La consueta polemica infuria e ci tiene distratti, mi riferisco a quella relativa alle cosiddette liberalizzazioni, specie la vendita di farmaci e di licenze dei taxi (tutte cose in sé positive). Aumenteranno quindi i punti vendita di farmaci e la varietà dell’offerta (il farmaco e i prodotti di farmacia sono anzitutto merci), di conseguenza incrementerà il consumo (anche dei farmaci per i quali ora serve la ricetta, la quale nel tempo tenderà a non essere in certi casi un obbligo come ora) e non è detto che diminuiranno i prezzi.
Aumenterà anche il numero dei taxi, quindi forse diminuiranno le tariffe, ma nel tempo li useremo senz’altro di più (anche perché i servizi pubblici …) e complessivamente spenderemo di conseguenza. L’esempio più cogente è la telefonia, dove le singole tariffe sono diminuite ma sono aumentati i “servizi” offerti e quindi le bollette sono più alte. Come sa qualsiasi commesso di negozio o supermercato, è l’offerta che determina la domanda.
Quello a cui si punta, al di là del fumo farmaceutico, è la privatizzazione dei servizi pubblici, compresa l’acqua. È lì il grande affare. Negli ultimi decenni le privatizzazioni hanno dimostrato, dato empirico che chiunque può constatare se ha conservato le bollette, che in termini reali le tariffe sono aumentate consistentemente e si sono formati cartelli e monopoli, come è legge di natura in regime capitalistico.
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Per quanto si privatizzi, si liberalizzi, si tagli e si rifili, resta che l’euro, da solo, senza un governo comune europeo effettivo, è destinato presto o tardi (pochi anni) a saltare. In tal caso ci ritroveremmo con il nostro debito nazionale calcolato in lire svalutatissime (poco più di carta straccia), con stipendi, pensioni e risparmi senza più valore o quasi. Per la “grande Germania”, così ormai è chiamata – senza alcuna ombra d’ironia – sui giornali tedeschi, l’uscita dall’euro sarà molto meno traumatica poiché il marco si rivaluterà e con tale rivalutazione pagheranno i loro debiti e rivolgeranno le loro esportazioni verso la Russia.
No, non può andare così, sarebbe una tragedia. E poi gli interessi sui bot “crollano”, dicono. Nella media annuale non è vero, ma crediamolo. Invece l’indice della produzione industriale, corretto per gli effetti di calendario, in novembre diminuisce in termini tendenziali del 4,1% (i giorni lavorativi sono stati 21, come a novembre 2010). Gli indici corretti registrano un calo tendenziale per tutti i raggruppamenti: del 4,6% per i beni intermedi, del 4,5% per i beni strumentali, del 4,4 % per l'energia e del 3,1% per i beni di consumo. Tra i settori in calo che in novembre registrano le diminuzioni tendenziali più ampie sono la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-13,6%) e la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-12,8 %).
Possono liberalizzare tutti i taxi che vogliono e moltiplicare i notai per cento, e sono “misure per la crescita” che senz’altro vanno fatte (queste), ma il resto sta andando a remengo, naturalmente per colpa degli operai, notoriamente poco produttivi come da decenni scrivono i professori. E la Marcegaglia, la quale, tornata abbronzata delle brevi e frugali vacanze natalizie, si è subito cimentata dicendo che l'art. 18 è "un'anomalia tutta italiana". Bene, comici a darci in cambio dell'art. 18 i contratti, i salari e le tutele dei tedeschi, lo stesso orario di lavoro di francesi e spagnoli! Che buona donna.
Leggetevi questo articolo della BBC sulla situazione dell’infanzia in Grecia, la quale sta diventando un paese filomaoista: si va a zappare in campagna!
Lessi tempo fa, un suo post che conteneva una disamina di Marx sul debito pubblico, tratto dal capitale, libro primo cap.24.
RispondiEliminaNon mi segnai il link del post, e debbo farlo leggere ad altri, mi costerebbe troppo trascrivermelo dal libro.
Potrebbe indicarmi il link del post?
Tantissime grazie.
http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/06/marx-e-il-signoraggio.html
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