sabato 28 febbraio 2015

L'unica verità di questo mondo


Basta la previsione di una crescita del Pil dello zerovirgolauno per far gridare al miracolo: l’Italia fuori dalla recessione. È invece in questo dato la riprova di un futuro che non funziona mai, di aspettative sempre rincorse. Aspettiamoci sermoni gongolanti del clero di Renzi, il quale non mancherà di deliziarci con le sue battute, l’unica forma di comunicazione politica che conosce.

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E dunque a Mosca è stato ucciso a revolverate un oppositore di Putin. Chiaro che lo zar non possa essere il mandante (confido non serva dover spiegare il perché). Certo però che ne trae vantaggio, se non nell’immagine nei fatti concreti. Per ipotizzare chi siano i mandanti bisognerebbe conoscere chi davvero comanda in Russia oltre a Putin. E ciò che vale per la Russia vale per qualsiasi posto, Usa compresi.

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L’omicidio politico, come dimostra ogni racconto fin da Genesi 4,1-8, è una componente fondamentale nella lotta per il potere. Negli Stati Uniti si può dire che sia la norma. Almeno tre presidenti sono stati assassinati, quasi per loro fortuna. Che ne sarebbe stato del nome di Lincon senza la guerra civile e il suo assassinio? Un altro McKinley. E cosa sarebbe stato Kennedy senza la Guerra Fredda e Dallas? Un altro Bill Clinton.

Che cosa sarebbero gli Usa senza il pericolo rosso, giallo, nero, musulmano?

Degli omicidi di Martin King e di Malcolm Little sappiamo tutto, ossia proprio nulla. Di quello di Kennedy sappiamo solo che a sparare fu un fucile di fabbricazione italiana, un moschetto 91 modificato in dotazione al regio esercito. Ciò che avvenne dopo è degno di un fotoromanzo. Di sicuro fu Oswald a sparare, e altrettanto sicuramente i colpi della sua pistola uccisero J. D. Tippit. Del resto non sapremo mai nulla, ma nel Pianeta delle Frottole non è un problema.

Così come non sapremo mai la verità sullo strano caso del dottor Carl Austin Weiss. E tuttavia oltre che per motivi politici si può morire uccisi anche per questioni di corna.


Il Tempo è assassino con tutti.

giovedì 26 febbraio 2015

Follie


Tra pochi giorni un reparto di 600 paracadutisti dell’esercito degli Stati Uniti d’America sarà inviato in Ucraina, partendo dalla caserma Ederle di Vicenza dov’è stanziata la 173^ brigata aviotrasportata delle truppe d’occupazione americane in Italia. La 173^ brigata fu la prima grande unità da combattimento dell'esercito Usa inviata in Vietnam nel maggio 1965. Il comandante delle forze terrestri americane di occupazione in Europa, generale Ben Hodges, ieri a Vicenza per salutare il reggimento in partenza, ha dichiarato alla stampa: «È importante riconoscere che questi non sono separatisti. Questi sono dei personaggi mandati dal presidente Putin».

A Washington comandano i generali, Barack Hussein Obama è solo una marionetta (*).

Da parte sua il premier inglese Cameron (quello che ha avuto come ministro per il commercio e gli investimenti, fino allo scandalo della lista Falciani, StephenGreen, ex Presidente e Amministratore Delegato della HSBC) ha annunciato l’invio a sua volta di truppe britanniche in Ucraina. Scrive oggi il Giornale di Vicenza, quotidiano filorusso e anzi di simpatie bolsceviche:

«… è di fatto il via alla nuova guerra non più tanto fredda. […] quando Usa e G.B. avviano simili missioni si sa dove si comincia ma non dove si finisce.»

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Solo perché o anche perché no?


In un commento al post di ieri mi si rimprovera l’inutilità che avrebbe “glossare i massacri della storia”. Seppelliamo la memoria storica assieme ai morti e poi contempliamo la luna? Perché rievocare i massacri della storia è “sentimentalismo” se non si sono viste di persona le fiamme al largo dei bastioni di Orione? È curioso poi il costante estrapolare citazioni altrui per dare forza alle proprie opinioni, evidentemente troppo esangui per reggersi da sole.

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Partito dalla fusciacca municipale, il signor Matteo Renzi, arringatore televisivo, dapprima ha sottomesso il partito di maggioranza, poi con un colpo di mano s’è impossessato del governo, e infine ha coartato il parlamento su un programma scritto altrove e perseguito a colpi di decreti e minacciose “fiducie”. Se non avesse avuto appoggi fortissimi è chiaro che non avrebbe potuto far nulla da solo.

L’alta borghesia, fatto fuori Berlusconi, ha le mani libere. E ciò sembra paradossale solo agli ingenui e a certi strilloni.

mercoledì 25 febbraio 2015

Supplizi



Un fremito ci pervade quando vediamo dei fanatici che si apprestano a sgozzare degli uomini, siamo sconvolti da quegli accadimenti. Quelle immagini di assoluta barbarie ci ricordano, con ribrezzo e vergogna, epoche remote e vecchi regimi, nonché le cosiddette guerre di religione. La nostra comune unanime condanna non può non essere più netta. Nulla può giustificare quegli atti criminali e bestiali, sproporzionati e contrari a ogni nozione d’umanità.

Nessuno, nemmeno in nome della ragion di Stato, di un ideale politico o credo religioso, ha il diritto o può trovare giustificazione di agire in quel modo. Una civiltà davvero umana si fonda su due principi portanti: dei doveri dei quali nulla e nessuno può esentare l’individuo; dei diritti dei quali nulla e nessuno può privarlo. Non pochi, in nome di tali principi inscindibili e imprescindibili, hanno preferito farsi uccidere piuttosto che cedere.

