martedì 11 aprile 2023

Quel logorroico di Macron


Il presidente francese Emmanuel Macron ha concluso la sua visita di stato in Cina (la terza). I suoi oppositori sostengono che ha pensato di ripristinare la sua immagine a livello internazionale dopo il crollo di popolarità in patria (l’età pensionabile in Cina è attualmente 55 anni per le donne, 60 per gli uomini, mentre l’aspettativa di vita ha superato quella degli Stati Uniti).

A differenza di Vladimir Putin, che l’anno scorso aveva inflitto un affronto a Macron (tipino assai permaloso) che lo aveva raggiunto come mediatore di una pace in Ucraina, a Pechino il francese ha trovato qualcuno con cui parlare (sette ore, più due cene) nella persona del presidente cinese, che sul piano geopolitico sta giocando una partita ancora più grande (il resto lo scopriremo leggendo le Memorie di Xi).

Nel primo giorno di colloqui, ha chiesto l’aiuto di Xi per “riportare la Russia a una politica ragionevole” in Ucraina. Xi ha risposto impegnandosi a “collaborare con la Francia per invitare la comunità internazionale a mantenere la razionalità e la moderazione per evitare azioni che possano peggiorare ulteriormente la crisi ucraina”. Che altro poteva dire, posto che la Cina ha un confine di diverse migliaia di chilometri con la Russia e non l’ha mai formalmente condannata per l’invasione?

Avere una Russia alleata e debole è una situazione ideale per Pechino, nel suo gioco è un tassello fondamentale. La Cina cerca di porsi al centro delle relazioni internazionali per costruire un nuovo ordine internazionale “post-occidentale” in cui gli Stati Uniti avrebbero un ruolo meno egemonico. La Cina vuole essere la guida di un “Global South”.

Ecco un altro motivo per vedere la NATO come una reliquia della guerra fredda che sarebbe dovuta scomparire contemporaneamente al patto di Varsavia. E la Cina è tanto più ostile alla NATO poiché questa alleanza sembra essere sempre più interessata a ciò che sta accadendo in Asia.

È chiaro che qualsiasi posizione della Cina sul conflitto ucraino deve essere letta alla luce di Taiwan, e il fallimento di Putin sarebbe una grave battuta d’arresto per Xi. Invece il presidente francese durante la visita non ha voluto parlare di Taiwan e anzi ha giudicato “sfortunata” la concomitanza di questo suo viaggio con la tappa americana della presidente taiwanese Tsai Ing-wen.

Il comunicato stampa cinese indica che Macron afferma che la Francia rispetta e persegue la politica di “una Cina”. Il presidente su questo argomento ha parlato in una dettagliata intervista al quotidiano finanziario Les Echos nel volo di ritorno a Parigi.

Macron ha dichiarato: “La domanda per noi europei è: abbiamo interesse a che le cose accelerino su Taiwan? No. La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dobbiamo seguire ciecamente questa questione, adattandoci al ritmo degli Stati Uniti e alle reazioni eccessive cinesi. Perché dovremmo seguire un ritmo che altri hanno scelto per noi? A un certo punto, dobbiamo porci la questione dei nostri interessi. [...] Sarebbe paradossale, mentre creiamo elementi di una vera autonomia strategica europea, se improvvisamente iniziassimo a seguire la politica statunitense in una sorta di risposta al panico”.

Macron, presentatosi come difensore degli interessi europei, ha chiesto nuovi massicci aumenti delle spese militari. “Mentre la storia sta accelerando, dobbiamo parallelamente accelerare l’economia di guerra europea. Non produciamo [armi] abbastanza velocemente”, aggiungendo: “La chiave per dipendere meno dagli americani è rafforzare la nostra industria della difesa e concordare standard comuni” sulla produzione di armi in Europa. La Francia è il terzo esportatore mondiale di armi, come ricordavo in un post di domenica scorsa.

