mercoledì 30 giugno 2021

Il carcere, specchio dei rapporti sociali

 

I media hanno scoperto che nelle carceri si praticano sevizie e tortura. Questione di un paio di giorni, dopodiché la questione passerà nelle pagine interne e poi più nulla.

Nel corso del tempo l’arte di punire s’è “addolcita” e affinata l’ideologia del controllo. S’è trasformato l’arcipelago carcerario, almeno apparentemente, superando certe situazioni descritte in film come Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy (gli intellettuali di sinistra svolgevano ancora una funzione sociale progressista).

Nella sostanza della realtà non è cambiato nulla, come del resto e da ultimo testimoniano le immagini provenienti dal carcere di Capua.

All’origine c’è una contraddizione sulla quale si sorvola: da un lato l’utopia del recupero del “deviante” per restituirlo al contesto sociale; dall’altro il pregiudizio di pericolosità che impedisce la reintegrazione.

Nel primo caso il carcere avrebbe una funzione terapeutica, ossia quella di curare per restituire il malato alla sanità della norma; nel secondo caso, la prigione si chiude nell’impermeabilità delle sue mura, nella separatezza e morte civile.

Queste due funzioni, quella sociale/terapeutica e quella disciplinare/repressiva, coesistono e s’influenzano a vicenda, ma la loro bivalenza non può emergere che in modo contraddittorio, prevalendo ora l’una ora l’altra tendenza.

Anche l’utopia riformatrice dei decenni scorsi, non ha fatto altro che riconfermare l’aporia originaria, della cui esistenza tali riforme sono il prodotto, come volontà di superare questa dicotomia. Che però è organica al modello carcerario stesso, il quale è specchio, in ogni epoca, dei rapporti sociali vigenti e delle relative forme di dominio.

lunedì 28 giugno 2021

Ipotesi non fingo


La versione non classificata del rapporto preliminare sui fenomeni aerei non identificati (UAP), presentata dall’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale (ODNI) al Congresso statunitense, in esito a quanto stabilito dal Rapporto 116-233 del Comitato Ristretto per l’Intelligence del Senato, che accompagnava l’Intelligence Authorization Act del 2021, è stata accolta con molta delusione dai media.

domenica 27 giugno 2021

A volte

 

Pare che Alessandro Sallusti, il giornalista che contende l’amore della Gruber con Travaglio, abbia scritto che “essere culturalmente liberisti non è un reato”. S’è per questo neanche trafficare con l’ideologia fascista è un reato. L’Italia è esportatrice netta di questo genere di cultura. Insomma, Sallusti è libero come tutti di credersi e sentirsi ciò che vuole; la questione va ben oltre l’aspetto individuale, abbraccia il grado di evoluzione della coscienza sociale.

La coscienza individuale e con essa quella sociale non è in mano nostra, o almeno non come si crede comunemente. Ogni individuo, nel corso della sua attività, mediata dalla comunicazione, assimila rappresentazioni e concetti elaborati da altri e si forma in tal modo una coscienza “spontanea”. Tuttavia, in ogni epoca storica, tale attività si svolge in una posizione subordinata all’interno di determinati rapporti sociali, interiorizzando delle forme illusorie dell’ideologia della classe dominante.

Il rapporto padrone-schiavo, padrone-servo, padrone-salariato, padrone-giornalista, prete-fedele, eccetera, sono esempi di coscienza che nel processo della sua costruzione è interamente sottomessa a determinati rapporti sociali e all’ideologia che ad essi corrisponde.

Con ciò non voglio dire che la classe dominante manipola la coscienza di ognuno a suo piacere. Nella formazione sociale capitalistica, posizione di classe e forme della coscienza vivono irrisolvibili contraddizioni. Perciò la manipolazione è sì reale, ma soprattutto instabile e mai definitiva, posto che è contraddetta dalla pratica sociale entro le contraddizioni materiali che si vengono a determinare giorno dopo giorno.

