sabato 2 marzo 2013

L'illusione della superiorità



In attesa che Grillo s’accorga che è finita la campagna elettorale e che lui non è più solo un blogger brontolone e vaffanculista, insomma in attesa che il Movimento stellato sciorini le proprie proposte per risolvere i problemi gravissimi del paese e quelli del mondo intero, propongo agli attentissimi lettori del blog un breve articolo di Sarantis Thanopulos, apparso l’ultimo di febbraio sul quotidiano il manifesto, che parla di scienza dopata e dintorni.

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Non passa giorno che non venga sfornato almeno uno studio di scienziati cognitivisti che cerca di spiegare come siamo fatti in questo o in quell'altro aspetto del nostro modo di sentire e di essere. La tenacia di questi studiosi è pari alla banalità delle loro asserzioni che è peraltro comprensibile. L'originalità non è compatibile con la loro impostazione di ricerca che pretende di ridurre la complessità del nostro pensiero, dei nostri sentimenti e dei nostri desideri in schemi neuro-biochimici. Dal momento che non possono abbandonare il loro posto di lavoro (assai sicuro e remunerativo vista la domanda importante in tutto il mondo di qualsivoglia verità col timbro scientifico) devono combattere con la noia dei loro schemi e da un po' di tempo inventano cose stravaganti, a volte un po' comiche. Secondo uno studio fatto da ricercatori dell'istituto nazionale giapponese di scienze radiologiche la maggior parte di noi soffre di illusione di superiorità. Ci giudichiamo superiori alla media a causa di un inganno cognitivo che agisce sulla nostra autopercezione. L'illusione sarebbe determinata dall'interazione tra due regioni del cervello, lo striato e la corteccia frontale, e regolata dal "neurotrasmettitore del piacere", la dopamina. 
Dopo l'interessante scoperta che il nostro senso di superiorità è solo un'illusione (rischiando di farci precipitare nella sgradevole sensazione che tutto sommato siamo solo nella media) arriva un'altra più importante: i depressi non hanno quest'illusione, non soffrono del senso di superiorità. Hanno una visione più realista di se stessi e se sono molto depressi arrivano ad essere pessimisti. Come riferisce il coordinatore della ricerca tutto indica che «alla base del realismo depressivo possa esserci proprio l'incapacità di illudersi di essere sopra la media». Secondo il suo punto di vista la scoperta potrebbe portare a nuove soluzioni per la cura della depressione. Possiamo immaginare che in un futuro non molto lontano si cercherà di riparare con tutti i depressi del mondo questo scherzo della natura che ha privato loro dell'illusione di un senso di superiorità condannandoli a un realismo bieco e portandoli a scoprire come veramente sono: tutto sommato, sembrerebbe, niente di che. A dire il vero non si capisce bene se gli studiosi giapponesi preferiscano il pessimismo della ragione o l'ottimismo della volontà e forse, alla fin fine, quello che auspicano è solo una prospettiva di commercializzazione del loro lavoro: modulare la quantità di dopamina per iniettare un po' di realismo depressivo agli esaltati e un po’ d’illusione ai depressi. I motivi per cui questi studi vengono fatti e regolarmente ripresi dai giornali di tutto il mondo, nonostante la loro inutilità, sono vari e complessi ma la cosa fondamentale è la cultura, per nulla scientifica, della relazione con il mondo che li fa nascere.

La foto: piazza San Giovanni, da Internazionale

7 commenti:

  1. Il nuovo vate dice che l'Italia deve rinegoziare il debito pubblico perché tra 6 mesi non si potranno più pagare stipendi per i dipendenti pubblici e le pensioni (ecco il discorso della ventina di milioni...).
    Direi che ci stiamo avvicinando alla soluzione dei problemi per i lavoratori. :-)
    O mi sbaglio di grosso?
    Saluti,
    Carlo.

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  2. 'l'incapacità di illudersi di essere sopra la media'
    meraviglioso :D è un mondo dominato dai cabarettisti ormai

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  3. Qualche anno fa seguii a teatro un piacevole incontro con un professore italiano, un neuropsichiatra che insegnava all'università di Glasgow (mi sa che era veneziano, o dei paraggi, purtroppo non ricordo il nome, ma era molto pratico e concreto). Beh, in merito al fatto che noi sfruttiamo soltanto il 10% delle nostre potenzialità cerebrali, affermò più o meno "In realtà non è dimostrato che nel restante encefalo ci siano qualità neuronali comparabili alla parte che utilizziamo. Però una simile teoria passa facilmente senza troppi scetticismi. Chi non è d'accordo nel sentirsi dire che la sua eventuale stupidità è scientificamente giustificata dal fatto che c'è un 90% di potenziale, ahime, che non si riesce a sfruttare. Siamo tutti contenti a pensarci più intelligenti di quanto siamo di fatto."

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    1. hai letto Introduzione alla storia della stupidità umana di walter b. pitkin?

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    2. Eh, purtroppo no. Mi appunto pure questo insieme a "Il Re degli Alberi" nella lista dei librì da leggere.
      (Non andrò mai in pari, porca paletta. Tutta colpa di quel 90%. Dipendesse da me, li avrei già letti.)

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