venerdì 30 maggio 2025

Toto e il bidet

 

Dopo i giapponesi, anche gli statunitensi cominciano a sciacquarsi il culo dopo la defecazione. Usando il cosiddetto Washlet, un water con getto d’acqua. Scoperta rivoluzionaria. Come optional è incorporato un asciugatore ad aria calda, la possibilità di regolare la temperatura del getto d’acqua e del sedile, l’apertura automatica del coperchio, “musica di sottofondo che permette di coprire i rumori molesti” (A saucerful of secrets?) e, roba da non credere, la possibilità di “riutilizzo dell’acqua”!

Tuttavia, non si tratta ancora dell’uso di un bidet quale lo conosciamo in Italia: non è contemplato l’uso del sapone, che evidentemente è considerato un optional per gente troppo sofisticata!

La “notizia” riceve l’onore della prima pagina del New York Times. Non è mai troppo tardi anche se gli Usa dovranno ancora percorrere molta strada per raggiungere un livello di pulizia ed igiene adeguato (non solo alla persona, ma anche nelle abitazioni e specie nei locali di ristorazione, ecc.). Del resto, gli Stati Uniti, già colonia inglese (ossia del popolo ancora oggi igienicamente “meno dotato” d’Europa), oltre a tecnologia e dozzinale spettacolo, non hanno dato significativi apporti alla civiltà. Ecco quanto scrive il NYT:

«Uno spot pubblicitario della Toto del 1982 fece scalpore in Giappone. Lo spot pubblicizzava il Washlet, un nuovo tipo di sedile per WC con una funzione allora inedita: una piccola bacchetta che si estendeva dal retro del bordo e spruzzava acqua verso l’alto. Dopo la sua uscita, la Toto, produttrice del Washlet, fu sommersa da telefonate e lettere di spettatori rimasti scioccati dall’idea [pensa un po’!]. Erano anche arrabbiati per il fatto che fosse trasmesso in prima serata, quando molti erano seduti a cena.

«Quattro decenni dopo, il Giappone ha accolto a larga maggioranza l’innovazione della Toto. I bidet in stile Washlet, venduti dalla Toto e da alcuni concorrenti più piccoli, sono un elemento comune negli uffici e nei bagni pubblici [!!!] giapponesi e, secondo i sondaggi governativi, rappresentano oltre l’80% di tutti i servizi igienici domestici.

«La Toto sta ora assistendo a un cambiamento simile negli Stati Uniti.

«Dopo decenni di tentativi di convincere i diffidenti consumatori americani dei pregi dei bidet, i Toto Washlet sono diventati un vero e proprio fenomeno sociale, spuntando sui social media durante tour di hotel a cinque stelle e case di celebrità [sic!]. La comica Ali Wong ha dedicato un segmento del suo speciale Netflix del 2024 al “magico water giapponese” di Toto. Nel 2022, il rapper Drake ha regalato quattro Toto all’artista DJ Khaled.

«Un rapporto di settore dello scorso anno ha mostrato che più di due proprietari di case su cinque in fase di ristrutturazione negli Stati Uniti scelgono di installare water con caratteristiche speciali, tra cui sedili bidet. I profitti di Toto nel settore delle apparecchiature per l’edilizia abitativa in America sono cresciuti di oltre otto volte negli ultimi cinque anni e l’azienda punta a espandersi ulteriormente.»

Esilarante e incredibile (si ride alle lacrime) la lettura di Wikipedia a proposito della storia e del funzionamento del Washlet. Fossi un cinematografaro non scarterei l’idea di realizzarne un film sul tema.

Un bidet della metà dell’Ottocento (Palazzo Viti, Volterra).

martedì 27 maggio 2025

L’Unione Europea non è solo l’euro, riscrive la Storia

 

Si sono dovuti attendere più di centomila morti e tutti gli altri palestinesi di Gaza ridotti alla fame per cominciare a capire che cos’è il sionismo. Certa gente è sempre in ritardo. E del resto non si parla di sionismo, ma del governo di Netanyahu, come se questi non perseguisse l’attuazione del programma sionista.

In Ucraina non si mette meglio. Dopo aver teorizzato uno “Stato etnicamente puro”, la stessa cricca neonazista ora proclama di volere la pace.

Quanto alla borghesia tedesca, ha sempre in mente il Reich e il Lebensraum. La Storia è costellata di vergognosi recuperi, e non si tratta (solo) di metilazione, un marcatore epigenetico.

Dagli imprenditori della memoria anticomunista nell’UE, ufficialmente l’Unione Sovietica viene presentata come l’aggressore e istigatore della guerra nel 1939. Ciò serve per affermare che l’invasione dell’Unione Sovietica da parte di Hitler, due anni dopo, fu semplicemente una mossa difensiva. L’Operazione Barbarossa fu un giustificabile attacco preventivo: la legittimazione della violenza nazista come reazione alla violenza dei bolscevichi e dello stalinismo.

Eppure basterebbe uno sguardo anche superficiale al Mein Kampf per sapere che il futuro Führer si era proposto per una guerra di annientamento contro l’Unione Sovietica come asse centrale della sua politica estera: «Il diritto alla terra può diventare un dovere se una grande nazione appare condannata senza espansione territoriale. La Germania sarà una potenza mondiale o cesserà di esistere. Per essere una potenza mondiale, tuttavia, ha bisogno delle dimensioni che le conferiscono l’importanza e la vita necessarie per i suoi cittadini nel mondo di oggi. Ma quando parliamo di nuova terra in Europa oggi, possiamo solo pensare principalmente alla Russia e agli stati periferici ad essa soggetti.»

