lunedì 31 gennaio 2011

Tra escort e tromboni



Tenterò di mettermi dal punto di vista di Eugenio Scalfari (si parva licet), un ricco e influente proprietario, giornalista di fama, preoccupato del buon nome dell’Italia all’estero, dell’imperante conflitto tra le “istituzioni”, del debito pubblico e delle quotazioni delle obbligazioni statali, eccetera. Pensieri gravosi che agitano il sonno e guastano il buon vivere, perciò li mette nero su bianco ogni domenica sulle pagine di Repubblica, foglio di dottrina della sinistra, qualunque cosa voglia ancora dire (e non dire) questo termine giudicato desueto soprattutto da chi ne abusa. Perciò i pensieri scalfariani meritano attenzione per il seguito che l’illuminato pifferaio, ex fascista “dissidente” e poi bancario, gode presso la gente di concetto oggi più rappresentativa. Difficile però credere si tratti dei milioni di salariati che questa mattina si consegnano spontaneamente per almeno otto ore ai loro datori di lavoro (espressione politicamente corretta che sta per: "predatori di lavoro altrui").
Quando Eugenio Scalfari, citando e alludendo a Napolitano, parla di “istituzioni imbarbarite” sa bene di cosa parla. I barbari non hanno occupato solo taluni dei più alti scranni della Repubblica, l’imbarbarimento germoglia diffuso e produce i suoi frutti in ogni luogo delle “istituzioni”. Le lotte di palazzo sono diventate virulente e palesi perché acerrima si è fatta tra camarille la contesa per il potere, tra visioni  antagonisticamente convergenti sul piano delle “riforme” e dei "federalismi", sempre urgenti, i quali consistono inevitabilmente in nuovi salassi per chi lavora ed è costretto a pagare fino all’ultimo centesimo, lasciando ai sociologi e giornalisti il compito di definire le coordinate del "nuovo" concetto di povertà.
Scalfari punta il dito contro “l'indecente spettacolo dei comportamenti viziosi e della paralisi istituzionale”. Che Berlusconi sia quel che è, mezz’Italia l’ha sempre detto e saputo, l'altra mezza tace per convenienza. È pure incontestabile però il fatto che del suo enorme conflitto d’interessi il centro-sinistra non ha mai voluto occuparsi concretamente in Parlamento, ma in televisione e sui giornali. La moglie del poveretto, riferendosi a vicende di natura sessuale, ha pure affermato pubblicamente che si tratta di un uomo malato (e questo, a ben considerare, sarebbe il male minore). Un padrone politico che però non vuole mollare il potere. D’altra parte gli è stato conferito sulla base del risultato elettorale, che dovrebbe essere sacro per Scalfari. E invece, ancora questa domenica, il filosofo di Civitavecchia suggerisce di mettere in scena un altro ribaltone. Oppure lo scioglimento delle Camere per motu proprio di Napolitano. Quest’ultimo (classe 1925), seppur più giovane di Scalfari (classe 1924), sa bene che nella pratica non può aderire all'incitamento perché con tale provvedimento certificherebbe una nuova e preventiva vittoria dell’odiato cavaliere.
Trascura però il fatto, Scalfari, che i vizi privati di Berlusconi e di moltissimi altri papaveri della politica sono il corollario dei “vizi” violenti e mafiosi dell’apparato politico e statale (non una semplice ipotesi: chiedere ragguagli, tra i viventi, alla dott.ssa Forleo o al dott. Scarpinato), di un potere incontrollato, contiguo e connivente. Non da ieri l’altro, da sempre. Berlusconi lo sa bene e peciò insiste per imporre la sua franchigia d’impunità, trovando ovviamente largo consenso tra quelli come lui, così come tra la cosiddetta gente comune che sente uscire dai palazzi della politica puzza di uova marce.
Scalfari richiama: “l'articolo 54 della nostra Costituzione esorta ed anzi impone al titolare di quella istituzione di comportarsi con decoro”. Perché si dimentica di citare gli artt. 9, 11, 36, 37, 38, 39, 40, ecc.? Non dovrebbero i "titolari" di istituzioni che si vorrebbero "decorose" impegnarsi al rispetto di questi dettati? Scardinando la scala mobile, legalizzando il caporalato, attuando la svendita truffaldina del patrimonio, mantenendo intatto il medioevo burocratico, aumentando la spesa militare, mettendosi in guerra in Europa e nel mondo, alimentando gli sprechi innumerevoli e le solite ruberie tariffarie dei monopolisti, pensa Scalfari che i suoi amici, quando sono stati al governo, abbiano a loro volta tributato miglior ossequio alla Costituzione di quanto hanno fatto i governi di Bossi, Fini, Casini e Berlusconi?
Attorno a queste vere questioni, i controllori dell’informazione e della cultura, destra e sinistra, in questo compito sono assai solidali e non sollevano più lo scandalo (se non occasionalmente, distorcendo i fatti per ragioni strumentali), ma tendono a organizzare saldamente il silenzio, obbedendo agli ordini e parlando d’altro.

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