domenica 16 febbraio 2014

Ogni promessa è vana


Con il nostro lavoro e con i nostri soldi, i grandi papponi del capitale se la spassano alla grande. E, non contenti, ci rimproverano arcigni che non lavoriamo abbastanza, ossia che non siamo abbastanza schiavi. Qual è, nei contenuti essenziali, la differenza tra queste sanguisughe e quelle delle epoche passate? Con il nostro lavoro produciamo un sistema che lavora contro di noi, ormai anche il senso comune ha chiara la questione. Sarà la nostra volontà di vivere a creare la necessità di spezzare queste catene o sarà la necessità storica a stimolare la nostra volontà? Ad ogni modo, la questione è posta e matura, con una postilla: noi non vogliamo più sogni che si trasformino in incubi. Perciò saremo radicali, nel senso che andremo alla radice delle determinazioni del rapporto di scambio e di sfruttamento. E tutto l’odierno agitarsi su questo e quello ci sembrerà allora semplicemente ridicolo.

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Secondo il Global Pension Assets Study 2014 di Towers Watson (si può scaricare QUI), nel 2013 i fondi pensioni globali nei 13 principali mercati sono cresciuti del 9,5% (rispetto al 6,9% del 2012) raggiungendo un nuovo massimo di quasi 32 trilioni di dollari (per la precisione 31.980 bilioni di dollari). Ai più questa cosa non dirà nulla, è normale.

Il report dice che il rapporto tra gli asset globali e il Pil mondiale è il più alto di sempre. In particolare, le attività previdenziali ammontano oggi a circa l’83% del Pil dei 13 maggiori mercati pensionistici (e non l’83% del Pil mondiale – circa 72 trilioni di dollari – come scrive erroneamente Milano Finanza e altri che copiano pedissequamente senza controllare le fonti). Dei primi sette di questi mercati i fondi pensione corrispondono a un valore del 95,5 del loro Pil. Complessivamente si tratta di un forte incremento rispetto al 76% del 2012 e nettamente superiore anche al 57% registrato nel 2008. Anche questi dati, ai più non diranno nulla.


Quello dei fondi pensione è un mercato di prim’ordine, essenzialmente speculativo (in Italia, paese agli ultimi posti in questo settore, la nuova normativa dà la possibilità di investire nei paesi emergenti, in fondi hedge e in materie prime). A livello mondiale sono numeri rilevantissimi, senza peraltro considerare i fondi comuni d’investimento (ne esistono oltre 7.500 tipi) e i fondi di ricchezza sovrani (fondi sovrani) cresciuti dai 500 miliardi di dollari nel 1995 ai 4.700 mld stimati per il 2011 (pari a circa il 7 per cento del PIL mondiale e il 3 per cento del valore dello stock complessivo di attività finanziarie) e, secondo alcune stime, potrebbe raggiungere i 10mila mld tra il 2015 e il 2016.

Va tenuto conto, per quanto riguarda in generale i fondi comuni, che i 20 maggiori gruppi in attività in questo settore rappresentano il 41,4% del patrimonio di gestione, sempre secondo l'ultimo studio di Towers Watson, sui 500 più grandi gestori di fondi del mondo. Questo dovrebbe dare un’idea sulla centralizzazione dei capitali in atto, ma è evidente che altre cose, di più gran momento, ci intrighino.

Il 52,8% di quel denaro è nelle mani delle imprese anglo-americane, e tra le 20 più grandi società di investimento, 9 sono di proprietà di banche, 8 del ramo assicurativo e 3 di altro tipo. Si pensi che solo la BlackRock gestisce asset (azioni, reddito fisso, ETF, ETC, fondi hedge …) per 4.100 mld di euro, quasi tre volte il Pil italiano! Quale peso internazionale avrà Laurence Douglas "Larry" Fink rispetto a un Matteo Renzi?

Poi nel settore obbligazionario abbiamo la Pimco, che gestisce 1,5 mld di euro, di proprietà del gruppo assicurativo Allianz, presente in più di 70 paesi con oltre 180.000 dipendenti. Pensate che la signora Merkel davanti al signor Michael Diekmann tenga lo stesso atteggiamento che ha con il primo ministro italiano, greco, portoghese, ecc.?

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A fronte di tutto ciò che cosa ci ha promesso il capitalismo al più alto livello di civiltà raggiunto negli ultimi 10.000 anni? Scopo ultimo di questo sistema sociale non è procurare livelli di sussistenza adeguati e il benessere materiale e civile dell’umanità (questione impossibile nell’ambito del modo di produzione capitalistico, ossia nel modo di produzione di rapina), bensì l’accumulazione di denaro.

