Marx ha scritto che ogni epoca si pone solo i problemi che può risolvere,
e questo è vero; oggi siamo giunti
precisamente al punto in cui non è più possibile risolverne nessuno senza
risolverli tutti.
(Diciottobrumaio, 12 gennaio 2010).
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In Francia il commercio
tra il 1715 e il 1771 aumentò di otto volte, la popolazione crebbe di sei
milioni sui precedenti diciannove, e tuttavia la produzione alimentare,
nonostante l’agricoltura costituisse i ¾ dell’economia, rimase stagnante. Le attività
statali che avrebbero potuto mantenere un adeguato livello di entrate fiscali
erano diventate concessioni di privati. L’Assemblea dei Nobili nel 1787 aveva
respinto la proposta di far pagare le tasse a se stessa e al clero. L’industria
tessile era crollata, non reggeva la concorrenza inglese e dei Paesi Bassi, la
disoccupazione dilagava. La Cgia di Mestre segnalava, già allora, un forte
aumento di furti, prostituzione e gioco d’azzardo [senza fonte].
Nel luglio 1788 estese
grandinate avevano distrutti i raccolti (i peggiori degli ultimi quarant’anni),
e ciò impose agli agricoltori di consumare direttamente oltre l’80 per cento
della scarsa produzione, condannando il proletariato urbano alla fame. L’ultimo
giorno dell’anno fu festa solo nei palazzi dell’aristocrazia e nei bordelli.
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Nel gennaio 1917, in
Russia, 900 locomotive furono messe fuori uso da un gelo straordinario che neanche
a Cortina quest’anno. Rimasero bloccati i rifornimenti, sia quelli alimentari
per le città e sia quelli di carne umana per il fronte. Poi arrivò febbraio e lo
zar scrisse nel suo diario che non c’era nulla di nuovo da segnalare, ma
segretamente cercava l’armistizio. La storia di quei mesi fu imbastita dai
servizi segreti anglofrancesi e tedeschi. Pensando di salvare la capra, persero
anche il cavolo.
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Le rivoluzioni stanno
dapprima nei numeri, poi in quello che non immaginavamo.
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La Federal Reserve continua a stampare decine di miliardi di dollari
ogni mese, in tal modo svaluta il dollaro
a danno soprattutto dell’Europa. Dal canto suo la Germania senza la moneta
unica non venderebbe all’estero nemmeno la Trabant
a prezzo di costo. Lìtalia, seconda
manifattura, continuerà a sprofondare e i governi a tassare, incapaci di una
politica economica d’interesse nazionale.
Invece di dire che bisogna
uscire dall’euro (la nostra brace) sarebbe bene anzitutto uscire dal dollaro (il martello). Un’alleanza euro-rublo-renminbi,
come provocazione per il 2014, non sarebbe male.
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Il 2013 sta cedendo il
passo, senza apparenti scosse, al 2014, anno centenario dell’inizio della prima
guerra industriale. Per gli storici del futuro il 2013 non sarà ricordato come
uno dei peggiori di quest’epoca (Nostradamus).
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Una nuova generazione
s’appresta a governare il nostro crepuscolo. Per ora si segnala più per la
mancanza di gusto che per idee nuove. Tra questi gattopardi spicca un sindaco,
straordinariamente ottimista riguardo a se stesso, il quale non solo ha
proposto di modernizzare l’orologio di Palazzo Vecchio, ma anche di cambiare i connotati
alla basilica di San Lorenzo, per “completarne la facciata”.
Non è una cosa che
m’invento io, è riportata da Wikipedia che riprende un articolo de la Repubblica: “Nel luglio 2011 l'allora
sindaco Matteo Renzi propose di completare la facciata della chiesa con il
progetto di Michelangelo del 1515,
da realizzare per il cinquecentenario, 2015”.
Leone X, ossia Giovanni
De Medici figlio di Lorenzo, di ritorno da Bologna, dove nel dicembre 1515
aveva firmato la pace con Francesco I di Francia, si fermò per più di un mese a
Firenze, restandovi fino al 17 febbraio 1516.
In tale occasione ordinò a Michelangelo di preparare il disegno della facciata
per il completamento di San Lorenzo. Sostiene G.F. Young, nella sua biografia
dei Medici, che il papa mandò il Buonarroti a Carrara per scegliere il marmo;
infatti, non meno di trentaquattro navi cariche di marmo furono successivamente
inviate a Firenze, sebbene la facciata sia rimasta sempre da fare (non ho capito perché caricarono il marmo sulle navi, ma Young dice così).
Laddove non riuscirono i
Medici, riuscirà il nuovo genio fiorentino; se non nel 2015, l’anno dopo, che
forse è anche quello giusto come cinquecentenario.
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Chiude il quarto anno di
questo blog. Per il prossimo, si vedrà.
Buona fortuna.