Il vento cattivo della Storia, dei suoi demagoghi e dei suoi assassini, sembrava risparmiare all’Europa il rischio di una guerra, ma non quello, invece accettabile, di una certa mediocrità. Non si può avere tutto. Passeggiavo o andavo in bici, guardavo il cielo, per quanto fosse grigio, respiravo l’aria, per quanto fosse inquinata, e a tratti potevo sentirmi tranquillamente immortale.
A volte immaginavo scene, situazioni, vite che avrei potuto avere. Anche peggiori di quella che ho avuta fin qui. Il mondo passava, come un film senza importanza, in uno spazio quotidiano monotono dove ero presente ma assente. Forse stavo guardando il mondo nel modo in cui in genere le persone non lo guardano, con opinioni contrarie, ma non le dicevo tutte, come anche adesso del resto. Nel frattempo stava tornando il cattivo vento, e ora che soffia più forte non si può non notare una depressione generale negli animi, rafforzata dall’idiota di cui abbiamo appena sentito in tv le parole.
Queste persone si prendono sul serio e difendono la democrazia in pericolo, senza rendersi conto che i loro sono appelli all’omicidio, al massacro. I loro numeri sono così burleschi, di tale violenza roboante, che scatena ancora di più i loro seguaci che poi scrivono sul web. La preziosità indignata di un branco che non ha mai sentito il tuono di un’arma da guerra a un metro dalle loro orecchie, salvo che in televisione, eppure ognuno di loro disponibile a fare a pezzi il “nemico”, chiunque sia in quel momento.
Ed eccoci a pochi giorni dalla celebrazione dell’elemento fondante della democrazia: l’elezione di quelli che passano per essere i nostri rappresentanti politici. Si basa su un principio apparentemente inattaccabile: istituire la scelta del popolo, evitandogli la spiacevole impressione di votare per un male minore, di dover eleggere “il meno peggio”. La formula sembra semplice, più scelte ci sono, minore è il rischio della spiacevole impressione. Neanche questo funziona più.
E allora ecco a supporto della libera scelta un’epidemia di sondaggi, per porre qualche rimedio alla disaffezione, ma in realtà quei sondaggi misurano la devastazione poiché il 40% non risponde. Si è persino tentato il rimedio scimmiottando le “primarie”. Non si trattava solo di prevedere l’esito di una votazione, ma di valutare chi sarebbe il miglior candidato. Fu John Maynard Keynes a chiamare le primarie americane “concorso di bellezza”. Scherzo, ma non troppo. Alla fine, non dimentichiamolo, qui da noi è sortito uno come Renzi! Si poteva scegliere uno più brutto?
«Non si tratta di scegliere quei [volti] che, al meglio del proprio giudizio, sono davvero i più belli, né quelli che l’opinione media ritiene sinceramente i più belli. Siamo arrivati al terzo grado in cui dedichiamo le nostre intelligenze ad anticipare ciò che l’opinione media si aspetta che sia l’opinione media. E ci sono alcuni, credo, che praticano il quarto, il quinto e gradi superiori» (Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, UTET, Libro IV, cap. 12, Lo stato dell’aspettativa a lungo termine).
Un librone che cerca invano soluzione al motto preferito dai liberali (i liberisti sono una superfetazione): “Libera volpe in libero pollaio”.