lunedì 29 maggio 2017

La vera storia di Lawrence d'Arabia



Sto leggendo un buon libro che parla della storia del Medio Oriente, pubblicato da Marcella Emiliani, una storica di vaglia che si vede di frequente anche sui canali di Rai Storia. Ha per titolo: Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991.

Tutti gli accordi tra le potenze europee che riguardano la spartizione dell’Impero ottomano sono precedenti il 1918, dunque perché Marcella Emiliani parte proprio dal 1918, come recita il sottotitolo del libro? Va dato atto tuttavia che la professoressa non manca di tracciare un quadro degli avvenimenti che precedono il 1918:

È del 1916 l’accordo Sykes-Picot  con cui Francia e Gran Bretagna si spartivano i territori della cosiddetta Mezzaluna fertile: Palestina, Giordania e Iraq sarebbero andati alla Gran Bretagna ; Siria e Libano alla Francia. Solo l’anno dopo, nel 1917, la Gran Bretagna si impegnava con il Congresso sionista mondiale a garantire l’esistenza di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina […]. L’accordo Sykes-Picot doveva rimanere segreto perché avrebbe suscitato le ire delle altre potenze europee, ma soprattutto perché rappresentava un vero e proprio tradimento delle promesse che la Gran Bretagna aveva fatto agli arabi pur di ottenere il loro appoggio nella guerra contro l’Impero ottomano alleato degli imperi centrali (p. 19).

Il lettore legge e corre via. A quale tradimento inglese nei riguardi degli arabi si riferisce la professoressa Emiliani? Si tratta degli accordi intervenuti tra lo Sceriffo della Mecca, Hussein ibn Ali, e l’Alto Commissario britannico per l’Egitto, Henry McMahon, contenuti nella loro corrispondenza intercorsa nel periodo tra il 14 luglio 1915 e 10 marzo 1916. È fondamentale sapere in dettaglio di tali accordi per comprendere la complessa storia che porterà alla configurazione del Medio Oriente quale noi lo conosciamo. È grazie al noto orientalista Ernesto Rossi, nel suo libro Documenti sull'origine e gli sviluppi della questione araba (1875-1944), pubblicato a Roma nel 1944 dall’Istituto per l'Oriente, che possiamo leggere la traduzione di quella corrispondenza.


Prima però di riportare gli stralci più significativi di alcune di quelle lettere credo sia opportuno lasciare la parola ad uno dei principali protagonisti di quella vicenda storica, ossia alle memorie redatte da Thomas Edward Lawrence:

La rivolta araba [dei beduini hijazi contro i turchi, nota mia] era cominciata sotto false pretese. Per acquistarsi l'aiuto dello sceriffo, il nostro Gabinetto si era offerto, tramite Sir Henry McMahon, di appoggiare l'insediamento di governi indipendenti in alcune parti della Siria, e della Mesopotamia, «salvi restando gli interessi della nostra alleata, la Francia». Quest'ultima insignificante clausola nascondeva un trattato (tenuto segreto, sinché non fu troppo tardi, a McMahon e quindi anche allo sceriffo) con il quale la Francia, l'Inghilterra e la Russia avevano convenuto di annettersi alcune regioni arabe, e di estendere le loro rispettive sfere d'influenza su tutto il resto. Le voci di questo tranello arrivarono all'orecchio degli Arabi dalla Turchia. In Oriente si dava più affidamento alle persone che alle istituzioni. Perciò gli Arabi, avendo sperimentato la mia amicizia e la mia sincerità sotto il fuoco, chiesero da me, come libero agente, di confermare le promesse del Governo britannico. Io non avevo avuto nessuna precedente né precisa conoscenza delle garanzie offerte da McMahon e dal trattato di Sykes-Picot, ambedue elaborati da uffici di emergenza del Ministero degli Esteri. Ma, non essendo pazzo del tutto, capivo che, se avessimo vinto la guerra, le nostre promesse fatte agli Arabi sarebbero rimaste lettera morta. Se fossi stato un consigliere coscienzioso, avrei rimandato a casa i miei uomini e non avrei permesso che rischiassero la vita per una simile faccenda. Ma l'entusiasmo degli Arabi restava il nostro strumento principale per vincere la guerra in Oriente. Così li assicurai che l'Inghilterra manteneva la sua parola nella lettera e nello spirito. Con questa certezza essi compirono i loro atti eroici, ma naturalmente, anziché essere orgoglioso delle nostre azioni in comune, cedevo continuamente ad un sentimento di amara vergogna. Ebbi la chiara visione della mia situazione una sera, quando il vecchio Nuri Shaalan, nella sua grande tenda, estrasse una serie di documenti, e mi chiese quale delle garanzie inglesi fosse degna di fede. Sull'animo suo, dopo la mia risposta, poteva basarsi la riuscita o l'insuccesso di Feisal. Finii per consigliargli, facendo forza a me stesso, di affidarsi alla contraddizione più recente. Quest'abile risposta mi portò, in sei mesi, ad essere il principale confidente della rivolta. (*)