Ecco dunque perché non si diventa liberisti, fascisti, comunisti o altro per caso, e perché Sallusti e altri come lui, a volte, possono apparire culturalmente perfino meno sgradevoli di ciò che in realtà essi sono.

sabato 26 giugno 2021

In vacanza con Nice

 

Immagino che oggi l’attenzione dei molti lettori di questo blog sia rivolta agli eventi di cui si parla, tra tutti: 1) la defatigante diatriba sulla genuflessione della nazionale di calcio, faccenda che da una settimana divide inesorabilmente famiglie e amici; 2) il rapporto del Pentagono sugli Ufo (non mancherò di parlarne nei giorni più caldi); 3) lo scontro Grillo-Conte; 4) l’allarme sulla variante Covid, che ci accompagnerà per tutta l’estate e deflagrerà in autunno quando i soliti noti ritorneranno dalle lunghe ed estenuanti vacanze ai loro stazzi televisivi; 5) il ddl Zan, che prevede assistenza legale, sanitaria, psicologica e vitto e alloggio alle vittime di reati d’odio e discriminazione.

Avessi l’occasione, presenterei un emendamento per ottenere perequazione di trattamento anche a favore di chi, dichiaratosi comunista, si sentisse in quanto tale discriminato ed oggetto d’odio.

Invece racconto una storiella, vera quanto brevissima. La Val Fex si trova a pochi chilometri oltre il confine italiano, a nord del Parco delle Orobie bergamasche. Un’allegra compagnia sta percorrendo la valle, quando qualcuno ricorda che qui ha trovato riposo finale il direttore d’orchestra Claudio Abbado. Un altro escursionista indica la casa di Nietzsche. Ed è a questo punto che una procace e avvenente ma non particolarmente coltivata signora, che ha già sentito menzionare il nome di “Nice” e non vuol farsi sfuggire l’occasione di raccogliere punti premio, chiede: “è qui che viene a trascorrere le vacanze?”.


giovedì 24 giugno 2021

A che punto è la notte

 

Ieri, sul Corriere della sera, Ernesto Galli pubblicava un suo articolo dal titolo: Le illusioni della Cina.

La Cina è accusata dall’editorialista di aver fatto del «capitalismo una sorta di prigione con dentro delle macchine. Non già invece, come un certo Carlo Marx sosteneva a suo tempo, una formazione storico-sociale complessa che è fondata sul principio di libertà, sia pure inizialmente “astratta e formale” quanto si vuole, che però ha finito per improntare di sé tutte le relazioni tra gli uomini, dando vita a infinite contraddizioni destinate tuttavia a rivelarsi un formidabile motore di progresso storico».

Va da sé che lo sfruttamento dei lavoratori cinesi costituisce benefico motivo di sviluppo se avviene in occidente, mentre in Cina è prigione. Ed è per il forte anelito di libertà capitalistica occidentale che le nostre Luane D’Orazio continuano ad offrire le proprie vite in olocausto al progresso storico occidentale.

Proprio in questi giorni sul Corriere e altra stampa avevo letto altre cose a proposito del lavoro nero e dello sfruttamento di quei famosi “camerieri” che non si fanno trovare abbastanza numerosi, ma si tratta di una categoria di schiavi marginale.

Alla stessa stregua possiamo considerare un “formidabile motore di progresso storico” anche gli atti di barbarie e le infami atrocità dei cosiddetti cristiani in ogni regione del mondo e contro ogni popolo che sono riusciti a soggiogare e che non trovano parallelo in nessun’altra epoca della storia della terra, in nessun’altra razza, per quanto selvaggia e incolta, spietata e spudorata?

Non sono parole mie, ma quelle di un “uomo che si è fatto una specialità del cristianesimo”, poi riprese da Karl Marx. Il quale, è noto a tutti, considerava lo sfruttamento del lavoro una delle «infinite contraddizioni destinate tuttavia a rivelarsi un formidabile motore di progresso storico».