giovedì 27 febbraio 2025

Arriveremo al punto che ...

 

La divisione tra sinistra e destra sembra cedere il passo a una divisione ancora più inconciliabile: quella che contrappone chi crede che la Terra sia piatta e chi pensa che sia tonda; ma questi ultimi spesso l’asseverano con riserva. C’è di che arrendersi alla solitudine. Sì, solitudine, fortuna e dannazione di uomini e donne liberi.

Fingo di parlare d’altro, come spesso mi accade scrivendo questo blog. Nel XIX secolo le strade principali e le piazze erano più rumorose di oggi: si sentivano le urla dei venditori ambulanti, il rumore dei carretti, eccetera. Tuttavia esistevano ambienti e circostanze, che oggi sono assai più rari, dove prevaleva il silenzio. Oggi siamo invasi da un flusso incessante di parole che ci porta ad avere paura del silenzio.

Possiamo anche menzionare il piacere della lettura, che era molto importante fino al XX secolo, ma che ora sta scomparendo. Si apprezzavano le gioie semplici, meravigliandosi di piccole cose, come la bellezza di un melo, il canto dei grilli o le piante selvatiche che crescevano nei campi. Tutto ciò può suggerire, specie nei più giovani, che le persone di allora erano strane. Ed effettivamente non percepivano sapori e odori allo stesso modo di oggi.

Quando i contadini della mia infanzia si incontravano, sapevano e non sapevano più o meno le stesse cose. Quindi c’era molta comprensione e potevano parlarsi. Al giorno d’oggi, la stratificazione della conoscenza è tale che alcune persone sanno cose di cui altri sono completamente ignoranti. Queste sono le differenze tra ciò che gli esseri umani sanno e ciò che non sanno allo stesso tempo. Trovare connessioni diventa più difficile.

Nel nostro fetido presente, abitato dal cinismo di orchi strabici privi della nozione di limite, una certa speranza è scomparsa dal mondo e con essa il senso di unità e di lotta comune. Arriveremo al punto che alcuni ribelli cercheranno di recuperare dalle ceneri la memoria di un passato distrutto e sul quale non abbiamo riflettuto abbastanza per stanchezza, per disperazione o per una falsa idea di strategia e di efficienza.

mercoledì 26 febbraio 2025

Non la pace

 


Dopo tre anni di guerra, con un accordo sulle risorse minerarie e le ricchezze dell’Ucraina, viene a compiersi una transazione su uno dei motivi più essenziali del conflitto. Un’altra ragione, il cambio di strategia degli Stati Uniti, vuole una Russia non nemica o neutrale nella sfida contro la Cina. Ciò non significa che in Ucraina ci sarà la pace. Il cessate il fuoco, ma non la pace e la concordia. Non più per i prossimi secoli.

Questo il risultato di politiche aggressive e dementi. Orbi che credono di vederci. Sono riusciti ad alzare tante barriere quante ne hanno volute. Un giorno, quando saranno meno accese le passioni, vedremo le cose con più chiarezza? Dubito che entri in certe zucche un concetto altrimenti semplicissimo: la guerra è un effetto, non la causa. Il ravvedimento, semmai ci fosse, giungerà troppo tardi per quelli che sono morti ammazzati.

«La verità non sarà mai saputa veramente;
da che parte il diritto, nemmeno;
da che parte la giustizia, meno ancora:
dove ci sono passioni non c’è nulla di quelle tre cose». (Angelo Gatti, Un italiano a Versailles, p. 283).

Gatti, col grado di colonnello, fu capo dell’Ufficio storico del Comando supremo di Cadorna, seguì lo stesso Cadorna a Versailles dopo l’allontanamento del generale dal comando dell’esercito. Egli, che conobbe molto da vicino tutti i principali protagonisti della tragedia, tenne un diario molto critico su Cadorna, che fu pubblicato postumo.

Ci si arma per la prossima.

Nelle ultime pagine del suo diario francese Angelo Gatti ebbe a considerare:

«Questo periodo è tremendo e orrendo. Chi ha scatenato questa guerra merita di morire: chiunque esso sia, in tutte le nazioni. È giusto che coloro che hanno sofferto siano, d’ora innanzi, gli arbitri dei propri destini. Vita nuova.»

martedì 25 febbraio 2025

Non di solo gas vive l'UE

 

Secondo il cancelliere tedesco in pectore, Friedrich Merz, è necessario perseguire “l’indipendenza” dagli Stati Uniti perché il governo americano è “in gran parte indifferente al destino dell'Europa”.

Mi pare di aver spiegato domenica scorsa uno dei motivi essenziali di questa disaffezione di Washington per l’Europa: “Trump sta cercando un ridispiegamento di risorse militari dal teatro europeo per utilizzarle altrove, in ultima analisi, per concentrarsi sul bersaglio centrale dell’aggressione militare statunitense: la Cina. Stesso discorso vale anche per il suo approccio ruffiano alla Russia”. Forse nel tempo se ne accorgeranno anche i distratti commentatori dei media.

Veniamo alla “dipendenza” dagli Stati Uniti per quanto riguarda il gas. L’anno scorso l’UE ha importato il 17 per cento del suo gas dagli Stati Uniti. Più della metà del GNL americano viene consegnato in Europa. Le importazioni di gas norvegesi, ad esempio, sono più del doppio di quelle degli Stati Uniti. Sulla base di questi dati sembra che Friedrich Merz possa aver buon gioco, tuttavia bisogna considerare che gli USA sono il partner commerciale più importante per la Germania e l’UE.

Trump vuole esportare più petrolio e gas per ridurre il deficit commerciale con gli USA. I suoi dazi sulle merci europee incombono. Per parlare solo di gas e rendersi completamente indipendenti dagli Usa è necessario acquistare il gas da altri produttori e puntare sulla cosiddetta “energia verde” (sulla fusione nucleare mi pare ci siano troppe premature speranze). Questa in sintesi la situazione attuale e non sono buone notizie quelle di puntare sugli inverni caldi e l’indebolimento dell’economia nella maggior parte dei paesi europei.

In prospettiva, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) prevede un eccesso di offerta globale entro la fine del decennio. Si prevede che entro il 2030, sulle navi di tutto il mondo verrà trasportato il 50% in più di GNL, grazie all’espansione della produzione negli Stati Uniti e in Qatar.

Gli Stati Uniti rimarranno il maggiore esportatore di GNL al mondo nel prossimo futuro, inoltre, per quanto riguarda invece il petrolio, è sempre bene tener presente che molte compagnie petrolifere hanno sede negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, il mercato è così teso che qualsiasi interruzione o allarme potrebbe far salire i prezzi. I giochi di potere sul gas statunitense potrebbero quindi rivelarsi molto costosi per l’Europa.

Tra l’altro, nel settore energetico globale sono le aziende private e non i politici a determinare gli scambi commerciali. Le multinazionali e i commercianti di materie prime decidono quali quantità di petrolio e gas importare e dove consegnarle. I prezzi e i contratti di fornitura a lungo termine dettano il ritmo.

Altro brutto segnale: l’oro, questo vile metallo che molti sapienti ritengono inutile quale equivalente universale, dall’inizio del 2024 è aumentato del 44 per cento, con un aumento dell’11 quest’anno. Il prezzo dell’oro è ora appena sotto i 2.900 dollari l’oncia (90 euro il grammo), un massimo storico, con previsioni che potrebbero presto arrivare a oltre 3.000 dollari.

Sebbene l’impatto sul sistema finanziario non sia così evidente, è chiaro che sotto la superficie si stanno accumulando tensioni e contraddizioni.

La corsa all’oro ha portato a scene mai immaginate prima. I commercianti hanno spostato fisicamente l’oro da Londra, il principale hub commerciale di questo metallo, a New York. Tale è stato il movimento che il governatore della Banca d’Inghilterra ha dovuto offrire rassicurazioni all’inizio di questo mese dicendo che c’è “ancora molto oro”. La corsa all’oro ha causato una coda lunga settimane per far uscire l’oro dai caveaux di Londra, sconvolgendo l’impegno della London Bullion Market Association di effettuare le consegne entro due o tre giorni.

