Leggo dai giornali: «Hanno perso un giorno in una scuola di Roma a parlare di un felino vissuto in Messico 40 milioni di anni. Ma che me ne frega, scusatemi.
«I dinosauri è importante sapere che sono esistiti ma se noi siamo italiani – ha aggiunto Valditara – forse lo dobbiamo al Risorgimento che va studiato, come va studiata la Seconda guerra mondiale, la Guerra fredda e l’epoca del terrorismo. [...] Ripristinare l’autorità a scuola e sconfiggere la cultura sessantottina. Il ‘68 nega le radici dell’autorità. Si studino gli anni ‘70, oggi troppi elementi li ricordano.»
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La prendo larga: la scuola non serve per crearsi una posizione o per rafforzare un’identità nazionale, bensì per imparare. E dunque non basta studiare il risorgimento e gli anni del terrorismo; ci si arriva per gradi, partendo da quello che c’è stato prima e molto prima ancora. Magari senza dimenticarsi di citare il fascismo, signor ministro in orbace, che non fu una minuzia del giurassico, così come non lo furono gli etiopi gasati, i libici impiccati, gli spagnoli fucilati. Solo per mantenerci sull’estero e a ridosso delle leggi razziali.
Quanto ai dinosauri, il ministro se lo faccia raccontare come si diventa fin da piccoli dei Stephen Jay Gould, per esempio. È così che si forma una cultura ricca e varia, non solo una cultura che funzioni a scopo produttivo o di maneggio politico.
Dalle dichiarazioni dei troppo loquaci che oggi stanno al potere traspare l’irresistibile fregola di rivincita, il cruccio di riscrivere il menu delle vicende novecentesche e delle opinioni sull’universo mondo, per cui, scusateli, non hanno tempo per dettagli sulle lucertole del Cretacico e i Neanderthal. Il loro piatto forte è il “terrorismo”, del quale conoscono la verità, con gli ingredienti esatti, e hanno fretta di farla conoscere ballando in cucina alla luce del frigorifero.
Anch’io conosco un po’ di quella storia, che non è stata una delizia. A chi non ne fu testimone diretto dico che non è indispensabile aver fatto da cavie a Porto Marghera, aver poi vissuto gli anni delle bombe e delle stragi, ma basta aver letto qualche libro per sapere della crisi di quel modello sociale e delle sue forme di rappresentanza politica, delle trame e dei tentativi eversivi, della P2 e della mafia, dei golpe e di Gladio, di un paese imbalsamato dai vincoli geopolitici e dai patti consociativi.
Per sapere che le cose non andarono come ci vengono cucinate da una visione perfettamente congeniale, che vuole mostrare quella ribellione, ogni ribellione, solo come fuga dalla realtà e inganno. Basta una poesia di Franco Fortini per distinguere le buone e le cattive ragioni, altrimenti non si spiegherebbe come in tanti, più di quanti si potrebbe credere oggi, pensassero che fosse cosa buona e giusta “prendere le armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”.
Che poi ai più non importi sia delle minuzie che dell’insieme, sia di quello che è accaduto appena ieri e sia di ciò che succede oggi, non può indurci alla resa, a essere pavidi di fronte ai redivivi dinosauri odierni.