina, è arrivato un pizzino da parte dell’agenzia di stampa ufficiosa di questo regime (nei suoi articolati poteri, anche occulti). Tutto ciò avviene in un clima mediatico che ricorda per certi aspetti quello durante il Covid- 19. Questa volta non c’entra il virus, ma Putin. Come già il virus, Putin è diventato una parolina magica (come Hamas), che tutto giustifica pur di abbattere l’odiato “nemico”.

E noi, come allora, ci rannicchiamo al caldo nella nostra Europa libera e democratica, nel “campo del bene” e guardiamo i “nostri” padrini a Parigi, Bruxelles e Berlino stanziare centinaia di miliardi per una difesa comunitaria e per una forza nucleare europea che non esiste e non esisterà mai. Basterebbero i missili a testata multipla che ha in pancia un solo sottomarino nucleare russo per cancellare l’Europa occidentale dalla carta geografica.

E questo lo sanno bene, lor signori. E allora perché tanto chiasso? Per due motivi: il primo viene agitato come il ricatto morale di Trump, e riguarda in realtà l’infantile egolatria dei leader europei, a partire da Macron (i recessi della sua vita psichica sarebbero da indagare); il secondo ha a che fare con la crisi industriale ed economica anzitutto di Germania e Francia: la corsa al riarmo è la risposta. In attesa di varare carri armati green e apposite colonnine di ricarica elettrica, per tacitare la coscienza ecologista di Ursula Albrecht.

Questa è dunque l’Europa a meno di un minuto dalla mezzanotte.

mercoledì 5 marzo 2025

Alla sinistra della sinistra di Dio

 

C’è molta preoccupazione e partecipazione per la salute del Papa. Una massa di cre ...denti rosicchia i rosari. Peggiori sono solo i quotidiani che ci informano se il Papa ha “dormito bene” oppure se non ha “dormito bene”. Da più di due settimane, i giornalisti addetti ai necrologi sono in attesa di pubblicare i loro articoli, di tesserne lodi sdolcinate, di raccontarci i suoi ultimi rantoli e i pronostici sul suo successore.

Il tutto è coordinato dalla “corte dei miracoli” di Santa Marta e dintorni, dove si studia attorno a un tavolo come fare la pioggia e il bel tempo, come gestire un marketing precisissimo ...

Francesco, il buon gesuita, è considerato il “papa dei poveri”, addirittura un papa di “sinistra”. Perché sì, dal 2013 il trono di San Pietro accoglie uno di sinistra. Almeno questo è ciò che racconta la leggenda metropolitana e mediatica. Non ha forse riconosciuto la responsabilità della Chiesa cattolica negli innumerevoli casi di violenza sessuale e di aggressioni pedofile che costituiscono l’ordinario religioso? Mettiamo le cose in prospettiva: in che cosa concretamente consiste questo “riconoscimento”? Nel dire che il peccato confessato è completamente perdonato!

È vero che, di questi tempi e rispetto ai suoi due predecessori, l’austero inquisitore Rat - zinger e il vecchio reazionario polacco, il gesuita Bergoglio può apparire furiosamente progressista. Ma aver pubblicato un testo intitolato “La gioia dell’amore” (Amoris Laetitia, marzo 2016), o aver detto che la guerra uccide i fiori, che la povertà è terribile e che la natura è la madre di tutti noi, è sufficiente per meritare una tale reputazione? Diamo un’occhiata ad alcune delle posizioni di questo sant’uomo.

Forse è il caso di rammentare che come giovane Superiore dei Gesuiti argentini negli anni Settanta si è schierato su posizioni conservatrici e secondo alcuni persino di tacita connivenza con il regime di Videla. È in prima fila nel condannare la “teologia della liberazione”, bollata da Roma come un pericoloso tentativo di unire cristianesimo e marxismo.

Poi, al dogmatismo della gioventù subentra un cambiamento nelle sue posizioni. In Germania, dove alla fine degli anni Ottanta tenta senza successo di conseguire il dottorato in teologia – di fatto essenziale per ottenere incarichi nella Curia romana – Bergoglio matura l’insofferenza nei confronti della teologia europea di matrice tedesca che giudica troppo concettosa e lontana dai bisogni autentici del popolo di Dio. A Córdoba, dove è inviato come direttore spirituale, sperimenta una forte crisi interiore che lo porta persino a rivolgersi a uno psicologo.

Il frontman dei progressisti, il collega gesuita Carlo Maria Martini, non lo considera adeguato a sostituire Ratzinger nel ruolo: troppo distante dai sottili discorsi teologici con cui si cerca di contrastare il pensiero unico imposto da Ratzinger, troppo privo di spessore culturale per poter imbastire quel dialogo con il laicato intellettuale agnostico o persino ateo che Martini considera essenziale.

L’azione pastorale contrapposta a quella teologica e dogmatica: è su questa polarizzazione che si giocherà lo scontro nel conclave da cui uscirà vincitore Bergoglio, che sancirà nel 2013 la sconfitta della linea ratzingeriana.

Da Papa, per quanto riguarda il diritto all’aborto, è sempre stato clericalissimo: “L’aborto [...] è un crimine. Uccidere una persona per salvarne un’altra, questo è ciò che fa la mafia” (2016). “Nel secolo scorso, tutti erano indignati per ciò che i nazisti stavano facendo per garantire la purezza razziale. Oggi facciamo la stessa cosa con i guanti bianchi” (2018). “L’aborto è un omicidio, i medici che lo praticano sono [...] sicari” (2024).

Per l’omosessualità, invece, c’è effettivamente un po’ di lassismo: “non è un reato”. Deo gratias. Ma resta “un peccato”. Invitato a parlare alle Nazioni Unite a New York nel settembre 2015 sulla lotta alla povertà e ai cambiamenti climatici, il Papa ha colto l’occasione per chiedere all’ONU di riconoscere “una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che include la distinzione naturale tra uomo e donna”.

“Una legge morale inscritta nella stessa natura umana”, non fa una grinza. Ma non c’è l’ha con gli omossessuali: “Se una persona è gay e cerca il Signore con buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Tuttavia, nel 2015, si è opposto alla nomina del diplomatico apertamente gay Laurent Stefanini all’incarico di ambasciatore francese in Vaticano. Sul motivo di questo rifiuto, nessuno si lascia ingannare.