I sapienti dell’economia politica sostengono che “l’oro non svolge più il ruolo che svolgeva in passato”. Apparentemente. Non affrontano la questione del perché, nell’attuale sistema di valute fiat, ci sia stata una svolta verso l’oro nel periodo recente e perché sia stata guidata da diverse banche centrali. Le valute fiat hanno prevalso dopo che il presidente Nixon ha tagliato il legame tra il dollaro USA e l’oro il 15 agosto 1971. Ne ho scritto in questo blog diverse volte.

In un rapporto sulla domanda di oro pubblicato il 10 febbraio, il World Gold Council, il principale organismo del settore, ha affermato che nel 2024 la domanda di oro ha raggiunto un nuovo record di 382 miliardi di dollari, di cui 111 miliardi solo nellultimo trimestre dell'anno.

Secondo il rapporto, la domanda delle banche centrali e quella dei mercati emergenti sono state il principale motore dell’aumento, con acquisti che hanno superato le 1.000 tonnellate di oro per il terzo anno consecutivo. “L’incertezza geopolitica ed economica rimane elevata nel 2025 e sembra più probabile che mai che le banche centrali torneranno a rivolgersi all'oro come asset strategico stabile”, afferma il rapporto.

Per quelli che la buttano sempre in caciara, vale la pena sottolineare che la crescente domanda di oro non è iniziata con la vittoria elettorale di Trump e le sue (presunte) mattane.

Uno dei fattori chiave è stato il congelamento da parte dell’amministrazione Biden di 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa all’inizio ufficiale della guerra in Ucraina. I governi e le loro banche centrali si sono trovati improvvisamente di fronte alla realtà: la supremazia del dollaro avrebbe comportato che anche loro avrebbero potuto essere soggetti a sanzioni simili se avessero incrociato il cammino degli Stati Uniti.

Il mantenimento della supremazia del dollaro è una questione esistenziale per l’imperialismo statunitense. È il ruolo della sua moneta come valuta fiat globale che gli consente di accumulare enormi deficit di bilancio in un modo impossibile per nessun altro Paese.

Friedrich Merz dice che è necessario perseguire “l’indipendenza” dagli Stati Uniti? Cazzate buone per i suoi elettori impauriti.

lunedì 24 febbraio 2025

Germania: infranto un mito della storia tedesca

 

Giulio Andreotti preferiva esistessero due Germanie anziché una sola grande Germania. Ed è stato accontentato. Dopo sette lustri dalla riunificazione esistono una Germania dell’ovest e una dell’Est. Come prima? Non proprio. Quella dell’Est non è più “comunista” ma è diventata neo nazista. Elettoralmente nell’Est raccoglie più voti di tutti i partiti di governo messi insieme.

L’AfD è diventata la forza più forte in tutti e cinque i Länder della Germania orientale e ha ottenuto la maggioranza anche in due circoscrizioni dell’ovest: a Gelsenkirchen (24,7%) e a Kaiserslautern (25,9%). In totale il 20,8% dei voti e siederà nel Bundenstag con 152 camerati.

La sinistra raddoppia i voti ed entra in parlamento con l’8,8 per cento e 64 seggi, mentre la SPD subisce complessivamente una sconfitta storica. I Verdi sono all’11,6 per cento. Sahra Wagenknecht non supera la soglia di sbarramento del 5% e resta fuori, così come i liberali. Conservatori e democristiani il partito più votato con il 28,6 dei voti e 208 seggi.

I risultati di questo voto federale richiedono una chiara comprensione delle sue cause.

Questi risultati infrangono un mito della storia tedesca del dopoguerra: che il nazismo fosse un’anomalia storica, limitata alla crisi degli anni Trenta. In realtà, la rinascita del fascismo è la risposta alla crisi del modello economico capitalistico e del completo decadimento della democrazia borghese.

In particolare, la devastazione dell’economia della Germania dell’Est, il conseguente impoverimento e la mancanza di prospettive hanno favorito i nazisti. Molti nella Germania orientale votano per l’AfD per rabbia verso i partiti tradizionali e le loro politiche.

Politiche economiche ma anche quella per il riarmo (a un ritmo mai visto dai tempi di Hitler) e la guerra. Ciò ha creato le condizioni in cui persino l’AfD, profondamente militarista, può sfruttare il sentimento contro la guerra perché critica la guerra della NATO contro la Russia.

Secondo i dati forniti dal Federal Returning Officer, l’affluenza alle urne è stata dell’82,5%. Si tratterebbe della più alta partecipazione dopo la riunificazione. Nelle elezioni del 2021, l’affluenza era del 76,4%.

Bisogna chiedersi se alle prossime elezioni, perdurando e anzi aggravandosi la crisi economica e sociale, reggerà questa affluenza alle urne. Dunque se in prospettiva l’AfD sarà sdoganata e prenderà posto in un futuro governo. Questa evoluzione di tutte le varietà del nazionalismo non può essere fermata dall’indignazione morale.

C’è stata la rottura delle relazioni transatlantiche alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. La risposta a Make America Great Again sarà Deutschland über alles. Per le élite al potere, il vero nemico rimane l’antagonismo di sinistra. Che se cè, vive in forma latente.

domenica 23 febbraio 2025

Priorità strategica

 

Si sente dire: che altro poteva fare la povera Ucraina contro l’invasione russa, arrendersi al fatto compiuto? Chi pone la domanda in questi termini (o analoghi) è senz’altro persona spiritosa. L’invasione russa non è avvenuta per un colpo di testa di Putin. È stata provocata in ogni modo. È questo il discrimine tra verità e menzogna.

Chi traccia un parallelo tra l’invasione russa dell’Ucraina e quella nazista della Polonia del 1939, non solo è un individuo spiritoso, ma anche un passo avanti rispetto alla storia. È noto, a chi non ha perso la memoria, che sono completamente diversi i contesti storici e le parti in causa. Un parallelo di questo tipo si può ravvisare nell’invasione statunitense dell’Iraq con il pretesto totalmente inventato delle cosiddette “armi di distruzione di massa”. Ma anche di ciò si è perso evidentemente memoria, così come su Gaza l’occasione di dire qualcosa di non banale.

Alla fine, tre anni di guerra e di spargimento delle più spudorata propaganda guerrafondaia si sono ridotti all’essenziale: le mani americane sulle risorse minerarie (e non solo) dell’Ucraina. Del resto, come conferma oggi il quotidiano di Confindustria, “[...] era stato lo stesso Zelens’kyj ad evidenziare il grande tesoro custodito nel sottosuolo ucraino” (p. 5). Dunque, di che cosa si duole l’ex comico? Gli chiedono come rimborso degli aiuti ricevuti quanto già egli aveva proposto.

Poco importa che la libbra di carne venga oggi pretesa con la sfacciataggine di Trump, invece delle solite subdole moine di altri presidenti. Si chiama geopolitica, ovvero politica di potenza. Che nel caso degli Stati Uniti ha sempre avuto le forme politiche dell’imperialismo. Chiedere informazioni, tra gli altri, ai Paesi dell’America latina.

Trump è quello che è, ma non è un Forrest Gump. Se uno stupido diventasse presidente degli Stati Uniti per due volte, ciò vorrebbe dire che gli stupidi sono tutti gli altri. Trump sta cercando un ridispiegamento di risorse militari dal teatro europeo per utilizzarle altrove, in ultima analisi, per concentrandosi sul bersaglio centrale dell’aggressione militare statunitense: la Cina. Stesso discorso vale anche per il suo approccio ruffiano alla Russia.

Il Segretario alla Difesa Pete Hegseth lo ha chiarito la scorsa settimana, parlando all’Ukraine Contact Group, il principale organismo di potenze che convogliano armi in Ucraina. “Le dure realtà strategiche impediscono agli Stati Uniti d’America di concentrarsi principalmente sulla sicurezza dell’Europa”, ha affermato. Poi, “Ci troviamo anche di fronte a un concorrente alla pari, la Cina comunista, con la capacità e l’intento di minacciare la nostra patria e i principali interessi nazionali nell’Indo-Pacifico”.