E veniamo alla traduzione delle lettere, anzitutto a quella fondamentale datata 24 ottobre 1915, a firma di MaMahon e diretta a Hussein, Sceriffo della Mecca:

[…] Rimpiango che abbiate ricevuto dalla mia ultima lettera l’impressione che io consideri la questione dei limiti e confini con freddezza ed esitazione; così non è, ma mi sembrava che non fosse ancora venuto il tempo di discutere la questione in modo conclusivo.
Ho però compreso dalla vostra ultima lettera che voi considerate questa questione di importanza vitale ed urgente. Quindi, senza perdere tempo, ho informato il Governo britannico del contenuto della vostra lettera, e con grande piacere vi comunico da perte sua la seguente dichiarazione, che confido riceverete con soddisfazione.
I distretti di Mersina e Alessandretta e le parti della Siria poste a ovest dei distretti di Damasco, Homs, Hamàh, Aleppo, non si possono dire puramente arabi, e andrebbero esclusi dai confini richiesti.
Con le modifiche suddette, e senza pregiudizio dei nostri precedenti trattati con capi arabi, accettiamo detti confini.
Quanto alle regioni poste all'interno entro quelle frontiere in cui la Gran Bretagna è libera di agire senza danneggiare gli interessi della Francia sua alleata, sono autorizzato a nome del Governo britannico a dare le seguenti assicurazioni ed a rispondere come segue alla vostra lettera:
1.     Salve le precedenti modifiche, la Gran Bretagna è pronta a riconoscere e sostenere l'indipendenza degli Arabi entro tutti i confini richiesti dallo Sceriffo di Mecca.
2.     La Gran Bretagna garantirà i Luoghi Santi contro ogni aggressione esterna e ne riconoscerà l’inviolabilità.
3.     […].

Lo Sceriffo della Mecca, in una precedente lettera, datata 14 luglio 1915, chiedeva all’Alto Commissario britannico per l’Egitto, che l’Inghilterra riconoscesse:

… l’indipendenza dei paesi Arabi, limitati a nord da Mersina e Adana, fino al 37° parallelo di latitudine, sul quale si trovano Biregik, Urfa, Mardin, Midiat, Gaziret (Ibn ‘Omar), Amadia, fino al confine della Persia; ad est dal confine persiano fino al Golfo di Bassora; a sud dell’Oceano Indiano, eccettuata ka posizione di Aden, che resterà com’è; ad ovest dal Mar Rosso e dal mediterraneo fino a Mersina. L’Inghilterra approverà l’approvazione di un Califfato arabo dell’Islam.

Pertanto, come abbiamo visto, la Gran Bretagna, tramite il suo Alto Commissario, con la lettera 24 ottobre 1915, si era detta “pronta a riconoscere e sostenere l'indipendenza degli Arabi entro tutti i confini richiesti dallo Sceriffo di Mecca”, cioè fino al 37° parallelo di latitudine, salvo idistretti di Mersina e Alessandretta e le parti della Siria poste a ovest dei distretti di Damasco, Homs, Hamàh, Aleppo”.