Ad ogni modo dobbiamo aver ben chiaro anzitutto che a capo delle bande dei crudeli beccai stanno organizzatori minori, degli energumeni adatti a istigare e seminare terrore. Gli artefici principali di ciò che avviene da decenni in quelle aree del mondo sono di un’altra specie e levatura, stanno in cima alla scala del potere regionale e mondiale, economico e politico, non sui bassi gradini dove raggruma il sangue. Per i loro interessi hanno comprato e armato questi assassini e con essi il loro fideiussore misericordioso.

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martedì 24 febbraio 2015

Quel giorno che Napoleone s'inventò l'Fbi


Nel famoso cimitero parigino del Père-Lachaise (merita una visita) c’è un monumento funebre in bronzo tra i più curiosi da vedersi. È opera di Jules Dalou (ammetto che non lo conosceva) e ritrae a grandezza naturale (e forse un po’ di più) tale Victor Noir, pseudonimo di Yvan Salmon (1848–1870), un giornalista francese noto per essere stato assassinato, a gratis, da quel pazzo furioso e pluriomicida che fu Pierre Napoléon Bonaparte (1815–1881), nipote di Napoleone I.

La statua ritrae il poveretto, supino su una lastra di pietra, vestito di tutto punto, con marsina e il cappello rovesciato al suo fianco, così come lo devono aver visto subito dopo l’omicidio. E però la statua di Victor presenta un particolare a motivo del quale, per un certo periodo, fu necessario cintare il luogo per impedire che le signore andassero a toccare proprio quella protubérance de son entrejambes. Si dice che toccare quella protubérance porti bene, favorisca anche la fertilità femminile. Chissà, può darsi sia vero.

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lunedì 23 febbraio 2015

Anche agli occhi degli sciocchi


Per ipotesi poniamo che la rappresentanza parlamentare rispecchi grossomodo la composizione delle classi sociali. Pertanto la maggioranza dei parlamentari dovrebbe essere costituita da rappresentanti delle categorie dei lavoratori dipendenti (operai dell’industria, dell’artigianato, dei servizi, impiegati ecc.) e dei pensionati in genere.  Il loro mandato sarà limitato nel tempo, di modo che al termine ritorneranno a fare davvero quello in cui erano occupati prima. Chiedo: in tal caso, le leggi sul lavoro e le pensioni, ma anche quelle che riguardano il fisco e più in generale l’economia, sarebbero le stesse che sono approvate oggi dagli attuali rappresentanti in parlamento?

Facile vaticinio


Sempre più persone si stanno accorgendo che la democrazia non esiste più, sebbene rimangano in essere alcuni suoi surrogati, e anche questi denotati di avvisi come quelli posti nelle case pericolanti: “attenzione, pericolo crolli”. L’ultima occasione per cambiare un po’ nella disperata situazione s’è presentata dopo le elezioni politiche del 2013. Come già scrissi allora, Grillo non è capace d’intendere che la politica è compromesso, voleva fare la rivoluzione aprendo la scatoletta di tonno. Dall’altro lato la vecchia dirigenza del Pd, molto supponente, non voleva capire la lezione del Gattopardo. Come aggravante un presidente della repubblica che fin da giovane aveva problemi con la democrazia, non perché sedicente comunista, ma perché intrinsecamente stalinista. Il diciotto brumaio di Renzi è un prodotto di questo analfabetismo politico e di tale supponenza.

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domenica 22 febbraio 2015

Ubriaconi e ruffiani


Di solito nell’esame dei problemi e delle situazioni si parte dalle cause. Senza una diagnosi accurata è difficile trovare la risposta adeguata. Sono decenni o almeno lustri che per quanto riguarda il Medio Oriente (definizione che nella comune ricognizione deve intendersi rappresentare un’area geografica ben più vasta di quella propriamente detta) si applicano cure che non danno alcun risultato e anzi peggiorano la situazione, ora giunta nella fase della disperazione più totale.

Ed è ciò che succede anche a Scalfari nell’editoriale odierno, in cui passa in rassegna la situazione della Libia, il suo essere un puzzle di poteri per bande dove si muovono liberamente spacciatori di uomini e di droghe, gli scafisti e gli schiavisti. Un riferimento ai “tempi antichi, anzi antichissimi” c’è in apertura del suo articolo, ma è per richiamare il ruolo che nel 1911 ebbero i socialisti Nenni e Mussolini nell’opporsi all’avventura giolittiana. Di ciò che è successo l’altro giorno non v’è traccia.

E chissà perché gli scafisti e gli schiavi partano, da sempre, dalla Libia e non già dalla Tunisia, posto che il tratto di mare è molto più corto. Mistero su cui evidentemente non vale interrogarsi.

sabato 21 febbraio 2015

Letture


Non è importante quanti libri si siano letti, ma quali e quanto se n’è fatto tesoro. Le librerie negli ultimi tempi, com’era inevitabile dato il centenario, propongono diversi titoli che trattano del primo conflitto mondiale. Si tratta di saggi poco utili e che non aggiungono nulla di nuovo. Forse è meglio rileggere qualche vecchio libro, tra quelli tradotti, come quello di Fischer Fritz, Assalto al potere mondiale. E però se si vuole andare su una lettura meno impegnativa, dai vecchi scaffali c’è di che scegliere. Per esempio Barbara W. Tuchman (1912-1989), una storica americana con il vizio della divulgazione, la quale ha scritto un libro che merita di essere letto: I cannoni d’agosto.

venerdì 20 febbraio 2015

Non sanno spiegare


Guardando alla trattativa in corso tra la Grecia e la Germania (a questo è ridotta l’ex Comunità europea), non si può fare a meno di chiedersi come possa andare d’accordo lo schiavo con la propria catena.