Quand’era arcivescovo di Buenos Aires e in Argentina il matrimonio per le coppie omosessuali è stato approvato nel luglio 2010, dichiarava che “L’omosessualità è un demone infiltrato nelle anime” e il matrimonio gay è un “atto di guerra contro Dio”. Più di recente, ha dichiarato: “Ciò di cui abbiamo bisogno è una legge sulle unioni civili: hanno il diritto di essere tutelati dalla legge”.

Ambiguo, perché dal trono di Pietro, il 26 agosto 2018: “Una cosa è quando [l’omosessualità] si manifesta nell’infanzia, ci sono molte cose da fare da parte della psichiatria, per vedere come stanno le cose”. Il giorno dopo, il servizio stampa della Santa Sede ha omessa la parola “psichiatria”. Uno dei suoi funzionari ha dichiarato che questo termine è stato omesso “per non alterare il pensiero del Papa”.

Passiamo dagli elettroshock alle energie rinnovabili: la sua coscienza ambientalista si è espressa con fervore nel 2015 nell’enciclica Laudato si’ ... L’avete letta? Un testo dove apprendiamo che la natura è una creazione divina e che come tale è intoccabile. La “carezza di Dio” non ha molto a che fare con i fatti e la scienza, ma con favole irrazionali proclamate come verità rivelate.

Quanto alla “gioia dell’amore”, anche questa ha i suoi limiti. Nel gennaio 2015, spiegò con tutta carità cristiana che se il suo “caro amico” (il dottor Gasbarri, l’organizzatore dei viaggi papali che era al suo fianco) “dice una parolaccia contro la mia mamma, può aspettarsi da lui un pugno, perché non si può provocare, insultare, ridicolizzare la fede degli altri”. Ma su questo punto specifico dobbiamo essere onesti: il buon papa Francesco è molto in linea con la linea ideologica di una certa sinistra, quella che se Mosca non accetta ciò che prescrivono Mieli e Cacciari, le si dichiara guerra. 

Il sangue degli altri

 

Napoleoni in sedicesimo, disposti a scatenare una guerra mondiale pur di veder riconosciuta la bontà e verità delle loro opinioni. Non uno di questi apostoli della guerra che abbia un figlio o nipote arruolato tra chi combatte in prima linea. Verba docent, exempla trahunt è una locuzione latina ignota a questi strateghi di fureria.

“Indebitiamoci per il riarmo”, dice Merz. La crisi industriale tedesca batte alle porte, che cosa c’è di meglio di nuovi Mefo-Wechsel, quotati in borsa ovviamente. Il clima politico e sociale è ottimo, apriamo un’altra autostrada al fascismo new age.

Trump è ciò che è, un uomo ricco che non ha mai lavorato in vita sua, un americano della classe sociale degli affari, vestito con cravatte e completi da pappone, ma non è buzzurro quanto Zelens’kyj, che si presenta alla Casa Bianca vestito come se dovesse sfalciare l’erba in giardino.

Dopo tre anni di guerra siamo punto e a capo, anzi con un rischio ancora maggiore che il conflitto, almeno a dare retta ai furieri di cui sopra, possa allargarsi. Ma non si allargherà per il semplice motivo che i furieri sanno bene che l’opinione pubblica europea si beve tutto della propaganda, ma non è disposta a donare sangue che non sia quello degli altri.

Finirà come in un film? Dopo discussioni, dibattiti e puerili contraddizioni, in cui tutti hanno avuto modo di esprimere la propria opinione, Zelens’kyj non riuscirà a convincere i giurati che si sbagliano, che lui non c’entra niente, che non è tra i maggiori responsabili della morte di centinaia di migliaia di ucraini e della distruzione di vaste aree del Paese, che lui e la sua accolta di fascisti non meritano la sedia elettrica. Finali come questo si vedono solo nei film.


martedì 4 marzo 2025

Prepariamoci alla guerra, ma per finta

 

Sono davvero dei guitti questi “europei”, ma anche gli “americani” calcano da par loro le tavole del palcoscenico. Partiamo dai primi: restiamo in attesa che ci spieghino come si prepara una bomba nucleare in cantina, oppure una molotov, che tanto è lo stesso. Straparlano di “nucleare comunitario”! Immagino con 27 “chiavi” per il suo impiego. Riunione di emergenza a Bruxelles per decidere: buttiamo la bomba o no? Voto a maggioranza semplice oppure all’unanimità? Nell’attesa buttiamo la pasta, non facciamoci mancare una bella spaghettata con l’aragosta. Giorgina in cucina, seppur di malavoglia.

Ieri scrivevo che “La ricca borghesia americana sostiene apertamente o sottotraccia la politica interna di Trump, mentre invece una parte di essa osteggia gli sforzi di Trump per riorientare la politica estera statunitense”. Ebbene, sempre ieri il NYT, a firma di Steven Rattner, già consigliere del Segretario del Tesoro durante l’amministrazione Obama, riportava:

Durante un pranzo della scorsa settimana con un mio amico, un importante investitore tecnologico che è stato un ardente democratico, il discorso si è rapidamente spostato sulla politica. Come molti uomini d'affari, si rifiuta di esprimere pubblicamente le sue opinioni per evitare di attirare critiche. In privato, è più disponibile.

“Sono disposto a sacrificare piccole cose per guadagni più grandi”, mi ha detto, riferendosi al presidente Trump. “Sono un fan delle idee; non sono sempre un fan dell'esecuzione”. Per lui, “la macro vince sulla micro”.

“Macro” era un riferimento al fattore principale che ha spinto gli uomini d’affari centristi verso il signor Trump nel 2024: la convinzione che sia la spesa che l’inclinazione normativa dell’amministrazione Biden fossero fuori controllo. E si sono risentiti del modo in cui Joe Biden continuava a criticare le grandi aziende. Questa animosità era così intensa che persino i forti guadagni economici degli ultimi quattro anni non sono riusciti a convincere la maggior parte di loro a sostenere Kamala Harris.

Mentre pochissimi imprenditori hanno pubblicamente elogiato il presidente e le sue azioni, in privato molti di loro esprimono il loro sostegno. Ho pensato che il caos del mese scorso (le nomine non qualificate del gabinetto, l’avvicinamento alla Russia e, forse più di tutto, i dazi) potesse causare rammarico nella comunità imprenditoriale. Ho sicuramente visto delle preoccupazioni.

Ma molti, forse anche la maggior parte, delle persone con cui parlo in privato stanno ancora applaudendo in silenzio al suo approccio “muoviti velocemente e rompi le cose”, anche se stanno iniziando a nutrire dubbi su questioni specifiche, in particolare l’Ucraina e i dazi.