Non si fa esplicita menzione della Palestina, e da tale ambiguità nascerà una inesauribile diatriba.

Dopo il conflitto, l’8 settembre 1919, T.E. Lawrence mandò al Times una lettera che fu in parte soppressa. Ne ho qui davanti a me la versione integrale, il passo che interessa è il seguente:

La promessa dell’Inghilterra al re Hussein, in data 24 ottore 1915, garantisce, a condizione che vi sia una rivolta araba, di riconoscere l’indipendenza degli Arabi a sud del 37° grado di latitudine, eccettuando le province di Baghdad e Basra, dove gli interessi inglesi richiedono speciali misure di controllo amministrativo, e eccettuando i luoghi nei quali la Gran Bretagna non è “libera di agire senza ledere gli interessi della Francia”.

Il 37° parallelo Nord si trova a passare nel Mediterraneo (Gerusalemme è posta su 31°, 47’) e dunque dovrebbe intendersi che negli accordi intercorsi tra l’Alto Commissario e lo Sceriffo della Mecca, la Palestina (posta a sud del 37°) fosse inclusa nei territori richiesti dagli arabi e riconosciuti ad essi. Scrive al riguardo la prof. Emiliani:

Nel carteggio intercorso, Londra non specificò mai i confini di questo “grande Stato arabo” e finse anche di non sapere che l’ambizione di Hussein era quella di restaurare un vero e proprio Califfato.

Ciò non corrisponde ai fatti, poiché, come s’è visto, nella lettera di Hussein del 14 luglio 1915 le richieste sono ben precise, compresa quella relativa al riconoscimento del Califfato, e molto specifiche sono le eccezioni poste da McMahon nella sua del successivo 24 ottobre con la quale accoglie le richieste dello Sceriffo.

Rosellina Balbi, che non può essere tacciata di essere stata filoaraba, scriveva nel suo Hatikvà, il ritorno degli ebrei nella Terra Promessa:

[…] si è discusso a lungo se la Palestina facesse o no parte delle zone promesse ad Hussein. Secondo lo storico inglese Toynbee, sì; altri studiosi hanno espresso un parere opposto.

Vero è che con gli accordi segreti con Francia e Russia da una parte, che saranno resi pubblici da Lenin, e dall’altra con l’accordo con gli arabi, l’Inghilterra giocava su due tavoli la sua partita sulla spartizione della “carcassa del turco”.

Andiamo al 1919, ossia alla Conferenza di pace di Parigi. Una sezione della Conferenza fu incaricata di trattare della questione mediorientale nell’intento di far quadrare il cerchio delle diverse promesse britanniche. Ciò condusse a un sistema mandatario in cui la Gran Bretagna governava sulla Palestina, la Transgiordania e l’Iraq, e la Francia sulla Siria e il Libano. Da ciò, si può ben comprendere, il perdurante astio degli arabi verso la Gran Bretagna – e, per estensione, all’intero Occidente – accusati di essersi rimangiati le loro promesse, quantunque il contributo arabo della rivolta contro gli ottomani, dal punto di vista bellico, si possa considerare un “evento marginale”, come ebbe ad ammettere lo stesso Lawrence. A Gerusalemme, Damasco, Aleppo e Baghdad i nazionalisti arabi durante il conflitto si erano eclissati e la popolazione non fu certo dalla parte degli “infedeli”.

 Fin qui, per sommi capi, la vicenda che ebbe al centro la corrispondenza Hussein-McMahon e il ruolo di T.E. Lawrence, un personaggio che più di cento biografi e il celebre film di David Lean hanno contribuito a rendere irreale.

Si troverà mai un accordo tra palestinesi ed ebrei? Personalmente non credo, non almeno fino a quando continuerà ad esistere uno Stato-nazione chiamato Israele e fintanto che i palestinesi punteranno ad avere un proprio Stato-nazione. Insomma, fino a quando esisterà una società di classe, di razze e di religioni.