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Da qualunque parte si guardi l’iniziativa politica oggi nel mondo, non vi è dubbio che non gode di credito e anzi prevale la sfiducia e il senso del suo fallimento. E ciò dipende innanzitutto dal fatto che la classe politica e le élite in generale si sono fatte convinte che non vi sia altra strada da perseguire se non quella che ci ha condotto fin qui.

E però queste élite non sanno spiegare, con argomenti diversi dalle solite trivialità sociologiche, per quale motivo la nostra civiltà, pur mostrandosi una gigantesca concentrazione di progresso e di possibilità, pur avendo ottenuto trionfi senza precedenti in ogni campo dello sviluppo materiale, produce nel complesso, soprattutto nei paesi più progrediti economicamente e culturalmente, una singolare impressione d’insufficienza, insicurezza e di vuoto.


Sarebbe il caso di chiedersi se l’umanità del XXI secolo aspiri a qualche cosa di più della mera sopravvivenza, considerando poi che già tale risultato diventa ogni giorno più incerto per un numero sempre maggiore di persone.

giovedì 19 febbraio 2015

Non è più solo un'ipotesi


Segnatevi questo nome: Ursula von der Leyen.

È l’attuale ministro della difesa tedesco. Martedì ha annunciato l'adozione di una nuova strategia militare per la Germania e la ridefinizione del rapporto con la Russia. È la fine della moderazione tedesca in materia di politica estera, una svolta dalla classe dirigente tedesca per una politica estera aggressiva, già annunciata – come ho scritto in un post recente – dal presidente Gauck e confermata dall'ex ministro degli esteri Steinmeier alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco.

mercoledì 18 febbraio 2015

Pastone quotidiano


Un esempio di pessima televisione è il programma Pane quotidiano condotto da Concita De Gregorio. Una trasmissione di cui è perfino imbarazzante dire male data la scarsa qualità, le lacune e il bluff, e che mi porta a considerare che non può trattarsi solo di stupidità combinata ad una gran mole di banalità.

La puntata di oggi è stata, se possibile, anche peggiore delle solite. Presente in studio c’era il giornalista Maurizio Molinari, ben introdotto nei segreti e negli ambienti atlantici. Tema della puntata odierna il fondamentalismo islamico e dintorni. Uno studente chiede al giornalista quale sia la differenza tra Osama bin Laden e il sedicente califfo al-Baghdadi. Facendo un paragone con l’occidente – risponde lo scrivano – c’è la stessa differenza che passa tra Che Guevara e Stalin. Categorico l’assioma guerriglia uguale terrorismo, comunismo uguale crimine assoluto.


Poi è venuto il turno di quella poveretta della De Gregorio con altri paragoni tra Hitler e Stalin, il solito puerile riarmo morale contro i pericoli che più eccitano ma che sono diventati inoffensivi. Questi lacerti della ex sinistra stalinista pensano che nessuno sia mai andato più lontano di loro. Essendo la loro una cultura storica da rigattieri, essi ignorano che c’è chi la critica allo stalinismo l’aveva fatta almeno quarant’anni fa e con ragioni migliori.

Dimenticato da un pezzo


Il torto dei conservatori è di non voler cambiare nulla; quello dei riformisti di credere che il capitale si commuova per le loro idee.

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Sostiene il neopremier greco che la questione del debito “è politica”. Non ci faremo ricattare, grida ora Tsipras, con sprezzo del ridicolo e applausi dalle piazze. Possibile che uno con il suo curriculum di studi non sappia che il processo di mondializzazione ha reso le nazioni più deboli mere colonie del capitale? Certo che lo sa, ma spera di ciurlare ancora nel manico. Non c’è più trippa per gatti gli hanno risposto in coro le volpi di Bruxelles e i lupi di Berlino.

Qual è lo scopo del capitale? È questa la domanda fondamentale che ogni buona coscienza borghese dovrebbe porsi mentre siede a pranzo. Il progresso dei popoli e il benessere delle persone? Stupidi. Credevano bastasse possedere un bancomat per far parte del club? Pensavano di poter competere nell’arena europea e internazionale senza risolvere i nodi strutturali dell’economia e della società greca? La moglie ubriaca e l’urna elettorale piena, come in Italia? Ha dunque ragione Giuliano Ferrara, che un’occhiata a Marx in gioventù gliel’ha pur data, quando scrive che quelli che vogliono salvare il capitalismo dai capitalisti tifano Tsipras.

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Chi ha inteso il ciclo delle guerre mondiali e il confronto tra superpotenze come una faccenda di bandiere e ideologie ha motivo oggi di ricredersi. E tuttavia c’è ancora chi guarda alle vicende che abbiamo sotto gli occhi come a delle guerre di religione o di sacra difesa dei confini nazionali. Perciò vorrebbero mandare la nostra gioventù in Libia a far la guerra ai tagliagole in modo convenzionale, magari risparmiando sui colpi e la benzina. L’Afghanistan, l’Iraq, la Siria e la Libia non hanno insegnato nulla. Ah, e il Vietnam è stato dimenticato da un pezzo.



martedì 17 febbraio 2015

Dopo di lui, non è rimasto nessuno


Oggi pomeriggio dalla mia finestra occhieggiavo i carri mascherati che passavano. Quell’esibita allegria e inutile rumorosità mi offriva lo spunto per considerare come quella del riso e della presa in giro sia, tra tutte le libertà, forse la più importante. Se tale libertà va scomparendo, perché il suo esercizio diventa scadente o perché su certe cose non si può più scherzare, vuol dire che anche le altre libertà non se la passano bene. E non diamo la colpa ai mullah, così come non serve scomodare Rabelais e Bachtin per ravvisare la banalità e il grigiore della nostra epoca.


