martedì 31 gennaio 2012

Il vasaio


Ha un bel dire Scalfari quando scrive che le cause della situazione attuale «sono l'esplosione del debito, la finanziarizzazione dell'economia, l'emergere di nuovi attori nell'economia mondiale e la legge dei vasi comunicanti che la globalizzazione ha reso effettiva». Quella della globalizzazione non è una legge di vasi che comunicano, ma un assioma dietro al quale si nascondono precisi interessi di varia natura, anzitutto quello delle grandi società multinazionali private e statali, ossia si tratta del solito travaso di ricchezza a senso unico.

Provi il giornalista a chiedere alla Cina di vendergli una delle sue 150 maggiori società e vedrà che da quelle parti i vasi comunicano pure in inglese ma con sottotitoli in mandarino. Viceversa l’Italia, su istigazione anche di Repubblica, svende quel poco che le resta dei suoi vasi migliori, mentre lo Stato cinese controlla l’80 per cento del valore del mercato azionario nazionale, "pilotando la propria moneta, dirottando fondi in quei settori che sono favoriti e lavorando strettamente con altre società cinesi che operano all'estero”; lo Stato russo e quello brasiliano controllano allo stesso modo il 62% e il 38% delle loro società. Tanto per citare le parole del bolscevico Economist.

Scalfari scrive che tali paesi, “nostri concorrenti”, operano, “nella divisione internazionale del lavoro, nell'inesistenza dei diritti sindacali”. Del resto, osserva: “come si impedisce in un'economia aperta una concorrenza di questa natura? Con i dazi? […] blindare l'Europa (e l'Italia) con una impenetrabile cinta di protezionismo? […] quei Paesi reagirebbero […] in egual modo alle nostre esportazioni”.

E bravo, ma dov’era il nostro illuminato mentore quando il WTO dettava le “regole” del commercio, perché non ha dedicato mezzo editoriale per denunciare il fattaccio? È per effetto di tali accordi che il capitale multinazionale, ossia quelle 787 grandi corporation che controllano l'80 per cento delle più importanti imprese del mondo, ovvero i 147 gruppi che controllano il 40 per cento delle più importanti multinazionali del pianeta, può agire senza violare alcuna legge, poiché non ci sono leggi che contrastano realmente la sua azione e quelle che ci sono state scritte sotto dettatura. Ciò che per il capitale finanziario integrato è un affare, per tutti gli altri è diventata una dipendenza e una condanna.

E allora come se ne esce, visto che non potrà durare all’infinito questo stato di cose? A opporsi al cambiamento dell’attuale sistema economico non sono solo, com’è naturale, gli interessi cospicui, dominanti e predatori del capitale e di quei multimilionari che nei loro media difendono la propria interpretazione del mondo nel nome presunto della legge dei vasi comunicanti. Si registra altresì una resistenza e uno scetticismo molto diffusi negli strati sociali che più subiscono la crisi del sistema. Questo dipende da più motivi, per esempio dalla paura di perdere ciò che tanto faticosamente si è conquistato ma anche e sicuramente dall’esperienza delle rivoluzioni del Novecento, laddove il potere decisionale era nelle mani della burocrazia di partito, dove la produzione non teneva conto dei bisogni effettivi e dove l’iniziativa individuale non trovava sbocco.

Tuttavia non sarebbe necessario inventarsi nulla di straordinario perché il progresso civile ed economico che ci ha condotti fin qui ci consentisse di cambiare senza dover ripercorrere gli errori della pianificazione centralizzata e anche senza cadere nell’errore opposto in cui sembra credere l’attuale dirigenza cinese, la quale ritiene di poter fare pieno uso delle forze del mercato e di guidare l’economia con politiche macroeconomiche centralizzate. Quando l’economia di mercato sarà abbastanza forte da poter agire indipendentemente la dirigenza del partito si accorgerà, se non dell’errore (perché essa si ritiene immune), almeno dell’illusione.