Come sono prevedibili questi ricchi statunitensi. C’è nell’articolo anche questo passo esilarante:

Un dirigente di Wall Street mi ha detto che il signor Trump rimane il migliore rispetto a qualsiasi alternativa. Un altro, citando il rimpasto amministrativo di Elon Musk, ha detto che gli piace così tanto ciò che vede che ora si pente di aver votato per la signora Harris.

Impagabili. La democrazia elettorale è fatta di questa roba qua, e anche di peggio ancora. Ma facciamoci seri, anche se ciò richiede un sempre maggior autocontrollo. Con lo sviluppo della tecnologia informatica e ora dell’intelligenza artificiale, così come della scienza della distruzione, le materie prime essenziali per la fabbricazione di semiconduttori, batterie e sistemi di comunicazione sono diventate il centro di una lotta globale per l’acquisizione di queste risorse. È diventata una questione esistenziale per gli Stati Uniti.

Bisognerà pur capire che le forze motrici oggettive e materiali della produzione capitalista da parte di monopoli giganteschi, molto spesso di proprietà di settori chiave del capitale finanziario, spingono oltre il puerile gioco: “sto con l’Ucraina”, oppure “sto con la Russia”. Fallito il tentativo di destabilizzare la Russia per farne un ricco boccone e minacciare la Cina ai suoi confini settentrionali, le reali ragioni del conflitto tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno oggi come obiettivo il bottino dell’Ucraina, non chiacchiere e tabacchiere.

È sufficiente leggere cosa scrive a tale riguardo il Center for Strategic and International Studies. Ma in genere non c’è né interesse né tempo per leggere di queste cose. Gli specialisti della distrazione di massa hanno facile gioco.

Ancora una volta le guerre non vengono combattute per la “democrazia” o l’“autodeterminazione”, la “protezione” delle piccole nazioni, la “pace” e consimili cagate, ma per il bottino.


lunedì 3 marzo 2025

Il disordine mondiale nell’era nucleare

 

La ricca borghesia americana sostiene apertamente o sottotraccia la politica interna di Trump, mentre invece una parte di essa osteggia gli sforzi di Trump per riorientare la politica estera statunitense. Crede che abbandonare il conflitto con la Russia e indebolire/smantellare la NATO sarebbe catastrofico per l’influenza globale americana e avrebbe un impatto diretto sul dominio dell’imperialismo americano.

Sul piano ideologico, ogni amministrazione americana punta il dito ammonitore riguardo i “diritti umani”, quando storicamente sono gli stessi Stati Uniti ad avere in casa non pochi di quei problemi. È una visione universalistica del proprio ruolo storico (“destino manifesto”), che crede coincida con gli interessi generali dell’umanità.

Nello specifico, si sostiene che l’aggredito è l’Ucraina e l’aggressore la Russia. Le menti più convenzionali sono abituate a ragionare su fatti isolati e non secondo schemi generali in cui si riflette un disegno complessivo. I fatti nudi e crudi non hanno significato se non si tiene conto delle loro più generali implicazioni.

La possibilità che l’Ucraina entrasse nella Nato, questo fatto di per sé stesso, indipendentemente dalle intenzioni buone o cattive di Washington e dei suoi alleati, avrebbe rappresentato una minaccia oggettiva per la Russia, incompatibile con la sua sicurezza.

C’è una omologia storica perfetta, quella con i missili sovietici installati a Cuba e la relativa minaccia di guerra della Casa Bianca se tali missili non fossero stati rimossi. Non se ne tiene conto.

Quanto a inviare unilateralmente truppe di “interdizione” laddove è in corso una guerra, dire che vi sarà un mese di tregua e altre baggianate del genere, è pura millanteria. «Stiamo cercando di far sì che le cose accadano», ha affermato Macron. E accadranno, inevitabilmente, per soddisfare l’egolatria di personaggi simili.

Bisogna dare atto a Giorgia Meloni, per quanto possa dispiacere, di essere contraria all’invio di truppe perché ciò favorirebbe un’escalation. Ma Meloni oltre a ciò non va, lo volesse oppure no. L’ammonimento di Macron a tale proposito è stato chiaro: «È necessario che l’Italia sia al nostro fianco, che intraprenda questo cammino seguendo le orme di Mario Draghi». I cosiddetti partner europei impiegherebbero un niente a scatenare una tempesta finanziaria sul nostro debito pubblico. Non c’è possibilità di avere voce in capitolo quando a decidere sono Francia e Inghilterra oppure la Germania. Su qualunque dossier.

Purtroppo ancora nel XXI secolo prevale una concezione dell’ordine mondiale che considera gli affari internazionali un’inevitabile lotta per la superiorità strategica. Ciò che non può non preoccupare è la minaccia costituita dalle armi di distruzione di massa e le nuove tecnologie militari. Solo degli stolti possono trascurare il fatto che ciò segna una cesura fondamentale rispetto ai conflitti bellici del passato.

Nei periodi precedenti, le guerre comportavano un calcolo implicito: i benefici della vittoria ne superavano i costi, e il più debole combatteva per imporre al più forte dei costi tali da alterare questa equazione. Gli svantaggi del conflitto militare erano considerati inferiori a quelli della sconfitta. L’era nucleare e delle nuove tecnologie militari si basa su armi il cui uso impone costi sproporzionati rispetto a qualunque concepibile beneficio.

La tecnologia non solo è diventata padrona della nostra vita quotidiana, ma ha anche creato un mondo senza confini né ordine. Oggi non possiamo farci illusioni sul potenziale distruttivo che può scatenarsi in un conflitto tra potenze nucleari. Un simile conflitto è destinato a diventare inevitabilmente una guerra di annientamento su scala globale.


sabato 1 marzo 2025

Più armi per tutti

 


Qualcuno comincia svegliarsi e a dire quello che era evidente fin dall’inizio, e cioè che gli Stati Uniti hanno una priorità tra tutte: la Cina. Si chiama riconfigurazione strategica. Come ho scritto più volte, per Washington è una questione di vita o di morte. Vale anche per l’Europa, se non fosse in mano a una torma di montati di testa.

Washington valuta i rapporti con la Russia in chiave strategica, per quanto riguarda la Cina e per quanto riguarda lo sfruttamento delle materie prime, comprese quelle dell’Artico. Gli affari sono affari e chi va dietro a Zelens’kyj è uno stupido. Quanto all’ex comico, se continua a fare il riottoso non morirà nel suo letto.

