Nell’inserto culturale del Sole 24 ore di questa domenica è dedicata un’intera pagina all’uomo di Neanderthal. Senza polemica, mi permetto osservare che quasi mai, per non dire mai, viene citata negli articoli di questo genere la donna di Neanderthal, che pure doveva essere un tipino interessante anche se non facile.
Dei due articoli prenderò in esame quello dal titolo: Ma io vi dico che Neanderthal aveva una sua arte. Leggo che le più celebri pitture parietali sono state tutte realizzate dopo la scomparsa del Neanderthal, con il quale il Sapiens aveva in comune il nonno africano. Pertanto, l’autore dell’articolo, Pablo Echaurren, così prosegue: «Se fossero sopravvissuti avrebbero sviluppato tale tendenza e avrebbero cominciato a decorare grotte anche loro? Forse la predisposizione all’accumulazione, all’affermazione, tipica di noi Sapiens non era condivisa dai Neanderthal che preferivano attività fugaci, labili, ineffabili».
Poi conclude: «Certo, io non sono uno scienziato, non sono abilitato, non mi dovrei permettere, ma come diceva Mario Tronti in Operai e capitale “nel cielo delle scoperte teoriche è giusto volare sulle ali di una intelligente fantasia”.»
A mio avviso, il pittore Pablo Echaurren elude (non a caso) una domanda fondamentale: che cos’è arte e cosa non lo è. Si badi, non si tratta di elaborare una teoria estetica che s’interroga sulla natura dell’arte, se essa parli della realtà o della sua rappresentazione. E nemmeno del bello e del brutto, discorso che ci porterebbe lontano. Qualcosa di molto più terra-terra, anzi, più merda- merda.
Il Pontormo, al secolo Jacopo Carucci (1494-1557), aveva l’abitudine negli ultimi anni della sua vita di tenere un diario personale nel quale annotava dettagli riguardanti i lavori in corso, le commissioni, le spese quotidiane, gli alimenti che consumava e persino le condizioni di salute. Scendeva anche in dettagli molto più intimi, per esempio scriveva: “Cacai due stronzoli non liquidi”.
Vengo al punto: quei due stronzoli non liquidi, evacuati dal Pontormo, possono essere considerati come un prodotto artistico? Vorrei ricordare, all’uopo, la famosa “merda d’artista” prodotta e inscatolata da Piero Manzoni. Non deve stupire che quelle scatolette siano battute all’asta a prezzi stratosferici, né il semplice fatto che esse vengano considerate opere d’arte, o quantomeno beni degni di mercato.
Non deve stupire che nell’epoca in cui domina il capitale qualunque oggetto materiale o immateriale, fosse pure una merda vera e propria o una sua immaginifica rappresentazione grafica, possa assumere valore sia monetario che artistico. L’unico discrimine semmai è il prezzo (chi ha la grana per comprarli) e l’autenticità delle “opere”. Gli “artisti” sono diventati ormai dei marchi di fabbrica, la réclame fa il resto.
Basti pensare all’orinatoio rovesciato e firmato di Duchamp, che nel 2004 i critici d’arte, in un loro referendum, decisero essere l’opera d’arte più importante del Novecento. Si sostiene che Duchamp avesse ridefinito cosa può essere un’opera d’arte. Mi pare un’affermazione un po’ tautologica: in tal modo potrebbe anche aver definito che cosa non può essere un’opera d’arte. Se degli archeologi tra mille anni ritrovassero quell’oggetto non ci sarebbe più nessuno a spiegargli che cosa rappresenta oltre al fatto di essere un orinatoio maschile.
Racconto al riguardo un episodio illuminante: Constantin Brâncuși, celebre scultore (?) romeno naturalizzato francese, quando decise nel 1926 di recarsi negli Stati Uniti, alla dogana un funzionario, F.J.H. Kracke, gli contestestò l’importazione di un oggetto commerciale, un “utensile da cucina” (kitchen utensils), rifiutando di applicare l’esenzione fiscale. Brâncuși protestò facendo presente che l’oggetto era una scultura destinata al Brummer show. Il funzionario fugò ogni suo residuo dubbio quando scoprì che Brâncuși aveva venduto degli altri oggetti simili.
