martedì 21 novembre 2023

Ciò che non è possibile neanche all’Italia

 


L’Argentina ha scelto il suo nuovo presidente. L’elettorato si trovava a dover scegliere tra l’ultraliberale Javier Milei o la vecchia ricetta peronista di Sergio Massa, ultimo responsabile, in ordine di tempo, dell’inflazione che dissangua il Paese.

Milei, economista 53enne, è un “Chicago boy”, seguace delle teorie ultraliberali di Hayek e Friedman, una sorta di Trump, ma anche di peggio s’è possibile (il suo mentore è Murray Rothbard). La sua vice è ora Victoria Villarruel, che, tanto per dire, nega i crimini della dittatura militare (1976-1983).

Milei, arrivato secondo al primo turno, ha vinto al secondo con 55,7% dei voti, ma non ha la maggioranza al Congresso, anzi, non ha quasi una propria rappresentanza. Tuttavia ha dalla sua parte l’ex presidente Mauricio Macri e Patricia Bullrich (terzo posto al primo turno). Dunque non solo un sostegno sociale trasversale nelle urne, ma anche al Congresso troverà forti sostenitori (sempre in cambio di “qualcosa”, ovviamente).

In campagna elettorale, al primo turno, Milei dichiarava un programma che lui stesso definiva “operazione motosega”: eliminazione dei ministeri dell’Istruzione, della Sanità, dei Lavori Pubblici, dello Sviluppo Sociale e delle Donne; privatizzazioni; abolizione delle imposte sul reddito e della previdenza sociale.

Dopo il primo turno, Milei ha abbandonato i suoi proclami più radicali di privatizzazione totale dello Stato, perché erano in conflitto con la sensibilità egualitaria e pro-servizio pubblico di gran parte dell’elettorato (il peronismo è come il fascismo in Italia, non se n’è mai andato). Il tutto mescolato con la solita nauseante retorica contro la “casta” politica (mai contro la ricca borghesia di cui egli è un esponente) e un’estetica “rock”, per usare un eufemismo.

Sosteneva che il cambiamento climatico è un’invenzione del socialismo o del “marxismo culturale” (il marxismo è sempre colpevole), sottolineava che viviamo sotto una sorta di neo-totalitarismo progressista (Milei è fautore di un totalitarismo ultraliberista). Dunque Milei ha saputo, come già le altre destre neofasciste, cogliere i motivi della rabbia popolare e aspetti reali della crisi di sistema colorandoli con un’ideologia reazionaria, trasformando il trolling anti-progressista in un progetto presidenziale.

E la “dollarizzazione”, ovvero la sostituzione della moneta nazionale, il peso, con il dollaro americano. Ovvio che se adotterà realmente questa politica monetaria (che non ha mai finito di spiegare) creerà una corsa alle valute estere, i prezzi aumenteranno ma non i salari, dunque si farà aspro il conflitto sociale. Non potrà esserci situazione migliore per un intervento “risolutore” dei militari. Ma è un po’ tutto da vedere che cosa verrà realmente lasciato fare a questa marionetta.

Com’è potuto accadere che un soggetto come Milei fosse un candidato spendibile per la presidenza? L’inflazione, appunto, che ha raggiunto il 138% in un anno, e il 758% dall’inizio del mandato del presidente Alberto Fernández e del suo vicepresidente, Cristina Kirchner, lei stessa alla guida dello Stato dal 2007 al 2015, preceduta dal marito dal 2003. Il tandem Fernández-Kirchner incarna un peronismo con accenti progressisti, di cui il “kirchnerismo” è il lato corrotto e inefficiente. Sergio Massa era il ministro dell’Economia.

Nell’Unione per la Patria, la coalizione che sosteneva Massa, c’era sia il Partito Comunista che il Partito Popolare Conservatore, il cui nome parla da solo. Anche la candidata del sindacato Insieme per il cambiamento, Patricia Bullrich, come detto arrivata terza al primo turno, è un’ex peronista, ma il 19 novembre ha chiamato a votare per Milei.