Ha inoltre detto: “Se ci sarà un’accelerazione dell’esplosione del duopolio [USA-Cina], non avremo il tempo o i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo vassalli, mentre potremmo essere il terzo polo se avessimo qualche anno per costruirlo”. C’è ancora qualcuno che ha qualche dubbio su ciò che stanno preparando?

Il presidente è stato accompagnato nella sua visita da una massiccia delegazione di amministratori delegati del monopolio energetico Electricité de France, delle aziende aerospaziali Airbus e Safran, del produttore di treni Alstom, dei conglomerati di lusso LVMH e l’Oréal e delle aziende turistiche.

Le tre grandi compagnie aeree statali cinesi, AirChina, China Southern e China Eastern, avevano deciso ad acquistare un totale di 292 aerei da Airbus. L’accordo raggiunto durante la visita di Macron per fornire a China Aviation Supplies Holding Company 150 aeromobili della famiglia A320 e 10 ordini di A350-900, include gli ordini che rientrano in questo ambito. Quanto al contratto concluso da Airbus per la vendita di 50 elicotteri H160, era già stato formalizzato da un anno.

Va ricordato a tale riguardo che Airbus (consorzio franco-tedesco con il 10,9% a cranio, il 5,05 di Capital Group, società di plutocrati, 4,10% governo spagnolo) ha attualmente quattro siti di assemblaggio finale della famiglia A320 in tutto il mondo: Tolosa (Francia), Amburgo (Germania), Mobile (USA) e Tianjin (Cina). La linea di assemblaggio finale di Tianjin ha iniziato ad operare nel 2008 e ad oggi ha assemblato oltre 600 aeromobili della famiglia A320. A marzo 2023 è stato consegnato il primo aeromobile A321 della neo gamma.

È stata firmata anche tutta una serie di accordi, in particolare nel settore agricolo, per esempio “quindici nuove autorizzazioni per l’esportazione di carni suine francesi”. Si è parlato tra francesi e cinesi di un vertice per un nuovo patto finanziario globale e, nel 2024, del sessantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Francia e Repubblica popolare cinese, con un anno franco-cinese di cultura e turismo.

Come si vede, la Francia (come la Germania) ha grossi interessi industriali e commerciali con la Cina. Perciò la sua politica estera può essere intesa correttamente solo con riguardo a questi stessi interessi, tanto più alla luce dello smacco subito per via del recesso unilaterale di Canberra dall’accordo franco-australiano di fornitura di sottomarini con la francese Naval Group, a tutto vantaggio di Stati Uniti e Regno Unito.

Parigi insiste sull’autonomia strategica nei confronti degli Stati Uniti, concetto ovviamente apprezzato dalla Cina. Macron ha ricordato che gli europei non dovrebbero essere affatto favorevoli al disaccoppiamento delle loro economie con la Cina, e la signora von der Leyen ha affermato di ritenere che le controversie commerciali con la Cina dovrebbero essere risolte diplomaticamente e non unilateralmente. Due commessi viaggiatori, ciascuno con un peso politico molto diverso a Pechino.

L’allora presidente francese Charles de Gaulle fu fautore del perseguimento di una politica estera indipendente per salvaguardare la sovranità e gli interessi nazionali della Francia. Macron e chiunque sarà eletto dopo di lui, perseguirà gli stessi obiettivi. I tempi sono cambiati, ma la Francia può vantare ancora il privilegio di potersi dire e sentire una considerevole potenza militare ed economica (è membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, cosa che Pechino non trascura), non un semplice Stato vassallo impegnato in beghe balneari e a regalare soldi pubblici a compagnie aeree fallite.

lunedì 10 aprile 2023

Giocherelli di guerra

 

«Fuga o hackeraggio? Informazione o disinformazione? Un colpo per la Russia o uno stratagemma degli Stati Uniti?».

Queste sono le domande che molto appropriatamente, ma anche in modo professionalmente sibillino, si pone il New York Times a riguardo degli ormai famosi documenti classificati che sarebbero inopinatamente comparsi in circolazione a danno soprattutto della guerra tra Stati Uniti e Russia che si combatte in Ucraina.

