lunedì 23 gennaio 2012

Dettagli


Bisogna prendere atto che la più grande rivoluzione degli ultimi due secoli l’ha prodotta il capitale con uno sviluppo delle forze produttive di dimensioni quantitative e qualitative straordinarie. Non nego il valore di grandi prove come la Comune parigina, la rivoluzione russa e poi cinese, ma chi credeva e sperava in una svolta anticapitalista ha dovuto fare i conti con la contingenza storica, l’immaturità e l’insufficienza oggettiva delle cose e una forma di accanimento storico singolare come la nascita dei regimi nazi-fascisti in Europa e il rafforzamento di quelli nazionalisti in Oriente, fenomeni che non furono casuali e di dettaglio o prettamente ideologici (come si vuol far credere).

L’esperienza postbellica dei blocchi contrapposti e la creazione della Nato ha fatto poi il resto. Questo ha dimostrato, fin da subito, che il superamento dello stadio capitalista non può procedere isolato dal contesto globale, non può essere ristretto entro confini di tipo nazionale e statuale. Del resto non ci voleva molto a capire che in tale situazione il “socialismo reale” non poteva essere altro che una forma particolare di capitalismo diretto da una burocrazia partitica che parlava in nome del proletariato del quale essa era diventata la proprietaria, così come, per contro, la borghesia occidentale è proprietaria dei suoi schiavi salariati.

Finora e incontestabilmente solo il capitalismo di tipo occidentale ha saputo garantire ai salariati un relativo e diffuso benessere (evito il dettaglio su tale concetto). Questo però entro determinate condizioni e solo in alcune aree del pianeta. Ed è il punto: Marx l’aveva ben descritta questa situazione di uno sviluppo ciclico e bipolare in cui si accumula ricchezza in un polo e si concentra povertà nell’altro. Ricchezza di cui solo in parte, peraltro, sono fatte partecipi le classi salariate.

Ora vediamo ancora una volta come, sotto l’incalzare della crisi, i termini della questione, ossia le condizioni di vita delle classi chiamate “aristocrazia operaia” e “ceto medio”, stiano cambiando in fretta anche in conseguenza dell’enorme debito pubblico e del rifiuto della borghesia di farsene carico per la propria parte. E vediamo ancora una volta, come negli anni Trenta, invocate delle regole di freno per l’agire più spregiudicato della finanza, tuttavia si tende sempre a dimenticare a quali condizioni e a quale prezzo il sistema uscì da quella depressione. Il New Deal attenuò la morsa, ma non superò la strozzatura se non con la guerra proclamata da quell’Hitler che fu il prodotto più genuino della crisi e dell’imperialismo, poi nel dopoguerra con le nuove produzioni di massa, l’urbanizzazione e la ricostruzione.

Già negli anni Sessanta il capitalismo si trovava di nuovo in panne. Anche questo prova che il limite al capitale è il capitale stesso. A salvarlo furono le ristrutturazioni ma soprattutto ciò che l’economia borghese chiama domanda aggregata e quindi l’esplosione del debito pubblico e la corsa agli armamenti.

Reagan, nella sua franca ignoranza, poteva scrivere nelle sue memorie: «Il grandioso successo dinamico del capitalismo ci ha fornito una potente arma nella battaglia contro il comunismo: il denaro. I russi non potrebbero mai vincere la corsa agli armamenti, mentre noi possiamo sperperare all’infinito». Molto esatto, salvo l’ultima proposizione: nessuno può sperperare all’infinito.

Non bisogna mai dimenticare che il capitalismo, pur presentandosi come il regno della merce, in realtà non ha alcun interesse specifico per cosa e come si produce. Il prodotto del processo di produzione capitalistico non è né semplice prodotto (valore d’uso) né semplice merce, cioè prodotto dotato di un valore di scambio; il suo prodotto specifico è il plusvalore.

Ogni considerazione e valutazione deve tener conto di questa peculiarità del modo di produzione capitalistico, così come del fatto che esso sa reagire nei modi più subdoli per superare gli ostacoli, come per esempio con la ridefinizione autoritaria della democrazia. Si deve tener conto, quando si tende a dare un peso eccessivo all’aspetto finanziario della faccenda, che il plusvalore è una parte del valore delle merci e che perciò il capitale si riproduce soltanto come produttore di merci. Lo sottolineo sia per non farsi travolgere dall’indignazione tipica dello spontaneismo più impulsivo che individua prevalentemente nell’aspetto finanziario le contraddizioni del sistema, sia per non farsi prendere dall’atteggiamento stoico e di accettazione rassegnata di chi stima essere tali contraddizioni frutto della “natura” dell’uomo e che perciò le cose avvenute sono avvenute e che verso quelle in divenire siamo impotenti.

