A volte conversando con qualcuno su determinati
argomenti di carattere sociale o storico, capita che l’interlocutore, non
condividendo la tua tesi, invece di confutarla con argomenti pertinenti, decida
di tagliar corto chiedendoti a bruciapelo: “Ma lei ha letto il libro del tal
dei tali?”. La domanda poggia sulla segreta speranza che tu quel libro non
l’abbia nemmeno sentito nominare, in modo poi da poterti menare come il can per
l’aia.
Non di rado l’opera estratta dal cilindro dal
tuo interlocutore non è tradotta in italiano, oppure è un lavoro minore al
quale egli mostra di assegnare un valore fondamentale e dirimente, mostrandosi
eventualmente stupito del fatto che tu quel libro non lo tenga sopra il
comodino. Certe situazioni contingenti sconsigliano di mandarlo cordialmente a
cagare, e perciò potrai rispondergli per le rime solo se per caso hai letto
quel libro. Eventualità questa remota, perché, come detto, nella scelta
dell’opera il tuo interlocutore si fa forte del fatto che nessuno ha letto
tutta la pubblicistica su una vexata
qæstio che dura da secoli.
Può capitare anche, ed è di ciò che voglio
dire, che l’autore di un saggio riceva da un lettore una lettera nella quale, senza
entrare nel merito delle argomentazioni sviluppate nel libro, è scritto papale che
le tesi sostenute nel libro sono solo un “parlare avventato” e “non degne di rango
scientifico”.
E, come se ciò non bastasse, con la stessa missiva s’invita “in modo deciso” l’autore “a rendersi un po' più competente da un punto di
vista”
della materia trattata. Per agevolarlo nel compito, il mittente lo sollecita a
prendere contatto diretto con quattro poderosi volumi in tedesco, esempio “eccellente di precisione e di amplissima
informazione”.
Alla
lettera di un simile villano si potrebbe rispondere in molti modi (tutti molto
didascalici a mio avviso), oppure, preferibilmente, non rispondergli affatto.
Venendo al caso
concreto, bisogna dire che l’autore del saggio quella letterona se l’è andata a
cercare, fin dal titolo del libro. Odifreddi – di lui si tratta – ha già
annunciato che troverà il modo di rendere remunerativa la risposta dell’ex
papa. Quanto all’opera di Martin Hengel e di Maria Schwemer segnalata ad
Odifreddi da Ratzinger, ho potuto dargli una robusta scorsa e devo dire
francamente che non si discosta sostanzialmente dalla solita merda (del resto è
roba che aggrada un papa, sia pure in pensione). Il lavoro di Hengel prende avvio
con la solita litania flaviana e poi via di conseguenza in slalom tra Tacito,
Luciano e Svetonio, arrivando tuttavia a concludere che le migliori fonti sulla
storicità di Gesù sono i Vangeli. Chi l’avrebbe mai detto per un teologo!
Resta il fatto, è
qui Ratzinger ha ragione, che il livello qualitativo generale dell’attuale critica
neotestamentaria è molto basso, in Italia esso è infimo. All’uopo vorrei
raccontare in breve un piccolo fatterello che non c’entra nulla con quanto
detto fin qui ma che ha per oggetto lo stesso tema.
Venti anni fa, lessi
un corposo volume riguardante la figura storica di Gesù scritto da un saggista
italiano (non cristiano) noto anche al grande pubblico. La bibliografia a
corredo del volume è assai corposa, quasi imponente, e a ognuna di tali opere
l’autore nel corpo del suo saggio dedica almeno un accenno. La cosa che mi
parve strana fu che l’autore omise di far cenno a una sola opera tra quelle
segnalate in bibliografia. Ed è proprio un’opera, edita da Gallimard in due
volumi, che si segnala all’attenzione del lettore fin dal suo icastico titolo,
comprensibilissimo da chiunque anche se non conoscesse la lingua francese.