La nuova guerra per il monopolio della narrazione che ha preso possesso del pianeta, ha detto qualcuno. E del resto c’è da chiedersi che cosa c’è ormai di divertente da raccontare. La satira politica è diventata mortalmente noiosa, i suoi bersagli se ne stanno comodi in tribuna, sorridono, gratificati di tanto asettico riconoscimento. Non si corre alcun rischio, anche perché quei pochi che c’hanno provato sono stati messi fuori concorso. Viene da dire che a fare umorismo, dopo Berlusconi, non è rimasto nessuno (a parte, su ben altra scala, Malvino quando esilarante risponde ai commenti del suo blog).


C'entra sempre il petrolio


Dopo aver fornito armi e denaro alle bande islamiste, aver bombardato con l’aviazione e con i media la Libia, provocato decine di migliaia di profughi, annientato l’esercito libico, oggi proviamo stupore ed orrore per ciò che sta avvenendo e per le minacce che si profilano.

Ieri sera su La7 il pacioso e serafico ex capo di stato maggiore dell’aeronautica, Arpino, sosteneva che è faccenda tra arabi, lasciamo che s’accoppino tra loro. Dal canto suo la conduttrice del programma sembrava raggiungere l’orgasmo quando parlava d’invio di truppe in Libia.

lunedì 16 febbraio 2015




Pochi giorni or sono un ramo del parlamento italiano ha approvato il cosiddetto reato di “negazionismo” (*), prevedendo la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 10.000 euro per chiunque ponga in essere attività di apologia, negazione, minimizzazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, così come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, eccetera.

La cosa interessa a pochi, anzi, quasi a nessuno. Eppure circa un mese fa eravamo tutti per la libertà d’espressione, sotto l’impressione dell’orrore per i fatti di Parigi e non meno sotto la pressione della spettacolarizzazione mediatica.

Idioti


Bisognerebbe mandare in Libia Sarkozy e Berlusconi a trattare con quelli del cosiddetto califfato. Finora le minacce di queste bande armate non sono mai state vane, hanno sempre fatto seguire i fatti. Già me le vedo le direttive degli stati maggiori italiani, calibrate al punto e virgola su quando, come e contro chi aprire il fuoco. Ministri e generali che come prima linea hanno quella di pararsi il culo.

domenica 15 febbraio 2015

Le illusioni del parlamentarismo


Chi trasse profitto in Germania dalla rivoluzione del 1525? I principi tedeschi, e dietro loro i borghesi che li tenevano legati a sé con il pagamento delle imposte. I proprietari delle tessiture, gli artigiani che avevano bottega e i commerciati erano pur sempre una minoranza. E chi avevano come alleati? Il proletariato agricolo, i salariati agricoli, la classe da cui venivano reclutati in gran massa gli eserciti dei principi; quel proletariato agricolo che diede avvio alla guerra dei contadini in Germania, soffocata in un’enorme strage.

Il grasso pretume era odiato non solo del popolo, ma anche della nobiltà, e tanto più eccitava l’invidia della nobiltà e l’indignazione del popolo, che doveva pagarne le spese, tanto più colpiva il contrasto tra questo tenore di vita e i loro sermoni. Il grosso delle imposte ecclesiastiche finiva nelle tasche dell’alto clero o a Roma. Invece la frazione plebea del clero tedesco, come succederà anche in Francia e altrove, non aveva parte alcuna nelle ricchezze di vescovi ed abati, e perciò erano abbastanza vicini alle condizioni materiali di vita della massa. Fu proprio il ceto intellettuale del più basso clero a fornire gli ideologi e i teorici del movimento protestante.

sabato 14 febbraio 2015

Dalla padella alla brace


Come mi gusta la televisione, quando è fatta di testa. Mi piace per esempio Il tempo e la Storia, sul mio canale fedele (ma anche su Raitre all’ora di pranzo). Curiosa e propedeutica la posa con la quale Massimo Bernardini recita la parte dello gnorri per sollecitare risposte da parte del suo ospite di turno, di solito uno storico.

Ieri l’altro il tema della puntata era il maccartismo, il furore anti-comunista fomentato da motivazioni politiche e con una forte componente di manipolazione psicologica che pervase gli Stati Uniti non solo nel primo periodo del dopoguerra ma che ha le proprie origini negli anni Trenta. Una caccia alle streghe senza spargimento di sangue che rovinò la vita a molte persone, come quella dell'eminente sinologo Owen Lattimore (non si parla di lui nella puntata).

venerdì 13 febbraio 2015

Rapporti di potenze


Non è stato casuale che la prima guerra mondiale scoppiasse per questioni legate alla situazione nei Balcani. Certo, tali questioni non furono le uniche, ma furono formidabili come innesco. L’area balcanica era un crocevia d’interessi sovrapposti delle grandi potenze, e allo stesso modo oggi la crisi in Ucraina rivela tensioni e contraddizioni che minacciano di far precipitare il mondo in una nuova guerra.

La tregua in Ucraina è solo una pausa nell’escalation di questa guerra. Guadagnare tempo, procrastinare la resa dei conti, vuoi per l’Ucraina, vuoi per la Grecia o la crisi, è la sterile strategia adottata. Naturalmente i media occidentali hanno gridato quasi all'unanimità che la responsabilità è del presidente russo. Non si tratta di avere simpatie per una parte o l’altra, ma di dire le cose come stanno.

giovedì 12 febbraio 2015

La crisi è colpa dei salariati che non han voglia di scialare


«Il buon prezzo del capitale favorisce la speculazione, allo stesso modo che il buon prezzo della carne e della birra favorisce l’ingordigia e l’ubriachezza».

