giovedì 20 luglio 2023

Niente più caldo

 

In una foto scattata in una torrida giornata estiva, rivedo una domenica della mia infanzia, forse il giorno più caldo e soffocante di quell’estate priva dei refrigeranti odierni (salvo i ghiaccioli alla menta). La nonna quel giorno ci preparò per pranzo un brodo caldo e fumante. Alle nostre proteste di bimbi, la nonna rabboniva con questa frasetta: “brodetto caldo fa ben al stomegheto”. Non ho mai indagato a quale canto dantesco si riferisse la citazione.

In qualunque stagione, con qualsivoglia temperatura, la domenica era d’uopo il brodo di carne, a volte con tortellini, molto più spesso con della pastina anemica. Seguiva il rito del lesso, manzo marezzato e gallina grassa. Il nonno sedeva a capotavola, ovviamente, gli spettava la precedenza sul piatto di portata e l’esclusiva sull’osso con midollo. Gli altri adulti, muti, attendevano il proprio turno. A me, immancabilmente, spettava un’ala e la relativa pelle grinzosa. Pensa ai bimbi dell’Africa, mi diceva la zia con la sua dolcezza feroce. Il mio disgusto spiega la coscienza precoce sulla condizione dei più deboli e indifesi, costretti loro malgrado alle alette di pollo.

Radio Capodistria attendeva quel preciso e solenne momento conviviale per intonare bandiera rossa. Il ritornello diceva: “la trionferà!”. Seguivano, tra un boccone e l’altro, improperi irriferibili del nonno contro i politici democristiani. Finito il comizio e il pasto, gli adulti attendevano il caffè e il liberi tutti.

Estati afose e appiccicose, i fiumi in secca e temperature “anomale”, dicevano allora i giornali, anziani sofferenti e anche moribondi per il caldo eccessivo. Bevete spesso, ammonivano, nutritevi con minestre fredde di verdura. L’anguria veniva tenuta in fresco nelle cantine, nei pozzi o nei piccoli corsi d’acqua per le ore più belle della sera. Il gelato era una goduria, ma non era cosa frequente, la doccia un lusso e un bagno integrale non una consuetudine comune. Chi erano i fortunati che avevano un ventilatore di notte?

Non c’è d’avere troppe nostalgie di quelle estati roventi, anche s’è vero che sembravamo tutti più lieti e contenti, e peccato che Rin Tin Tin finiva a maggio. Il tubo dell’acqua in giardino era il nostro migliore amico. S’andava al mare in giardinetta, partendo all’alba, insonnoliti, approfittando del fresco. S’arrivava già sudati dopo oltre un’ora di andatura prudentissima e sbilenca a coprire 40 chilometri.

Oggi vedo quelle estati e la dimensione familiare atavica nelle loro verità: insopportabili. Più che rendermi conto di quanto è cambiato il clima, penso a quanto sono mutate le situazioni, il paesaggio (cemento e asfalto) e quale peso ha la trasformazione dei personaggi, le alienazioni reali.

A che età il grande caldo estivo divenne improvvisamente opprimente e quasi insopportabile? Non lo sappiamo più. Ma dall’oggi al domani avevamo bisogno di condizionatori d’aria a tutti i costi: uno al lavoro, almeno uno in casa e uno nell’auto. Niente più caldo. E però ancora ci si lagna.

Le riflessioni che hanno ad oggetto gli anni lontani, mai veramente separati da noi, liberano dai luoghi comuni e dagli stereotipi imposti uniformemente su esseri e cose, per cui insomma oggi proprio non riesco a stupirmi per una settimana di caldo bollente nel mese di luglio.

4 commenti:

  1. Radio Capodistria, la domenica l'Unita' con il Pioniere. Secondo me siamo stati fortunati

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  2. 01/01/1948-12/12/1969: il migliore dei vari ventennii italiani

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  3. W i condizionatori a palla. Considerato che Stati Uniti e Cina che sono i peggiori inquinatori globali non riescono a mettersi d'accordo nemmeno su uno straccio d'intesa per le riduzioni dei gas serra non vedo perchè dobbiamo sentirci in colpa noi. Moriremo per il surriscaldamento? Forse, ma in bermuda e infradito.

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