Il presidente francese Emmanuel Macron ha concluso la sua visita di stato in Cina (la terza). I suoi oppositori sostengono che ha pensato di ripristinare la sua immagine a livello internazionale dopo il crollo di popolarità in patria (l’età pensionabile in Cina è attualmente 55 anni per le donne, 60 per gli uomini, mentre l’aspettativa di vita ha superato quella degli Stati Uniti).
A differenza di Vladimir Putin, che l’anno scorso aveva inflitto un affronto a Macron (tipino assai permaloso) che lo aveva raggiunto come mediatore di una pace in Ucraina, a Pechino il francese ha trovato qualcuno con cui parlare (sette ore, più due cene) nella persona del presidente cinese, che sul piano geopolitico sta giocando una partita ancora più grande (il resto lo scopriremo leggendo le Memorie di Xi).
Nel primo giorno di colloqui, ha chiesto l’aiuto di Xi per “riportare la Russia a una politica ragionevole” in Ucraina. Xi ha risposto impegnandosi a “collaborare con la Francia per invitare la comunità internazionale a mantenere la razionalità e la moderazione per evitare azioni che possano peggiorare ulteriormente la crisi ucraina”. Che altro poteva dire, posto che la Cina ha un confine di diverse migliaia di chilometri con la Russia e non l’ha mai formalmente condannata per l’invasione?
Avere una Russia alleata e debole è una situazione ideale per Pechino, nel suo gioco è un tassello fondamentale. La Cina cerca di porsi al centro delle relazioni internazionali per costruire un nuovo ordine internazionale “post-occidentale” in cui gli Stati Uniti avrebbero un ruolo meno egemonico. La Cina vuole essere la guida di un “Global South”.
Ecco un altro motivo per vedere la NATO come una reliquia della guerra fredda che sarebbe dovuta scomparire contemporaneamente al patto di Varsavia. E la Cina è tanto più ostile alla NATO poiché questa alleanza sembra essere sempre più interessata a ciò che sta accadendo in Asia.
È chiaro che qualsiasi posizione della Cina sul conflitto ucraino deve essere letta alla luce di Taiwan, e il fallimento di Putin sarebbe una grave battuta d’arresto per Xi. Invece il presidente francese durante la visita non ha voluto parlare di Taiwan e anzi ha giudicato “sfortunata” la concomitanza di questo suo viaggio con la tappa americana della presidente taiwanese Tsai Ing-wen.
Il comunicato stampa cinese indica che Macron afferma che la Francia rispetta e persegue la politica di “una Cina”. Il presidente su questo argomento ha parlato in una dettagliata intervista al quotidiano finanziario Les Echos nel volo di ritorno a Parigi.
Macron ha dichiarato: “La domanda per noi europei è: abbiamo interesse a che le cose accelerino su Taiwan? No. La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dobbiamo seguire ciecamente questa questione, adattandoci al ritmo degli Stati Uniti e alle reazioni eccessive cinesi. Perché dovremmo seguire un ritmo che altri hanno scelto per noi? A un certo punto, dobbiamo porci la questione dei nostri interessi. [...] Sarebbe paradossale, mentre creiamo elementi di una vera autonomia strategica europea, se improvvisamente iniziassimo a seguire la politica statunitense in una sorta di risposta al panico”.
Macron, presentatosi come difensore degli interessi europei, ha chiesto nuovi massicci aumenti delle spese militari. “Mentre la storia sta accelerando, dobbiamo parallelamente accelerare l’economia di guerra europea. Non produciamo [armi] abbastanza velocemente”, aggiungendo: “La chiave per dipendere meno dagli americani è rafforzare la nostra industria della difesa e concordare standard comuni” sulla produzione di armi in Europa. La Francia è il terzo esportatore mondiale di armi, come ricordavo in un post di domenica scorsa.
Ha inoltre detto: “Se ci sarà un’accelerazione dell’esplosione del duopolio [USA-Cina], non avremo il tempo o i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo vassalli, mentre potremmo essere il terzo polo se avessimo qualche anno per costruirlo”. C’è ancora qualcuno che ha qualche dubbio su ciò che stanno preparando?
Il presidente è stato accompagnato nella sua visita da una massiccia delegazione di amministratori delegati del monopolio energetico Electricité de France, delle aziende aerospaziali Airbus e Safran, del produttore di treni Alstom, dei conglomerati di lusso LVMH e l’Oréal e delle aziende turistiche.
Le tre grandi compagnie aeree statali cinesi, AirChina, China Southern e China Eastern, avevano deciso ad acquistare un totale di 292 aerei da Airbus. L’accordo raggiunto durante la visita di Macron per fornire a China Aviation Supplies Holding Company 150 aeromobili della famiglia A320 e 10 ordini di A350-900, include gli ordini che rientrano in questo ambito. Quanto al contratto concluso da Airbus per la vendita di 50 elicotteri H160, era già stato formalizzato da un anno.
Va ricordato a tale riguardo che Airbus (consorzio franco-tedesco con il 10,9% a cranio, il 5,05 di Capital Group, società di plutocrati, 4,10% governo spagnolo) ha attualmente quattro siti di assemblaggio finale della famiglia A320 in tutto il mondo: Tolosa (Francia), Amburgo (Germania), Mobile (USA) e Tianjin (Cina). La linea di assemblaggio finale di Tianjin ha iniziato ad operare nel 2008 e ad oggi ha assemblato oltre 600 aeromobili della famiglia A320. A marzo 2023 è stato consegnato il primo aeromobile A321 della neo gamma.
È stata firmata anche tutta una serie di accordi, in particolare nel settore agricolo, per esempio “quindici nuove autorizzazioni per l’esportazione di carni suine francesi”. Si è parlato tra francesi e cinesi di un vertice per un nuovo patto finanziario globale e, nel 2024, del sessantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Francia e Repubblica popolare cinese, con un anno franco-cinese di cultura e turismo.
Come si vede, la Francia (come la Germania) ha grossi interessi industriali e commerciali con la Cina. Perciò la sua politica estera può essere intesa correttamente solo con riguardo a questi stessi interessi, tanto più alla luce dello smacco subito per via del recesso unilaterale di Canberra dall’accordo franco-australiano di fornitura di sottomarini con la francese Naval Group, a tutto vantaggio di Stati Uniti e Regno Unito.
Parigi insiste sull’autonomia strategica nei confronti degli Stati Uniti, concetto ovviamente apprezzato dalla Cina. Macron ha ricordato che gli europei non dovrebbero essere affatto favorevoli al disaccoppiamento delle loro economie con la Cina, e la signora von der Leyen ha affermato di ritenere che le controversie commerciali con la Cina dovrebbero essere risolte diplomaticamente e non unilateralmente. Due commessi viaggiatori, ciascuno con un peso politico molto diverso a Pechino.
L’allora presidente francese Charles de Gaulle fu fautore del perseguimento di una politica estera indipendente per salvaguardare la sovranità e gli interessi nazionali della Francia. Macron e chiunque sarà eletto dopo di lui, perseguirà gli stessi obiettivi. I tempi sono cambiati, ma la Francia può vantare ancora il privilegio di potersi dire e sentire una considerevole potenza militare ed economica (è membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, cosa che Pechino non trascura), non un semplice Stato vassallo impegnato in beghe balneari e a regalare soldi pubblici a compagnie aeree fallite.