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È il credito a creare nuova moneta. L’erogazione di un prestito, iscritto nell’attivo del bilancio della banca, ha la stessa funzione di stampare moneta (*). Tutte le transazioni alle quali quel nuovo credito darà luogo, assolte con il bancomat o con un assegno, sono regolate automaticamente all’interno del sistema interbancario di compensazione dei pagamenti. Ciò significa che vengono movimentate soltanto le riserve di moneta di banca centrale detenute dalle varie banche presenti nel circuito interbancario e non la moneta bancaria. Ciò con cui la banca commercia è il credito stesso: con una piccola somma di denaro effettivo le banche sbrigano affari di enorme portata.

E se tali riserve dovessero rivelarsi troppo basse rispetto ai limiti di riserva obbligatoria imposti dalla banca centrale? Allora la singola banca farà domanda di nuove riserve direttamente alla banca centrale che giornalmente effettua delle aste di assegnazione fissando un tasso ufficiale di riferimento deciso in precedenza. E tutto ciò avviene per il tramite di funzionari della banca centrale con la semplice digitazione di una scrittura contabile (**). Perciò la banca centrale è detta “prestatore di ultima istanza”, poiché si muove in base alle esigenze delle banche autorizzate ad operare nel circuito interbancario (***).

mercoledì 11 febbraio 2015

Non è ancora abbastanza



L’Italia è per antonomasia il paese dove le cosiddette riforme vanno a galoppo delle lumache e non toccano mai nel vivo le caste, pletoriche, circondate da ogni lato di privilegi, tenute strettamente unite dall’interesse, dalle rendite di posizione e spesso dalla parentela. Sono fitti come la grandine i direttori generali, vicedirettori, presidenti di consorzi, amministratori, sovrintendenti e funzionari, capi e capetti, politici, notabili, banchieri, baroni, professionisti, imprenditori e faccendieri, grandi firme e semplici lazzaroni, magistrati e canzonettisti, organizzati in corporazioni, filibuste, chiese, partiti, logge, sindacati, clan, bande e fronde. Si arricchiscono con alti stipendi pubblici e parcelle, con il monopolio, concessioni pubbliche, l’estorsione di balzelli e speculazioni di ogni tipo, la corruzione e la spartizione d’appalti e commesse, saccheggiano l’erario ed evadono impuniti il fisco, trafficano con i privilegi corporativi e le frodi, approfittano della confusione e delle storture, create e mantenute salde con una legislazione scritta dalle loro stesse mani e dove l’interpretazione autentica e la zelante discrezionalità regnano sovrane. Il paese dove il popolo minuto preferisce lasciarsi ingannare in cambio di poco, votare, "arrangiarsi" e mugugnare. Un paese dove la gente che vive in povertà non è abbastanza, e non è ancora abbastanza la povertà in cui vive per dire basta.

martedì 10 febbraio 2015

[...]


Questa sera si ridiventa giovani, c’è Al Bano a Sanremo. Quando vi cantò la prima volta, la rivoluzione culturale in Cina era di là da venire e nella Juve giocava Omar Sívori. Da qualche mese erano iniziati i lavori per la Salerno-Reggio.

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Il patrimonio immobiliare è impressionante: 862 fabbricati e 1162 terreni. “A guardare oggi l’architettura societaria della Chiesa di Padova – scrive il Corriere del Veneto –, sembra di avere a che fare con quella di un importante gruppo finanziario”. Il quotidiano descrive l’Istituto diocesano per il sostentamento del Clero come un vero e proprio “player” sul mercato. Per esempio, monsignor Rino Pittarello, classe 1947, proveniente dall’omonima famiglia dei commercianti di scarpe, è stato fino al novembre 2013 l’economo della Diocesi. Non nasconde il proprio status: guida un Suv Bmw di grossa cilindrata. È amministratore unico di Difim srl con sede in via del Vescovado. Una finanziaria pura: “assunzione di partecipazioni e interessenze in Italia e all’estero in altre società operanti anche in settori e con scopi diversi da quello proprio”. Attraverso questa società, nel 2008, la Diocesi è entrata in Dedalo Esco di Bergamo spa che ha interessi nel campo delle energie rinnovabili e che, a sua volta, detiene partecipazioni in due società collegate: Bergamo Green Energy Srl e la società di diritto bulgaro Iniziative Bulgaria Ood. Entrambe si occupano di distribuzione e vendita di energia.


Cazzo se sono investiti bene i nostri soldi per il sostentamento del clero.

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Della Grecia scriverò dopo che avrà cantato Tsipras.