Si chiama priorità strategica: confrontarsi con la realtà della scarsità e la necessità di scelte difficili, concentrando risorse e forza di volontà dove gli interessi più importanti degli Stati Uniti sono in pericolo: l’Asia”. Mentre noi siamo rimasti alle repubbliche marinare e alla Lega anseatica + Ucraina.

Leggo sempre sul Sole di oggi, che “il pacchetto di controllo delle sanzioni [alla Russia] è in mani europee”. Andatelo a raccontare a chi ha ricevuto recentemente le bollette del gas. Per esempio.

venerdì 21 febbraio 2025

Non faccio nomi ...

 

Devo una risposta a un lettore che mi ha scritto dicendo che non ha capito un mio recente post. È uno dei pochi lettori che si prende la briga di argomentare in questo blog, lo fa da anni e da persona intelligente Perciò, per la sua rarità, me lo devo tenere caro, anche se non condivido affatto certe sue posizioni, espresse nel suo di blog, fin troppo acritiche riguardo un certo tema. Nessuno è perfetto, osservò Nietzsche.

Come diceva Stendhal, è impossibile ignorare completamente tutto. Ciò che sta accadendo al nostro mondo, ovvero la collusione tra il trionfo globale dell’estrema destra e la conquista cibernetica globale. Ne scriviamo in molti, ma spesso solo superficialmente. Altri si sono rincantucciati nel loro Avventino.

Vengo al punto. Penso che siamo sempre meno liberi. O meglio, ed è la stessa cosa, che siamo diventati sempre più stupidi. Gli stupidi, un tempo, rappresentavano una minoranza. Oggi rappresentano la netta maggioranza. La digitalizzazione binaria ha portato a una democratizzazione della stupidità che confonde l’opinione con il pensiero.

Parlo dalla stupidità che è contro ogni livello di sottigliezza: mira all’apparenza, si accontenta di apparire per dominare. Così le figure grottesche che governano con spaventosa serietà il nostro tempo. Alla lunga la stupidità porta al disastro e anche al crimine, com’è storicamente provato ad libitum. Non faccio nomi perché temo di dimenticarne troppi.

Più ancora temo i seguaci della stupidità al potere. Totale mancanza di autoironia, stupidità illimitata. Questa passione per la stupidità non fa altro che aumentare. Sia chiaro, per quanto riguarda l’Italia non penso solo al governo, penso a quella che dovrebbe essere l’opposizione a questo governo. Che è stupidità speculare, per taluni aspetti non meno arrogante, una conseguenza diretta dell’abbandono di quelli che un tempo erano i cardini sociali su cui poggiava il consenso di sinistra.

È una guerra di opinioni, e se l’opinione non costituisce a priori un crimine, il desiderio di avere comunque ragione può diventare un “vortice del risentimento”, di cui parla un filosofo tedesco, e infine connivenza con un crimine. I drammatici fatti recenti, dei quali opiniamo tutti comodamente seduti, lo dimostrano. L’intelligenza artificiale peggiorerà senz’altro le cose, proprio perché sarà maneggiata dalla maggioranza di cui sopra, confonderà ancora di più e recherà maggior danno.

giovedì 20 febbraio 2025

La solita réclame

L’Unione Europea sembra volersi lanciare in una corsa all’intelligenza artificiale. Una corsa truccata fin dall’inizio, che vuole far credere che l’Europa sia in grado di competere con Stati Uniti e Cina. Un desiderio ardente di sovranità digitale che anni di inazione sull’argomento rendono impossibile da soddisfare. Se ne sono resi conto con vent’anni di ritardo.

È difficile nascondere il panico che attanaglia su vari fronti l’Europa negli ultimi mesi. I paladini che hanno posto sul podio dell’innovazione le start-up (quanto ci hanno per anni scassato la uallera), sanno bene che il divario tecnologico con Stati Uniti e Cina è incolmabile. C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui l’Europa aveva i suoi campioni, sparsi qua e là. Quelli che avevano tutto ciò di cui avevamo bisogno per conquistare il pianeta. Dove sono andati?

Aperta parentesi: per quanto riguarda segnatamente l’Italia, in senso generale e non solo per il settore digitale, la risposta è nota: ci siamo venduti tutto ciò che era possibile svendere, rinunciando alla nostra sovranità, non solo digitale, e abbiamo puntato sulla svalutazione dei salari, non potendo più operare su quella monetaria. Chiusa parentesi.

Oggigiorno, molte persone si sono avvicinate a questo settore perché hanno visto quanti soldi si possono fare. Ma se prendiamo i pionieri della tecnologia digitale, come l’inventore del World Wide Web, Tim Berners-Lee, possiamo vedere chiaramente che lo fece per divertimento e non per profitto: la prova è che lo creò come open source (designazione che significa che il software in questione è gratuito, modificabile e utilizzabile da tutti)! Ora tutto è diventato più grande e notevolmente più complesso.

Se competere con gli Stati Uniti era già costoso negli anni Novanta, trent’anni dopo i costi hanno raggiunto livelli stratosferici. Mancanza di visione? Fosse solo quello! Contrariamente a quanto pensano le TdC che governano dittatorialmente la UE, non è solo una questione di soldi. Lo dimostrano le tante emblematiche iniziative di project management fallimentare. Credere che investendo più soldi le cose andranno più velocemente è un errore.

«Da Bruxelles, l’esecutivo comunitario ha annunciato la nascita di un fondo da 20 miliardi di euro da utilizzare nella costruzione di quattro giga-stabilimenti, specializzati nell’intelligenza artificiale.»

Miliardi che andranno dissipati. Stanno cercando di creare una specie di Airbus digitale, dicendoci che basterà estrarre il libretto degli assegni, ma in questo settore non funziona così. È una gara persa in anticipo. Sono così ansiosi di vedere emergere la Silicon Valley sul Reno e sulla Loira ma dovranno chinare il capo di fronte ai giganti della tecnologia. Hanno un tale vantaggio che cercare di mettere piede sul mercato equivale a essere schiacciati. Dal momento in cui diamo potere alle aziende, è il mercato a decidere.

Non sono stati capaci nemmeno di uniformare le normative fiscali e altre cose ancor più di dettaglio, figuriamoci il resto. C’è come al solito molta réclame. 

mercoledì 19 febbraio 2025

Dagli USA mi guardi iddio

 


Erano disposti a scatenare la terza guerra mondiale. Non ci vogliono stare, ma dovranno rassegnarsi. Non che io pensi che la questione Ucraina si risolva una volta per tutte sul tavolo della prossima trattativa. E però gli sberloni che stanno arrivando fanno sobbalzare la Gruber dal suo seggiolino, la vedi che diventa sempre più nervosa. La grande giornalista che ha fatto carriera facendo domande del tipo: “Lei è d’accordo con ... quando dice che ... ?”. Neanche Enzo Biagi, buonanima, arrivava a tanta banalità.

Frega niente degli ucraini, dei morti e delle distruzioni, l’importante è fargliela pagare a quello stronzo di Putin. Donald Trump continua con altri mezzi la politica estera americana, vuole che l’Ucraina diventi una subcolonia americana come lo è l’Italia, con il vantaggio rilevante che l’Ucraina possiede materie prime importanti. Tutto è contenuto in una bozza di contratto del 7 febbraio scorso, contrassegnata come “Privilegiata e riservata”, che l’amministrazione statunitense ha sottoposto a Zelensky perché la firmasse.

Ma le richieste degli Stati Uniti, scrive The Telegraph, vanno “ben oltre il controllo degli Stati Uniti sui minerali critici del paese”. Sono completamente aperte. I documenti affermano che l’accordo tra Stati Uniti e Ucraina coprirebbe il “valore economico associato alle risorse dell’Ucraina”, tra cui “risorse minerarie, risorse di petrolio e gas, porti, altre infrastrutture (come concordato)”.

Gli Stati Uniti stanno cercando di ottenere “il 50% delle entrate ricorrenti ricevute dal Governo dell’Ucraina derivanti dalle licenze rilasciate per estrarre o altrimenti monetizzare le risorse dell’Ucraina soggette al presente Accordo, con un privilegio su tali entrate a favore del Governo degli Stati Uniti”.