Resta da convincere la plebe europea che è necessario armarsi ed eventualmente partire. Rinunciare a un’altra fetta di welfare e puntare su nuovi armamenti ed equipaggiamenti, ma ciò non toglie che l’apparato militare europeo è e resterà inconsistente.

Sento dire che Francia e Inghilterra sono due potenze nucleari. È vero, ma il loro potenziale nucleare non supera il 10% di quello russo. Per tacere della carenza di vettori e di forze aeree adeguate. Quanto ai satelliti, sappiamo come stanno le cose.

Dunque si punta a un forte aumento della spesa militare (che andrà soprattutto a vantaggio dell’industria degli armamenti americana). Perciò i media agitano lo spauracchio russo. Non c’è niente di meglio che la paura.

Per vivere felici, non resta che chiedere un fido alle banche ipotecando il TFR allo scopo di acquistare azioni dell’industria militare e di quella estrattiva di materie prime. 


giovedì 27 febbraio 2025

Arriveremo al punto che ...

 

La divisione tra sinistra e destra sembra cedere il passo a una divisione ancora più inconciliabile: quella che contrappone chi crede che la Terra sia piatta e chi pensa che sia tonda; ma questi ultimi spesso l’asseverano con riserva. C’è di che arrendersi alla solitudine. Sì, solitudine, fortuna e dannazione di uomini e donne liberi.

Fingo di parlare d’altro, come spesso mi accade scrivendo questo blog. Nel XIX secolo le strade principali e le piazze erano più rumorose di oggi: si sentivano le urla dei venditori ambulanti, il rumore dei carretti, eccetera. Tuttavia esistevano ambienti e circostanze, che oggi sono assai più rari, dove prevaleva il silenzio. Oggi siamo invasi da un flusso incessante di parole che ci porta ad avere paura del silenzio.

Possiamo anche menzionare il piacere della lettura, che era molto importante fino al XX secolo, ma che ora sta scomparendo. Si apprezzavano le gioie semplici, meravigliandosi di piccole cose, come la bellezza di un melo, il canto dei grilli o le piante selvatiche che crescevano nei campi. Tutto ciò può suggerire, specie nei più giovani, che le persone di allora erano strane. Ed effettivamente non percepivano sapori e odori allo stesso modo di oggi.

Quando i contadini della mia infanzia si incontravano, sapevano e non sapevano più o meno le stesse cose. Quindi c’era molta comprensione e potevano parlarsi. Al giorno d’oggi, la stratificazione della conoscenza è tale che alcune persone sanno cose di cui altri sono completamente ignoranti. Queste sono le differenze tra ciò che gli esseri umani sanno e ciò che non sanno allo stesso tempo. Trovare connessioni diventa più difficile.

Nel nostro fetido presente, abitato dal cinismo di orchi strabici privi della nozione di limite, una certa speranza è scomparsa dal mondo e con essa il senso di unità e di lotta comune. Arriveremo al punto che alcuni ribelli cercheranno di recuperare dalle ceneri la memoria di un passato distrutto e sul quale non abbiamo riflettuto abbastanza per stanchezza, per disperazione o per una falsa idea di strategia e di efficienza.

mercoledì 26 febbraio 2025

Non la pace

 


Dopo tre anni di guerra, con un accordo sulle risorse minerarie e le ricchezze dell’Ucraina, viene a compiersi una transazione su uno dei motivi più essenziali del conflitto. Un’altra ragione, il cambio di strategia degli Stati Uniti, vuole una Russia non nemica o neutrale nella sfida contro la Cina. Ciò non significa che in Ucraina ci sarà la pace. Il cessate il fuoco, ma non la pace e la concordia. Non più per i prossimi secoli.

Questo il risultato di politiche aggressive e dementi. Orbi che credono di vederci. Sono riusciti ad alzare tante barriere quante ne hanno volute. Un giorno, quando saranno meno accese le passioni, vedremo le cose con più chiarezza? Dubito che entri in certe zucche un concetto altrimenti semplicissimo: la guerra è un effetto, non la causa. Il ravvedimento, semmai ci fosse, giungerà troppo tardi per quelli che sono morti ammazzati.

«La verità non sarà mai saputa veramente;
da che parte il diritto, nemmeno;
da che parte la giustizia, meno ancora:
dove ci sono passioni non c’è nulla di quelle tre cose». (Angelo Gatti, Un italiano a Versailles, p. 283).

Gatti, col grado di colonnello, fu capo dell’Ufficio storico del Comando supremo di Cadorna, seguì lo stesso Cadorna a Versailles dopo l’allontanamento del generale dal comando dell’esercito. Egli, che conobbe molto da vicino tutti i principali protagonisti della tragedia, tenne un diario molto critico su Cadorna, che fu pubblicato postumo.

Ci si arma per la prossima.

Nelle ultime pagine del suo diario francese Angelo Gatti ebbe a considerare:

«Questo periodo è tremendo e orrendo. Chi ha scatenato questa guerra merita di morire: chiunque esso sia, in tutte le nazioni. È giusto che coloro che hanno sofferto siano, d’ora innanzi, gli arbitri dei propri destini. Vita nuova.»

martedì 25 febbraio 2025

Non di solo gas vive l'UE

 

Secondo il cancelliere tedesco in pectore, Friedrich Merz, è necessario perseguire “l’indipendenza” dagli Stati Uniti perché il governo americano è “in gran parte indifferente al destino dell'Europa”.

Mi pare di aver spiegato domenica scorsa uno dei motivi essenziali di questa disaffezione di Washington per l’Europa: “Trump sta cercando un ridispiegamento di risorse militari dal teatro europeo per utilizzarle altrove, in ultima analisi, per concentrarsi sul bersaglio centrale dell’aggressione militare statunitense: la Cina. Stesso discorso vale anche per il suo approccio ruffiano alla Russia”. Forse nel tempo se ne accorgeranno anche i distratti commentatori dei media.

Veniamo alla “dipendenza” dagli Stati Uniti per quanto riguarda il gas. L’anno scorso l’UE ha importato il 17 per cento del suo gas dagli Stati Uniti. Più della metà del GNL americano viene consegnato in Europa. Le importazioni di gas norvegesi, ad esempio, sono più del doppio di quelle degli Stati Uniti. Sulla base di questi dati sembra che Friedrich Merz possa aver buon gioco, tuttavia bisogna considerare che gli USA sono il partner commerciale più importante per la Germania e l’UE.