«Nel cuore dei momenti di esaltazione e di depressione s’incrociano il meglio e il peggio […]. Ci manca la costanza di una volontà di vivere sempre attenta a ciò che la conforta e quella tensione che si snoda in grazia allontanando da noi la paura, la vanità, il senso di colpa e d’impotenza, tutte disposizioni propizie a far prendere una brutta piega alle cose, agli avvenimenti, e alle circostanze».

8 commenti:

  1. La vera essenza della GLOBALIZZAZIONE:

    "Nel 2011, Apple ha estratto 400 mila dollari di profitto puro da ognuno dei suoi dipendenti, più di Goldman Sach, Exxon o Google. Solo microscopiche briciole di questo titanico profitto sono state restituite ai lavoratori che l’hanno generato. Anzi il lavoro è pagato sempre meno.
    ...quanto costa fabbricare un computer che viene messo sul mercato a 1.500 dollari? 22 dollari a Elk Grove (cittadina della Silicon Valley californiana), ma 6 dollari a Singapore, e 4,85 a Taiwan. Su un prezzo finale di 1.500 dollari, il costo del lavoro sembra risibile comunque. Eppure la differenza basta, secondo il dogma liberista, a giustificare la delocalizzazione.

    Ma ciò che allarma il New York Times è la scoperta che, ormai, non sono nemmeno più le paghe basse il vero motivo delle ultime delocalizzazioni. Sono, invece, la rapidità ed alta qualità dei lavoratori cinesi impiegati nel montaggio, la vasta e integrata rete di industrie di sub-fornitura, la sua velocità ed adattamento nel rispondere alle richieste di Apple.
    ...poche settimane prima dal lancio sul mercato dell’iPhone, Steve Jobs si accorge che lo schermo in plastica si riga facilmente, e pretende immediatamente, strepitando, uno schermo in vetro. Vi risparmio i dettagli sulla difficoltà tecnica di tagliare rettangolini di vetro temprato ad angoli smussati, problema che una ditta cinese si offre di risolvere. Si tratta di riprogettare la parte all’ultimo minuto, mettere in piedi una linea di montaggio nuova.

    Soluzione: altra telefonata in Cina. A mezzanotte ora locale. Là, racconta il New York Times:

    "un caposquadra sveglia 8 mila lavoratori che giacciono nei dormitori dell’azienda, a ciascuno di loro viene dato un tè e un biscotto, vengono avviati alle stazioni di lavoro entro mezz’ora e cominciano un turno di lavoro di 12 ore per applicare i vetri nelle cornicette smussate. Entro 96 ore, la ditta stava producendo 10 mila iPhones al giorno"


    davide lak (davlak)

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  2. Dall'efficienza nazista a quella cinese sino
    alla futura versione dell'efficienza occidentale:

    mandare 8000 SMS così si risparmia pure sugli alloggi,
    e si fanno colazione al bar.

    gianni

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  3. Nell'ultime righe in grassetto noto il destino di una pseudorivoluzione liberale in Cina... o leggo male?
    Altra cosa: il Giappone, debito enorme, eppure galoppa ancora in rapporto ad altri del G8. Come lo spieghi?

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  4. Succede che nel postare i link da diciottobrumaio su alcuni blog, non passano, mentre che altri link presi da altri blog, (e postati sugli stessi blog dove i link di diciottobrumaio non passano) vengono pubblicati.
    Ne sa qualcosa? ha qualcosa da chiarirmi al riguardo?
    Grazie per l'attenzione.

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  5. giuro che di link non ci capisco nulla, anzi, vorrei inserire nel blog l'elenco dei commenti recenti ma poi non me lo aggiorna. non credo sia stato ordito un complotto universale contro il sito, però ulrimamente si notano strai movimenti alieni. si può provare ad inserire il link in una applicazione di scrittura (Word) e poi C+V. sai mai che funzioni. l'elettronica è 99% tecnologia e 1% magia. a me succede spesso d'incappare nell'1%.

    a Luca: il debito japan è in mano alle famiglie e banche japan. in italia il debito in mano alle fam. è meno del 20%


    saluti ad entrambi

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  6. Non solo, il Giappone è uno dei primi paesi esportatori. Non basta avere il debito nelle mani dei propri cittadini.

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  7. l'italia è anch'essa tra i primi esportatori (8°) e il 2° in europa

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