lunedì 27 novembre 2023

"La grande società" secondo Hayek

 

L’inserto domenicale de Il sole 24 ore pubblicava ieri un breve estratto da un libro (La presunzione fatale. Gli errori del socialismo) di uno dei più ascoltati ideologhi borghesi della seconda metà del XX secolo, Friederich Hayek (membro eminente della Società Mont- Pèlerin, così come esistono Hayek Society e altro ancora).

Darò qui di seguito solo un cenno della sua concezione storica, dalla quale il lettore potrà trarre un giudizio sul livello intellettuale e le ambizioni di simili personaggi e di quelli che gli vanno dietro (*).

Leggiamo: «Gli istinti innati dell’essere umano non sono fatti per una società come quella in cui vive oggi. Istinti erano adatti alla vita nei piccoli gruppi a cui si univa durante i millenni dell’evoluzione del genere umano. Se l’essere umano avesse continuato a lasciarsi guidare totalmente da quegli istinti, non sarebbe mai stato in grado di sostenere i numeri ora raggiunti dalla sua specie».

Possiamo già subito osservare che gli “istinti innati” dell’essere umano non sono dissimili da quelli degli altri primati. È ovvio che per distinguersi la nostra specie deve aver compiuto una trasformazione radicale nel proprio comportamento, innanzitutto intervenendo attivamente sulla natura esterna per controllarla e in qualche misura sottometterla alla soddisfazione coscientemente preordinata dei propri bisogni. L’antenato dell’uomo cominciò a modificare e a dirigere la sua stessa natura, cominciò a prodursi socialmente come uomo.

Pertanto, ciò che afferma Hayek è alquanto banale, ma ciò non deve sorprendere da parte di un sociobiologo. Così come quando afferma che «Ciò è avvenuto perché i nuovi modi di agire si sono diffusi attraverso un processo di trasmissione di abitudini acquisite, un processo analogo all’evoluzione biologica ma diverso da quest’ultima sotto aspetti importanti».

Ciò che Hayek chiama puerilmente “abitudini acquisite”, è in effetti il fatto che gli esseri umani entrano tra loro in rapporti sociali per il tramite di strumenti; non solo strumenti materiali, ma anche strumenti segnici, come il linguaggio, ossia lavorano per produrre informazione extragenetica e cioè strumenti di conoscenza indispensabili per finalizzare la propria attività trasformatrice del mondo circostante. Lavoro per trasmettere, comunicare, sensazioni, conoscenze, comandi. Lavoro per sottomettere controllare il proprio come l’altrui comportamento.

Ma quale “processo analogo all’evoluzione biologica”? Roba tipo la biologia della cultura? La concezione degli esseri umani di Hayek, per quanto in linea di principio possa sembrare che lo neghi, è improntata a un naturalismo radicale di tipo deterministico ed evoluzionistico, sulla scorta di Herbert Spencer. Così come la sua concezione del socialismo è tratta della pianificazione di tipo sovietico: dallo Sputnik alla carta igienica.

Non deve sorprendere che Hayek riveli la mancanza di una concezione dialettica del rapporto tra biologico e sociale. Non considera che sistema biologico e rapporti sociali costituiscono un’unità di opposti il cui polo dominante è rappresentato dai quei stramaledetti rapporti sociali nei quali siamo invischiati fino al collo dalla culla alla bara, e di cui proprio Hayek e i suoi sodali sono interessati a mantenere inalterati.

Formazione sociale e individuo concreto sono termini che non si oppongono non essendo tra loro in rapporto di prima/dopo, dentro/fuori, sopra/sotto. Tra l’uno e l’altro non c’è alcuna differenza di contenuto, poiché il concreto divenire dalla materia sociale li implica vicendevolmente.

Dice Hayek: «L’individualismo primitivo descritto da Thomas Hobbes è un mito. Il selvaggio non è “solo” e il suo istinto è collettivistico». Bene, ma andava detto diversamente: l’essere umano non è un’astrazione immanente all’individuo singolo, ma è la concreta materia sociale nelle sue forme di esistenza storicamente determinate. L’individuo concreto, infatti, in quanto parte di una data formazione sociale storicamente determinata è sempre con essa in un rapporto di isomorfismo e dunque riproduce nella sua attività, sia pure in forme particolari, l’insieme dei rapporti sociali.