Su una popolazione totale di circa 7 miliardi l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) stima che poco più di tre miliardi di persone abbiano un lavoro, e di queste 1,5 miliardi siano privi dei diritti e delle sicurezze del normale lavoro salariato. Di questi 3 mld, 1,3 miliardi di lavoratori, compresa una quota rilevante inclusa nell’economia formale o regolare, non guadagnano abbastanza per sollevare sé stessi e i loro familiari al disopra della linea della povertà fissata in 2 dollarial giorno di reddito (a parità di potere d’acquisto), per un totale di circa 3 miliardi di persone.

Il vero razzismo è pensare che tutto ciò non abbia a che fare con la nostra situazione, ma con quella degli “altri”. Possiamo dunque dedicarci ai temi della politica corrente e della “filosofia”. E poco o nulla ci frega che quasi un sesto dell’umanità, oltre un miliardo di persone, vive in luoghi urbani dove le persone abitano in edifici degradati dei centri storici, o in baracche di lamiera e cartone della periferia, talora in spazi ricavati nelle discariche che le intemperie hanno compattato, chiamati favelas, baraccopoli, bidonvilles, tugurios, privi di servizi di base come acqua, elettricità, fognature. Ammontano a 2,6 miliardi le persone le cui abitazioni sono prive di servizi igienico-sanitari di base, e se il riferimento fosse lo standard dell’Occidente sviluppato il loro numero salirebbe a 4 miliardi.

Tra la forza lavoro che alimenta l’economia e i profitti vanno contati anche 220 milioni di bambini tra i 5 e i14 anni, quasi uno su sei di questa fascia d’età. Almeno 2,5 milioni di essi, in maggioranza figli d’immigrati, lavorano nei paesi ricchi dell’Occidente, e altrettanti nelle economie in transizione dell’Europa orientale. Il 70% è occupato in agricoltura; oltre il 10% nell’industria, tra cui primeggia la logorante fabbricazione di mattoni per l’edilizia; il resto nei servizi.

I venti (20) uomini più ricchi del mondo posseggono una ricchezza complessiva pari a quella del miliardo (1.000.000.000) più povero. E se in certi paesi come gli Stati Uniti e la stessa Italia il Pil procapite ci fa apparire uniformemente benestanti, le disuguaglianze di reddito e ricchezza, sia reale che finanziaria, tra il 10% più ricco della popolazione e il 10% più povero sono macroscopiche, crescenti e indecenti.

Per arrivare a guadagnare quanto i top manager delle grandi imprese industriali e finanziarie che percepiscono in soli dodici mesi, tra stipendio, stock option, stock grant e plusvalenze di azioni, un lavoratore italiano, francese, britannico, statunitense, con un salario medio lordo di 25mila euro (equivalente a 23mila sterline o 32mila dollari), dovrebbe lavorare tra i 400 e i 1000 anni. Nel 1960 gli sarebbero bastati, per così dire, quarant’anni.


Tutto ciò considerando che questo modo di produzione nella sua fase globalizzata genera insicurezza oggettiva e ansia per il futuro in ordine a elementi essenziali quali la mera sussistenza, il lavoro, l’abitazione, istruzione per i figli, pensioni, assistenza e protezione per sé e i familiari in caso di malattia. Ogni promessa di questo sistema è vana.

16 commenti:

  1. Risposte
    1. la risposta non la puoi cercare negli altri

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    2. Si attende, non si può far altro. La rivoluzione non è alle porte. Ci si prova a sedere, sgomitando e a spallate patrimoniali, riverenzialmente, al tavolo del sistema. Rimasti fuori, ci si dimenerà scompostamente ancora un po’.

      E allora il realismo politico di san Paolo: «Unusquisque, in qua vocatione vocatus est, in ea permaneat. Servus vocatus es? Non sit tibi curae; sed et si potes liber fieri, magis utere».

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  2. La necessità bussa alla porta di Grillo?

    Oggi citazione di Engels, e non secondaria. Arriveranno le successive sulle contraddizioni insanabili del capitalismo e la lotta di classe?Un abbraccio,g

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    1. Ciao, sì e non lateralmente, ma nell'editoriale settimanale con la foto di Engels in bella vista. Non l'ho verificata (la fonte si limita all'autore senza citare l'opera), ma, a memoria e quindi non al 100x 100, mi sembra che il testo sia riportato correttamente.
      Tu magari riesci a risalire alla fonte completa.
      http://www.beppegrillo.it/magazine/archivio/lasettimana2014-02-16.pdf

      Che dire?g

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    2. ciao, non capivo a cosa i riferivi per il motivo che non frequento certi siti. sì, il brano è tratto da E. e non bisogna cercare per sapere esatto qual è: l'orazione funebre per K.M.
      saluti