Pertanto non bisogna chiedersi il perché una sorta di Joker, che incitava alla ribellione a Gotham City, abbia vinto le elezioni. Sarebbe come chiedersi perché ha vinto dapprima Grillo/Casaleggio e poi la famiglia Meloni in Italia. Le plebi pagano con il proprio voto l’ingresso in un nuovo show.

Il peronismo è la maledizione dell’Argentina, così come il populismo italiano, trasversale ai partiti, è la maledizione nostra. Fondato dal generale Juan Domingo Perón, presidente dal 1946 al 1955 e poi dal 1973 fino alla sua morte nel 1974, il peronismo è un populismo ipersintetico: favorevole all’Asse, accolse numerosi ex nazisti, riunisce una buona parte delle classi lavoratrici, i descamisados, e uno spettro politico che anche allora spaziava dall’estrema destra all’estrema sinistra dei Montoneros.

Appesantita da un debito colossale, con altri miliardi di dollari contratti con il Fondo monetario internazionale nel 2018 dal governo del liberale Mauricio Macri (presidente dal 2015 al 2019, è stato decisivo per le possibilità di Milei al secondo turno), l’Argentina è la terza economia dell’America Latina, ma con il 40% della popolazione povera (povera davvero). L’elettorato aveva la scelta tra continuare la caduta nel baratro con Massa o esplodere con Milei. Ciò che non può fare l’Argentina – e questa è la cosa più grave – è di essere uno Stato sovrano e stabile allo stesso tempo.

Ciò che non è possibile neanche all’Italia.


6 commenti:

  1. Avendo vissuto i fatti, mi fa piacere rivangarli. Mi riferisco al passaggio fra Austral e Peso del 1992, sotto la presidenza Menem. La causa dell'inflazione può essere reale o psicologica, e se è vero che i due fenomeni possono sovrapporsi, l’innesco è di tipologia unica. Esempi: l’inflazione seguita alla guerra dell’Ucraina è del tipo reale, in quanto innescata dall’aumento delle materie prime. Quella succeduta all’introduzione dell’euro è di tipo psicologico. Invece, la fine dell’inflazione è in genere a causa psicologica. Per esempio, la fine della famosa inflazione tedesca del primo dopoguerra fu psicologica. Così quella dell’inflazione italiana degli anni ’70.
    Questa premessa è per arrivare all’episodio del gennaio 1992 in Argentina. Fu introdotta una nuova moneta, il peso, e il famoso ministro Cavallo dichiarò la convertibilità 1 a 1 con il dollaro (Ley de convertibilidad) Immediatamente l’inflazione, che era nelle molte centinaia di punti percentuali, scese quasi a zero. L’ancoraggio del peso al dollaro durò una decina di anni, ma negli ultimi anni della decade dovette essere sostenuta dall’aumento del debito, fino al default del 2001/2002.
    A me pare che le condizioni odierne siano molto simili a quelle del 1992. Aspettiamoci quindi che Milei abbia inizialmente successo. A quando il prossimo default? Non lo so e non lo auguro a nessuno, ma certo ci andrei cauto a comprare titoli di stato argentini.

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    1. dunque alla repubblica di Weimar bastò uno sforzo psicologico per tirarsi fuori dall'iperinflazione.
      mai acquistato obbligazioni argentine, greche, turche e simili. non ho denaro per rischi così elevati.

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    2. L'introduzione di una nuova moneta è normalmente accompagnata da programmi di risanamento, e così fu con il reichsmark (e anche per il peso). Ma se la frenata dell'inflazione è istantanea, ossia primache si possa verificare il successo dei programmi, io lo chiamo effetto psicologico

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  2. https://www.infoaut.org/conflitti-globali/panama-crisi-per-lestrattivismo-minerario?fbclid=IwAR1YzIaTH6xjHoa_FtxXCcEdy-bGWePO-ME31Gw82QwtEqHLsCqfJjai-Ds

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