Del resto la crisi attuale non è altro che la riedizione ingigantita delle precedenti, con delle aggravanti sistemiche di cui ho già detto altre volte e sulle quali perciò non mi ripeto. La via della rivoluzione sociale e dell’utopia concreta è sempre aperta: manca solo la coscienza di ciò che siamo realmente diventati.

12 commenti:

  1. Con la forca

    http://www.youtube.com/watch?v=ji9x9kObel4

    http://www.youtube.com/watch?v=UoqkLe69IPg&feature=related

    gianni

    RispondiElimina
  2. Il duca Onofrio Carruba Toscano

    con la forca

    http://www.youtube.com/watch?v=X-4xhu7TR3A

    e a cavallo

    http://www.youtube.com/watch?v=8FgBnp_rIzo&feature=fvst

    http://www.youtube.com/watch?v=PWKCOu7bTJQ&NR=1&feature=endscreen

    gianni

    RispondiElimina
  3. Grandioso post (come sempre).
    Le segnalo quest'articolo: http://www.repubblica.it/economia/2012/01/23/news/lagarde_o_si_svolta_nel_2012_o_si_finir_come_negli_anni_30-28620987/

    RispondiElimina
  4. Il bottino della lega

    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/lega-ladrona-la-guerra-tra-maroni-e-il-cerchio-magico-del-senatur-la-moglie-34675.htm

    gianni

    RispondiElimina
  5. sì grasie lo gavevo l'etto (scritto cossì va ben?)

    RispondiElimina
  6. Come ringraziarti di questa tua infaticabile opera pedagogica?

    RispondiElimina
  7. "Questo ha dimostrato, fin da subito, che il superamento dello stadio capitalista non può procedere isolato dal contesto globale, non può essere ristretto entro confini di tipo nazionale e statuale".

    Quindi, ci vorrebbe un'organizzazione internazionale dei nuovi proletari (Lavoratori), sul modello dell'Internazionale?
    Giustamente, arrivati a questo punto, ci vuole un movimento mondiale del nuovo proletariato io credo, (o sviluppato almeno, nei paesi a maggior tasso capitalistico) che sia capace di diffondere, una NUOVA CONCEZIONE DEL MONDO (Weltanschauung).
    Lei, che idee a tal proposito.

    Notte.

    RispondiElimina
  8. a Luca: con un commento, carissimo

    a Anonimo: di concezioni del mondo ne abbiamo fin troppe; quando scrivo che manca solo la coscienza di ciò che siamo realmente diventati, non alludo a "nuove" filosofie. ho intenzione di scrivere due righe in proposito, sulla differenza tra noi "moderni" e un qualsiasi CITTADINO ateniese o romano

    buongiorno

    RispondiElimina
  9. La lucidità di queste note sostiene e conforta chi, per intuito o vissuto, avverte ed interpreta la propria condizione umana esclusivamente con i modesti strumenti di lettura che i nostri tempi, ad una sola dimensione, consentono. Certo "la via della rivoluzione sociale e dell'utopia concreta è sempre aperta", appare come un ossimoro formidabile. Per altri versi l'idea di un socialismo possibile esclusivamente su scala planetaria fu semplicemente eliminato dalla storia da un criminale colpo di piccone. Insieme al suo retore. Ma cio' che manca al mondo contemporaneo, cosi' come lo conosciamo, è veramente la coscienza di classe? Personalmente tendo a credere che il punto sia proprio questo. I gusti(mediocri) ci hanno uniti.
    Conscrit

    RispondiElimina
  10. "manca solo la coscienza di ciò che siamo realmente diventati".

    Post veramente notevole, la cui frase finale virgolettata, è la degna conclusione.Ora io ammiro questo suo lavoro febbrile quotidiano, ma lei pensa veramente che ne usciremo in questo modo, interloquendo in internet? non nego l'utilità del mezzo, anzi.
    Ma quì, si tratta di innescare una nuova e gigantesca prassi sociale, tenendo ben in mente gli obiettivi finali.Non lo abbattiamo questo moloch di capitalismo, facendo una semplice CONTROINFORMAZIONE. Controinformazione utilissima, ma insufficiente, per abolire lo stato di cose presente.
    Che ne pensa? (sono sicuro che una simile intelligenza come la sua, si rende perfettamente conto di ciò che ho detto)

    Buona notte da Luigi.

    RispondiElimina
  11. tutti sappiamo che la battaglia per l'informazione è insufficiente, ma ognuno faccia la sua parte, secondo coscienza e come può

    nulla è inutile, nemmeno il più piccolo gesto

    buongiorno

    RispondiElimina