Trump vuole esportare più petrolio e gas per ridurre il deficit commerciale con gli USA. I suoi dazi sulle merci europee incombono. Per parlare solo di gas e rendersi completamente indipendenti dagli Usa è necessario acquistare il gas da altri produttori e puntare sulla cosiddetta “energia verde” (sulla fusione nucleare mi pare ci siano troppe premature speranze). Questa in sintesi la situazione attuale e non sono buone notizie quelle di puntare sugli inverni caldi e l’indebolimento dell’economia nella maggior parte dei paesi europei.

In prospettiva, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) prevede un eccesso di offerta globale entro la fine del decennio. Si prevede che entro il 2030, sulle navi di tutto il mondo verrà trasportato il 50% in più di GNL, grazie all’espansione della produzione negli Stati Uniti e in Qatar.

Gli Stati Uniti rimarranno il maggiore esportatore di GNL al mondo nel prossimo futuro, inoltre, per quanto riguarda invece il petrolio, è sempre bene tener presente che molte compagnie petrolifere hanno sede negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, il mercato è così teso che qualsiasi interruzione o allarme potrebbe far salire i prezzi. I giochi di potere sul gas statunitense potrebbero quindi rivelarsi molto costosi per l’Europa.

Tra l’altro, nel settore energetico globale sono le aziende private e non i politici a determinare gli scambi commerciali. Le multinazionali e i commercianti di materie prime decidono quali quantità di petrolio e gas importare e dove consegnarle. I prezzi e i contratti di fornitura a lungo termine dettano il ritmo.

Altro brutto segnale: l’oro, questo vile metallo che molti sapienti ritengono inutile quale equivalente universale, dall’inizio del 2024 è aumentato del 44 per cento, con un aumento dell’11 quest’anno. Il prezzo dell’oro è ora appena sotto i 2.900 dollari l’oncia (90 euro il grammo), un massimo storico, con previsioni che potrebbero presto arrivare a oltre 3.000 dollari.

Sebbene l’impatto sul sistema finanziario non sia così evidente, è chiaro che sotto la superficie si stanno accumulando tensioni e contraddizioni.

La corsa all’oro ha portato a scene mai immaginate prima. I commercianti hanno spostato fisicamente l’oro da Londra, il principale hub commerciale di questo metallo, a New York. Tale è stato il movimento che il governatore della Banca d’Inghilterra ha dovuto offrire rassicurazioni all’inizio di questo mese dicendo che c’è “ancora molto oro”. La corsa all’oro ha causato una coda lunga settimane per far uscire l’oro dai caveaux di Londra, sconvolgendo l’impegno della London Bullion Market Association di effettuare le consegne entro due o tre giorni.

I sapienti dell’economia politica sostengono che “l’oro non svolge più il ruolo che svolgeva in passato”. Apparentemente. Non affrontano la questione del perché, nell’attuale sistema di valute fiat, ci sia stata una svolta verso l’oro nel periodo recente e perché sia stata guidata da diverse banche centrali. Le valute fiat hanno prevalso dopo che il presidente Nixon ha tagliato il legame tra il dollaro USA e l’oro il 15 agosto 1971. Ne ho scritto in questo blog diverse volte.

In un rapporto sulla domanda di oro pubblicato il 10 febbraio, il World Gold Council, il principale organismo del settore, ha affermato che nel 2024 la domanda di oro ha raggiunto un nuovo record di 382 miliardi di dollari, di cui 111 miliardi solo nellultimo trimestre dell'anno.

Secondo il rapporto, la domanda delle banche centrali e quella dei mercati emergenti sono state il principale motore dell’aumento, con acquisti che hanno superato le 1.000 tonnellate di oro per il terzo anno consecutivo. “L’incertezza geopolitica ed economica rimane elevata nel 2025 e sembra più probabile che mai che le banche centrali torneranno a rivolgersi all'oro come asset strategico stabile”, afferma il rapporto.

Per quelli che la buttano sempre in caciara, vale la pena sottolineare che la crescente domanda di oro non è iniziata con la vittoria elettorale di Trump e le sue (presunte) mattane.

Uno dei fattori chiave è stato il congelamento da parte dell’amministrazione Biden di 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa all’inizio ufficiale della guerra in Ucraina. I governi e le loro banche centrali si sono trovati improvvisamente di fronte alla realtà: la supremazia del dollaro avrebbe comportato che anche loro avrebbero potuto essere soggetti a sanzioni simili se avessero incrociato il cammino degli Stati Uniti.

Il mantenimento della supremazia del dollaro è una questione esistenziale per l’imperialismo statunitense. È il ruolo della sua moneta come valuta fiat globale che gli consente di accumulare enormi deficit di bilancio in un modo impossibile per nessun altro Paese.

Friedrich Merz dice che è necessario perseguire “l’indipendenza” dagli Stati Uniti? Cazzate buone per i suoi elettori impauriti.

lunedì 24 febbraio 2025

Germania: infranto un mito della storia tedesca

 

Giulio Andreotti preferiva esistessero due Germanie anziché una sola grande Germania. Ed è stato accontentato. Dopo sette lustri dalla riunificazione esistono una Germania dell’ovest e una dell’Est. Come prima? Non proprio. Quella dell’Est non è più “comunista” ma è diventata neo nazista. Elettoralmente nell’Est raccoglie più voti di tutti i partiti di governo messi insieme.

L’AfD è diventata la forza più forte in tutti e cinque i Länder della Germania orientale e ha ottenuto la maggioranza anche in due circoscrizioni dell’ovest: a Gelsenkirchen (24,7%) e a Kaiserslautern (25,9%). In totale il 20,8% dei voti e siederà nel Bundenstag con 152 camerati.

La sinistra raddoppia i voti ed entra in parlamento con l’8,8 per cento e 64 seggi, mentre la SPD subisce complessivamente una sconfitta storica. I Verdi sono all’11,6 per cento. Sahra Wagenknecht non supera la soglia di sbarramento del 5% e resta fuori, così come i liberali. Conservatori e democristiani il partito più votato con il 28,6 dei voti e 208 seggi.

I risultati di questo voto federale richiedono una chiara comprensione delle sue cause.

