mercoledì 11 giugno 2025

La moda è un diritto di tutti

 

Passeggiando tra i banchi del mercato, vedo scene curiose. Per esempio l’assalto (termine appropriato) di donne a un certo banco di abbigliamento. Quel banco è diventato il luogo d’appuntamento per eccellenza di donne di tutte le età, ma specialmente molto mature, di ceto sociale simil-benestante. Molti capi di abbigliamento low cost, non proprio degli stracci (ci sono altri banchi di vendita per questo genere merceologico), comprese borsette carine e di buon materiale ma non di gran marca. Insomma, un successo commerciale perché, come ci raccontano, “la moda è un diritto, non un privilegio”.

Ho fatto una mia indagine: di dove e di come siano prodotti i capi ed oggetti d’abbigliamento non importa a nessuna di loro. Una discreta qualità e il basso prezzo è tutto ciò che le interessa. Questo fenomeno, ovviamente, non riguarda solo l’abbigliamento, ma si riscontra per altri oggetti della nostra vita quotidiana.

Un tempo le belle dame e i gentiluomini erano indifferenti al destino delle donne e degli uomini che, dall’altra parte del mondo, lavoravano come schiavi per produrre il cacao o il caffè che ingollavano in tazze di fine porcellana con il mignolo in aria. Oggi i consumatori del fast fashion sono guidati dalla stessa indifferenza e cinismo. Un paio di mutande tessute a 10.000 km dai nostri glutei, una sedia verniciata ai tropici di una famosa marca svedese, un frigorifero importato da chissà dove, lampadine prodotte in Cina, palloni cuciti in India, eccetera.

La moda ha creato una nuova casta di aristocratici, benestanti e no, che pretendono di comprare vestiti a loro piacimento senza preoccuparsi degli schiavi moderni, bestie da soma il cui destino è per noi indifferente, che li hanno prodotti dall’altra parte del pianeta. Le famose catene immateriali di cui parlava un giovanotto di Treviri. Questa società dei consumi ci ha resi i nuovi schiavisti, ben sistemati nel nostro piccolo comfort egoistico, abituati a far fare ad altri lavori che noi non vogliamo fare e di cui vogliamo ancora meno conoscere l’esistenza.

Ognuno di noi torna a essere un piccolo negriero moderno. Sappiamo (?) da tempo quanto sia inquinante l’industria tessile (un solo lavaggio di indumenti in poliestere può rilasciare 700.000 fibre di microplastica, che possono finire nella catena alimentare), non solo per i prodotti tossici utilizzati per tingere e trattare i tessuti, ma anche per il loro trasporto su navi portacontainer, le più grandi delle quali consumano fino a 300 tonnellate di (pessimo) carburante il giorno. La produzione folle di abiti (ogni anno vengono consumati 130 miliardi di capi di vestiario) che a volte i clienti indossano solo tre o quattro volte l’anno è praticamente un atto criminale (*).

I lobbisti del fast fashion dimostrano che nella mente del cliente esiste una discrepanza tra ciò che crede di acquistare e la realtà. I consumatori rinunciato a comprendere come sia fatto l’oggetto che acquistano. Come i bambini che credono che gli yogurt crescano nei campi, gli adulti credono che i vestiti maturino sugli alberi e che basti allungare la mano per raccoglierli.

Abbiamo bisogno di questi vestiti a buon mercato per poter godere anche noi del “diritto alla moda”, che un giorno potrebbe diventare oggetto di referendum, rispettato con la stessa religiosità dei diritti alla libertà di espressione, di coscienza e di movimento. Comprare pantaloni e camicie, non importa se orribili e volgari, è diventato vitale quanto pensare ed esprimersi. Le libertà fondamentali allo stesso livello dei saldi e delle promozioni al 50%.

(*) L’industria tessile è la terza delle più impattanti al mondo per gas serra, dopo l’agricoltura e i trasporti totali, ma più dell’aviazione e del trasporto marittimo messi insieme); la seconda più inquinante del pianeta dopo il petrolio. L’impiego di prodotti sintetici come acrilico, viscosa (semisintetico), l’elastan (lycra), la poliammide (nylon) e il poliestere (quest’ultimo il più impiegato: 60 milioni di tonnellate prodotte nel 2021); enorme uso dell’acqua nel ciclo di produzione (produzione fibre vegetali e loro lavorazione); rilascio di sostanze chimiche tossiche nell’aria e nell’acqua, tra cui agenti cancerogeni e interferenti endocrini; smaltimento dei rifiuti, eccetera.

Per esempio, la tintura e la finitura di un capo di abbigliamento rappresentano circa il 36% delle emissioni chimiche nell’ambiente. Una delle sostanze chimiche utilizzate (non la più nociva) è il cd. bianco di titanio, ossia biossido di titanio (TiO2), un composto inorganico utilizzato come pigmento bianco o catalizzatore (in uso additivo alimentare: E171). Insolubile, il TiO2 causa piogge acide quando reagisce con acqua e aria. Inalato è cancerogeno.

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel 2020 gli acquisti di prodotti tessili nell’UE hanno generato emissioni di CO2 equivalenti a 270 kg pro capite. Ciò significa che i prodotti tessili consumati nell’UE hanno generato emissioni di gas serra pari a 121 milioni di tonnellate. Secondo il WWF il settore emette 1,7 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, ma c’è anche chi stimo 4mld di tonnellate. Oggi, oltre il 95% dei prodotti tessili venduti è realizzato con materiali vergini. Il fabbisogno di materie prime vergini rimarrà enorme anche se si svilupperanno settori circolari. Ad ogni modo, meno della metà degli abiti usati viene raccolta per il riutilizzo o il riciclo, e solo l’1% viene riciclato in nuovi abiti. Riciclare materiali potenzialmente tossici non ha senso se non si riesce a risolvere il problema durante il processo di riciclaggio, che ovviamente deve essere pulito.

5 commenti:

  1. https://tinyurl.com/mud8ttbc

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  2. Sempre post interessanti
    Pietro

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    1. grazie. sono troppo lunghi, richiedono, a volte, anche alcuni minuti di concentrazione. dunque sono poco adatti al "pubblico" di oggi, che cerca in una frase l'appiglio per una polemica condita d'insulti a alla quale seguono altri insulti di risposta ...

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    2. Sono lunghi quanto è necessario, anzi l'eloquio articolato è oggi una forma di resistenza.
      Pietro

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