Così prosegue l’articolo del NYT:

«I documenti dell’intelligence statunitense, alcuni contrassegnati come “top secret”, sono stati trovati in circolazione sui social media. Rimangono domande su come dozzine di pagine dei briefing del Pentagono siano diventate pubbliche e quale materiale classificato vi faccia parte.

Ecco cosa sappiamo dei documenti. I documenti sono veri? Sì, dicono i funzionari, almeno per la maggior parte. I funzionari statunitensi sono allarmati dalla diffusione d’informazioni segrete e il Federal Bureau of Investigation sta lavorando per determinare la fonte della fuga di notizie.

Alcuni dei documenti sembrano essere stati alterati, dicono i funzionari. Non è chiaro chi abbia falsificato i rapporti o perché lo abbia fatto. Qualunque sia la ragione, parte del materiale, dicono gli analisti militari, sopravvaluta le stime americane dei morti di guerra ucraini e sottostima quelle delle truppe russe uccise lo scorso anno.

La provenienza dei materiali? È forte l’evidenza è che si tratti di una fuga di notizie, e non di un hackeraggio. Il materiale potrebbe spuntare in stile Whac-a-Mole su piattaforme come Twitter, 4chan e l’app di messaggistica Telegram, per non parlare di un canale Discord dedicato al videogioco Minecraft, ma ciò che sta circolando sono fotografie di rapporti informativi stampati.

Sembrano fotografie scattate frettolosamente di pezzi di carta in cima a quella che sembra essere una rivista di caccia. Gli ex funzionari che hanno esaminato il materiale affermano che sembra che un briefing classificato sia stato ripiegato, messo in una tasca e poi portato fuori da un’area sicura per essere fotografato.

Alcuni documenti sono specificamente contrassegnati solo per la visione di funzionari statunitensi, aumentando così la probabilità che un funzionario americano abbia fatto trapelare le informazioni.

Cosa abbiamo imparato sulla guerra in Ucraina? Anche se i documenti potrebbero non alterare sostanzialmente la comprensione di ciò che sta accadendo sul campo di battaglia, possono offrire spunti – o almeno indizi allettanti – all’occhio allenato di un pianificatore di guerra russo.

I documenti non contengono piani di battaglia specifici, anche sulla controffensiva ucraina prevista per il prossimo mese. Ma descrivono in dettaglio i piani segreti americani e della NATO per costruire l’esercito ucraino prima di quell’offensiva.

Suggeriscono anche che le forze ucraine si trovino in difficoltà più gravi di quanto il loro governo abbia riconosciuto pubblicamente.

Senza un afflusso di munizioni, mostrano i documenti, il sistema di difesa aerea che ha tenuto a bada l’aviazione russa potrebbe presto crollare, consentendo al presidente Vladimir V. Putin di scatenare i suoi aerei da combattimento in modi che potrebbero cambiare il corso della guerra.

Il semplice fatto che i materiali siano trapelati – e in particolare la conferma che hanno offerto che il governo degli Stati Uniti spia alleati e avversari allo stesso modo – potrebbe rivelarsi dannoso per la coalizione generalmente unificata che è emersa per aiutare l’Ucraina a respingere l’invasione russa. Potrebbe anche far riflettere gli alleati due volte sulla condivisione di informazioni sensibili.

Gli Stati Uniti sono penetrati nell’intelligence russa? I documenti del Pentagono trapelati rivelano quanto profondamente gli Stati Uniti siano penetrati nei servizi di sicurezza e di intelligence della Russia, consentendo a Washington di avvertire l’Ucraina degli attacchi pianificati e ottenere informazioni sulla forza della macchina da guerra di Mosca.

Il materiale rafforza un’idea che i funzionari dell’intelligence hanno da tempo riconosciuto: gli Stati Uniti hanno una comprensione più chiara delle operazioni militari russe che della pianificazione ucraina.

L’apparato militare è così profondamente compromesso, suggeriscono i documenti, che l’intelligence americana è stata in grado di ottenere avvisi quotidiani in tempo reale sui tempi degli attacchi di Mosca e persino sui suoi obiettivi specifici.