La cosa m’intrigava
poiché avevo letto quella singolare opera francese e ne collegavo la tesi di
fondo con un’osservazione che lo stesso saggista italiano metteva in nota nel
VI capitolo a proposito di un certo professor Pines dell’Università Ebraica di
Gerusalemme, il quale aveva scoperto a Istanbul un antico manoscritto, di una
setta giudaico-cristiana, che getta nuova luce sui primi secoli del
cristianesimo. Decisi dunque di scrivere al saggista italiano per avere
delucidazioni sul perché avesse “omesso” qualsiasi commento solo e proprio all’opera
dell’autore francese (purtroppo prematuramente scomparso) e, con l’occasione, consideravo
in merito ad altre affermazioni contenute nel suo saggio su Gesù.
L’autore mi rispose sostenendo
che: “molte delle sue [cioè mie] considerazioni sono vere. Forse sono stato
precipitoso con Bauer [Bruno Bauer, altro autore citato nel libro e
“accusato” dall’autore di antisemitismo]”. Proseguiva poi con i soliti
stereotipi di cortesia, evitando però di accennare chiarimenti sulla “omissione”
di cui ho detto.
È possibile che
l’autore (e i suoi collaboratori) quel libro citato in bibliografia proprio non
l’avesse letto, così come sicuramente non l’avrà letto Ratzinger che se potesse
lo manderebbe al rogo. Fatto questo molto strano – ripeto – dato l’insolito ed
esplicito titolo del libro che quantomeno avrebbe dovuto incuriosire, peraltro
edito dal più prestigioso editore francese.
O.T. Nessuno ne parla.
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Bangladesh: scoppia la rivolta degli operai tessili
Decine di migliaia di operai (soprattutto donne) protestano da 4 giorni per chiedere un aumento del salario minimo fino a 75 euro mensili, dagli attuali 28. Almeno 70 feriti negli scontri con la polizia. La ferita del Rana Plaza è ancora aperta
di rassegna.it
Decine di migliaia di lavoratori tessili stanno protestando duramente da quattro giorni in Bangladesh per chiedere un aumento del salario che è tra i più bassi al mondo. Almeno 70 persone, quasi tutti operai ma anche agenti di polizia, sono stati feriti in violenti scontri, scrive The Daily Star. I disordini hanno interessato i distretti di Gazipur, Ashulia e Savar, alla periferia di Dacca, dove si concentra la produzione di abbigliamento per export in Usa e Europa.
Gli operai chiedono che lo stipendio minimo mensile sia aumentato a 8 mila taka (circa 75 euro) dalle attuali 3 mila (28 euro). Una fonte della polizia riferisce che circa 200mila dimostranti sono scesi in strada ieri bloccando alcune importanti arterie di accesso alla capitale e danneggiando diverse fabbriche e veicoli parcheggiati. La polizia ha usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere la folla. Tra i feriti ci sono anche alcuni agenti di una forza di sicurezza chiamata 'Ansar'. Una loro caserma nell'area di Gazipur è stata saccheggiata da un gruppo di operai che hanno sottratto armi e munizioni.
Un responsabile della polizia ha ammesso che la "la situazione è estremamente tesa". Circa 400 della 5000 fabbriche tessili del paese (in cui lavorano 3,6 milioni di persone) sono rimaste chiuse per il timore di incidenti. I disordini hanno interessato anche il distretto di Savar dove lo scorso aprile oltre mille lavoratori sono morti nel crollo di un palazzo pericolante, il Rana Plaza, dove si producevano magliette per le grandi catene mondiali, tra cui anche alcune marche italiane.
La sciagura aveva sollevato la rabbia degli addetti che avevano chiesto l'aumento della paga a 8 mila taka e più sicurezza sul posto di lavoro. L'Associazione dei produttori e esportatori di abbigliamento (Bgmea) aveva però respinto la richiesta e proposto un ritocco del 20%. Le proteste sono le più forti dal 2010 quando uno sciopero prolungato dei lavoratori convinse il governo e la Bgmea ad aumentare il salario a 3 mila taka. Il Bangladesh è il secondo esportatore mondiale di abbigliamento con un giro d'affari annuo di 20 miliardi di dollari e con circa 3,6 milioni di addetti.
Franco
grazie per la segnalazione. grandi scioperi anche in sudafrica dei metalmeccanici questa volta. siamo in una fase di modernizzazione come quella vissuta negli anni 60 in europa
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