martedì 24 agosto 2010

A babbo morto


Nel migliore dei sistemi sociali possibili, in grado di auto-riformarsi (sostengono in molti), succedono queste cose:
Milioni di famiglie Usa senza più la casa:
(ASCA-MarketNews) - Indianapolis, 24 ago - ''Ci sono alcuni segnali incoraggianti di ripresa economica e di stabilizzazione dei prezzi delle case, ma non siamo fuori dal tunnel''. Cosi' Charles Evans, presidente della Federal Reserve di Chicago, intervenendo a un convegno a Indianapolis. Nonostante i provvedimenti del governo per modificare le procedure sui mutui immobiliari e limitare i pignoramenti, ''milioni di americani stanno ancora perdendo la loro casa'', ha proseguito Evans, sottolineando il circolo vizioso che oramai lega la perdita del posto di lavoro ai pignoramenti della case di proprietari impossibilitati a pagare le rate del mutuo. ''Le previsioni ci dicono che nel 2010 le case pignorate potrebbero toccare quota 3 milioni'' ha spiegato il numero uno della Fed di Chicago. Nel 2009, secondo i dati di RealtyTrac, le case pignorate sono state oltre 900 mila.

E anche la mitica Cina non sta meglio. Scrive il Sole 24ore del 17 agosto:

Cina, 65 milioni di case invendute. S'è costruito oltre ogni ragionevole criterio nelle città cinesi e lo s'è fatto perché gli immobili sono l'attività che rende più di tutte. I prezzi delle case sono triplicati in pochi anni e un piccolo appartamento a Shanghai costa oltre 200mila $, quando il reddito medio di una famiglia è di 4mila $ all'anno. I terreni, attorno a Pechino, sono saliti del 750% dal 2003 e metà del rialzo è avvenuta negli ultimi due anni.
La settimana scorsa l'autorità bancaria di Pechino, nel proporre un nuovo stress test per gli istituti di credito del Paese, ha suggerito uno scenario "estremo" in cui i prezzi delle case potrebbero crollare fino al 60%. Se il prezzo degli appartamenti costruiti in gran numero nei palazzoni di Pechino e Shanghai dovesse crollare del 60%, rischierebbero il fallimento quasi tutte le società sponsorizzate dallo stato e con esse le banche che le hanno finanziate. Le indicazioni dell'autorità bancaria sono un'ammissione implicita che esiste una bolla speculativa.
Di bolla in bolla abbiamo trascorso gli ultimi 12 anni tra euforia e depressione. L'euforia ce la procurava la bolla man mano che si gonfiava. La depressione ci assaliva tutte le volte che la bolla scoppiava: come dopo la mania di Internet nel 2000; dopo che i prezzi delle case, in America, in Gran Bretagna, Spagna o in Australia, ricominciavano a scendere dal 2007; dopo che tutta la liquidità che s'era creata in anni di euforia finanziaria era diventata carta straccia tra il 2007 e il 2008. E la depressione che ci hanno procurato le ultime due bolle ha rischiato di non essere solo psicologica, perché da quella che è stata definita la peggior recessione dagli anni Trenta a una nuova Grande Depressione il passo era breve. Secondo qualche economista, non è detto che non possa ancora accadere.
E poi prosegue:
Se Greenspan, nel 1996, invece di limitarsi a denunciare l'esuberanza irrazionale delle borse avesse tre anni dopo ribadito la demenzialità delle quotazioni dei titoli Internet e tecnologici e intrapreso qualche azione per frenare l'eccessiva liquidità dei mercati, forse lo scoppio della bolla sarebbe stato meno fragoroso. Se nel 2005 anziché chiamare «schiuma» l'effervescenza del mercato immobiliare Usa l'avesse definita senza eufemismi, e se invece di lamentare la stranezza di alcune cartolarizzazioni di mutui e la generica pericolosità di certi derivati avesse intrapreso qualche misura per circoscrivere il fenomeno, forse si sarebbe potuto limitare i danni.
Se il Sole 24ore non fosse l’organo della Confindustria, forse nel 1996 e nel 2005 queste cose le avrebbe scritte allora. Troppo facile a babbo morto.

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