Sono davvero dei guitti questi “europei”, ma anche gli “americani” calcano da par loro le tavole del palcoscenico. Partiamo dai primi: restiamo in attesa che ci spieghino come si prepara una bomba nucleare in cantina, oppure una molotov, che tanto è lo stesso. Straparlano di “nucleare comunitario”! Immagino con 27 “chiavi” per il suo impiego. Riunione di emergenza a Bruxelles per decidere: buttiamo la bomba o no? Voto a maggioranza semplice oppure all’unanimità? Nell’attesa buttiamo la pasta, non facciamoci mancare una bella spaghettata con l’aragosta. Giorgina in cucina, seppur di malavoglia.
Ieri scrivevo che “La ricca borghesia americana sostiene apertamente o sottotraccia la politica interna di Trump, mentre invece una parte di essa osteggia gli sforzi di Trump per riorientare la politica estera statunitense”. Ebbene, sempre ieri il NYT, a firma di Steven Rattner, già consigliere del Segretario del Tesoro durante l’amministrazione Obama, riportava:
Durante un pranzo della scorsa settimana con un mio amico, un importante investitore tecnologico che è stato un ardente democratico, il discorso si è rapidamente spostato sulla politica. Come molti uomini d'affari, si rifiuta di esprimere pubblicamente le sue opinioni per evitare di attirare critiche. In privato, è più disponibile.
“Sono disposto a sacrificare piccole cose per guadagni più grandi”, mi ha detto, riferendosi al presidente Trump. “Sono un fan delle idee; non sono sempre un fan dell'esecuzione”. Per lui, “la macro vince sulla micro”.
“Macro” era un riferimento al fattore principale che ha spinto gli uomini d’affari centristi verso il signor Trump nel 2024: la convinzione che sia la spesa che l’inclinazione normativa dell’amministrazione Biden fossero fuori controllo. E si sono risentiti del modo in cui Joe Biden continuava a criticare le grandi aziende. Questa animosità era così intensa che persino i forti guadagni economici degli ultimi quattro anni non sono riusciti a convincere la maggior parte di loro a sostenere Kamala Harris.
Mentre pochissimi imprenditori hanno pubblicamente elogiato il presidente e le sue azioni, in privato molti di loro esprimono il loro sostegno. Ho pensato che il caos del mese scorso (le nomine non qualificate del gabinetto, l’avvicinamento alla Russia e, forse più di tutto, i dazi) potesse causare rammarico nella comunità imprenditoriale. Ho sicuramente visto delle preoccupazioni.
Ma molti, forse anche la maggior parte, delle persone con cui parlo in privato stanno ancora applaudendo in silenzio al suo approccio “muoviti velocemente e rompi le cose”, anche se stanno iniziando a nutrire dubbi su questioni specifiche, in particolare l’Ucraina e i dazi.
Come sono prevedibili questi ricchi statunitensi. C’è nell’articolo anche questo passo esilarante:
Un dirigente di Wall Street mi ha detto che il signor Trump rimane il migliore rispetto a qualsiasi alternativa. Un altro, citando il rimpasto amministrativo di Elon Musk, ha detto che gli piace così tanto ciò che vede che ora si pente di aver votato per la signora Harris.
Impagabili. La democrazia elettorale è fatta di questa roba qua, e anche di peggio ancora. Ma facciamoci seri, anche se ciò richiede un sempre maggior autocontrollo. Con lo sviluppo della tecnologia informatica e ora dell’intelligenza artificiale, così come della scienza della distruzione, le materie prime essenziali per la fabbricazione di semiconduttori, batterie e sistemi di comunicazione sono diventate il centro di una lotta globale per l’acquisizione di queste risorse. È diventata una questione esistenziale per gli Stati Uniti.
Bisognerà pur capire che le forze motrici oggettive e materiali della produzione capitalista da parte di monopoli giganteschi, molto spesso di proprietà di settori chiave del capitale finanziario, spingono oltre il puerile gioco: “sto con l’Ucraina”, oppure “sto con la Russia”. Fallito il tentativo di destabilizzare la Russia per farne un ricco boccone e minacciare la Cina ai suoi confini settentrionali, le reali ragioni del conflitto tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno oggi come obiettivo il bottino dell’Ucraina, non chiacchiere e tabacchiere.
È sufficiente leggere cosa scrive a tale riguardo il Center for Strategic and International Studies. Ma in genere non c’è né interesse né tempo per leggere di queste cose. Gli specialisti della distrazione di massa hanno facile gioco.
Ancora una volta le guerre non vengono combattute per la “democrazia” o l’“autodeterminazione”, la “protezione” delle piccole nazioni, la “pace” e consimili cagate, ma per il bottino.
Continuo a sperare che una chiara visione complessiva dei rapporti reali e dei conflitti materiali possa diradare le nebbie della retorica ("c'è un aggressore e c'è un aggredito") e della propaganda ("combattere per la democrazia e contro l'imperialismo che ha Lisbona come obiettivo").
RispondiEliminaLe tue riflessioni sono essenziali a questo fine; le divulgo come posso.
Hans
Grazie Hans, antico e fedele lettore
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