Elena Schlein ha dichiarato che la fine del mercato tutelato è «una specie di “tassa Meloni” sulle bollette». Sono d’accordo che è una truffa. L’ennesima. A danno di chi già se la passa male, o non se la passa bene, ma non certo a danno di chi se la passa benissimo e magari è azionista di quelle stesse società che di fatto monopolizzato il mercato con variazioni di prezzo risibili.
Vorrei però che Schlein spiegasse perché quando il PD faceva parte del governo Draghi ha votato a favore. A dire il vero, lo ha spiegato nel dicembre 2023: «Da quel voto è cambiato il mondo! Diciamo da un anno che è necessaria una proroga perché nel frattempo ci sono stati la guerra criminale di Putin in Ucraina, la crisi energetica, il caro benzina, il rialzo dell’inflazione».
Sempre a dire il vero, nel 2022 l’inflazione era più alta di adesso e l’offensiva criminale degli Stati Uniti contro la Russia era già in atto, l’opposizione violenta al gasdotto Nord Stream 2 era roba vecchia. Qui si tratta del merito, che esula dal fattore tempo: perché votare a favore di un simile provvedimento? Perché invocarne tutt’al più una proroga? Perché loro sono liberali, come Bersani. E vorrei che Bersani spiegasse che cosa significa essere liberali in un mondo dominato dal monopolio e dalla grande ricchezza.
Su Trump e la crisi della sinistra, quando a tutti è noto che la sinistra, in ogni angolo del mondo, ha abbracciato la globalizzazione e le delocalizzazioni, libero mercato e finanziarizzazione dell’economia, occupandosi principalmente – se non unicamente – di diritti civili e migrazione. È diventata non solo conservatrice, ma il miglior alleato delle élite globaliste predatorie e della destra politica, fregandosene se tale abbraccio al totalitarismo del “mercato” ha significato schiantare le classi popolari e provocarne l’implosione sociale.
Possibile spendere e spandere in armamenti, impossibile alzare i salari per esempio degli infermieri o dei medici. Meglio importarli dall’India, o da qualunque altro posto dove hanno un’alta concezione per esempio dell’igiene, della prevenzione e dei diritti del malato. La cosa fa il paio con la dichiarazione di Sabino Cassese, che ieri sera da Formigli, per reclamizzare il suo ennesimo libro, dichiarava che il premierato neofascista “non è un pericolo per la democrazia, ma una necessità“.
Mario Draghi è il sinistro figuro nella cui abitazione alcuni giorni fa si è recata Elena Ethel Schlein per ricevere nuovi input a seguito vittoria di Trump. Ciò mi ha ricordato un post del 2022, l’ultimo redatto da un noto e indimenticato blogger (e anche qualcosa di più, ovviamente) prima che venisse rapito da agenti del TESCREAL e tuttora imprigionato in un sito segreto del Nevada dove viene sottoposto a dei test sotto la guida di Nick Bostrom.
Il potere approfitta sempre delle crisi per rafforzarsi; basta un droghiere per vendere la merce. E a ogni elezione non mancano i droghieri. La strategia della volgarità adottata nel reclutamento fa parte dello spettacolo, ossia del divertimento.
Il fatto è che non mi diverto più, da decenni. Non ne posso più dei media affamati di tragedie, di giornalisti che intervistano altri giornalisti che commentano con sussiego critico ciò che non possono capire.
E non sopporto più l’eterno ebreo vittima, che perentoriamente ti ricorda: occhio per occhio. Negando di fatto le stragi in atto in Palestina, dando della terrorista a una giornalista italiana che segue sul posto i misfatti di cui si rendono protagonisti gli israeliti.
Nei suoi occhi si leggeva odio, nelle sue smorfie il fastidio di dover tollerare quella che ripetutamente definiva come una terrorista solo perché stava facendo il proprio mestiere senza mentire. Poi si finge scandalo perché qualche imbecille dice che Hitler non ha finito il lavoro.
Apprensione, preoccupazione, sfiducia, cautela, tutte queste sfumature non esistono più e sono state sostituite da un’unica parola, “paura”. Un sostituto davvero eccezionale. Finiremo per credere che il nostro tempo sia il peggiore di tutti. Che una volta non c’era paura e il mondo era immerso in un costante ottimismo. Un modo, forse, di inventare un destino: vivremo momenti unici che gli antichi non conoscevano. C’è un piacere nella sfiga, o più precisamente nella sfortuna di ciò che potrebbe accadere. Nel profondo della nostra mente, di nascosto, immaginiamo le nostre città sotto le bombe, i nostri borghi presi di mira dai droni, le nostre case in fiamme, Milano ridotta in cenere come Gaza, Roma occupata dai nord coreani.
