Il proditorio attacco russo alla Polonia (non quello del settembre 1939) ha provocato lo scoperchiamento parziale di 1 (uno) tetto di lamiera ondulata di abitazione rurale provocando grande spavento negli abitanti dalla casa, i coniugi Kaminski. Per la violazione dello spazio aereo nazionale e il grave danno materiale patito, le autorità varsaviane hanno invocato l'art. 4 del Patto atlantico in prefigurazione dell'attivazione dell'art. 5 e lo scatenamento della Terza Guerra Mondiale.
C’è una domanda che dovremmo porci e che invece è ignorata o troppo sottaciuta: è ancora possibile, senza che l’umanità tutta corra serio pericolo, lasciare la decisione d’impiegare gli arsenali nucleari con un potenziale di distruzione capace di annientare il pianeta più e più volte, in mano a una catena di comando che, tra l’altro, ignoriamo in gran parte da chi sia costituita?
Tutti abbiamo in mente le immagini delle due città nipponiche colpite nell’agosto di 80 anni fa da ordigni atomici. Non abbiamo ben presente, penso, che quelle due bombe rappresentano, in rapporto alla capacità distruttiva delle armi nucleari attuali, poco più che dei grossi petardi. Oggi, un ordigno nucleare di media potenza ha capacità distruttive decine di volete superiore alla bomba di Hiroshima. Un “terzo utilizzo” di quest’arma, rappresenterebbe per il mondo un vero e proprio salto nell’ignoto.
Inoltre, il Giappone non aveva, a sua volta, la possibilità di rispondere sul piano nucleare. In ciò sta una differenza essenziale rispetto a ciò che invece potrebbe accadere attualmente in un conflitto tra potenze dotate di arsenali nucleari e adeguati vettori di lancio.
Alla fine della Guerra Fredda, la probabilità di un conflitto nucleare globale è stata considerata così bassa da non essere più oggetto di dibattito. Oggi, nonostante il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, entrato in vigore nel 2021, l’eventualità di una guerra e la banalizzazione delle armi nucleari ha preso piede nella psicologia di massa.
Sempre più si fa strada che sia possibile superare la “soglia nucleare”, e ciò è conseguenza diretta del tendenziale fallimento della deterrenza, ossia del meccanismo, non solo psicologico, che dovrebbe prevenire la guerra nucleare. Del resto, la crescente multipolarità nucleare rende la deterrenza più problematica.
Nonostante la rapidità degli sviluppi tecnologici contemporanei, non vi è alcuna prova che un altro strumento militare (mezzi ipersonici di precisione, droni, ecc.) possa sostituire le armi nucleari, che rimangono uniche per i loro effetti. Poiché coinvolge i componenti più elementari della materia, nessun’altra tecnologia nel prossimo futuro offre la stessa combinazione di distruzione istantanea su larga scala, così formidabile e prevedibile.
La guerra in Ucraina è un conflitto in atmosfera nucleare. In altre parole, se la Russia ha potuto permettersi di impegnarsi in un’operazione del genere senza timore di subire risposta diretta da parte della NATO, è perché possiede armi nucleari. E, viceversa, è perché i paesi della NATO – Stati Uniti, Francia e Regno Unito in particolare – ne sono protetti che si permettono di aiutare massicciamente l’Ucraina.
Finora le armi nucleari non sono state utilizzate semplicemente perché i protagonisti hanno evitato di mettere in discussione gli interessi più essenziali dei loro avversari. L’ascesa della Cina, quale superpotenza economica e militare, prefigura una lotta che mette in discussione gli equilibri strategici, in primo luogo il dominio statunitense e i relativi interessi vitali della potenza americana.
Un conflitto tra le grandi potenze nucleari non avrebbe, per sua logica e conseguenza intrinseca, alcun limite. Illudersi che superato il gradino nucleare si possa poi fermare
l’escalation è cosa fuori della realtà. Per farsi un’idea, peraltro approssimativa, di ciò che è accaduto sul piano della predisposizione degli armamenti nucleari penso siano utili alcuni dati, peraltro inevitabilmente parziali e tuttavia significativi di ciò che è avvenuto con gli esperimenti nucleari, per esempio, a quote elevate della nostra atmosfera.
Degli oltre 2.000 test nucleari eseguiti da Stati Uniti, URSS, Francia, Gran Bretagna e Cina tra il 1945 e il 1992, la quota statunitense è stata pari a 1.051 test. Vediamo la qualità di questi test. Innanzitutto quelli nella ionosfera e persino nella magnetosfera, a 750 chilometri di altezza.
Nell’agosto 1958 gli Stati Uniti lanciano due testate di 3,8 megatoni – per dare un ordine di grandezza, la bomba sganciata su Hiroshima era di circa 16 chilotoni, vale a dire circa 237 volte meno potente – a 43 e 77 chilometri di altitudine.
Con questa operazione viene scoperto l’effetto EMP, ossia l’impulso elettromagnetico generato dalle esplosioni nucleari ad alta quota che interferisce con i componenti elettronici, danneggiandoli.
Subito dopo si attivava l’operazione Argus, per testare l’ipotesi che un’esplosione atomica nello spazio possa creare delle cinture di Van Allen artificiali con le quali produrre degradazione delle trasmissioni radio e radar, il danneggiamento o la distruzione dei meccanismi di armamento a spoletta delle testate balistiche ICBM, e la messa in pericolo degli equipaggi dei veicoli spaziali in orbita che potrebbero entrare nella “cintura”.
Non contenti, lanciano tre razzi con tre testate da 1,7 chilotoni ciascuna, che esplodono a 160, 290 e 750 chilometri di altezza. L’ipotesi della creazione delle cinture di Van Allen artificiali di radiazioni magnetiche viene confermata.
Nel luglio 1962, una testata ben più potente, 1,45 megatoni (90 volte l’ordigno di Hiroshima), è fatta detonare a 400 chilometri di quota (operazione Dominic/Fishbowl, nell’atollo Johnston), l’esplosione distrugge temporaneamente la fascia interna di Van Allen, mentre l’onda elettromagnetica produce una tempesta magnetica che sulle isole Hawaii (a 860 miglia di distanza) danneggia tutti i sistemi elettrici ed elettronici e, unita alle polveri radioattive ad alta quota, manda fuori uso sette satelliti, che nel 1962 in orbita intorno alla Terra erano ben pochi.
All’interno della stessa operazione vengono effettuati altri cinque test nucleari, tra i quali Kingfish, 300 chilotoni lanciati a 97 chilometri di altitudine il primo novembre, che provoca l’interruzione delle comunicazioni radio sul Pacifico per tre ore.
Eccetera. Quali effetti queste esplosioni in atmosfera possono aver avuto sugli esseri umani? E, altro esempio, sul clima a breve, medio e lungo termine?