Lo scalpellino Brâncuși dovette pagare la dogana per una cifra non proprio modesta. Adiva poi alle vie legali, e il processo Brâncuși vs. United States presso la U.S. Customs Court terminò due anni dopo, il 26 novembre 1928 (segno che stabilire la natura dell’oggetto non era cosa pacifica). Quell’oggetto, né opera d’arte né utensile da cucina, è oggi valutato 27,5 milioni di dollari.
Pertanto, come scrive Pablo Echaurren, non è da escludere che Neanderthal “non ignorasse il problema” (quello della produzione artistica) e potrebbe “aver condiviso alcune intuizioni con i primi Sapiens che incontrava”.
Sono perfettamente d’accordo con Pablo. La defecazione è senza dubbio un’attività fugace, labile, ineffabile e, soggiungo, a volte dolorosa, tuttavia essa, ancorché obbligatoria, può assumere aspetti gioiosi. Che sia anche un processo creativo e artistico, i Neanderthal forse lo avessero intuito, e dunque non possiamo escludere a priori che alcune loro produzioni “astratte”, nella descrizione di Pontormo o nello specifico di Piero Manzoni, avessero il reale intento di rappresentare degli oggetti artistici, come se ne vedono nei musei e nelle mostre d’arte contemporanei.
L'arte è come il tempo. Un concetto difficilissimo da definire. Ci hanno provato in tanti, da Lucrezio a Sant'Agostino a Einstein. Forse, come ci ha spiegato quest'ultimo, non esiste una definizione universale come non esiste un tempo universale. Ognuno ha il suo.
RispondiEliminaChe cosa c’entra il tempo con l’arte? Il tempo riguarda in generale l’evoluzione della materia, dove le forme materiali nascono e muoiono. Lasciamo perdere le frasi mistiche sul tempo, che è un concetto umano, assai poco mistico, molto concreto e che serve a molti usi, dalla fisica, alla biologia e, soprattutto, alla storia. Semmai chiediamoci perché il concetto di tempo della fisica teorica ci porta così vicino al misticismo religioso. La risposta si trova nel passato della fisica.
EliminaL’arte è un’attività esclusivamente umana che ha senso e valore sociale, effettuata con mezzi particolari. Semmai si tratta di scoprire le ragioni per le quali le grandi opere d’arte del passato, compreso l’epos greco o le tragedie shakespeariane, continuino tutt’ora, secondo le parole di Marx, “a suscitare in noi un godimento estetico e costituiscano, sotto un certo aspetto, una norma e un modello inarrivabili”. Forse un orinatoio o uno sbrego su una tela suscitano un godimento estetico? In tal caso c’è bisogno di uno psichiatra, uno di quelli bravi.
https://www.focus.it/scienza/scienze/i-neanderthal-furono-i-primi-artisti-deuropa
RispondiEliminahttps://tinyurl.com/28z82x8k
RispondiEliminaNon mi pare interessante prendersela con Piero Manzoni, Marcel Duchamp o Lucio Fontana. Sono provocazioni e vanno considerate come tali e basta. Altrimenti è come usare il pollo di Trilussa per criticare la statistica (l'ho fatto anche io) o come "Le vacanze intelligenti" con Alberto Sordi. Più interessante sarebbe una discussione su quanto e fin dove le arti figurative possono alterare la realtà. Se è arte di serie A solo la rappresentazione "fotografica" di Caravaggio e i colli lunghi di Modigliani sono di serie B e Kandinsky roba da manicomio.
RispondiEliminaMi piacerebbe che fossi tu a rispondere alla domanda fondamentale: che cos'è arte e cosa non lo è?
a me piacerebbe che chi commenta usasse un nikename.
Eliminaquanto alla domanda, mi pare di aver già risposto qui sopra (per quanto è possibile in pochissime parole). l'arte oggi è solo fenomeno di mercato. per arte non intendo solo l'arte figurativa e quelle plastiche. anche la letteratura e il cinema, la musica e il resto.
