I regimi sedicenti comunisti potevano dichiarare di
essere comunisti o socialisti esibendo bandiere rosse e ritratti di Lenin e di
Marx, ma non potevano pretendere di esserlo nemmeno in esperimento, e non solo
per il loro dispotismo mascherato da dittatura del proletariato, i ruoli
sociali ingessati, le quote di produzione e altre amenità del genere, ma
semplicemente perché erano tristi. La tristezza di Praga, di Berlino Est, di
Mosca, era allora la dimostrazione più eloquente che quei sistemi non avevano a
che fare con una società epurata dei meccanismi che riducono la vita a un
miserabile stato di sopravvivenza. Tanto valeva tenersi il capitalismo dove
almeno lo schiavo può sapere quello che vorrebbe e sognare quello che non ha.
Se il sedicente comunismo arrivò troppo presto e nel posto
sbagliato, per contro il capitalismo deve il suo progresso allo sfruttamento e
a una società disumana, e tuttavia nella sua oggettiva necessità ciò prescinde
da considerazioni etiche o politiche e da indignazioni che, espresse sul terreno
dei concetti borghesi, si consumano con la stessa rapidità di tutto il resto.
Resta però urgente una questione essenziale, e sta nella
sua crisi che non è, nel groviglio delle contraddizioni della società borghese,
semplicemente di lungo periodo. Che il modo di produzione capitalistico abbia
esaurito, oltre alla natura, anche se stesso, lo denunciano tre fatti alla luce
del sole: la corsa alla fusione tra “agglomerati” monopolistici, necessità
imposta dalla caduta del saggio del profitto in rapporto agli investimenti; il
prevalere di una famelica oligarchia finanziaria che trae redditi giganteschi;
il risorgere della guerra dei dazi doganali. Quest’ultimo oggi può sembrare un
paradosso, ma la società borghese vive di paradossi.
Tutto ciò prelude a nuovi e sempre più generalizzati
conflitti e sarebbe un abbaglio esiziale separare la politica dell’imperialismo
dalla sua economia, inventandosi riforme del capitalismo che non esistono. Del
resto non sarà il capitalismo ad esimersi dal far fronte alle proprie contraddizioni
con la guerra, non per nulla è famosa la frase di Clausewitz. Solo che
dall’agosto 1945 le cose sono alquanto mutate, e ancor più in seguito. Non
possiamo sapere come andrà a finire, ma è nel novero delle possibilità che la
nostra civiltà possa finire iscritta nell’archivio extraterrestre sui Mondi
Scomparsi della Galassia.
tutte queste tendenze hanno un punto di precipitazione chiaro in un paese, l'Italia.
RispondiEliminaDove la civiltà è già sepolta a furia di democrazia senza stato di diritto.
Il cesso di un regionale siamo.
Dove nelle classi subalterne il degrado è peggio che altrove: venite a vedere; e nelle famiglie dominanti la decadenza è massima: li vedi ovunque, i Lapo.
Venite a vedere le prigioni di stato e la svizzera italiana: vi sembra Europa?
Certo la commedia dell'arte non è triste come Eizenstein.
In Europa si continua a far finta di niente, o peggio, ai tedeschi addirittura conviene prevalgano, in ogni momento, i coglioni.
"Ci avete lasciato soli!" piangono ai vertici internazionali.
Pagate il debito, ciao.
Eisenstein non è triste, è epico. e oltre al cinema ha scritto cose interessanti.
Eliminaciao
vero.
EliminaE' che in Italia lo si considera "una cagata pazzesca".
Guardi che nel nord-est dell'Inghilterra non è che scialino. In più loro hanno anche il sistema feudale ancora vigente.
Eliminaper evitare un conflitto generalizzato l'Italia va messa alla porta dell'Europa, perché ha già dimostrato che non vi appartiene culturalmente e non dispone degli strumenti per competere e soprattutto per ripagare gli investitori.
RispondiEliminaProseguire come se fosse Europa porta da un lato a tensioni, provocazioni, instabilità finanziaria, incertezza del diritto, prese in giro, commedia, farse, sfilate di aerei di cartone; e dall'altro, sempre più, a perdita di vite umane.
Eliminasiamo già la porta dell'Europa, quella sud, di servizio
è una porta ormai inchiodata, dallo sporco sotto.
EliminaNessuno ha mai pulito.
Quando Goethe scende nel Viaggio in Italia la cosa che più lo sorprende è che la gente cagava per strada, coram populo.
Nessuno ha più pulito.
Il paese poi in tv e nelle chiacchiere è proprio come lo sporco: si riforma sempre.
Ora siamo alle riforme della lega e dei 5 stelle, alè, populismo coram populo.
Sempre le stesse famiglie mafiose in realtà, in ogni città.
Ciao, scusa lo scoramento.
Di fronte a queste evidenze c'è chi ancora si perita di esaminare le diatribe politiche interne al partito democratico. Cacciari, per esempio, per citare uno dei nomi più illustri
RispondiEliminaRaffaele Liucci
EliminaIl politico della domenica. Ascesa e caduta di Massimo Cacciari.
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E nel mentre i lavoratori di Melfi scioperano contro l'iniqua operazione Cristiano Ronaldo. Della serie, asciugare il mare con lo Scottex.
RispondiEliminatirerei uno speciale filo che unisce riformismo europeo e vicenda sovietica: la minorazione e la controrivoluzione che parlano il linguaggio della emancipazione e della rivoluzione
RispondiEliminaprogresso ci fu, ma malgrado tutti loro
venendo ai dazi, la cosa si sta complicando e non tanto per i dazi in sè ma perchè stanno minando le "supply chain" che attraversano il globo, i piani d' investimento delle aziende e degli stati e in ultimo rischiano far schizzare l' inflazione in un momento in cui le banche centrali sono concentrate a far alzare i tassi senza buttare nel panico mercati abituati da un decenni ad avere liquidità a costo zero
ma forse è questo, le supply chain cinesi e non i brevetti tecno, l' obbiettivo ultimo di Trump; altrimenti non mi spiego i dazi annunciati stanotte sui prodotti alimentari, tabacco ecc
Trump è un genuino. lo scontro è con la cina, ma sarà interessante il prossimo incontro con putin. forse capiremo di più. che abbia letto kissinger non credo, ma forse qualcuno glielo ha raccontato.
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