Questo potrebbe ora cambiare. La fuga di notizie ha il potenziale per arrecare un danno reale allo sforzo bellico dell’Ucraina esponendo le agenzie russe di cui gli Stati Uniti sono più a conoscenza, dando a Mosca una potenziale opportunità di tagliare le fonti di informazione.

Quali altri paesi sono nominati? La fuga di notizie sembra andare ben oltre il materiale riservato sull’Ucraina. Gli analisti della sicurezza che hanno esaminato i documenti sui siti di social media affermano che include anche materiale informativo sensibile su Canada, Cina, Israele e Corea del Sud, oltre al teatro militare indo-pacifico e al Medio Oriente.

Tra le rivelazioni: un gruppo di hacker sotto la guida del servizio di sicurezza federale russo potrebbe aver compromesso una società di gasdotti canadese a febbraio e causato danni alla sua infrastruttura.

Una valutazione del Pentagono ha concluso che la leadership del Mossad, il servizio di controspionaggio israeliano, aveva incoraggiato il personale dell’agenzia e i cittadini israeliani a partecipare alle proteste antigovernative che hanno sconvolto il paese a marzo. I funzionari israeliani hanno contestato il rapporto.

I funzionari della Corea del Sud, un alleato chiave degli Stati Uniti, divisi tra la pressione di Washington per aiutare a fornire munizioni all’Ucraina e la sua politica ufficiale di non fornire armi letali ai paesi in guerra, temevano che gli Stati Uniti potessero dirottare armi sudcoreane a Kiev.

L’esercito russo potrebbe agitarsi, ma il gruppo mercenario privato Wagner, guidato da un alleato del presidente russo Vladimir V. Putin, è fiorente in gran parte del mondo. Wagner sta lavorando per contrastare gli interessi americani in Africa e ha esplorato la possibilità di espandersi ad Haiti, proprio sotto il naso degli Stati Uniti.

Per prepararsi all’introduzione di carri armati avanzati forniti dalla NATO sui campi di battaglia dell’Ucraina, le forze russe si stanno preparando a pagare un bonus alle truppe che riescono a danneggiarne o distruggerne uno.

Uno dei documenti espone una valutazione americana degli scenari che potrebbero indurre Israele a fornire armi all’Ucraina, contravvenendo all’attuale politica israeliana.

I funzionari statunitensi hanno elaborato valutazione molto pessimistica di una delle battaglie più lunghe della guerra, quella di Bakhmut.

Disinformazione? Se sì, di chi?
I funzionari di Washington hanno descritto il rilascio dei documenti come una grave violazione dell’intelligence, ma a Kiev e Mosca c’è accordo su due cose: l’informazione è sospetta e l’obiettivo è il depistaggio. Semplicemente non sono d’accordo su chi c’è dietro.

In una dichiarazione al New York Times, Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha affermato che i documenti erano pieni di “informazioni fittizie”.

“Non c’è il minimo dubbio che questo sia un altro elemento della guerra ibrida”, ha detto. “La Russia sta cercando di influenzare la società ucraina, seminando paura, panico, sfiducia e dubbio. È un comportamento tipico”.

L’obiettivo, dicono gli ucraini, è quello di indebolire la prossima controffensiva.

In Russia, anche i blogger militari a favore della guerra hanno indicato la controffensiva ucraina, ma hanno tratto una conclusione diversa. Un post su Grey Zone, un canale Telegram associato alla milizia Wagner, diceva: “Non dovremmo escludere l’alta probabilità che una tale fuga di informazioni riservate nel momento esatto dell’intensificarsi delle ostilità, e dopo l’analisi degli eventi avvenuti mostrato nei documenti, è la disinformazione dell’intelligence occidentale al fine di fuorviare il nostro comando per identificare la strategia del nemico nella prossima controffensiva”.