“le apparenze contribuiscono a determinare la realtà”


Come non imparare dalle esperienze del passato

È inconcepibile e antistorico che la Russia post sovietica resti separata e antagonista all’Europa occidentale. Prima la Russia era l’impero del male, e oggi che cos’è? In ogni modo si è voluto provocarla ai suoi confini, sul Baltico, in Polonia, nel Mar Nero e ora in Ucraina. Russia e Europa potrebbero rappresentare la prima area economica del pianeta, e invece ci siamo portati dietro nel nuovo millennio i retaggi della II^GM e della cosiddetta guerra fredda. Quale diritto speciale, a 70anni dalla fine della guerra e dopo oltre un quarto di secolo dalla caduta del Muro, possono attribuirsi gli Usa per ingerirsi nelle questioni che riguardano l’Ucraina e i rapporti tra Europea occidentale e Russia?

lunedì 9 febbraio 2015

"l’inevitabilità storica" e il tempo storico


Venendo a parlare del prossimo incontro di Vienna, Kennedy dichiarò di nutrire “grande fiducia” nella possibilità di firmare un accordo sulla messa al bando degli esperimenti nucleari a Ginevra e di stabilire una tregua nel Laos. Se vado a Vienna a incontrare Kruscev, disse, è perché ciascuno dei due possa prendere coscienza degli intenti e degli interessi dell’altro ed evitare quindi quei “gravi errori di calcolo” che hanno condotto alle precedenti guerre. Toccava ora ai giornalisti porgli delle domande. Uno di essi chiese che cosa avrebbe pensato se fosse stato al posto di Kruscev. Se avessi vissuto la vita di Kruscev, probabilmente sarei giunto alle sue conclusioni, rispose, e cioè che il comunismo ha il carattere dell’inevitabilità storica (Arthur Schlesinger, I mille giorni di JFK alla Casa Bianca, p. 401).

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L’umanità non sarà effettivamente tale se non quando potrà produrre la propria vita materiale, soddisfare i propri bisogni e crearne di nuovi, secondo un progetto comune e una pianificazione razionale il cui scopo fondamentale sia quello della qualità della vita delle persone e della comunità, e dunque solo in una società dove anzitutto l’uomo non sia più schiavo di un altro uomo (*).

Lungo l’asse della storia noi assistiamo ad un lento ricambio delle élite, ma non per questo la storia è storia delle élite. Andando oltre quanto appare in superficie, prevale una costante storica che consiste nella riproduzione dei medesimi rapporti sociali tra le diverse classi. E ciò fino a quando le contraddizioni tra rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive non giungano a un punto di rottura la cui maturazione trascende temporalmente la singola generazione. Ed è proprio la maturazione di tali circostanze a decidere se una generazione si trova nelle condizioni di rivoluzionare la “produzione della vita” com’è stata fino a quel momento (**).

Per quanto riguarda la formazione economico sociale capitalistica, tali circostanze si palesano sempre più per esempio nel monopolio, nella sempre minore quantità di tempo di lavoro immediato richiesta nella produzione, nella sempre più stridente inconciliabilità tra il lavoro e l’appropriazione del suo prodotto, di modo che il furto del tempo di lavoro altrui, su cui poggia la ricchezza odierna, si presenta come una base miserabile rispetto all’imponente sviluppo delle forze produttive.

(*) Non è vero che la causa della “catastrofe” cui andiamo incontro “è nel nostro stile di vita fondato su una crescita economica illimitata”, come scrive Latuche; è vero paradossalmente proprio l’opposto: le cause della “catastrofe” sono nella unitarietà dello scopo cui è volta la produzione, e cioè la produzione di plusvalore (quello che i borghesi chiamano profitto). 

(**) È illusorio pensare di poter affrontare politicamente il tempo storico sulla base dell’azione di singoli individui. Il tempo storico è faccenda di generazioni, e solo una concezione soggettivistica e idealistica può pensare, anche solo sul piano dell’elaborazione teorica, di poter approntare una teoria politica valida per ogni situazione storica. L’errore opposto è quello di poter pensare all’azione politica senza la continuità teorica quale prodotto di generazioni. Vero che ogni generazione affronta problemi nuovi, ma ogni movimento pratico non può di volta in volta affrontare ex novo dal punto di vista teorico la realtà storica, anche perché, com’è ovvio, i fenomeni storici si dispiegano su un tempo molto più lungo che non quello di una generazione ed è perciò necessario far tesoro dell’esperienza accumulata. E invece noi l’esperienza storica del Novecento l’abbiamo semplicemente messa d’un canto giudicandola inservibile.

domenica 8 febbraio 2015

"conosciamo perfettamente quale sarà lo scenario: la guerra"


Cent’anni or sono le cancellerie europee, senza che il grosso dell’opinione pubblica se ne avvedesse, diedero avvio ad un’escalation di ultimatum e mobilitazioni che in pochi giorni portò a quella che fino ad allora poteva considerarsi ad ogni titolo come la guerra più distruttiva della storia. Dopo quel conflitto l’Europa non fu più la stessa, e anzi si predispose di buona volontà per scatenare una seconda guerra ancor più mortifera ed esiziale.

La stessa cosa potrebbe ripetersi in un prossimo, forse imminente, futuro. Questa volta non sarebbero più le cancellerie europee a decidere per la guerra, bensì la cricca che gestisce il potere politico e militare negli Stati Uniti d’America. Coloro che per interessi geopolitici ed economici hanno deciso che le cose in Ucraina dovevano cambiare, al punto da fomentare un colpo di stato contro un presidente regolarmente eletto e che non intendeva piegarsi totalmente alla volontà dei padroni del mondo occidentale.

sabato 7 febbraio 2015

La tigre


Se si fosse chiesto all’ormai anziano Metternich di sintetizzare con un solo termine il suo giudizio su Garibaldi e Mazzini non c’è dubbio che avrebbe usato un’espressione uguale o equipollente a quella di “terroristi”. Di Garibaldi come antesignano di Che Guevara sappiamo tutto (o quasi) ma forse sono meno note le due condanne a morte che pendevano sul capo di Mazzini: una comminata dal tribunale sabaudo di Genova per i moti del 1857, e l’altra inflitta dal tribunale di Parigi per complicità in un attentato contro Carlo Luigi Bonaparte.