Caravaggio non è "solo la rappresentazione fotografica", ossia solo abilità tecnica. gli stracci di Pistolotto sono solo spettacolo, immondizia, così come gran parte del cinema e della letteratura di oggi. il decadimento è generale e sotto gli occhi di tutti quelli che lo vogliono vedere.
Non è che prima l’arte non fosse un fenomeno di mercato, ma indubbiamente oggi si riferisce a un mercato più ampio: pensiamo alla musica, dove i fruitori sono i comuni mortali, non una élite di collezionisti. Ciò che ha cambiato le cose è la tecnologia. Non c’è dubbio che l’avvento della fotografia abbia cambiato le arti figurative, e che i dispositivi di riproduzione del suono e la radio abbiano cambiato la musica. Quindi è vero che c’è decadimento generale, dovuto, come dire, alla minore necessità di genio per ottenere il risultato. C’è da domandarsi dove si siano nascosti i geni, e questa è davvero una bella domanda.
Eliminaho scritto: l'arte oggi è solo fenomeno di mercato.
Eliminaè un fenomeno come la moda, fagocitato in toto dal mercato. il ragazzo qui sopra dice che Lucio Fontana è provocazione. Sì, di serie e a suon di milioni.
dove si sono nascosti quelli che chiami "i geni". Non c'è più bisogno di loro, perché l'arte è morta. tutte le grandi attività, anche quelle "spirituali" hanno una fine. certo, la tecnologia l'ha smaterializzata della sua necessità.
La sua morte è sia la sua fine che il suo compimento. vedi appunto la musica classica. essa appartiene ormai al passato, una volta per tutte l'arte ha perso il suo significato. resta per noi, nella sua destinazione più alta, qualcosa del passato, che per la maggior parte ha compiuto il suo compito. un passato che nei suoi lasciti storici sopravvive nei musei, nelle collezioni, nei grandi autori, negli appassionati, ecc..
Si potrebbe osservare, e qualcuno lo ha già fatto, che al tempo dei Neanderthal o dei post-Neanderthal la vita non era affatto facile. La fame, il freddo, gli animali feroci, le tribù nemiche, le malattie erano tutti problemi enormemente più gravi di quelli di oggi e la ricerca del cibo e la difesa dai pericoli doveva occupare la maggior parte del tempo disponibile. E quindi se qualcuno riusciva a trovare il tempo per dedicarsi a illustrare una caverna (in un ambiente naturalmente buio e insicuro), attività che sembra priva di ogni utilità pratica, doveva avere qualche esigenza interiore, qualche necessità espressiva che potrebbe assimilarsi all'arte. Diversa sarebbe l'opinione se i disegni avessero una utilità pratica: la descrizione accurata di possibili pericoli (animali pericolosi, animali da cacciare, guerrieri nemici da evitare), descrizione possibile solo da parte di "insegnanti" naturalmente dotati per il disegno.
RispondiEliminae invece l'arte rupestre pare avesse proprio quella destinazione "pratica"
EliminaMa se esclusivamente fenomeno di mercato la sua destinazione pratica è rivalutare capitale. Tuttavia, al di là del fatto economico, esiste una funzione ideologica importante nel decidere ciò che oggi va. Il gusto della borghesia è deciderlo, cosa va.
RispondiEliminaIn effetti negli ultimi decenni hanno avuto più importanza gli organizzatori i selezionatori i curatori i direttori i presidenti e i galleristi che gli artisti. Il fatto artistico è subordinato. Ricordiamo che borghesia è classe giunta al potere per ultima senza propria tradizione estetica, ma un abito - di scena e di gala - deve pur darselo, ora, quindi improvvisa e la chiama “arte” ma soprattutto “contemporanea”. È proprio definire “arte contemporanea” il potere, con auspici di futuro. E quanto meno l’arte cont ricorda loro il dominio di altre classi sociali, meglio. Da cui l’insistita avanguardia e l’idiosincrasia per la pittura “classica” segregata in musei, libri, accademie, banche, qualche casa, sparsa.
RispondiEliminaLe vere opere d’arte sono apparizioni
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