mercoledì 22 ottobre 2025

La pace si ottiene ...

 

La pace non è ancora tornata in Medio Oriente, in Ucraina o persino in Congo, come Donald Trump aveva promesso a gran voce nella speranza di vincere il Premio Nobel, inviando in giro per il mondo dei loschi commercianti di cavalli. I suoi negoziatori alati vogliono spegnere incendi alimentati da Washington. I piromani giocano a fare i pompieri. Il gioco è fin troppo scoperto: si schiera l’islamismo selettivamente (utilizzando i regimi wahhabiti in Arabia Saudita, Qatar, ecc., che sono alleati degli Stati Uniti e hanno in parte finanziato lo Stato Islamico) contro attori che ostacolano gli interessi dell’Occidente imperialista: vedi quanto è successo in Siria, con i salafiti di Hay’at Tahrir al-Sham, affiliati ad Al Qaeda, che ora non sono più dei terroristi.

Odiatori anticomunisti di ogni tipo, gli amici della guerra americana ed europea, si stanno radunando sotto la bandiera della “civiltà occidentale”: dai custodi dell’Illuminismo borghese, che, oltre ai diritti umani, ha prodotto anche uno spietato imperialismo; ai fascistoidi che invocano la “tradizione giudaico-cristiana” come baluardo contro la barbarie. E così l’”eredità ebraica” fondata sulla Bibbia (sic!) può essere “difesa” dagli “invasori” palestinesi con l’invio di armi per sterminarli. A supporto, la narrazione del “nuovo antisemitismo”, che scredita ogni critica ai governi israeliani, discendente storico dei persecutori medievali e moderni.

La pace si ottiene non fomentando i nazionalismi e i fondamentalismi, ma riportando la Nato alle posizioni del 1989. Meglio ancora: sciogliendo la Nato. Riportando la comunità europea ai confini del 1989. Meglio ancora: sciogliendola e ripensandola in senso socialista. Creando un sistema monetario internazionale non più incentrato su un’unica moneta. Una nuova organizzazione internazionale della produzione e del commercio con ampi e concreti poteri di pianificazione e cooperazione. Disarmo. Fine del neocolonialismo in Africa e in Sud America. Eccetera. Ma tutto ciò non è realistico, dicono. E allora avanti così, con crisi, tensioni, minacce, fascismi e guerre.

Con zio Fulgencio sarebbe stata tutt’altra storia.

8 commenti:

  1. Ad un certo punto sul finire del post ho temuto che tu parlassi di... Comunismo. Un brivido felino che poi si è sciolto come neve al sole!

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    1. Già all'apparire del tuo commento ho sperato ti firmassi con un mickname o qualunque altra cosa, ma poi la speranza s'è sciolta come quella del Comunismo (con la maiuscola come piace a te).🥰 bacini

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  2. Eh, senza Castro oggi Cuba sarebbe un paradiso come Haiti...
    Per il resto, il popolo si muove ma ha paura di sporcare e di passare per scostumato; la piccola borghesia servile finché sta al calduccio più che scrollare il capo di fronte ai peggiori crimini non fa... che dire, speriamo il peggio.
    Pietro

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  3. Le notizie sulla cessazione dei combattimenti nella Striscia di Gaza hanno qualcosa di paradossale. Dopo mesi di bombardamenti e devastazione con migliaia di abitazioni ridotte ad un cumulo di macerie, dopo quasi 70 mila vittime di cui oltre 20 mila bambini, tutti i media esaltano l'operato del presidente americano, portatore di pace. Ma, propoganga a parte, è chiaro che le cause che hanno portato al conflitto sono ancora agenti. La guerra non dipende dalla volontà dei Grandi Uomini ma dalle contraddizioni interne al modo di produzione dominante, ad esempio dallo sviluppo ineguale del capitalismo. Dall'attuale situazione di marasma sociale e guerra si uscirà solo superando il capitalismo. Gli USA vedono il proprio ruolo di sbirro globale messo in discussione dall'emergere di altre potenze, che devono perciò contrastare, innescando così una serie di reazioni e contro-reazioni che hanno come teatro il mondo intero. La Cina, ad esempio, sta penetrando in diverse aree dell'Africa, della penisola arabica (Gibuti), del Sud America.