Si tratta di entrate, non di profitti, con gli USA che devono essere pagati prima di qualsiasi altro soggetto. Quella clausola significa “pagateci prima, e poi date da mangiare ai vostri figli”. Lo stesso si applicherebbe a tutto “il valore finanziario ricevuto dal Governo dell’Ucraina da tutte le nuove licenze rilasciate a terzi per la futura estrazione o monetizzazione delle risorse soggette al presente Accordo, nonché al 50% delle entrate del Governo dell’Ucraina derivanti da nuove estrazioni [...] comprese tutte le imprese di proprietà statale”.

La “percentuale dei proventi” da destinare alla “ricostruzione dell’Ucraina” – definita come “lo sviluppo, la produzione e/o il trasporto di risorse naturali, porti e altre infrastrutture” – sarà “determinata” dal Governo degli Stati Uniti in un secondo momento. Agli Stati Uniti verrebbe inoltre concesso “un diritto di prelazione per l’acquisto di minerali esportabili” e avrebbero enormi poteri sulla direzione dell’economia ucraina basata sulle materie prime e sulle risorse, tra cui “il diritto esclusivo di stabilire il metodo, i criteri di selezione, i termini e le condizioni” di tutte le licenze e i progetti futuri.

Fossi in Zelensky, tratterei direttamente con Putin e cercherei di farmelo amico, che dagli USA mi guardi iddio.

Rallegrati, lettore!


Scrivere è una forma di esercizio ginnico che ti aiuta a vivere un po’ più a lungo e a morire un po’ meno velocemente. È anche un tentativo, più o meno efficace, di uscire da uno stato molto frequente: l’imbecillità naturale. Mi sento bene, come chiunque, nell’imbecillità naturale, ma è come fare il bagno in una vasca: prima o poi devi uscire. La temperatura scende, l’acqua s’intorbida, la tiepidezza dei luoghi comuni e dei discorsi della gente finisce per provocare un raffreddore. È il momento di fare una doccia, asciugarsi e scrivere. Ma per unirsi a cosa? E già qui dovrei aprire una lunga parentesi. O forse chiuderla, perché sono quindici anni che è aperta e dunque non è più (non è mai stata) una parentesi.

Guardando al domani: che cosa scriverò quando una macchina potrà farlo per me? La domanda è seria: non c’è niente di più convenzionale, di più sorpassato delle battute sull’intelligenza artificiale, tranne forse l’ansia o l’entusiasmo che suscitano. Sono due facce della stessa medaglia. Questo post, ad esempio, la macchina non si accontenterà più, nell’ipotesi, di facilitarlo e migliorarlo. Forse presto lo scriverà meglio di quanto potrei fare io. Anzi, senz’altro. Le darò una vaga idea, qualche istruzione più o meno precisa e lei farà il resto.

Rallegrati, lettore! Non dovrai più denunciare i miei errori, notare le mie imperfezioni, sguazzare come un cinghiale nelle mie tane. La macchina, che si dice essere solo nella sua preistoria (e oggi il passaggio dalla preistoria alla storia richiede alcuni anni, a volte alcuni mesi), mi renderà tanto perfetto quanto inesistente. La macchina riassumerà tutti gli autori e tutti i lettori (con concisione e brevità, come piace a te, caro lettore, che hai fretta di correre appresso ad altri trastulli). Verrà il momento in cui non ci sarà più bisogno né dell’uno né dell’altro. Solo macchine in digitale comunicazione tra loro stesse. Annunceranno le buone (o cattive) notizie con condiscendente simpatia e civile entusiasmo. Senza urlare come scimmie, pappagalli, fascisti o ribelli. 

martedì 18 febbraio 2025

Asino

 


È la stessa Francia di Macron che vuole inviare truppe in Ucraina contro i russi. Ciò che succede dietro le quinte, noi non lo sappiamo, sovrastati da una propaganda martellante, officiata da gente che presenta Aleksej Naval’nyj come un martire assassinato dai perfidi sicari di Putin. Oppure presenta la Russia di Putin come il Terzo Reich. Mentre invece Macron è un democratico. Indice elezioni anticipate e poi incarica di formare il governo chi le ha perse. Il caso di Emmanuel Macron si può riassumere in una sola parola: asino. La sua ambizione è quella di essere una specie di de Gaulle, in realtà farà la stessa fine di un Paul Deschanel: caduto da un treno in corsa, in mezzo al nulla e in pigiama.

lunedì 17 febbraio 2025

Disonesti

 

Ieri sera ho visto il film The Apprentice. Pur col beneficio d’inventario, il film è illuminante. Non serve chiedere a Donald Trump quando ha letto l’ultimo libro e di quale libro si trattasse eventualmente. Il suo è puro spirito animale, schietta legge della giungla. Questa è l’etica e la filosofia elementare che regge le concezioni trumpiane, ovvero le tre regole alle quali s’spirava il suo maestro, vale a dire un personaggio come Roy Marcus Cohn. Tutto è molto semplice, la complessità viene superata tagliandola con l’accetta. Si può essere ferocemente contro gli omosessuali, ma allo stesso tempo avere un amante del medesimo sesso. Per esempio.

C’è da chiedersi per quale motivo la maggioranza degli elettori statunitensi l’abbiano votato e mandato per la seconda volta alla Casa Bianca. Ma questa è una domanda a cui gli ipocriti non vogliono rispondere con onestà. Nelle grandi città ci sono enormi ghetti e l’immensa plaga americana è punteggiata di baracche con il tetto di lamiera, abitata da una popolazione che beve birra scadente e si nutre grazie ai buoni alimentari governativi.

Tuttavia bisogna riconoscere a Trump di mostrare molta meno ipocrisia dei suoi competitori del partito democratico. Vedi il caso dell’Ucraina. Come si può pensare che il regime di Zelens’kyj rappresenti gli interessi degli abitanti russi del Donbass e della Novorossija quando proibisce la loro cultura, la loro lingua, le loro tradizioni e la loro religione? Questa è un’altra domanda che quei disonesti  che si riuniscono oggi a Parigi non si pongono e mai parlano dei diritti umani violati in Ucraina dai fascisti locali, cioè da Zelens’kyj e dalla sua cricca.

Sono gli stessi democratici e liberali europei e statunitensi che hanno aperto autostrade alla destra fascista, quelli che ritengono di non avere nessuna colpa e responsabilità di quanto è successo e di ciò che succederà di peggio nel prossimo futuro. La storia non si ripete mai uguale-uguale, ma spesso va a ricalco con qualche variante. 


sabato 15 febbraio 2025

Quelle sì

 

Al sedicente ministro:

Una tempesta in un bicchier d’acqua, d’accordo. Ma resta una domanda: chi scrive quei discorsi e perché tanta stizza? Per la piega che ora stanno prendendo gli avvenimenti. Chi ha creato le condizioni per scatenare questa guerra, pensava davvero che l’Ucraina potesse vincere la Russia o che si potesse arrivare a un accordo in cui la Russia soccombesse? Ucraina e Russia, che fino a poco tempo fa costituivano una sola nazione, saranno nemiche per sempre. Nessun mea culpa da parte dell’Europa e con essa dell’Italia?

Perché paragonare la Russia attuale al Terzo Reich? Basterebbe ricordare che alleata del Terzo Reich era proprio l’Italia. Che ad invadere la Russia al fianco delle truppe naziste c’erano quelle italiane. Quale reazione provocherebbero eventuali affermazioni di Putin nelle quali l’Italia fosse paragonata al regime fascista, del quale peraltro l’attuale governo non è esente da nostalgie e anche qualcosa di più? Non vorrei che si condividessero le mie posizioni, per carità: ma un po' di saggezza, di lungimiranza, di memoria storica e umiltà. Queste, sì. 

venerdì 14 febbraio 2025

Il delitto Matteotti

 

«In Italia la libertà ed il diritto ormai avevano finito di esistere. [...] quest’abdicazione collettiva si può agevolmente spiegare quando si riflette sull’assenteismo delle masse italiane in tutte le lotte del Risorgimento e sull’influenza perniciosa delle secolari dominazioni straniere. La libertà e il diritto costituiscono il patrimonio ambito e prezioso soltanto degli uomini che abbiano appunto sviluppato il senso civico della vita collettiva ed individuale. Chi non apprezza questi sentimenti, chi non li sente sangue del proprio sangue e carne della propria carne è naturale che per la difesa di essi non si batta. È ancora più umano che si adatti e si affidi al Governo ed all’Uomo che diano loro l’impressione di garantire un minimo di benessere ed un massimo di ordine.»

