Questa mattina ero in un ambulatorio privato, anzi in un poliambulatorio. La differenza fondamentale tra i due luoghi è data dal diverso genere di letteratura offerta ai clienti in sala d’attesa. Nel primo caso spesso rispecchia i gusti e le inclinazioni politiche del singolo medico: si va da Famiglia cristiana all’Espresso passando per Panorama e assimilabili. Nel secondo caso, essendoci diversi medici apparentemente di orientamento politico diverso, capita frequentemente che siano offerte in lettura pubblicazioni più generaliste, ossia rotocalchi dove prevale il “clamoroso”, il “sensazionale” e l’”esclusivo” con una messe di redazionali pubblicitari più smaccati. Bello vedere i pazienti scambiarsi i succulenti settimanali tra loro non appena ne hanno conclusa la lettura. Per non sembrare troppo fuori dal mazzo, ne ho sfogliati due e ho potuto trarre parecchie considerazioni utili. La prima è stata: chissà se Serge Latouche, tanto per citare un nome, ha occasione di frequentare questi luoghi.
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Di ritorno dal poliambulatorio ascoltavo radiotre: “Il capitalismo è accettabile se non garantisce ricchezza solo a pochi ma se offre benessere almeno alla maggioranza della popolazione”. Si è fatta strada questa consapevolezza assai mal posta. Da qui nascono molti dei fraintendimenti tipici della crisi ideologica piccolo-borghese.
Il capitalismo di per sé non ha nessun’altro scopo che la valorizzazione del capitale, la produzione del plusvalore. Produrre pane o carri armati è questione che non riguarda i capitalisti presi nel loro insieme e nemmeno individualmente, per quanti scrupoli morali possa farsi venire l’imprenditore “de sinistra”.
La questione assume un aspetto diverso quando si tratta di stabilire la redistribuzione della ricchezza prodotta, ossia del plusvalore. Ecco che entrano in gioco i rapporti di classe. Credere che lo Stato agisca come entità autonoma o sopra le classi, o sulla base di una dialettica “democratica”, è un altro dei tanti fraintendimenti e illusioni di cui sopra.
Altro fraintendimento che discende dalla premessa è di considerare questa crisi per ciò che essa fondamentalmente non è, ossia come una crisi di redistribuzione e di regole. È anche questo, ma non è la causa. Sennò bastava Proudhon e non serviva Marx.
"Sennò bastava Proudhon e non serviva Marx" è da scolpire nei secoli dei secoli.
RispondiEliminaè vero che la terra è la fonte di ogni ricchezza, ma è il lavoro la fonte di ogni valore. il capitalismo ha solo questo scopo e la "tecnica" è sempre al servizio del denaro
RispondiEliminaquesti vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca: il capitalismo ma non le sue contraddizioni
accadeva anche molto dopo il 1850. quelle condizioni le abbiamo trasferite in carico ad altri, ma ora le cose stanno cambiando