Questi risultati infrangono un mito della storia tedesca del dopoguerra: che il nazismo fosse un’anomalia storica, limitata alla crisi degli anni Trenta. In realtà, la rinascita del fascismo è la risposta alla crisi del modello economico capitalistico e del completo decadimento della democrazia borghese.

In particolare, la devastazione dell’economia della Germania dell’Est, il conseguente impoverimento e la mancanza di prospettive hanno favorito i nazisti. Molti nella Germania orientale votano per l’AfD per rabbia verso i partiti tradizionali e le loro politiche.

Politiche economiche ma anche quella per il riarmo (a un ritmo mai visto dai tempi di Hitler) e la guerra. Ciò ha creato le condizioni in cui persino l’AfD, profondamente militarista, può sfruttare il sentimento contro la guerra perché critica la guerra della NATO contro la Russia.

Secondo i dati forniti dal Federal Returning Officer, l’affluenza alle urne è stata dell’82,5%. Si tratterebbe della più alta partecipazione dopo la riunificazione. Nelle elezioni del 2021, l’affluenza era del 76,4%.

Bisogna chiedersi se alle prossime elezioni, perdurando e anzi aggravandosi la crisi economica e sociale, reggerà questa affluenza alle urne. Dunque se in prospettiva l’AfD sarà sdoganata e prenderà posto in un futuro governo. Questa evoluzione di tutte le varietà del nazionalismo non può essere fermata dall’indignazione morale.

C’è stata la rottura delle relazioni transatlantiche alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. La risposta a Make America Great Again sarà Deutschland über alles. Per le élite al potere, il vero nemico rimane l’antagonismo di sinistra. Che se cè, vive in forma latente.

domenica 23 febbraio 2025

Priorità strategica

 

Si sente dire: che altro poteva fare la povera Ucraina contro l’invasione russa, arrendersi al fatto compiuto? Chi pone la domanda in questi termini (o analoghi) è senz’altro persona spiritosa. L’invasione russa non è avvenuta per un colpo di testa di Putin. È stata provocata in ogni modo. È questo il discrimine tra verità e menzogna.

Chi traccia un parallelo tra l’invasione russa dell’Ucraina e quella nazista della Polonia del 1939, non solo è un individuo spiritoso, ma anche un passo avanti rispetto alla storia. È noto, a chi non ha perso la memoria, che sono completamente diversi i contesti storici e le parti in causa. Un parallelo di questo tipo si può ravvisare nell’invasione statunitense dell’Iraq con il pretesto totalmente inventato delle cosiddette “armi di distruzione di massa”. Ma anche di ciò si è perso evidentemente memoria, così come su Gaza l’occasione di dire qualcosa di non banale.

Alla fine, tre anni di guerra e di spargimento delle più spudorata propaganda guerrafondaia si sono ridotti all’essenziale: le mani americane sulle risorse minerarie (e non solo) dell’Ucraina. Del resto, come conferma oggi il quotidiano di Confindustria, “[...] era stato lo stesso Zelens’kyj ad evidenziare il grande tesoro custodito nel sottosuolo ucraino” (p. 5). Dunque, di che cosa si duole l’ex comico? Gli chiedono come rimborso degli aiuti ricevuti quanto già egli aveva proposto.

Poco importa che la libbra di carne venga oggi pretesa con la sfacciataggine di Trump, invece delle solite subdole moine di altri presidenti. Si chiama geopolitica, ovvero politica di potenza. Che nel caso degli Stati Uniti ha sempre avuto le forme politiche dell’imperialismo. Chiedere informazioni, tra gli altri, ai Paesi dell’America latina.

Trump è quello che è, ma non è un Forrest Gump. Se uno stupido diventasse presidente degli Stati Uniti per due volte, ciò vorrebbe dire che gli stupidi sono tutti gli altri. Trump sta cercando un ridispiegamento di risorse militari dal teatro europeo per utilizzarle altrove, in ultima analisi, per concentrandosi sul bersaglio centrale dell’aggressione militare statunitense: la Cina. Stesso discorso vale anche per il suo approccio ruffiano alla Russia.

Il Segretario alla Difesa Pete Hegseth lo ha chiarito la scorsa settimana, parlando all’Ukraine Contact Group, il principale organismo di potenze che convogliano armi in Ucraina. “Le dure realtà strategiche impediscono agli Stati Uniti d’America di concentrarsi principalmente sulla sicurezza dell’Europa”, ha affermato. Poi, “Ci troviamo anche di fronte a un concorrente alla pari, la Cina comunista, con la capacità e l’intento di minacciare la nostra patria e i principali interessi nazionali nell’Indo-Pacifico”.

Si chiama priorità strategica: confrontarsi con la realtà della scarsità e la necessità di scelte difficili, concentrando risorse e forza di volontà dove gli interessi più importanti degli Stati Uniti sono in pericolo: l’Asia”. Mentre noi siamo rimasti alle repubbliche marinare e alla Lega anseatica + Ucraina.

Leggo sempre sul Sole di oggi, che “il pacchetto di controllo delle sanzioni [alla Russia] è in mani europee”. Andatelo a raccontare a chi ha ricevuto recentemente le bollette del gas. Per esempio.

venerdì 21 febbraio 2025

Non faccio nomi ...

 

Devo una risposta a un lettore che mi ha scritto dicendo che non ha capito un mio recente post. È uno dei pochi lettori che si prende la briga di argomentare in questo blog, lo fa da anni e da persona intelligente Perciò, per la sua rarità, me lo devo tenere caro, anche se non condivido affatto certe sue posizioni, espresse nel suo di blog, fin troppo acritiche riguardo un certo tema. Nessuno è perfetto, osservò Nietzsche.

Come diceva Stendhal, è impossibile ignorare completamente tutto. Ciò che sta accadendo al nostro mondo, ovvero la collusione tra il trionfo globale dell’estrema destra e la conquista cibernetica globale. Ne scriviamo in molti, ma spesso solo superficialmente. Altri si sono rincantucciati nel loro Avventino.

Vengo al punto. Penso che siamo sempre meno liberi. O meglio, ed è la stessa cosa, che siamo diventati sempre più stupidi. Gli stupidi, un tempo, rappresentavano una minoranza. Oggi rappresentano la netta maggioranza. La digitalizzazione binaria ha portato a una democratizzazione della stupidità che confonde l’opinione con il pensiero.