Sicuramente Garibaldi e Mazzini avevano un’etica e una morale ben più “illuministica” di quella di al-Baghdadi, ma ciò dipendeva appunto dal fatto che essi erano il prodotto di una società molto diversa da quella del califfo. Combattevano i due italiani la propria battaglia per un ideale politico nazionale, invece l’iracheno dice di combattere in nome e per conto dell’Islam.

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venerdì 6 febbraio 2015

L'imperialismo


Dalla loro formazione non c’è stato quasi nessun paese del mondo che in qualche modo non sia entrato in conflitto con gli Stati Uniti d’America. L’attuale disputa tra Mosca e Washington sulla questione Ucraina mi ricorda in qualche modo la guerra angloamericana del 1812, oppure quella ispano-americana, non la prima davvero che segnasse la scelta della loro espansione mondiale. Furono le guerre commerciali che portarono ai conflitti militari.

Infatti, in radice la dottrina espansionistica era dettata dalla logica del capitalismo liberistico, quella di allargare il mercato per i propri prodotti, per collocarne le eccedenze, soprattutto agricole, e garantirsi la prosperità contro le periodiche crisi di sovrapproduzione, dunque risolvere l’instabilità sociale e mantenere il potere politico nelle salde mani dell’oligarchia venale.

A un passo dalla guerra totale


Mentre siamo distratti dai patti del Nazareno e dalla rivoluzione greca che finora si è sostanziata nella dura e unilaterale decisione dei suoi leader di non portare più la cravatta, il presidente della repubblica francese, dopo quanto aveva affermato Gorbaciov a Der Spiegel giorni addietro, ha dichiarato testualmente prima di intraprendere con la cancelliera tedesca un viaggio a Kiev e a Mosca:

«Il y a des armes lourdes disposées en Ukraine, des tirs d’artillerie, des hôpitaux visés… On est passés en quelques mois d’un différend à un conflit, et du conflit à la guerre. [...] Là, nous sommes dans la guerre, une guerre qui peut être totale

Non serve padroneggiare la lingua francese per comprendere il senso di queste drammatiche parole. Una guerra aperta in Ucraina significa una guerra in Europa, una guerra tra la Nato e la Russia.

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giovedì 5 febbraio 2015

“Allevati in mondo selvaggio fatto di unghie e denti insanguinati, di volgare notorietà”



Apprendo notizia di nastri di una lunghissima intervista rilasciata nel 1964 dalla vedova di John Kennedy ad Arthur Schlesinger che pare siano già stati divulgati integralmente negli Usa dalla ABC (nulla di nuovo sul caso di Dallas, ovviamente). A proposito di Jacqueline Kennedy Onassis, leggo su wikipedia:

Jacqueline Lee Bouvier nacque in una famiglia dell'alta società newyorkese, come primogenita di John "Jack" Vernou Bouvier III (1891 - 1957), un broker di borsa di origine francese, e di Janet Norton Lee (1906 - 1989), figlia di un direttore di banca. Jacqueline ebbe una sorella più giovane, Caroline Lee (nota come Lee Radziwill) nata il 3 marzo 1933.

E chi era dunque John Vernou Bouvier, padre di Jacqueline? Un broker di New York, un alcolizzato il cui soprannome completo, non a caso, era “Jack Black”. Morì di cirrosi, ovviamente.

La società del malessere



In attesa di capire come si evolverà il braccio di ferro tra la Germania e la Grecia è da segnalare uno studio pubblicato sul British Medical Journal e condotto da ricercatori dell'Università della Pennsylvania, dell'Università di Edimburgo e dell'Istituto nazionale di statistica ellenico. Riguarda l’aumento vertiginoso (più di un terzo) dei suicidi registrati in Grecia negli anni della crisi, con un picco di più 35,7 per cento raggiunto nel 2012. Il periodo preso in esame sono gli ultimi 30anni. A chi le mettiamo in conto queste morti per disperazione dovute alle politiche economiche demenziali? Naturalmente la classe dirigente greca non c’entra nulla, né la signora Merkel, grande statista al pari del suo ministro Wolfgang Schäuble, né possono sentirsi in causa galantuomini che a Berlino gli dettano l’agenda. Anzi, la stampa tedesca parla dei greci come di “gente che sguazza nel vittimismo” (l’emittente pubblica Deutsche Welle, venerdì scorso, per bocca della sua corrispondente da Bruxelles Barbara Wesel).

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mercoledì 4 febbraio 2015

Discontinuità qualitativa epocale


Sta montando la protesta sociale in occidente contro le politiche economiche improntate alla cosiddetta austerità. Il sistema ha dunque la necessità di adeguare la propria strategia. Scopo primario è prevenire che questi movimenti di protesta si radicalizzino e il loro pensiero politico imbocchi strade pericolose. Per questo motivo i media stanno dando più spazio agli specialisti dell’intossicazione ideologica.

Che si tratti di specialisti della manipolazione è dimostrato dall’approccio con il quale essi affrontano i problemi della crisi del capitalismo. È il caso esemplare della nota attivista antimarxista Naomi Klein, oggi ospite nella trasmissione Pane quotidiano su Raitre per pubblicizzare la sua ultima fatica letteraria. Una rivoluzione ci salverà: perché il capitalismo non è sostenibile è un titolo molto accattivante poiché indica nella rivoluzione il mezzo per uscire dalla catastrofe capitalistica.

Frothing broth


Quanti neri americani accetterebbero di cambiare il colore della loro pelle? E, per contro, quanti bianchi americani, francesi, italiani accetterebbero di fare altrettanto?

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Nel XXI secolo si può parlare di uguaglianza e di libertà in un ordinamento sociale dove le condizioni di vita e la dignità della maggioranza delle persone dipendono dalla volubilità di domanda e offerta, dalle speculazioni di Borsa, da ciò che decide la cancelleria di Berlino o il governo di turno in materia di lavoro e di pensioni?

