lunedì 17 giugno 2024

Meno di un gatto

L’inserto domenicale de Il Sole 24 ore dedica la prima pagina a quello che definisce “Il maestro dell’arte italiana (figuriamoci gli altri), vale a dire M. Pistoletto. Riproduce anche una sua “opera”, vale a dire un QRcode a colori, che, sostiene il maestro, è stato “realizzato in collaborazione con l’intelligenza artificiale”. Un po’ come se Leonardo ci avesse raccontato che la sua Mona Lisa fu realizzata in “collaborazione” con i suoi pennelli. Ah no, l’intelligenza artificiale è tutt’altra cosa. 

Vorrei ricordare che Yann LeCun, il capo dellintelligenza artificiale di Meta, ha affermato che lintelligenza artificiale non è intelligente come un gatto e non riesce nemmeno a capire come caricare una lavastoviglie. Il nostro maestro accompagna l’”opera”, cioè il QRcode a colori, con un testo “che la introduce e spiega”. Eh già, perché se non te la spiegano potresti prenderla per un QRcode che ha avuto un percorso in lavatrice.

Il QRcode di Pistoletto “è visivamente astratto ma è contemporaneamente figurato e letterario”. Se vi chiedete perché un QRcode sia tutto ciò, Pistoletto ve lo spiega: è “un QRcode [che] contiene una narrazione video, che è essa stessa un mio lavoro, il quale a sua volta riporta un testo tratto dal mio libro La Formula della Creazione (in maiuscolo ovviamente).

Attenzione però, il video contenuto nell’opera “è intitolato Il Caso e inizia con la corsa attraverso la città, della Sfera dei giornali attualmente esposta nella sede del Sole 24 Ore. Nel video la sfera diviene una palla che entra nel campo di calcio ed è giocata dalle due squadre nel concorso per la vittoria, che equivale alla pace: la pace sportiva che sostituisce la guerra distruttiva”. Nel preciso istante in cui percepite tutte queste cose, udirete l’ululato di una sirena. Non preoccupatevi, è l’ambulanza che viene in soccorso del maestro dell’arte italiana.

Ovviamente sono io che non capisco, che vedo nelle “opere” del Pistoletto & C. l’ignominioso che compete con l’infantile. La mia è un’ossessione, quella di che cosa fa il capitalismo a quella che viene chiamate arte astratta, concettuale e simili. L’illusione funziona perfettamente, in ogni occasione, le élite culturali, politiche, economiche nel loro narcisismo regressivo si offrono una facile vittoria simbolica. Tutto comprendono e soprattutto acquistano al giusto prezzo di mercato, incapaci di riconoscere il carattere antisociale di questo genere di “arte”, che ha prodotto una desensibilizzazione senza precedenti e un cinismo che va di pari passo con l’indifferenza. 

7 commenti:

  1. L’arte odierna serve solo agli aspiranti intellettuali che crescono nell’epoca in cui i la competenza culturale è a livello di analfabeta

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  2. Curiosità mia, posto che sono più che d'accordo su quanto detto :
    Come giudichi le opere delle avanguardie del primo novecento , che so Kandinsky o Malevic per citare due dei più concettuali ?
    Eravamo ancora nel lecito o i piedi erano già sull'orlo del burrone e bastava solo una spinta ?
    Li il livello intellettuale c'era e il capitalismo c'entrava ancora poco , credo.
    Ciao

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    1. Il problema non è l’arte astratta in sé, quindi il carattere tecnico ed estetico, posto che l’arte figurativa tradizionale, compreso l’impressionismo, stava perdendo di senso. Si possono rappresentare oggetti reali, anche se distorti e interpretati in modo soggettivo, come ad esempio il cubismo, ma ciò che contesto è l’astrattismo fine a sé stesso, come scopo e come mercato. Kandinsky, Mondrian, Malevitch, sono immediatamente riconoscibili, occupano un loro posto nella storia dell’arte; ma in seguito queste forme artistiche hanno finito per perdere il loro significato di rottura con il passato, fino ad astrarsi, appunto, completamente da ogni significato reale e sociale, per diventare un fenomeno che pensa solo a sé stesso e in termini di mercato (onnipresente e influente). Posso, come provocazione, arrivare a tagliare una tela, ma quando questa provocazione diventa un fatto ripetitivo ad libitum e di mercato, possiamo parlare ancora di arte? Per rifarmi a un film di Sorrentino dove una sorta di Marina Abramovic picchia la testa contro il muro: la provocazione che diventa truffa, così come la scena della bambina “artista” (Jep Gambardella liquida: “un Paese di debosciati”).

      ciao

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  3. Secondo me è la rappresentazione colorqr della famosa Corazzata Potemkin....

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  4. Il problema dell'arte contemporanea è che non ha retto il confronto con la tecnologia, rappresentata, in questo caso, dalla fotografia. Questo è ovvio, ma mi preme sottolineare come, nella critica all'astrattismo, gli estremi (politici) si tocchino. Abbiamo avuto schierati contro sia i reazionari sia i rivoluzionari, e pure i sovietici. Del resto, il miglior saggio sul tema è di quel delizioso reazionario americano biancovestito di nome Tom Wolfe (tradotto con il brutto titolo "Come ottenere il successo in arte").
    Io non sono un gran esperto, e quindi ragiono da sempliciotto: assodato che l'arte figurativa è morta, assassinata dalla riproduzione fotografica, se uno chiama arte un orinatoio, o anche semplicemente una tela su cui è stesa una mano uniforme di colore, non fa male a nessuno. Se un riccastro snob spende milioni per questa c.d. arte, fa male solo a se stesso. Meno innocuo è lo sperpero di soldi pubblici per remunerare gli amici degli amici, questo è vero. E su questo punterei il dito (di Cattelan).
    P.S. vedo ricorrere, nei tuoi post, la citazione di Lucio Fontana come esempio paradigmatico di non-arte. Che devo dire, a me piace.

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  5. Ai primi di maggio in un capannone industriale di Brooklyn, due uomini e una donna dotati di armi di grosso calibro sparavano a tre grandi pannelli d'acciaio, un pannello per ciascuno. I tre erano intenti alla creazione di un'opera d'arte. Pochi giorni dopo sessantaquattro pannelli sforacchiati sono stati esposti alla galleria Gagosian di New York. L'autore, Maurizio Cattelan, ha spiegato: "We are completely immersed in violence every day, and we’ve gotten used to it. The repetition has made us accept violence as inevitable."
    (Fonte: New Yorker, May 13, 2024, p. 10-11)

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