Parlo dalla stupidità che è contro ogni livello di sottigliezza: mira all’apparenza, si accontenta di apparire per dominare. Così le figure grottesche che governano con spaventosa serietà il nostro tempo. Alla lunga la stupidità porta al disastro e anche al crimine, com’è storicamente provato ad libitum. Non faccio nomi perché temo di dimenticarne troppi.

Più ancora temo i seguaci della stupidità al potere. Totale mancanza di autoironia, stupidità illimitata. Questa passione per la stupidità non fa altro che aumentare. Sia chiaro, per quanto riguarda l’Italia non penso solo al governo, penso a quella che dovrebbe essere l’opposizione a questo governo. Che è stupidità speculare, per taluni aspetti non meno arrogante, una conseguenza diretta dell’abbandono di quelli che un tempo erano i cardini sociali su cui poggiava il consenso di sinistra.

È una guerra di opinioni, e se l’opinione non costituisce a priori un crimine, il desiderio di avere comunque ragione può diventare un “vortice del risentimento”, di cui parla un filosofo tedesco, e infine connivenza con un crimine. I drammatici fatti recenti, dei quali opiniamo tutti comodamente seduti, lo dimostrano. L’intelligenza artificiale peggiorerà senz’altro le cose, proprio perché sarà maneggiata dalla maggioranza di cui sopra, confonderà ancora di più e recherà maggior danno.

giovedì 20 febbraio 2025

La solita réclame

L’Unione Europea sembra volersi lanciare in una corsa all’intelligenza artificiale. Una corsa truccata fin dall’inizio, che vuole far credere che l’Europa sia in grado di competere con Stati Uniti e Cina. Un desiderio ardente di sovranità digitale che anni di inazione sull’argomento rendono impossibile da soddisfare. Se ne sono resi conto con vent’anni di ritardo.

È difficile nascondere il panico che attanaglia su vari fronti l’Europa negli ultimi mesi. I paladini che hanno posto sul podio dell’innovazione le start-up (quanto ci hanno per anni scassato la uallera), sanno bene che il divario tecnologico con Stati Uniti e Cina è incolmabile. C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui l’Europa aveva i suoi campioni, sparsi qua e là. Quelli che avevano tutto ciò di cui avevamo bisogno per conquistare il pianeta. Dove sono andati?

Aperta parentesi: per quanto riguarda segnatamente l’Italia, in senso generale e non solo per il settore digitale, la risposta è nota: ci siamo venduti tutto ciò che era possibile svendere, rinunciando alla nostra sovranità, non solo digitale, e abbiamo puntato sulla svalutazione dei salari, non potendo più operare su quella monetaria. Chiusa parentesi.

Oggigiorno, molte persone si sono avvicinate a questo settore perché hanno visto quanti soldi si possono fare. Ma se prendiamo i pionieri della tecnologia digitale, come l’inventore del World Wide Web, Tim Berners-Lee, possiamo vedere chiaramente che lo fece per divertimento e non per profitto: la prova è che lo creò come open source (designazione che significa che il software in questione è gratuito, modificabile e utilizzabile da tutti)! Ora tutto è diventato più grande e notevolmente più complesso.

Se competere con gli Stati Uniti era già costoso negli anni Novanta, trent’anni dopo i costi hanno raggiunto livelli stratosferici. Mancanza di visione? Fosse solo quello! Contrariamente a quanto pensano le TdC che governano dittatorialmente la UE, non è solo una questione di soldi. Lo dimostrano le tante emblematiche iniziative di project management fallimentare. Credere che investendo più soldi le cose andranno più velocemente è un errore.

«Da Bruxelles, l’esecutivo comunitario ha annunciato la nascita di un fondo da 20 miliardi di euro da utilizzare nella costruzione di quattro giga-stabilimenti, specializzati nell’intelligenza artificiale.»

Miliardi che andranno dissipati. Stanno cercando di creare una specie di Airbus digitale, dicendoci che basterà estrarre il libretto degli assegni, ma in questo settore non funziona così. È una gara persa in anticipo. Sono così ansiosi di vedere emergere la Silicon Valley sul Reno e sulla Loira ma dovranno chinare il capo di fronte ai giganti della tecnologia. Hanno un tale vantaggio che cercare di mettere piede sul mercato equivale a essere schiacciati. Dal momento in cui diamo potere alle aziende, è il mercato a decidere.

Non sono stati capaci nemmeno di uniformare le normative fiscali e altre cose ancor più di dettaglio, figuriamoci il resto. C’è come al solito molta réclame. 

mercoledì 19 febbraio 2025

Dagli USA mi guardi iddio

 


Erano disposti a scatenare la terza guerra mondiale. Non ci vogliono stare, ma dovranno rassegnarsi. Non che io pensi che la questione Ucraina si risolva una volta per tutte sul tavolo della prossima trattativa. E però gli sberloni che stanno arrivando fanno sobbalzare la Gruber dal suo seggiolino, la vedi che diventa sempre più nervosa. La grande giornalista che ha fatto carriera facendo domande del tipo: “Lei è d’accordo con ... quando dice che ... ?”. Neanche Enzo Biagi, buonanima, arrivava a tanta banalità.

Frega niente degli ucraini, dei morti e delle distruzioni, l’importante è fargliela pagare a quello stronzo di Putin. Donald Trump continua con altri mezzi la politica estera americana, vuole che l’Ucraina diventi una subcolonia americana come lo è l’Italia, con il vantaggio rilevante che l’Ucraina possiede materie prime importanti. Tutto è contenuto in una bozza di contratto del 7 febbraio scorso, contrassegnata come “Privilegiata e riservata”, che l’amministrazione statunitense ha sottoposto a Zelensky perché la firmasse.

Ma le richieste degli Stati Uniti, scrive The Telegraph, vanno “ben oltre il controllo degli Stati Uniti sui minerali critici del paese”. Sono completamente aperte. I documenti affermano che l’accordo tra Stati Uniti e Ucraina coprirebbe il “valore economico associato alle risorse dell’Ucraina”, tra cui “risorse minerarie, risorse di petrolio e gas, porti, altre infrastrutture (come concordato)”.

Gli Stati Uniti stanno cercando di ottenere “il 50% delle entrate ricorrenti ricevute dal Governo dell’Ucraina derivanti dalle licenze rilasciate per estrarre o altrimenti monetizzare le risorse dell’Ucraina soggette al presente Accordo, con un privilegio su tali entrate a favore del Governo degli Stati Uniti”.