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    3. Curioso il pudore, o lo stratagemma, di parlare di Marx tramite il meno scandaloso (solo xchè ignoto ai più, ahimè) Engels.
      Grazie per avermi svelato la provenienza del testo. Ciao g

      Ps. Non so più come stanno le tue piante

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    4. sono furrrrbi come volpi
      oggi mi hanno potato il larice e poco altro (ma ho poco)
      purtroppo non posso piegarmi e ho dovuto limitarmi a reggere il sacco delle ramaglie
      ciao

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    5. Se il tuo non piegarti non fosse dovuta a particolari patologie specifiche, ma a mal di schiena, posso raccontarti come l'ho risolto io. g
      Ps. ma dopo che hai sterminato le formiche è finita la moria?

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    6. il mio non è mal di schiena, o almeno non semplicemente

      le formiche sono ricomparse l'estate scorsa
      per quest'anno vedremo
      ciao

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  3. Per contrastare la 'potenza di fuoco' descritta, la realtà nazionale non è sufficiente. E convincere e organizzare il resto non è così semplice (eufemismo).
    Intanto qui da noi: Il 65% della popolazione italiana non possiede le competenze alfabetiche minime, secondo l’OCSE, per orientarsi nella società dell’informazione (è cioè “funzionalmente analfabeta” o “semianalfabeta”). Mentre meno del 10% possiede le competenze necessarie per orientarvisi in modo critico e creativo.
    Attendiamo. Nel contempo converrà leggere e studiare,molto.

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    1. dunque il cambiamento è problema anzitutto di competenze alfabetiche? avessimo tutti un'istruzione di livello il gioco sarebbe fatto?

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    2. Il problema non è il livello di istruzione, ma quale istruzione.
      Ciò che dovrebbe fare la differenza è la capacità di comprendere in maniera chiara le dinamiche socio-economiche che governano l'evoluzione del reale.
      Insomma saper interpretare il movimento della storia secondo degli schemi utili, e non attraverso schemi ideologicamente deviati.
      Si può essere dei geni insomma, ma capire davvero poco di quello che ci accade intorno.

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    3. La domanda non è polemica nè tantomeno provocatoria, forse è ingenua e un pò didascalica. Quante persone - in Italia - sono in grado di comprendere 'tecnicamente' il 'post' molto documentato ? Sono dell'avviso che richieda un ottimo livello di conoscenza degli schemi utili e deviati (deviati sa un pò di Sifar) : per tutti i Sistemi possibili la mia diffidenza bertoldesca mi porta verso una consolidata avversione per l'istituto della delega. Se si tratta di adottare il metodo di monsieur guillotine è risolutivo e ha dato frutti apprezzabili, mentre sul piano dialettico ti fregheranno sempre (comunque Karl i deviati li aveva letti e meditati eccome - Proudhon compreso -, sennò come avrebbe fatto a contestarli ?) Certo ci vuole volontà, tempo e soprattutto intelligenza - qb - non genio.

      Nota biografica. Il giovane Karl si è sposato Jenny von Westphalen che non mi sembra sia stata un'operaia della Wolksvagen. Eh beh.

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  4. Sarei presuntuoso, ma soprattutto ingenuo, se volessi entrare nel merito con lei sulla formazione della coscienza di classe. Ubi maior...
    La situazione sul tono intellettuale generale del Paese può significare, riduttivamente :

    - l’inaccessibilità a molti testi per un numero ‘consistente’ di persone
    - la traduzione – nel senso della loro semplificazione per l’accessibilità - e diffusione diventa difficile se non impossibile (sezioni PCI: paleo….) Ciò che veniva descritto come educazione permanente delle ‘masse,’ oggi non trova più la medesima volontà di sacrificio e si scontra con le puntate del Grande Fratello (tutto il 30% al cavaliere viene da JP Morgan?). L’iscrizione dell’elite dei lavoratori agli Istituti Statali serali è da mò in caduta liberissima (de profundis).
    Manteniamoci solo nell’area per i testi marxiani.
    - lettura di libri e giornali ? (le pagine della cultura del Manifesto sono facilmente ‘digeribili’?). Le statistiche e il librai ci dicono che per molti la lettura di un libro all’anno sia già un traguardo. Sperare solo nel popolo alla fame per una catarsi decisiva mi sembra riduttivo, perché ciò che sempre temo, come ci descrive Kafka :” […] Alle loro spalle ci sono già i segretari, i funzionari, i politici di professione, tutti i sultani moderni ai quali essi spianano la via al potere.” E' poco, ma se vogliamo sederci al tavolo, facciamo in modo di riconoscere almeno le carte.



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