Anche in questi giorni quanta paura è stata insufflata: la “terra della libertà” di Kamala Harris, l’unica via per sfuggire al tallone di Donald Trump, o la “terra della libertà” di Donald Trump, l’unica risorsa contro il satanico Wokistan di Kamala Harris. I due candidati alla Casa Bianca volevano entrambi essere l’incarnazione della libertà. La libertà di acquistare e detenere armi, in culo al diritto di andare a scuola senza essere sparati, o di non essere discriminati o addirittura linciati quando si è nero, messicano o comunista.
Gli Stati Uniti hanno sia un problema di violenza che un problema di razzismo. Non amano parlarne troppo. Tutti sull’attenti davanti alla bandiera e la mano sul cuore!
È strano sentir dire che il mondo galoppa verso l’inferno, quando per molti di noi tutto sembra andare bene (comfort, riscaldamento, elettricità, cibo sano, nessuna guerra in casa, ecc.). E basta anche con il piagnisteo sul rischio che Trump vinca le elezioni (c’è ancora chi crede che si decida tutto oggi!). Dunque gli Stati Uniti, fino all’apparizione di Trump, sarebbero stati un faro della democrazia e della libertà? Una nazione nata sul genocidio, una Costituzione che nei 72 anni tra il 1789 e il 1861 proteggeva la schiavitù. Lo sfruttamento brutale della classe operaia accompagnato da estrema violenza per gran parte della storia americana. Le liste nere di Hollywood e la persecuzione dei membri del Partito comunista americano (che non erano poca cosa).
E ora presentano Harris come un’eroina della democrazia. Ci siamo già dimenticati i crimini dell’amministrazione Biden-Harris, che ha sistematicamente ignorato e violato i principi essenziali del diritto internazionale nel finanziare e armare la guerra genocida di Israele contro la popolazione di Gaza? Harris ha tenuto uno dei suoi ultimi eventi della campagna al Muhlenberg College di Allentown, Pennsylvania, dove Maura Finkelstein, una professoressa di antropologia ebraica, è stata licenziata per dichiarazioni contrarie a Israele.
Chi ha voluto tutto questo, chi ha voluto che il capitale (e che capitale!) vincesse a man bassa, prendesse tutto il bottino? Chi ha voluto che la metà degli elettori se ne restino a casa, che tanto non importa? In Francia hanno vinto le elezioni i partiti di sinistra e sta governando la destra con l’appoggio di Le Pen e la benedizione di Macron. Ci siamo mai chiesti da dove viene Macron? L’alternativa era Le Pen. Come si era arrivati a quel punto? François Hollande faceva proprio così schifo da meritare una campagna mediatica martellante fino alla rinuncia alla ricandidatura del 2017? Nessun altro poteva sostituirlo? Era meglio dunque Macron? Sono meglio i candidati elitari! Quale grande regia sta dietro a tutto ciò? E ciò che vale per la Francia, vale anche per tutto il resto e tanto più per gli Stati Uniti.
Israele conta meno di 10 milioni di abitanti, cioè meno della Lombardia. Secondo il National Insurance Institute di Israele, la situazione economica nel 2022 era questa:
La situazione socioeconomica di Israele sta causando grande preoccupazione. Nel 2022, la situazione della popolazione povera è peggiorata: si è registrato un aumento della profondità e della gravità della povertà, proseguendo gli aumenti dell’anno precedente. Questi aumenti sono stati registrati per quasi tutte le fasce di popolazione.
La disuguaglianza di reddito e i tassi di povertà sono immediatamente evidenti e sono molto elevati se confrontati a livello internazionale. Nel 2022, c'erano 1,98 milioni di individui che vivevano al di sotto della soglia di povertà, di cui 873,3 mila erano bambini e 152,5 mila erano anziani, riflettendo tassi di povertà del 20,9%, 28,2% e 12,7%, rispettivamente.
La multidimensionalità della povertà si manifesta non solo in un livello di basso reddito ma anche in altre dimensioni come la salute e l'alloggio. L'esame del grado di investimento nel welfare indica che le risorse stanziate per le spese di welfare in Israele rispetto ai paesi sviluppati sono tra le più basse al mondo: nel 2022, la spesa sociale pubblica costituiva il 15,8% del PIL rispetto alla media OCSE del 22,4%, con solo Corea e Irlanda classificate più in basso di Israele.
La situazione economica di Israele, dopo 13 mesi di guerra, non è migliorata. Israele, dipendente dal commercio estero, ha visto le sue importazioni di merci crollare del 15% nel 2023 e di quasi l’8% nei primi otto mesi di quest’anno.
Secondo il Ministero delle Finanze, alla fine dello scorso settembre il costo diretto della guerra aveva raggiunto i 29 miliardi di dollari. Da allora, è salito alle stelle con l’assalto al Libano, i combattimenti più pesanti a Gaza e gli attacchi all’Iran. Decine di migliaia di riservisti sono stati chiamati e le munizioni vengono consumate a un ritmo vertiginoso. I costi giornalieri sono aumentati da 110 milioni di dollari a 135 milioni di dollari.