«[...] In questa obiettiva, seppur mortificante, constatazione risiede la causa e l’origine della crisi italiana che sostanziò l’ultima tragedia italiana. Tragedia che non è finita perché è risorto con intatti i rudimenti reazionari del passato mussoliniano, il neo-fascismo, che poi è il vecchio fascismo. Allora come oggi esso trova sostegni morali, politici e finanziari negli stessi ambienti della più opaca ed angusta conservazione sociale

«[...] occorreva che Mussolini si impegnasse in una guerra di così ampia portata come quella spiritualmente e materialmente preparata per anni da lui e da Hitler, occorreva soprattutto che questa guerra venisse perduta. Occorreva che il nostro Paese fosse sommerso in un vortice di sangue, di tragedie e di rovine perché il mussolinismo frenetico di tanti milioni di italiani si trasformasse, sotto l’impeto dei bombardamenti alleati e sotto la pressione delle deficienze alimentari, nel più furioso e truculento rancore.»

*

Chi scrisse queste limpide e lapidarie parole? Difficile e quasi impossibile indovinarne l’autore. Le pubblicò nel 1965 Cesare Rossi. Sebbene oggi ignoto ai più, all’inizio degli anni Venti del secolo scorso “Cesarino” non era affatto un Carneade, ma uomo molto influente e potente, strettissimo collaboratore e prezioso consigliere di Mussolini, al punto di diventarne poi capo ufficio stampa della presidenza del Consiglio dei Ministri e membro del Gran Consiglio (istituito di fatto). Eminenza grigia, suggeritore e anzi ispiratore del capo del fascismo almeno fino al ritrovamento del cadavere dell’on. Giacomo Matteotti.

Dopodiché diventò il capro espiatorio (non certo innocente) sul quale scaricare gran parte delle responsabilità del finto rapimento e dell’effettivo, premeditato, assassinio del deputato socialista. Mussolini aveva bisogno di allontanare da sé l’ombra, ma anche molto di più di un’ombra, di un suo coinvolgimento diretto nel tragico fattaccio. Rinvenuto il cadavere dell’assassinato, l’incauto Cesarino dovette suo malgrado assumere un ruolo rilevante nella vicenda Matteotti, essendo egli in strettissimi rapporti con il maggior artefice diretto del (finto) rapimento e del delitto.

Parlo di rapimento simulato poiché l’uccisione del deputato dell’opposizione non fu imprevista. Lo scopo di quell’azione messa in atto dal consorzio criminale capeggiato da Amerigo Dumini (1894-1967) fu proprio quello di chiudere per sempre la bocca a Matteotti. La tesi dell’”incidente”, accolta dalla sentenza istruttoria del 1925, destinata ancora oggi ad avere credito, non è sostenibile. A quale scopo rapire il deputato, per dargli una lezione? Irrituale per gli impuniti fascisti: i pestaggi avvenivano sul posto, qualunque esso fosse.

Il rapimento del deputato non era necessario per dargli una “lezione”, ed era anzi controproducente. La dinamica stessa del “prelevamento” non lascia dubbi in merito. La sorte di Matteotti era segnata e non doveva essere diversa da ciò che effettivamente accadde, e se di ciò non si fosse trattato, i fatti sarebbero andati diversamente.

Come già scrisse lo storico Mauro Canali nel suo saggio biografico (Cesare Rossi, da rivoluzionario ad eminenza grigia del fascismo), « [...] sarebbe invece più corretto chiedersi quale scenario si sarebbe profilato se, al contrario, tutto fosse andato liscio, senza che il classico granello, una vecchia coppia di portieri [di via Stanislao Mancini, coniugi Villarini Domenico e Erasmi Ester] che puntualmente annotò il numero di targa dell’auto sospetta [55-12169] che da più giorni si aggirava in quel tratto del lungotevere Arnaldo da Brescia, inceppasse meccanismo criminale, avviando la vicenda verso una diversa conclusione.»

E ancora Canali: «È la stessa ostinata incredulità verso le responsabilità di Mussolini manifestata da uomini e forze politiche, in una situazione dove pure tali responsabilità erano divenute presto evidenti, a garantire, qualora l’esecuzione del delitto fosse andata secondo i piani, con il cadavere introvabile e gli assassini senza identità, sulla assoluta insospettabilità di cui avrebbe goduto il capo del governo.»

Scriveva Rossi nel suo Memoriale pubblicato da Il Mondo il 27 dicembre 1924: «Fu in questa occasione dell’aggressione Amendola che Mussolini cominciò ad illustrare certi suoi criteri di vendetta, che in sostanza consistevano nel sequestro e nella scomparsa dei più temuti avversari del regime [il Memoriale è riprodotto in: C. Rossi, Il delitto Matteotti, Ceschina, p. 174].» Nel suo Memoriale, Rossi racconta con dettaglio di altri assassinamenti compiuti dai fascisti con l’accordo di Mussolini, Emilio De Bono (capo della polizia e comandante della milizia fascista), Aldo Finzi (sottosegretario dell’Interno) e altri gerarchi.

A riguardo del movente dell’assassinio. Non fu un interesse a sfondo affaristico e corruttivo quello di tappare la bocca di Matteotti, tesi di comodo che assolve i silenti patrocinatori di un accordo politico con il fascismo di Mussolini. Scrive Canali (p. 332) su ciò che la cronaca politica del tempo conferma: «Allora la collaborazione di uomini e settori del socialriformismo [sbarazzarsi dell’unico vero e coraggioso oppositore, nota mia] sarebbe senza dubbio giunta prima. Senza scossoni e soprattutto senza che si rendesse necessaria la drammatica svolta del gennaio 1925.»

E su questo intreccio d’interessi comuni di fascisti ed entourage “riformista” si può arrivare ad adombrare che vi sia stata anche una trama più vasta, se non altro nella misura di tacito consenso, insomma un delitto di Stato con manifattura fascista. Non sarebbe una novità considerando col senno di poi. Tuttavia, quando si prende in esame una qualsiasi trama delle molte che punteggiano la storia di questo disperato Paese, non se ne esce più. E allora mi fermo ai nudi fatti accertati.

P.S. Amerigo Dumini, riconosciuto come principale responsabile del rapimento e dell’omicidio, ma rubricato come preterintenzionale (!), sconterà meno di due anni di carcere anche grazie alla cosiddetta amnistia Dumini varata ad hoc. Cesare Rossi affida a un memoriale di diciotto pagine la sua autodifesa e la dimostrazione del coinvolgimento di Mussolini nel delitto Matteotti; riesce a scappare in Francia, è protagonista di vicende rocambolesche che terminano con l’arresto e la condanna nel 1929 a trent’anni di carcere per attività antifascista (fantastico!). Imprigionato (ma per modo di dire) e poi confinato, a Rossi sono assegnate tremila lire mensili. Rossi chiede cinquemila lire aggiuntive, che vengono prontamente accordate. Il 13 ottobre 1942 il prefetto scrive che “noto Cesare Rossi accetta trasferimento a Sorrento”, senza omettere la richiesta del solito contributo per trasporto delle masserizie. “Sta bene. Metta la spesa nella contabilità dei servizi di polizia”, annota a penna un funzionario.

giovedì 13 febbraio 2025

Una vita in bianco e nero

 

Un po’ mi spiace di doverlo ammettere, ma non ho avuto una vita da romanzo come Corrado Augias e tanti altri. La mia è stata una vita normale, a tratti monotona, altre volte un po’ movimentata, rischiando anche di diventare un caso “interessante” se gli dèi non avessero interceduto a mio favore.