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Un operaio che ha cominciato a guadagnarsi onestamente il pane a un’età molto giovane, dopo 42 due anni di lavoro, dal 2018, troverà la sua pensione penalizzata perché non ha ancora raggiunto i 62 anni d’età. Invece un farabutto troverà depenalizzato il reato di frode fiscale. È questo un provvedimento legislativo, sostiene la ministra, che non privilegia nessuno in particolare ma riguarda 60milioni d’italiani. E nessuno le ha riso in faccia.

martedì 3 febbraio 2015

Far finta di nulla e tutto resti com’è


Il 3 febbraio del 1861 si svolse il ballottaggio delle elezioni politiche per la Camera del Regno di Sardegna, sulla base della legge elettorale del 1848. Alcuni giorni dopo quella stessa Camera approvò la legge che doveva formalizzare il cambio di regime: i Savoia al posto dei Borbone e Vittorio e la Rosina inquilini a La Petraia, già dei granduchi di Toscana, in attesa si liberi il Quirinale (*).

Un’espressione geografica: mai definizione s’adattò meglio all’Italia. L’unico paese al mondo che avesse due monarchi nella stessa capitale, due simbologie sovrane, due corpi diplomatici, due giurisprudenze, due altari, due grandi proprietari immobiliari. Logico che prevalesse la politica religiosa, l’argomentazione biblica, e, ieri come oggi, la lingua del breviario: mattarellum, porcellum, italicum.

lunedì 2 febbraio 2015

Non ha bisogno di attingere, ma attingerà



Domani sfreccerà la pattuglia acrobatica, proveniente da Rivolto (UD), solcherà i cieli di Roma tracciando il tricolore. E seguirà il resto delle cerimonie che riguardano l’insediamento del nuovo presidente della repubblica, il cui primo pensiero è andato “alle difficoltà e speranze dei cittadini”.

I primi due presidenti della repubblica furono dichiaratamente di sentimenti monarchici. Il primo presidente, provvisorio, era un galantuomo che non volle mai mettere piede al Quirinale, preferendo un modesto appartamento. Il parlamento non ci pensò nemmeno un attimo di eleggerlo per il primo settennato, gli preferì un altro.

Il secondo presidente, un economista borghese, sempre defilato durante il fascismo e che “non aveva mai partecipato in vita sua ad alcuna lotta veramente politica, se non come uomo della Monarchia”, secondo le parole di un suo autorevolissimo compagno di partito e vicino di seggio in Parlamento, era uomo divenuto famoso per la sua parsimonia. Come ministro delle finanze minacciò tagli a destra e a manca, tagliando però sempre dalla stesa parte (ricorda qualcosa?).

domenica 1 febbraio 2015

Faremo la comunione tutte le domeniche



«Esser stato eletto con il voto di due terzi dei "grandi elettori" conferma che la figura di Mattarella è stata apprezzata da un'ampia maggioranza dei rappresentanti del popolo sovrano e fa emergere in modo inconfutabile le qualità del Partito democratico e del suo leader.»


Scalfari dimentica di ricordare che il leader massimo forse rappresenterà una gran parte del suo partito, ma in questa elezione non ha rappresentato certamente il “popolo sovrano” in quanto Renzi non è mai stato eletto da quel popolo, tanto è vero che non ha potuto nemmeno entrare in quell’aula in cui si svolgevano le votazioni. E però, come ricorda Scalfari, è stato lui, il signor Renzi, a scegliere il nuovo presidente della repubblica. I peones della sovranità hanno ratificato la mossa del giocatore. Non già perché la scelta fosse la sua preferita, ma perché Renzi doveva ricompattare il partito su un nome condiviso anche dalla minoranza e che però non preoccupasse in qualche modo la maggioranza. Il risultato ottenuto, che Scalfari chiama “vittoria”, più che per le “inconfutabili qualità di leader” di Renzi è dovuto alla sua consumata scaltrezza di opportunista (preclara qualità in questo paese). La scelta è caduta su uno di famiglia, e perciò non c’è da aspettarsi assolutamente nulla, fatta la tara per i titoli dei giornali, che possa provocare anche la minima scossa nel sistema da parte del nuovo Gattopardo. Ennesimo esempio divertente di un’inconsapevolezza storica che, alimentata sempre più riccamente da cause similari, produce temporalmente i medesimi effetti.

Un esproprio e una truffa


«Se gli Stati Uniti fossero stati governati coi criteri seguiti dal Fondo monetario internazionale, il loro sviluppo economico avrebbe subito un enorme rallentamento. Nel predicare l’ortodossia in materia finanziaria alle nazioni in sviluppo, la nostra posizione non era diversa da quella della prostituta che, ritiratasi a vivere dei guadagni della sua professione, si convince che la virtù pubblica esige l’abolizione delle case chiuse». (*)

Queste parole sono state scritte esattamente mezzo secolo fa da un noto comunista di nome Arthur Schlesinger jr., dopo la sua esperienza alla Casa Bianca, e il loro valore sta nella presa d’atto di quanto fossero considerate allora velleitarie e fallimentari le politiche liberiste e come ciò trovi puntuale conferma al giorno d’oggi.


Come notavo giorni addietro, chiedere a un paese nelle condizioni e con le risorse della Grecia di pagare euro su euro il proprio debito e i relativi astronomici interessi è semplicemente illusorio perché fuori dalle possibilità reali di quel paese, e ciò nonostante la spesa dei greci per beni e servizi sia calata in pochi anni di almeno il 40 per cento e la disoccupazione si attesti al 26 per cento.