Si tratta di entrate, non di profitti, con gli USA che devono essere pagati prima di qualsiasi altro soggetto. Quella clausola significa “pagateci prima, e poi date da mangiare ai vostri figli”. Lo stesso si applicherebbe a tutto “il valore finanziario ricevuto dal Governo dell’Ucraina da tutte le nuove licenze rilasciate a terzi per la futura estrazione o monetizzazione delle risorse soggette al presente Accordo, nonché al 50% delle entrate del Governo dell’Ucraina derivanti da nuove estrazioni [...] comprese tutte le imprese di proprietà statale”.

La “percentuale dei proventi” da destinare alla “ricostruzione dell’Ucraina” – definita come “lo sviluppo, la produzione e/o il trasporto di risorse naturali, porti e altre infrastrutture” – sarà “determinata” dal Governo degli Stati Uniti in un secondo momento. Agli Stati Uniti verrebbe inoltre concesso “un diritto di prelazione per l’acquisto di minerali esportabili” e avrebbero enormi poteri sulla direzione dell’economia ucraina basata sulle materie prime e sulle risorse, tra cui “il diritto esclusivo di stabilire il metodo, i criteri di selezione, i termini e le condizioni” di tutte le licenze e i progetti futuri.

Fossi in Zelensky, tratterei direttamente con Putin e cercherei di farmelo amico, che dagli USA mi guardi iddio.

Rallegrati, lettore!


Scrivere è una forma di esercizio ginnico che ti aiuta a vivere un po’ più a lungo e a morire un po’ meno velocemente. È anche un tentativo, più o meno efficace, di uscire da uno stato molto frequente: l’imbecillità naturale. Mi sento bene, come chiunque, nell’imbecillità naturale, ma è come fare il bagno in una vasca: prima o poi devi uscire. La temperatura scende, l’acqua s’intorbida, la tiepidezza dei luoghi comuni e dei discorsi della gente finisce per provocare un raffreddore. È il momento di fare una doccia, asciugarsi e scrivere. Ma per unirsi a cosa? E già qui dovrei aprire una lunga parentesi. O forse chiuderla, perché sono quindici anni che è aperta e dunque non è più (non è mai stata) una parentesi.

Guardando al domani: che cosa scriverò quando una macchina potrà farlo per me? La domanda è seria: non c’è niente di più convenzionale, di più sorpassato delle battute sull’intelligenza artificiale, tranne forse l’ansia o l’entusiasmo che suscitano. Sono due facce della stessa medaglia. Questo post, ad esempio, la macchina non si accontenterà più, nell’ipotesi, di facilitarlo e migliorarlo. Forse presto lo scriverà meglio di quanto potrei fare io. Anzi, senz’altro. Le darò una vaga idea, qualche istruzione più o meno precisa e lei farà il resto.

Rallegrati, lettore! Non dovrai più denunciare i miei errori, notare le mie imperfezioni, sguazzare come un cinghiale nelle mie tane. La macchina, che si dice essere solo nella sua preistoria (e oggi il passaggio dalla preistoria alla storia richiede alcuni anni, a volte alcuni mesi), mi renderà tanto perfetto quanto inesistente. La macchina riassumerà tutti gli autori e tutti i lettori (con concisione e brevità, come piace a te, caro lettore, che hai fretta di correre appresso ad altri trastulli). Verrà il momento in cui non ci sarà più bisogno né dell’uno né dell’altro. Solo macchine in digitale comunicazione tra loro stesse. Annunceranno le buone (o cattive) notizie con condiscendente simpatia e civile entusiasmo. Senza urlare come scimmie, pappagalli, fascisti o ribelli. 

martedì 18 febbraio 2025

Asino

 


È la stessa Francia di Macron che vuole inviare truppe in Ucraina contro i russi. Ciò che succede dietro le quinte, noi non lo sappiamo, sovrastati da una propaganda martellante, officiata da gente che presenta Aleksej Naval’nyj come un martire assassinato dai perfidi sicari di Putin. Oppure presenta la Russia di Putin come il Terzo Reich. Mentre invece Macron è un democratico. Indice elezioni anticipate e poi incarica di formare il governo chi le ha perse. Il caso di Emmanuel Macron si può riassumere in una sola parola: asino. La sua ambizione è quella di essere una specie di de Gaulle, in realtà farà la stessa fine di un Paul Deschanel: caduto da un treno in corsa, in mezzo al nulla e in pigiama.

lunedì 17 febbraio 2025

Disonesti

 

Ieri sera ho visto il film The Apprentice. Pur col beneficio d’inventario, il film è illuminante. Non serve chiedere a Donald Trump quando ha letto l’ultimo libro e di quale libro si trattasse eventualmente. Il suo è puro spirito animale, schietta legge della giungla. Questa è l’etica e la filosofia elementare che regge le concezioni trumpiane, ovvero le tre regole alle quali s’spirava il suo maestro, vale a dire un personaggio come Roy Marcus Cohn. Tutto è molto semplice, la complessità viene superata tagliandola con l’accetta. Si può essere ferocemente contro gli omosessuali, ma allo stesso tempo avere un amante del medesimo sesso. Per esempio.

C’è da chiedersi per quale motivo la maggioranza degli elettori statunitensi l’abbiano votato e mandato per la seconda volta alla Casa Bianca. Ma questa è una domanda a cui gli ipocriti non vogliono rispondere con onestà. Nelle grandi città ci sono enormi ghetti e l’immensa plaga americana è punteggiata di baracche con il tetto di lamiera, abitata da una popolazione che beve birra scadente e si nutre grazie ai buoni alimentari governativi.

Tuttavia bisogna riconoscere a Trump di mostrare molta meno ipocrisia dei suoi competitori del partito democratico. Vedi il caso dell’Ucraina. Come si può pensare che il regime di Zelens’kyj rappresenti gli interessi degli abitanti russi del Donbass e della Novorossija quando proibisce la loro cultura, la loro lingua, le loro tradizioni e la loro religione? Questa è un’altra domanda che quei disonesti  che si riuniscono oggi a Parigi non si pongono e mai parlano dei diritti umani violati in Ucraina dai fascisti locali, cioè da Zelens’kyj e dalla sua cricca.

Sono gli stessi democratici e liberali europei e statunitensi che hanno aperto autostrade alla destra fascista, quelli che ritengono di non avere nessuna colpa e responsabilità di quanto è successo e di ciò che succederà di peggio nel prossimo futuro. La storia non si ripete mai uguale-uguale, ma spesso va a ricalco con qualche variante.