Non è un caso che quasi tutti i miei ricordi mi appaiano in bianco e nero, salvo i fotogrammi della prima infanzia: quelli sono tutti a colori, chissà perché. E, con mio stupore, i capelli biondicci, come del resto nella parentela, dove erano comuni soprannomi come “bionda” e “biondo”. Mi vengono in mente gli “innesti” di ricordi di Rachael nel film di Ridley Scott. Più probabile, invece, qualche rozzo ascendente longobardo, oppure un incrocio fortuito con gente venduta in Riva degli Schiavoni. Vai a sapere la misticanza della razza umana. Discendenti di re o di schiavi, tutti quanti almeno un po’ bastardi, tutti quanti respirano e scoreggiano alla stessa maniera. Finora.

La schiavitù è un filo nero che lega tutte le epoche, in forme storicamente diverse, ovvio. Oggi la schiavitù, tipo la damnatio ad metalla, non esiste più. Gli schiavi non hanno più le catene ai piedi, bastano le catene del bisogno, del doversi procacciare con fatica e sudore di che vivere. In futuro, però, non ci sarà più bisogno né di fatica né del conseguente sudore. Ci penserà la tecnologia a sollevarci dalle gravose incombenze della vita, e a salvarci la pelle in tante circostanze.

A proposito di tecnologia e di “innesti”, c’è chi pensa di poter salvare la pelle collaborando con i suoi nuovi padroni, con il pretesto che non deve lasciarsi sfuggire “la svolta dell’intelligenza artificiale”. Senza sapere dove ci porterà. Ma che cos’è l’intelligenza artificiale? Immaginate un supercomputer che contenga tutta la conoscenza umana presente nei computer del mondo. Fategli una domanda e lui costruirà una risposta partendo dai miliardi di dati a cui ha accesso. Chiedetegli di scrivere una poesia nello stile di Carducci o di Rimbaud e lui vi inventerà una prosa che la imita quasi alla perfezione. Chiedetegli di dipingere nello stile Leonardo o di Rembrandt e realizzerà un dipinto che non esiste ma che somiglierà molto a un’opera originale di quegli artisti.

Questa tecnologia è in grado di progettare canzoni, musica, voci, disegni, foto, film a partire da milioni di opere create da creatori in carne e ossa. L’intelligenza artificiale può generare testi, immagini o melodie che hanno il sapore, il suono e la consistenza dell’immaginazione umana, ma che non provengono da un essere umano. Finirà che gli artisti e i poeti dovranno trovarsi un altro mestiere. E anche i cantanti. L’intelligenza artificiale è sulla buona strada per liberarci di Sanremo. E questa, se non altro, non è una cattiva notizia.

«Ma che male ti fa Sanremo? Basta non guardarlo!». Giusto. Avete capito tutto e io niente. Che ci volete fare, ve l’ho detto che ho avuto una vita in bianco e nero.

mercoledì 12 febbraio 2025

L'insonnia genera mostri

 

Donald Trump soffre d’insonnia. Rilegge il discorso razzista e protezionista pronunciato da Charles Lindbergh l’11 settembre 1941. Si addormenta per metà, poi sogna per metà. Poiché è padrone del suo Paese e quindi del mondo, il sogno diventa realtà.

Non gliene frega niente degli organismi e delle leggi, nazionali o internazionali. Gli Stati Uniti non vogliono più essere il “gendarme del mondo”, ma semplicemente i padroni del mondo, senza buttare i loro dollari per “promuovere l’equità marxista”. Trump vuole diventare un proprietario terriero che fa ciò che vuole nel suo giardino (*).

Gaza, radere al suolo ciò che non è stato ancora raso al suolo, svuotare la Striscia dei suoi sopravvissuti come si svuota il secchio dell’umido, costringerli nei paesi vicini, che gli piaccia o no (urleranno, ma lui è un grande negoziatore, come dice Meloni). Pulire tutto e poi ricostruite un enorme resort sul mare dove noi bianchi andremo tutti, in un mondo pacifico, senza arabi poveri (tranne gli operai e i lacchè), per prendere il sole e divertirci: Gaza Beach. Campi da golf, hotel, resort, ristoranti, bar, slot machine, cinema, escape room, torri (le più alte del mondo), passaggi sotterranei riqualificati e dedicati alla sorveglianza, attività per bambini, ecc. Tutto è pulito, felice, vivo, illuminato giorno e notte come Las Vegas. C’è un parco sul tema della Bibbia, un altro su quello delle Mille e una notte, forse un altro sulle Crociate, ma anche no, le Crociate sono l’Europa, e l’Europa è finita. Nelle strade, sotto i droni, incontriamo Ponzio Pilato, gli apostoli, il ladro di Baghdad. Mangiamo hot dog sul Monte degli Ulivi.

Quanto al suo compagno di cocktail, Elon Musk, questi vorrebbe acquistare OpenAI, la società dal suo ex amico e nuovo nemico, tale Sam Altman. Gli ha proposto un assegno da 97,4 miliardi di dollari per prendere il controllo del gioiello tecnologico. Un’offerta ovviamente rifiutata dal principale interessato, tanto poco desideroso di rinunciare al suo bambino quanto di rimettersi in gioco con il suo vecchio fidanzato.

Il caso potrebbe sembrare aneddotico. Una guerra di ego tra miliardari che non sanno più cosa fare dei loro soldi e soprattutto del loro tempo. Un rancore latente tra due ex compagni incapaci di parlarsi se non attraverso tweet offensivi. E ciò potrebbe ricordare qualcosa a molti e moltissimi.

Allo stesso modo in cui Donald Trump, con le sue dichiarazioni idiote sulla Striscia di Gaza, che stanno irritando i simpatici compagni di Hamas, ora restii a rispettare l’accordo trappola e liberare gli ostaggi, Musk ha appena iniziato una corsa folle. Sia chiaro: quest’uomo non è sano di mente. Infatti passa per essere geniale. I soldi gli hanno dato alla testa, e il potere conferitogli dal nuovo Presidente gli ha ormai arrostito il cervello. Dopo aver licenziato gente a destra e a manca da X e poi dipendenti pubblici americani, accompagnato da una squadra di adolescenti, chi può dire che Musk accetterà il “no” di Altman?

Il duo più potente del mondo è a caccia di un modo per prendere il controllo di una delle più grandi aziende di intelligenza artificiale del pianeta. E una volta fatto? Basta con l’IA “frugale”, con l’IA “costruttiva” e con tutti gli aggettivi rassicuranti che il summit sull’IA di Parigi ha cercato di attribuirle. Per chi volesse saperne di più sulla IA (ma attenzione, si tratta di un articolo, quindi di molte parole da leggere!) segnalo: https://dl.acm.org/doi/pdf/10.1145/3699525.

(*) E del resto il “popolo” lo vota, così come vota i fascisti un po’ dovunque. Basta con la democrazia politica (che non esiste), e basta anche con la democrazia sociale, quel poco o tanto di welfare che ha permesso finora la pace sociale.

martedì 11 febbraio 2025

Non sappiamo per quanto tempo

 

Non serviva una laurea in matematica applicata. I consumatori avrebbero pagato meno, dicevano, anzi gridavano. E Arera, chiunque si mascheri dietro questa sigla, oggi finge “stupore” (testuale).

Succede in Italia, perché negli altri Paesi le cose vanno diversamente. L’assicuro. Le aziende strategiche non le mettono in vendita, per esempio. Dovremmo chiedere conto innanzitutto a chi ha liberalizzato del tutto il mercato e ha tolto quello tutelato, quindi a chi ha sostenuto la politica di aggressione verso la Russia utilizzando l’Ucraina come ariete. Chiedere conto non solo a Bersani e Meloni passando per Conte e Draghi, ma anche agli Stati Uniti, un focolaio di infezione per l’umanità che necessiterebbe di essere curato con urgenza.

Nessuno lo farà, chiederà conto né di questo né di altro e poi di altro ancora. Il disordine nella testa sembra colpire tutti gli esseri umani su questo pianeta. Almeno una gran parte. Trovare una persona capace di elaborare discorsi strutturati e fedeli alla ragione è sempre più difficile. I giornali si occupano di violenza sessuale e della vita dei cani. I social network, gestiti dai furfanti Musk e Zuckerberg, stanno orchestrando questa confusione a livello globale, somministrando la loro poltiglia tossica.

