Ieri sera, guardavo Bersani che guardava la sua Elena mentre questa parlava di temi “sociali”. L’espressione di Bersani era eloquente: “ci hanno mandato questa qui, era il meglio che ci potevamo permettere, arrangiamoci un po’, verranno tempi migliori”. Per un partito che ha avuto un vero e proprio farabutto alla sua guida, Bersani va a capito.
Nella stessa occasione, Bersani, a riguardo della destra reazionaria e fascista (quest’ultimo è un termine che lui non usa mai, preferisce le allusioni e le metafore), ha detto che questo è il momento delle trombe di vittoria, ma che lui è ottimista perché verrà anche il momento delle campane.
Bersani è una persona molto intelligente e di grande esperienza, dunque non può non aver capito che la vittoria ideologica della destra non è un fenomeno transitorio. Che tale fenomeno ha radici molto profonde e che partono da molto lontano. Quello che invece non potrà ammettere (o forse sì ma a denti stretti) e che tutto ciò è il risultato delle politiche conservatrici della sinistra. Che dunque non c’è un capitalismo buono e uno cattivo, il capitalismo è questa roba qua. Che l’unica alternativa a questo sistema non è un capitalismo riformato, perché il capitalismo nella sua essenza è irriformabile.
Aver abbandonato l’idea e il far progetto di un’alternativa al capitalismo è il motivo reale e più autentico della sconfitta che stiamo subendo. I motivi di questo abbandono sono molti, ma ce n’è uno di particolare: l’abbandono della lotta di classe e l’aver accettato di condividere il potere politico con la borghesia padrona e predatrice (non sono due motivi, ma un tutt’uno). Insomma, aver dato troppa retta a Gramsci (nella migliore delle ipotesi) e aver buttato alle ortiche Marx. Dunque una scelta non recente.