    Nel Manifesto del partito comunista si afferma che la storia non la fanno i singoli, e nemmeno generici gruppi umani, ma le classi. Esse sono formate da molecole sociali che hanno interessi comuni e sono orientate da forze impersonali. La traiettoria generale dallo scontro tra classi è determinata dallo scontro sottostante tra modi di produzione.
    F. G.

    https://www.quinternalab.org/teleriunioni/2025/ottobre-2025/955-invarianza-fra-scale-diverse-di-fenomeni-sociali?fbclid=IwY2xjawNmwQZleHRuA2FlbQIxMQABHkkYIEnCmW921dFcNLYmILV2hNTiZtVPw0YhFi9vFRotp0Z_YzCHusdnzdu5_aem_CUoKu4CWArPgu7Ydh9MXig

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    1. Eh, magari s trattasse solo di contraddizioni interne al modo di produzione. Temo siano molte di quelle esterne.

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    2. Puo dire qualcosa di quelle esterne? Sono interessato.

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  4. L’amaro calice
    Di Marco Travaglio

    Per Einstein, “la follia è fare sempre la stessa cosa
    aspettandosi risultati differenti”. È ciò che fa la Nato con
    l’Ucraina da 20 anni: scaraventarla contro la Russia e
    armarla fino ai denti perché la sconfigga al posto nostro
    (Kiev ci mette i morti, noi i soldi e le sanzioni ai russi, che
    danneggiano più noi che loro). Risultato: una disfatta via
    l’altra. L’Ucraina non entrerà nella Nato, è
    economicamente fallita, ha perso la Crimea, la guerra
    civile contro la resistenza del Donbass, l’intero Lugansk,
    il 75% del Donetsk, il 70% degli oblast di Kherson e
    Zaporizhzhia, ora pezzi di Sumy, Kharkiv e
    Dnipropetrovsk, oltre a centinaia di migliaia di uomini e a
    una montagna di armi Nato. Il consenso interno e
    internazionale di Putin è aumentato e l’economia russa,
    pur acciaccata, cresce molto più della nostra. Poi è
    arrivato Trump e ha sganciato gli Usa dalla linea suicida
    Nato-Ue: gli euro-folli lo considerano un idiota, intanto lui
    ci rapina con i dazi e ci vende a caro prezzo il gas che
    non importiamo più dalla Russia a buon mercato e le
    armi che compriamo da lui e regaliamo a Zelensky per
    continuare a perdere la guerra. Da 36 mesi esatti, sui 44
    di invasione russa, Kiev non guadagna un metro
    1uadrato di terreno: nell’ultimo anno ha perso in media
    circa 500 kmq al mese.

    Ma la vera questione non è quantitativa. È qualitativa: da
    un anno i russi demoliscono la “cintura fortificata” di 50
    km tra Sloviansk e Kostantinovka (Donetsk), creata da
    Nato e Kiev dal 2014 con trincee, campi minati e città
    fortificate. E sembrano ormai prossimi a sbriciolarla, con
    l’ingresso nello snodo logistico, ferroviario e minerario di
    Pokrovsk e di lì in altre roccaforti fino a Kupyansk (oblast
    di Kharkiv). Dietro quella linea fortificata non c’è più una
    trincea: solo steppa indifesa fino a Dnipro e a Kiev.
    Perciò Zelensky, mentre finge che i russi siano in stallo,
    continua a implorare gli alleati di “fermare Putin”. Ma
    può fermarlo solo lui con un’offerta che non possa
    rifiutare. Le nuove sanzioni gli fanno il solletico, anche
    quelle petrolifere Usa. E non sarà qualche Tomahawk o
    Patriot in più a ribaltare le sorti della guerra. Perciò
    Trump ha rinviato il vertice con Putin: tra un mese, con
    l’inverno, si saprà dov’è giunta l’offensiva russa e forse
    Zelensky sarà costretto ad arrendersi non a Mosca, ma
    alla realtà. In tre anni e mezzo è passato (e l’Ue con lui)
    dal “vinceremo recuperando tutti i territori” al “non
    recupereremo i territori ma non ne cederemo nessuno”.
    Ora s’illude sulla tregua, che è il rifugio dei disperati:
    nessun esercito vincente concederebbe mai settimane o
    mesi di respiro al nemico perdente. Presto o tardi dovrà
    decidersi a bere l’amaro calice, che tre, due e un anno fa
    era molto meno amaro. Ma gli euro-folli non hanno
    fretta: tanto paghiamo tutto noi.

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