In altri canali Telegram russi, voci di spicco affermano che i documenti originali mostravano maggiori perdite russe, parte di un’operazione di “influenza occidentale” intesa a “instillare un morale basso in Russia e nelle forze russe”, secondo il capo di una società britannica che segue la disinformazione».

domenica 9 aprile 2023

Divoratori di colombe

 

Oggi è la giornata delle colombe, farcite o con ramoscelli d’ulivo nel becco, simboleggianti la pace. Perciò è la giornata più adatta per parlare di armi e del loro commercio.

I maggiori venditori mondiali di armi sono notoriamente gli Stati Uniti e la Russia (*). Abbastanza noto è il nome del terzo venditore: la Francia. Meno noto è il nome del quarto venditore di strumenti di morte: la Germania (il quarto podio se lo gioca con la Cina), che nel 2017-21 ha consegnato armi a 53 Stati (Corea del Sud ed Egitto i maggiori acquirenti).

È necessario sapere che, poiché la stragrande maggioranza dei carri armati (al pari di un’automobile) o delle munizioni (al pari di una frittura mista di pesce) contiene componenti prodotte all’estero, i paesi importatori di tali componenti non fanno ciò che vogliono in termini di vendita di armi.

Sennonché, nel 1972, fu firmato un accordo tra i ministri della Difesa francese e tedesco, Michel Debré e Helmut Schmidt, che prevedeva che nessuno dei due governi potesse vietare all’altro di esportare materiale d’armamento derivante da produzioni congiunte. Ognuno di loro vende quello che vuole a chi vuole!

Con il pretesto di una condotta “etica”, la svolta è stata la guerra in Yemen, con la Germania che ha vietato unilateralmente l’esportazione di armi con suoi componenti, cosa che ha penalizzato anzitutto il suo più temibile concorrente, la Francia, che sta aiutando l’Arabia Saudita a sterminare i ribelli yemeniti.

Il piccolo problema è che anche i tedeschi hanno fabbriche di munizioni in Arabia Saudita. Inoltre, la Germania arma la Turchia per aiutarla a massacrare i curdi in Siria. Berlino è persino riuscita a vendere contemporaneamente gli stessi carri armati ed elicotteri da combattimento a Turchia e Grecia, paesi alleati nella NATO, ma storici nemici.

Altro paradosso è dato dal fatto che il governo tedesco vuole approvare un nuovo regolamento europeo che darebbe a ogni stato membro dell’UE il diritto d’ispezionare le esportazioni degli altri. Questo nuovo regolamento ostacolerebbe l’industria francese, ma anche quella italiana. I mercanti di armi, infatti, vendono la loro spazzatura principalmente negli Stati del Golfo, in Medio Oriente e in Asia (**).

Facile per gli industriali tedeschi, che già faticano a onorare gli ordini interni, in forte aumento (Olaf Scholz ha messo sul tavolo 100 miliardi di euro e altri ne metterà), e che quando esportano armi e componenti lo fanno alla grande verso i “pacifici” paesi membri della UE-NATO.

Insomma, in questo genere di commercio, nessuno ha il diritto di dare lezioni a nessuno, così come in tema di guerre di “aggressione”. I rapporti internazionali si basano su queste guerre commerciali, di trincea, dove nessuno vuole cedere un palmo di terreno.

(*) Nel periodo 2018-22, la quota degli Stati Uniti nelle esportazioni mondiali di armi è passata dal 33 al 40%, mentre quella della Russia è scesa dal 22% al 16% (-31%), secondo i nuovi dati sui trasferimenti internazionali di armi pubblicato il 13 marzo 2023 dalla Stockholm International Peace Istituto di Ricerca (SIPRI). I membri europei della NATO hanno aumentato le loro importazioni di armi del 65%, a tutto vantaggio di Stati Uniti e Corea del Sud.

Tra i maggiori esportatori di armi al mondo, dopo Stati Uniti, Russia e Francia, cinque Paesi hanno visto diminuire le proprie esportazioni di armi: Cina (-23%), Germania (-35%), Regno Unito (-35%), Spagna (-4,4%) e Israele (-15%), mentre altri due hanno registrato forti incrementi: Italia (+45%) e Corea del Sud (+74%: carro armato K-2PL Black Panher, obici K- 9 Thunder, lanciarazzi K239 Chunboo e aerei FA-50).