Tutto si confonde e nulla è più distinguibile. Come durante le alluvioni, quando l’acqua ricopre tutto e fa scomparire i punti di riferimento, e non sai più se stai camminando sul marciapiede o in mezzo alla strada. Quando gli escrementi dei cani galleggiano insieme a quelli dei loro padroni e si mescolano alle correnti d’acqua. E i topi escono dalle fogne e nuotano nella tua cucina allagata oppure a palazzo Chigi.

Non sappiamo per quanto tempo, ma va ancora bene così. In fondo ci resta Roccaraso e la bella vita di Pian della Tortilla, in attesa di passare una settimana in un resort all-inclusive a Gaza.

lunedì 10 febbraio 2025

L’odore del denaro e il rumore degli stivali

 

È sintomatico di un’epoca storica e di un Paese infantile e morboso ciò che è accaduto e che ha avuto per protagonista, suo malgrado, il ministro di maggior peso di questo governo pavido e sospettoso (come già scrissi, la sedicente opposizione, che ha aperto autostrade ai fascisti, è pavida e inetta). Pare (pare!) che solo un miliardario sia caduto nella trappola, tuttavia una cosa così comica è rivelatrice di quanto sia verosimile che dei miliardari siano disposti a mettere mano al portafoglio per sovvenzionare delle nobili cause patriottiche: un giro di bonifici per “operazioni segrete”.

È ancora alla ribalta Massimo Cacciari, il quale, dopo essere apparso anche alla Madonna, dichiara che: “I nazionalisti combinano ideologie vetero-reazionarie con la subordinazione alla potenza economica dominante”. Ideologie vetero-reazionarie? Chiarisca, il madonnaro, please. I “nazionalisti”? Di chi si tratta, di Luciano Spalletti e dei suoi pedatori? Possibile che nessuno abbia il coraggio di chiamarli per quel che sono, ossia “fascisti”? Si dirà, ma questi sono fascisti da operetta. Perché i fascisti d’antan, tranne quando coraggiosamente e in folto manipolo aggredivano e bastonavano e assassinavano il malcapitato di turno, non erano forse una accolta di buffi attori da operetta, a cominciare dal loro capo?

Ne racconto un paio di scene da operetta tratte da un libro di Riccardo Gualino, nipote e omonimo di quel Riccardo Gualino che fu vicepresidente della Fiat, magnate dell’industria e della finanza prima e dopo il conflitto 1914-’18. Per protagonista, quello psicopatico che rispondeva al nome di Benito Mussolini, che per brevità si faceva chiamare “duce”.

«A un certo punto Mussolini premette un campanello e apparve un segretario che gli portava un fascio di lettere. Mussolini le prese, firmò la prima senza fare un commento, ma la lettura della seconda suscitò le sue ire. “Come! Una lettera come questa a quel mascalzone di [...]. La appallottolò e la lanciò nella stanza. Tutto il corriere fu smaltito a questo modo; fra inventive feroci contro alcuni destinatari e lancio aereo delle lettere incriminate, fra brontolii per certe missive che firmava dopo un “questa se ne poteva fare a meno”, e silenzi allorché la firma non esigeva proteste. Il segretario assisteva impassibile a quelle sfuriate. Infine Mussolini esplose in un’indignazione incontenibile di fronte a una lettera che fece a pezzi e gettò per terra comprendo di improperi il destinatario, che definì un ladro. Gualino se ne andò perplesso “riflettendo sul caso veramente straordinario di un capo di governo che fa assistere un estraneo a consimili scene nelle quali, fra l’altro, copre di contumelie e di apprezzamenti poco riguardosi personalità conosciute del regime e colleghi al governo”. La sua opinione fu che si trattasse di una commedia, a suo uso e consumo, allestita allo scopo di dimostrare il potere del capo del governo e il suo disprezzo nei confronti dei collaboratori e amici, nonché il suo irresistibile bisogno di essere attore e di recitare sul palcoscenico di Palazzo Chigi.»

Ancora più comica, se possibile, è questa scena: «Mio nonno era accompagnato da Giovanni Agnelli e da un tecnico, il quale avrebbe dovuto esporre la questione della “trazione elettrica a velocità elevatissima”, per cui portava sotto il braccio “in un lungo rotolo, diagrammi e disegni”. La presenza del tecnico ebbe su Mussolini un effetto sconvolgente. I tre erano a “più di 10 metri distanti”, ma Mussolini balzò in piedi con il volto stravolto, indicando l’uomo che portava con sé le innocue carte arrotolate. Riteneva che si trattasse di un’arma atta ad ucciderlo e chiedeva con voce rotta la ragione della sua presenza. Agnelli e Gualino ebbero un bel da fare per tranquillizzarlo e “Mussolini si rimise rapidamente, per quanto la conversazione si svolgesse poi con qualche disagio”. Comunque, continua mio nonno, “lo vidi trascorrere alcuni secondi di terrore, durante i quali divenne evidente ciò che si sussurrava negli ambienti a lui vicini, e cioè che egli fosse paurosissimo”.»

Riccardo Gualino, nel 1931, sarà fatto arrestare personalmente da Mussolini e poi, dopo la detenzione, processato dal Tribunale speciale in pochi minuti con la generica accusa di “gravi danni all’economia nazionale”, quindi condannato e inviato al confino.

Nei vari scritti autobiografici di Gualino, che sapeva usare la penna in modo formidabile, non si rintraccia mai un’espressione di odio nei riguardi di Mussolini e nemmeno di biasimo o recriminazione per Giovanni Agnelli (che godette dei beni sequestrati al suo amico e socio Gualino).

I brani citati sono tratti da Riccardo Gualino, Mio nonno Riccardo, Marini editore, Roma 2021. Bibliografia essenziale: Giorgio Caponetti, Il grande Gualino, UTET, varie ristampe; Riccardo Gualino, Frammneti di vita, Mondadori, 1931, ristampato, da ultimo, anche da Aragno, ma esaurito, comunque disponibile sul mercato dell’usato nelle varie ristampe editoriali; sempre di Gualino, Confessioni di un sognatore, Marini editore; può essere d’interesse: Nicola de Ianni, Gli affari di Agnelli e Gualino 1917-1927, Prismi, Napoli, 1998.


venerdì 7 febbraio 2025

Non provochiamo i pavidi e gli inetti


Mai che si senta o si legga di un mea culpa da parte di coloro che rappresentano la cosiddetta sinistra o centro sinistra che dir si voglia. Loro non hanno nessuna responsabilità per quanto è accaduto in questi decenni. Cercano in ogni modo, vale a dire usando mezzucci, di screditare questo governo di fascisti, che con la sua qualità retorica si scredita da solo, ma non si chiedono perché mai i fascisti sono al governo e il loro consenso elettorale regga dopo più di due anni.

Né si chiedono davvero il perché circa il 50% dell’elettorato non va più a votare. Voglio dire, un dibattito pubblico franco e sincero sulle le vere cause e le reali storiche responsabilità di una sinistra fin troppo trasformista e liberale. Qualcosa che possa aiutare a riflettere seriamente su ciò che ci sta accadendo in Europa e nel mondo, vale a dire l’avvento al potere dei fascisti.

Lo so, nessuno ha la bacchetta magica per risolvere i problemi, che sono ovviamente complessi, quello che si chiede e però non viene dato, è un minimo di onestà intellettuale e politica. E invece si va avanti così, compattamente disonesti e politicamente divisi.

Non si riesce a comprendere che alla gente che non sa come arrivare a fine mese, oppure alle folle che si accalcano a Roccaraso e sulle Dolomiti, di quel galantuomo che è stato riaccompagnato in Libia con un volo di Stato e tante scuse, non frega un cazzo. Così come non importa nulla di quel bastardo che ha fatto il saluto nazista: l’operazione psichica che lo ha portato a un simile risultato rinvia ad altro e non si esorcizza con la stigmatizzazione.

Qual è il programma di questa sinistra, le aspirazioni politiche dei suoi dirigenti? Per quanto riguarda l’immigrazione, la sicurezza di chi cammina per strada, per il lavoro e i salari? O pensano davvero che basti qualche frase sul salario minimo? Non si sono accorti di ciò che stava arrivando, che il “libero mercato” è una fola, che il capitalismo non è più quello di un tempo, del paternalismo dei Marzotto che costruivano casette e asili per gli operai.

