venerdì 17 maggio 2024

Morire ricchi (con l'uranio)

 

Le sanzioni contro la Russia hanno finito per danneggiare i produttori europei (quelli italiani nel 2021 vantavano esportazioni per un valore di oltre 10 miliardi di euro), mentre gli Stati Uniti, paladini delle sanzioni stesse, hanno continuato a importare uranio arricchito dalla Russia. Solo lunedì scorso Joe Robinette Biden ha firmato la legge, precedentemente approvata dal Congresso, che vieta l’importazione di tale metallo prodotto nella Federazione Russa o da un’impresa affiliata alla Russia.

Attenzione: nel caso della Russia, più che “prodotto” bisognerebbe dire: “arricchito”. La Russia ne produce solo il 5%, ma ne arricchisce molto di più (circa il 35% dell’offerta globale, seguono la Cina e la Francia). Da 100 kg di uranio metallico pronto per l’arricchimento si possono ottenere al massimo 12,5 kg di uranio arricchito al 3,6% (*).

Quasi un terzo del combustibile nucleare utilizzato dalle centrali nucleari americane proviene da fornitori russi. Ogni anno sono necessarie circa 27 tonnellate di uranio per un reattore ad acqua pressurizzata da 1.000 MWe. Come ha osservato il New York Times, è estremamente difficile trovare alternative a un tale volume. 

Il regolatore dei servizi comunitari della California (CPUC) ha convalidato a dicembre scorso la proroga di cinque anni della vita dei due reattori del Diablo Canyon, situati a nord- ovest di Los Angeles e la cui chiusura era inizialmente prevista nel 2024 e nel 2025. Per dire.

A Washington sono furbi: hanno iniziato a prepararsi per il divieto già dall’anno scorso, acquistando uranio con un aumento di spesa del 43%. In termini assoluti, la Russia ha fornito 702 tonnellate di uranio rispetto alle 588 tonnellate dell’anno precedente. Inoltre, le restrizioni entreranno in vigore 90 giorni dopo la pubblicazione della legge. Dunque la Russia può continuare ad esportare uranio arricchito negli Stati Uniti almeno fino ad agosto.

(*) La stragrande maggioranza dei reattori nucleari utilizza come combustibile l’isotopo dell’uranio-235; tuttavia costituisce solo lo 0,7% dell'uranio naturale estratto e deve quindi essere incrementato attraverso un processo chiamato arricchimento. Ciò aumenta la concentrazione di uranio-235 dallo 0,7% al 3%-5%, che è il livello utilizzato nella maggior parte dei reattori.

L’uranio fu scoperto nel 1789 dal chimico prussiano Martin Heinrich Klaproth, dall’analisi della pechblenda, un pezzo di roccia. Klaproth propose di chiamarlo “uranite”, in riferimento al pianeta Urano, scoperto pochi anni prima. Il francese Henri Becquerel scoprì la radioattività dell’uranio solo nel 1896, quando notò che le lastre fotografiche poste accanto ai sali di uranio erano rimaste impresse, anche se non erano state esposte alla luce.

L’uranio è più abbondante sul nostro pianeta dell’oro o dell’argento. Si trova nell’acqua dei fiumi e, soprattutto, nella crosta terrestre: il seminterrato di un piccolo giardino può contenerne diverse decine di chili. La specificità dell’uranio è che può dividersi in due nuclei: la fissione nucleare è la gioia delle centrali elettriche e delle bombe A e H. La combustione nucleare rilascia energia come nessun’altra, un milione di volte maggiore di quella rilasciata dai combustibili fossili.

Fin dalla sua scoperta, l’uranio è stato utilizzato come pigmento nella vetreria, nella ceramica e nella terracotta. Serviva anche come catalizzatore nelle pellicole fotografiche. Ce l’hai anche in bocca (a dosi bassissime), infatti si trova nella colorazione delle ceramiche dentali. La produzione mondiale, dell’ordine di 60.000 tonnellate annue, è inferiore al consumo. Nel 2022 in tutto il mondo sono state estratte circa 58.000 tonnellate di uranio. Oltre l’85% dell’uranio viene prodotto in sei paesi: Kazakistan, Canada, Australia, Namibia, Niger e Russia. Il primo produttore è il Kazakistan (43% della fornitura nel 2022, secondo la World Nuclear Association, Australia (13%), Namibia (11%) e Canada (8%). La metà della produzione proviene da sole dieci miniere nel mondo e il singolo sito di Cigar Lake in Canada produce più di Niger e Russia messi insieme. Ci sono riserve per ... un secolo!

Gli incidenti collegati all’impiego dell’uranio sono inevitabili; i lavoratori delle miniere di uranio sviluppano tumori molto graziosi; l’energia nucleare rilascia CO2 (poca), a causa dell’estrazione e della raffinazione del minerale; quanto ai rifiuti nucleari sono il vero e irrisolto problema, non esiste una soluzione affidabile per contenere i rifiuti per secoli, distruggono le botti più resistenti, anche quelle del prosecco.

Il prezzo dell’ossido di uranio (Octaossido di triuranio, chiamato U3O8), che, una volta arricchito (viene convertito in esafluoruro di uranio UF6), funge da combustibile nucleare, viaggia attorno ai 90 dollari per libbra (circa 450 grammi), ma raggiunge e supera facilmente i 100 dollari (il doppio che nel 2023).

Sono stati lanciati anche nuovi progetti, soprattutto in Cina (25 reattori in costruzione), ma anche in India, Turchia ed Egitto. Per non parlare delle flotte nucleari in rapido sviluppo (Cina, Giappone e, ovviamente, la Francia, che com’è noto ha vinto la II GM quasi da sola).

Un consiglio per i vostri investimenti? ETF sull’uranio. Morirete ricchi.

4 commenti:

  1. Maledetti uranisti! 😂
    Luigi

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  2. Davvero sembra che l'agenda politica mondiale sia a breve termine. Sono convinti che non si andrà più in là del 2100.
    Pietro

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    1. Oh, s'è per questo si parla solo di 2035 o 2050. Auguri

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