Le tre agenzie di rating hanno declassato il merito creditizio di Israele, mentre gli investitori stranieri hanno ridotto la loro esposizione al debito israeliano. Il settore dei viaggi e del turismo è fermo poiché i voli vengono cancellati a causa della guerra. Il tanto decantato settore high-tech di Israele è in difficoltà e Intel Israel licenzierà centinaia di dipendenti. Gli investimenti in impianti e attrezzature sono in calo.
Prima della guerra venivano rilasciati 100.000 permessi di lavoro soprattutto nel settore edile (10% del PIL), nell’agricoltura e nell’industria, a cui si aggiungevano, secondo alcune stime, dagli 80.000 ai 100.000 immigrati clandestini.
A Tel Aviv, cuore economico del Paese, i cantieri sono fermi da mesi. I grattacieli attendono di essere completati così come le principali infrastrutture di trasporto.
“L’economia israeliana è solida”, ha detto Netanyahu, aggiungendo: “Il declassamento del rating è il risultato di una guerra su più fronti che ci è stata imposta. Il punteggio aumenterà quando vinceremo”.
Contro Trump è in atto una campagna mediatica furibonda. Non solo negli Stati Uniti, fatto scontato, ma anche in Europa e ovviamente in Italia (lo scantinato del Dipartimento di Stato americano). È probabile che Trump vinca le elezioni, ma se dovesse perderle? Trump accetta le regole del gioco truccato ma solo se vince. In caso dovesse perdere, prevedo guai grossi. Non la guerra civile, posto l’attuale buon andamento dell’economia americana, prospera grazie alla supremazia del dollaro e di ciò che questo monopolio comporta a tutti i livelli (finanziari, industriali, tecnologici, scientifici, eccetera).
La democrazia americana è molto imperfetta e non ha nulla a che vedere con l’etimologia del termine. Tantomeno è una democrazia la Cina, ma riguardo alla vituperata Russia eviterei di insistere nel confronto con gli Stati Uniti. Tra vivere in un ghetto razzista americano e nella periferia di una città russa, francamente non me la sentirei di scegliere a favore degli Stati Uniti. Senonché il clima russo non mi è confacente, né mi piacciono la vodka e i cetriolini sottaceto, così come aborro l’insalata russa, un miscuglio che trovo non avere logica e dignità. Ma alla larga anche dagli intrugli e dalla sporcizia dei ristori americani. Opto quindi di restare dove mi trovo adesso, anche perché è quasi ora di pranzo e la cosa promette bene.
Manca solo una settimana per conoscere il risultato delle elezioni presidenziali americane, cioè chi tra i due candidati rappresentanti di interessi miliardari verrà eletto. Un personaggio come Trump, per esempio, può scomparire dalla vita politica, non dai suoi elettori. Di questi tempi, più sei volgare, misogino, razzista e più aumentano le tue possibilità di essere eletto o di vincere le elezioni. Che un individuo come Trump si trovi per la seconda volta alla guida della prima potenza mondiale la dice lunga sul collasso americano. E questo stesso fenomeno sta già interessando l’Europa.
Un manipolatore mediocre ma formidabile, a cui viene consentito di arrivare ai vertici dello Stato e che alla fine nessuno sa come fermare. Che cosa succede quando una democrazia permette a nullità politiche, idioti o pericolosi megalomani di salire al potere? Questa domanda non si pone solo per il Partito repubblicano americano e per gli Stati Uniti. L’Europa ha una lunga storia da raccontare in questo senso.
Furono in molti a credere di poter controllare il manipolare gente come Mussolini e Hitler. Finirono schiacciati dalla creatura che avevano lasciato crescere. Altri scelsero di salvarsi preferendo astenersi da qualsiasi opposizione contro di loro, e anzi si sdraiarono come cani davanti al loro nuovo padrone, obbedendo ai suoi ordini.
Di Kamala Harris non so cosa dire al riguardo, né nel bene né nel male, ma dichiarare di essere donna e di colore non le basterà per conquistare la Casa Bianca.
Più o meno metà degli statunitensi voterà non solo per il presidente del proprio Paese, ma anche per il futuro degli otto miliardi di abitanti del pianeta. Già questo fatto non è tanto normale, ovvero è diventato normale dal 1945 in poi. Gli americani dicono di rifugiarsi nel loro isolazionismo, ma poi s’ingeriscono negli affari di ogni paese, spesso portando guerra e morte.
Non che preferiamo Putin o Xi Jinping, e siamo grati agli statunitensi per il contributo offerto durante la seconda guerra mondiale e anche durante la prima; pure per il Piano Marshall, la cioccolata e il DDT, Hollywood e la strategia della tensione; ma ora ci consentano di dire che ci hanno rotto i coglioni e che è tempo che se ne stiano a casa loro.