*

Com’è stato costituito il mito dall'esilio del “popolo ebreo”, com’è diventato la suprema cauzione dei diritti storici sulla Palestina, secondo la retorica sionista della Terra d'Israele? D’incongruenze nella presunta storia biblica degli ebrei ce ne sono a bizzeffe, a cominciare dal mitico Mosè, il quale non ha potuto condurre gli ebrei fuori dall’Egitto verso la «terra promessa», per la semplice ragione che, in quel tempo, la terra promessa era in mano agli egiziani. Del resto non si trova traccia di una rivolta di schiavi nell’impero dei faraoni, né di una veloce conquista del paese di Canaan ad opera di un elemento straniero. Così come, riguardo al seguito, non esiste alcuna fonte storica antica che parli della cacciata degli ebrei dalla Palestina da parte dei romani, evento fondatore nella storia degli ebrei. Se non c’è stato un esilio dalla Palestina romanizzata, da dove provengono i numerosi ebrei che vivono intorno al Mediterraneo fin dall’Antichità? Le risposte a queste domande si possono trovare nel libro di uno storico israeliano, Shlomo Sand: L’invenzione del popolo ebraico, Rizzoli, 2010.




(*) I sette pilastri della saggezza, Bompiani, 1983, pp. 323-24. Nell'originale inglese: The Arab Revolt had begun on false pretences. To gain the Sherif’s help our Cabinet had offered, through Sir Henry McMahon, to support the establishment of native governments in parts of Syria and Mesopotamia, ‘saving the interests of our ally, France’. The last modest clause concealed a treaty (kept secret, till too late, from McMahon, and therefore from the Sherif) by which France, England and Russia agreed to annex some of these promised areas, and to establish their respective spheres of influence over all the rest.
Rumours of the fraud reached Arab ears, from Turkey. In the East persons were more trusted than institutions. So the Arabs, having tested my friendliness and sincerity under fire, asked me, as a free agent, to endorse the promises of the British Government. I had had no previous or inner knowledge of the McMahon pledges and the Sykes-Picot treaty, which were both framed by war-time branches of the
Foreign Office. But, not being a perfect fool, I could see that if we won the war the promises to the Arabs were dead paper. Had I been an honourable adviser I would have sent my men home, and not let them risk their lives for such stuff. Yet the Arab inspiration was our main tool in winning the Eastern war. So I assured them that England kept her word in letter and spirit. In this comfort they performed their fine things: but, of course, instead of being proud of what we did together, I was continually and bitterly ashamed.
Clear sight of my position came to me one night, when old Nuri Shaalan in his aisled tent brought out a file of documents and asked which British pledge was to be believed. In his mood, upon my answer, lay the success or failure of Feisal. My advice, uttered with some agony of mind, was to trust the latest in date of the contradictions. This disingenuous ansie promoted me, in six months, to be chief confidence-man. In Hejaz the Sherifs were everything, and I had allayed my conscience bytelling Feisal how hollow his basis was. In Syria England was mighty and the Sherif very low. So I became the principal.

4 commenti:

  1. Weizmann, Acetone, Cordite, Lloyd George, Churchill, Balfour, Palestina.

    https://www.winstonchurchill.org/publications/finest-hour/finest-hour-170/churchill-and-dr-chaim-weizmann-scientist-zionist-and-israeli-statesman

    http://davidson.weizmann.ac.il/en/online/sciencehistory/scientific-context-balfour-declaration

    http://www.historyextra.com/conker

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  2. L'Inghilterra era allora la regina dei mari, non aveva rivali e voleva il canale di Suez per suo uso e consumo, visto che le serviva per andare in India, quindi ha tramato, ingannato, rimangiandosi parole e trattati già stipulati,proprio come gli amati cugini USA fecero coi nativi americani, solo che agli USA andò bene, all'Inghilterra no e ci trascina tutti quanti nelle infinite guerre del Mediterraneo, con l'aiuto della Francia e degli USA sempre pronti a esportare armi e guerre, il sionismo ha fatto il resto.......
    Caifa.

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  3. Tutto bene Olympe?
    Questo suo silenzio, è assordante!

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