Le esportazioni di armi italiane nel 2017-21 sono state superiori del 16% rispetto al 2012- 2016 e del 33% in più rispetto al 2007-2011. Le esportazioni di armi italiane ammontavano a 3,1 per cento del totale globale nel 2017-21. Il 63% delle armi italiane sono andate in Medio Oriente. Queste percentuali di valore per singolo paese esportatore non tengono conto delle tipologie di armi vendute. Per esempio, il 23% del totale delle esportazioni italiane di armi nel 2017-21 è rappresentato dalla vendita di navi (fregate), un’altra buona percentuale è di pistole.

(**) Va ricordato che è in vigore dal 2014 il Trattato internazionale sul commercio di armi (ATT). Stabilisce il divieto ai trasferimenti da Stato a Stato di armi, munizioni e materiali correlati, quando è noto che saranno utilizzati per commettere o facilitare genocidio, crimini contro l’umanità o crimini di guerra. Anche questo trattato è scritto sulla sabbia.

sabato 8 aprile 2023

Chi si ricorda del Kosovo?

 

Dal 24 marzo al 9 giugno 1999, la NATO ha bombardato la Serbia per 77 giorni. È stata la prima grande guerra sul suolo europeo dalla seconda guerra mondiale.

La propaganda di guerra era in pieno svolgimento all’epoca: la NATO stava devastando con missili e bombe le città serbe per difendere i “diritti umani” e per fermare la “pulizia etnica” che la Serbia era accusata di compiere in Kosovo.

Ciò che è successo da allora in Kosovo non ha più fatto clamore. L’uomo che Joe Biden ha abbracciato nel 2009 definendolo il “George Washington del Kosovo” è imputato come criminale di guerra presso il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia. Questo tribunale è un organo delle Nazioni Unite, istituito all’Aia nel maggio del 1993 allo scopo di giudicare e perseguire gravi violazioni del diritto internazionale (crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio) commesse da singoli individui nel corso delle guerre iugoslave degli anni Novanta e in seguito.

Lunedì è iniziato il processo a Hashim Thaçi, l’ex primo ministro e presidente del Kosovo. L’accusa riguarda anche tre membri di alto rango dell’UCK: Kadri Veseli, Rexhep Selimi e Jakup Krasniqi. Le imputazioni sono relative a oltre cento omicidi e numerosi altri crimini di guerra avvenuti nel 1998 e nel 1999. L’accusa ha consegnato agli avvocati della difesa di Thaçi oltre 56.000 documenti che provano queste accuse.

Come portavoce dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK), è stato l’uomo di punta della NATO e fu portato alla conferenza di Rambouillet nel 1999 dal ministro degli esteri tedesco Fischer e dal segretario di Stato americano Madeleine Albright per costruire un pretesto per la guerra contro la Jugoslavia.

Le uccisioni sono continuate anche dopo che la NATO ha stanziato le sue truppe nel Kosovo (KFOR) di 50.000 uomini. L’UCK si è vendicato di serbi, rom e sostenitori di Rugova, dozzine dei quali sono stati assassinati o brutalmente torturati.

Che l’UÇK fosse coinvolto in omicidi politici, pulizia etnica e crimini di mafia era risaputo già allora. Originariamente classificata come organizzazione terroristica dal Dipartimento di Stato, la situazione cambiò quando il governo degli Stati Uniti ne ebbe bisogno per i propri scopi.

Ora il passato ha raggiunto Thaçi e i suoi ex mecenati stanno facendo grandi sforzi per proteggerlo. È difeso da un potente team di avvocati americani, e dall’ex comandante della NATO nella guerra jugoslava, il generale Wesley Clark, che sarà teste della difesa.

La NATO teme che una condanna di Thaçi getti nuova luce sulla natura criminale della guerra jugoslava. Dal momento che la NATO ha cooperato con l’UCK dal 1999, sorge la domanda: ha cooperato consapevolmente con un’organizzazione criminale?