Non si sono resi conto che si sono fatti, forse loro malgrado, agenti politici di ciò che sta accadendo ora, ossia di forze economiche sempre più violente, sempre più eccessive, che si accumulano e infine sono impersonificate politicamente nella figura di un capo. La sostanza del fascismo non muta. È un prodotto del capitalismo.

La sera del 27 gennaio, in un memorandum indirizzato a tutti i dipartimenti e le agenzie governative è stato ordinato il congelamento completo di tutti i fondi federali destinati ai programmi sociali, al fine di condurre un audit di queste “risorse federali [destinate a] promuovere l’equità marxista [testuale!], il transgenderismo e le politiche socialmente trasformative del Green New Deal” (*).

Fatti questi che non ci riguardano? Ma siamo pazzi? È seguito qui da noi il silenzio su un fatto di gravità enorme, anche se non ci riguarda direttamente. È Goebbels che farnetica? No, questa direttiva viene dall’Ufficio di Bilancio della Casa Bianca!

Il giorno che semmai la “sinistra” dovesse tornare al governo, che cosa pensano di fare i suoi dirigenti in rapporto a questi demoni fascisti risorgenti? È bene saperlo prima, non giocare ai bussolotti come s’è fatto in altre occasione, come per Gaza ad esempio. Trump minaccia tutti i paesi del blocco BRICS – che comprende Russia, Cina, India e Brasile – con “dazi doganali al 100%” se decidono di lanciare una moneta comune per competere con il dollaro.

Fuori la Nato dall’Italia e l’Italia dalla Nato potrebbe essere un punto qualificante del programma della “sinistra”? Non provochiamo i pavidi e gli inetti!

(*) Il giorno dopo, un giudice federale di Washington bloccò l'applicazione di questo promemoria, mentre i procuratori generali di 23 stati annunciarono la loro intenzione di contestare la base giuridica di questo testo. Infatti, il finanziamento dello Stato federale è una prerogativa parlamentare e il presidente non può in nessun caso trattenere i fondi già votati dal Congresso. La Casa Bianca ha annullato la sua direttiva sul punto in questione, ma ha fatto sapere forte e chiaro che tutte le altre decisioni prese dal virile superpresidente – tagli al bilancio, eliminazioni di programmi, epurazioni e altri piccoli regolamenti di conti – erano più rilevanti che mai.

mercoledì 5 febbraio 2025

La più grande conquista del XXI secolo

 

Internet morirà. Non a causa di una terza guerra mondiale, di una catastrofe nucleare che verrebbe a tagliare tutti i cavi sottomarini. Internet morirà a causa di Internet.

Quando Tim Berners-Lee inventò il World Wide Web negli anni ‘90, sognava di creare un “ambiente caldo e amichevole”. Qualche decennio dopo, il calore si è trasformato in una discarica e una cordialità metallica sembra essere l’unica prerogativa dei chatbot. La rete, creata per avvicinare gli esseri umani, per consentire loro di condividere la conoscenza, per aprire il loro mondo e la loro cultura, creata per offrire loro la possibilità di discutere con un’altra persona dall’altra parte del pianeta, per imparare, per capire, per creare ... sta andando dritta verso la tomba.

L’artificializzazione dei contenuti online, creata sempre più dall’intelligenza artificiale, colonizzerà il web al punto da renderlo una rete popolata esclusivamente da bot in cui l’unico ruolo degli esseri umani sarà ridotto al clic. Il colpo mortale finale? Gli algoritmi sono sempre più inclini a mettere in risalto ciò che genera coinvolgimento, in questo caso i famosi “AI slop” (chiamati così in onore del cibo che viene dato ai maiali) e altri video di simpatici animali, combattimenti violenti e altre perversità dell’anima. Del resto, da che mondo è mondo, la moneta cattiva finisce per scacciare quella buona.

Il lento declino dei social network (compreso il mio blog!), le immagini false su Facebook e Instagram, i bot inquinanti su X e le tendenze su TikTok, ne sono la dimostrazione. Perché, tra l’altro, questi ultimi non sono lì solo perché sono divertenti, piacevoli o pertinenti. Sono lì perché non richiedono alcuna “fatica”, perché l’algoritmo li evidenzia, contribuendo così alla loro viralità, il che incoraggia i creatori a riprodurre ciò che funziona se vogliono essere pagati.

Chi può quindi essere ritenuto responsabile di questa “enshittification”, che Celentano Adriano avrebbe tradotto con ““merdification”? L’utente, oppure il creatore, ridotto a imitare l’altro per guadagnarsi il pane? Le famigerate GAFAM, ossia i capi di Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft? Sì, certo, ma in definitiva fanno solo il loro mestiere. Come si diceva una volta: “È il capitalismo, bellezza”. E noi non ci possiamo fare niente.

Una volta che gli utenti restano intrappolati sulla piattaforma, diventata monopolio nel suo settore, l’azienda inizia a sedurre gli inserzionisti. Prigioniere a loro volta, le aziende non smettono mai di buttare i loro soldi nelle tasche del monopolista. E qui arriva la fase finale, in cui solo gli azionisti della società monopolista possono trarne vantaggio. I primi arrivati, gli utenti, stanno annegando in un’ondata di contenuti sponsorizzati di bassa qualità e gli inserzionisti continuano a pagare sempre di più mentre il monopolista smette di moderare: che senso ha se metà o più del pianeta utilizza i suoi servizi?

Mark Zuckerberg (Meta), Elon Musk (X), Jeff Bezos (Amazon) e Larry Page (Google) sono felici: le loro tasche sono piene e i nostri cervelli sono vuoti. Internet, almeno per come l’abbiamo conosciuto, morirà. E questa potrebbe essere la più grande conquista del XXI secolo.

martedì 4 febbraio 2025

Il più a lungo possibile

 

Esistono diversi modi di fare politica. Alcuni sono, se non nobili, almeno rispettabili. Al giorno d’oggi, il comportamento più diffuso è quello di digitare compulsivamente sulla tastiera e condividere i propri sentimenti (chiamiamoli così, in mancanza di un termine migliore) su un cosiddetto social network.

Questo metodo garantisce visibilità record quasi ogni volta, soprattutto se si scrivono puttanate. Il che è eccellente per l’ego, quando si ha difficoltà a esistere, ossia quando si è solo una pedina in un governo gonfio di ingiustificato orgoglio composto in gran parte da sagome trasparenti e veri e propri sconosciuti (salvo che dalla loro madre e dal suo idraulico).

Un governo che manda in prima serata televisiva i suoi più funambolici virtuosi del criptofascismo. Un governo con un orientamento sostanzialmente nazionalistico, che consiste nell’idea di affermare la superiorità italiana per ogni cosa e per il semplice fatto di essere italiana, motivando una tradizione multisecolare che dovrebbe riflettersi su quella odierna. Insomma, il solito provincialismo punteggiato di tendenze rurali (pane e marmellata nazionale). Ma dobbiamo ammettere che si tratta di una compagine coraggiosa, più precisamente sfrontata.

È presieduto da una tizia che dicono essere molto intelligente e ritenuta formidabilmente astuta. Ha dichiarato il suo amore a Elon Musk, e lo ha fatto in inglese. Il magnate dello spazio e delle auto a guida autonoma messo a capo da Trump di un nuovissimo Dipartimento per l’efficienza governativa, con il compito di “smantellare la burocrazia governativa, ridurre le regolamentazioni eccessive, tagliare gli sprechi di spesa e ristrutturare le agenzie federali per salviamo l’America” (testuale).

Quanto all’ex sinistra, bisogna riconoscerlo, hanno la capacità di far rivivere una stanchezza che non sono mai stati in condizione di seppellire lontano. Il Partito democratico è una macchina dell’inganno, mentre l’ex movimento di Grillo è una quintessenza del nulla in politica. Sono l’emblema di quella categoria di personale politico la cui missione non è servire, ma di farsi servire. Il più a lungo possibile.