Viviamo in una storia che spesso non
comprendiamo, anche se molti di noi affermano il contrario, forse senza
crederci e solo per darsi coraggio. L’immagine stessa della vita imposta dalla
réclame e dallo spettacolo ha poco o nulla a che vedere con la vita reale ed è
invece l’immagine di come questa società promuove e idealizza se stessa per
farci dimenticare il vuoto, i rapporti sempre più astratti tra le persone e la
mediocrità.
Nell’insieme noi vediamo come ogni cosa vada
per suo conto, in balìa del caso, senza un controllo sociale consapevole, ma il
caso è soltanto uno dei poli di un nesso in cui l’altro si chiama necessità. E
questa si esprime nelle leggi peculiari della società, anzitutto quelle che
dominano la casualità della produzione e dello scambio, leggi che modificano i
diversi stadi di sviluppo e che dominano l’intero periodo della civiltà.
Quanti, per esempio, senza cadere nei soliti
luoghi comuni, saprebbero spiegare perché – dopo ben oltre due secoli dalle più
solenni dichiarazioni sui diritti dell’uomo e di lotte per la dignità del
lavoro – le disparità di classe siano ancora così marcate e moltissimi
lavoratori vivano in povertà e sempre a rischio d’indigenza?