Anche in questo caso i criminali sono celebrati come combattenti per la libertà, come i membri dei battaglioni fascisti ucraini, che indossando le insegne naziste per otto anni hanno perseguitato tutti coloro che nell’Ucraina orientale parlavano russo o avevano simpatie per la Russia.

venerdì 7 aprile 2023

Alla base di Babele

 

Pare vi siano delle avances per una trattativa che avrebbe come punto di partenza la questione della Crimea. È solo una finta, fumo negli occhi. La questione non riguarda il Donbass o la Crimea, per Mosca tutto potrebbe ritornare ante 2014. Lo scopo è quello di liquidare i fascisti di Kiev dietro i quali manovrano le iene di Washington. Tale obiettivo non sarà raggiunto perché il conflitto è stato affrontato dai russi con mezzi inadeguati ed eccessiva superficialità e dilettantismo.

Intanto la Finlandia è entrata nella Nato, senza averne reale motivo. Non ne aveva motivo dopo il secondo dopoguerra, né ha ancora meno oggi. Nessuna minaccia, né attuale né eventuale a riguardo della sua sovranità e autodeterminazione, viene da parte della Russia. Questa decisione di entrare nel patto militare atlantico fa parte di un disegno, che non è dei finlandesi ma di altri.

La Finlandia è stata un granducato autonomo nell’impero degli zar (1809-1917). Divenne indipendente proprio grazie alla Russia bolscevica. Nel 1939, il patto Ribbentrop-Molotov assegnò ai sovietici l’influenza sulla regione baltica. L’URSS stalinista vide riconosciuto il suo diritto ad ampliare i confini intorno a Leningrado, occupando verso ovest le repubbliche baltiche e la Finlandia a nord.

Resistette valorosamente all’invasione dell’Urss, ma sconfitta perdette la Carelia e il versante nord del lago Lagoda (questo lago, ghiacciato, il rivelerà fondamentale per i rifornimenti russi durante l’assedio tedesco di Leningrado (1941-1944). Fino al 1944 fu alleata dei nazisti e poi prese posizione contro i tedeschi.

Nel dopoguerra iniziò un periodo di pace e collaborazione con tutti i vicini del Baltico che dura ancora e che l’ha portata ad essere uno degli Stati più pacifici, ricchi, e con la più alta qualità della vita del mondo. È poco più piccola dell’Italia ed ha una popolazione di meno di 6 milioni di abitanti, è parte della UE dal 1995, in zona euro dal 2002, e fino alle recenti convulse evoluzioni politiche è stata un paese neutrale.

Nel 1948 firmò con l’Unione Sovietica un trattato di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca che ha garantito nel tempo ottimi rapporti con la Russia e permise, tra l’altro, che gli atleti sovietici partecipassero per la prima volta ad un’Olimpiade (Helsinki, 1952).

*

La wilsoniana Società delle Nazioni (cui gli Stati Uniti non aderirono), dovette occuparsi dei molti nodi irrisolti lasciati nel 1919 dalla Conferenza di Versailles, senza peraltro riuscire a sbrogliarne molti e soprattutto a discioglierli al meglio. Un caso esemplare fu rappresentato dalle isole Aland, che erano appartenute alla Svezia e i cui abitanti erano di origine svedese. Dopo il collasso della Russia zarista desideravano tornare alla prima sovranità, e resero manifesto questo loro volontà con un plebiscito (95%). La Finlandia nel frattempo si era impossessata delle isole e non le voleva più cedere. Gli isolani si appellarono alla Lega delle Nazioni e naturalmente ebbero l’appoggio della Svezia. Che cosa fu deciso dal Consiglio della Società delle Nazioni? Di lasciare le Aland alla Finlandia, dopodiché un’apposita conferenza tenuta a Ginevra stabilì la neutralizzazione delle isole e un certo grado di autonomia per i suoi abitanti.

Al tempo in cui fu costruita la torre di Babele, la confusione delle lingue impedì all’umanità di raggiungere il suo scopo. La diplomazia nacque alla base di quella torre.