Andava detto diversamente poiché altrimenti si scade nell’ideologia, come quando Hayek sostiene che «Il collettivismo moderno è un ritorno a questo stato del selvaggio, un tentativo di ristabilire quei forti legami all’interno del gruppo ristretto che hanno impedito la formazione di unioni più ampie ma meno costrittive».

Quali unioni più ampie, quale collettivismo moderno e più costrittivo del lavoro degli operai nella fabbrica capitalistica? Tanto per dire. Di queste coglionate di Hayek e altri simili a lui si nutre l’ideologia borghese. Lo scopo di questi apologeti è sempre quello: considerano il capitalismo come inevitabile e giudicano le persone in base alla produttività e all’efficienza.

Del resto è molto chiaro: «Dobbiamo imparare a vivere in due società alle quali persino dare lo stesso nome è fuorviante. La società estesa non può emergere se trattiamo tutte le persone come nei nostri prossimi; tutti trarranno beneficio se non lo facciamo e se invece delle regole di solidarietà e altruismo nei nostri rapporti con gli altri adottiamo le regole della proprietà privata, dell’onestà e della veridicità».

Nel 1984 sostenne il ritorno a “un mondo in cui non solo la ragione, ma la ragione e la moralità, come partner alla pari, devono governare le nostre vite; dove la verità della morale è semplicemente una specifica tradizione morale, quella dell’Occidente cristiano, che ha dato origine alla morale della civiltà moderna.»

Tutto sommato non abbiamo a che fare con una versione ideologica fondamentalmente nuova. Ma basta con ‘sta roba qua.

(*) Hayek è un’icona su entrambi i lati della divisione neoliberista/populista: rifiuto dell’egualitarismo, privatizzare tutto, riprogettare lo Stato per limitare la democrazia senza eliminarla, combinare l’idea neoliberista del capitale umano con l’identità nazionale, ovviamente tagliare le tasse, ecc.. Non deve sorprendere che secondo i suoi epigoni (piace anche in Cina) il comportamento umano possa essere compreso secondo le stesse logiche evolutive in atto negli animali.


6 commenti:

  1. Piace anche a Javier Milej, mi sa.
    Pietro

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  2. Di Hayek ho letto solo una cosa: The road to serfdom. Ma sto millantando: ne ho letto un terzo, poi mi sono stufato. Era una specie di Tremonti centroeuropeo: facendo un piedistallo della sua competenza economica, mirava a scassarti le palle con la sua visione del mondo e soprattutto di ciò che è morale.
    Detto questo, non è provato che il mondo attuale sia uguale alla società ideale di Hayek. Prendiamo ad esempio l'ultima cosa che hai detto: tagliare le tasse. La pressione fiscale nel nostro Paese è ufficialmente del 43%, ma tutti sanno che è molto più alta. Cazzo, significa che lo Stato si mangia metà. Poi apro libri più recenti di quello che ho citato, e mi descrivono la società liberale come se fosse qui, con noi. Per esempio, il libro di Zhok. letto tutto, con fatica. Volevo chiedergli: ma come cazzo fai a dire queste cose, quando la pressione fiscale è al 50%? Ma contemporaneamente ci ho litigato su Gaza, mi ha preso proprio a male parole. Non ho potuto chiederglielo.

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    1. concordo su Hayek e anche sul fatto che la pressione fiscale sia assai sperequata (per chi paga, ovviamente). Una curiosità, hai cambiato opinione su Zhok solo in merito a Gaza?

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    2. Non vorrei sembrare didascalico, ma una cosa è l'opinione sulla persona, un'altra quella sulle sue idee. Da tre anni a questa parte in Italia e altrove ci siamo confrontati con un clima orwelliano, e su questo Zhok è stato prezioso. Poi si può essere in disaccordo su singoli temi, e qui ho imparato con sorpresa che la sua reazione al dissenso può essere isterica.

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  3. Zhok si è arrabbiato perché secondo lui Erasmo ha commesso un arbitrio pubblicando due commenti filopalestinesi apparsi nella pagina personale dello stesso. È andato su tutte le furie, ha accusato Erasmo di essere scorretto perché ha estrapolato quei commenti dei due commentatori per accusare Zhok di antisemitismo, ha inveito contro gli amici di Erasmo per il loro filosionismo utilizzando termini pesantissimi, e infine ha detto che non vuole più discutere con lui. Zhok è stato assai pesante nei confronti di Erasmo, non c'è dubbio.

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