Mentre Hitler aveva bisogno di una guerra di aggressione e si era preparato a lungo, Stalin voleva evitare la guerra a tutti i costi e rimandarla. Per Hitler, il patto con Stalin era solo una mossa tattica per guadagnare tempo per trattare con Gran Bretagna e Francia e poi invadere l’Unione Sovietica.

Stalin, abbandonato il programma di una rivoluzione socialista mondiale, adottato pragmaticamente quello della “costruzione del socialismo in un solo paese”, non perseguiva alcun obiettivo espansionistico imperialista, ma rappresentava gli interessi della nuova élite, della burocrazia privilegiata.

Gli si può rimproverare un altro fatto, ossia che alla fine della Repubblica di Weimar, impedì al Partito Comunista (KPD) di formare un fronte unito con il Partito Socialdemocratico (SPD) contro i nazisti, sebbene l’SPD avesse ancora una base di massa nella classe operaia all’epoca. Giustificava questo con l’assurdo argomento che nazisti e socialdemocratici erano “gemelli” e questi ultimi “socialfascisti”.

Dopo il conflitto, Stalin realizzò il profitto della sua immensa vittoria, come ebbe ad osservare il ministro rumeno Lucretin Patrascanu alla Conferenza di Parigi, aggiungendo che Stalin non riusciva a perdonare ai britannici il tentativo di sottrarsi allAccordo di Postdam. Quellaccordo (e non Yalta, come comunemente creduto) aveva «dato alla Russia tutto quello che avrebbe potuto sperare e più di quanto si aspettasse.» (Harold Nicolson, A margine. Diario 1930-1964, Il Mulino, p. 444). 

La riscrittura della Storia serve a giustificare l’odierno riarmo europeo e segnatamente quello della Germania, che viene spacciato per una politica difensiva e preventiva. La classe dirigente “atlantica” maschera i propri interessi geopolitici ed economici ad Est e nella guerra in Ucraina con una presunta necessaria “difesa” contro il pericoloso aggressore di Mosca.

Anche di questo, prima o poi e sia pure a malincuore, come solo ora per Gaza, si prenderà atto. Per quel che vale, a futura memoria. 


lunedì 26 maggio 2025

Se l’unica differenza che ci rimane ...

 

Siamo un Paese diviso, un Paese di contrapposizioni frontali, di classe, di ceto, di casta, di campanile e di quartiere. Dove nulla e nessuno è riuscito a rimetterlo insieme, nemmeno gli orrori di una guerra mondiale e l’umiliante sconfitta, né la scelta tra monarchia e repubblica. E nemmeno i referendum successivi hanno raggiungono questo obiettivo, anzi, al contrario. Si potrebbe dire che, salvo eccezioni, la strada per l’inferno è lastricata di referendum.

Sulle questioni realmente cruciali, l’iniziativa popolare attraverso il referendum non è ammessa. Non si può, tra l’altro, introdurre una riforma che incida sulla politica fiscale e il bilancio, il cui voto è, secondo la Costituzione, una prerogativa esclusiva del Parlamento. Ma è proprio su tali questioni che i referendum avrebbero senso e peso.

Quanti referendum (referenda, per i puristi) dopo il voto sono stati resi nulli, svuotati, dimostrando così che l’opinione popolare può essere ignorata quando non si procede nella direzione voluta da chi realmente detiene il potere? Un potere che formalmente appartiene al “popolo”, entità politica e sociale quanto mai indeterminata e astratta.

Si viene chiamati a votare su più questioni nello stesso giorno, non di rado slegate tra di loro, con quesiti farraginosi, formulati demenzialmente, spesso senza aprire, attraverso i mezzi di comunicazione pubblica, un reale dibattito che coinvolga il corpo elettorale. In tal modo banalizzando e screditando i referendum, che è proprio ciò a cui si punta.

Poi lo psicodramma della “stanchezza democratica”, invocata proprio da coloro che dell’istupidimento programmato e generale sono tra i divulgatori. Cosa potrebbe essere più “democratico” che chiedere direttamente l’opinione della popolazione? Intuitivamente, diciamo che il referendum è effettivamente lo strumento più democratico possibile poiché potrebbe rappresentare, sulla carta almeno, una reale possibilità di cambiamento, seppure entro i limiti ristretti di una democrazia di classe (al momento non ne conosciamo altre!).

La famosa democrazia diretta, agognata da molti, magari una “democrazia web” dove tutti possono dire la loro. Con i suoi rischi, però. Ci si pronuncia su un testo dove si può solo rispondere sì o no. In tal modo la maggior parte dei referendum si trasforma in voti di fiducia “a favore o contro”. Senza nulla togliere che vi sono state alcune campagne referendarie di alta qualità, c’è da chiedersi se l’elettore medio sia davvero in grado di esprimere un’opinione su tutti gli argomenti. Per tacere della manipolazione delle informazioni e degli algoritmi: una notizia falsa al momento giusto, una semplice notizia al momento opportuno, e tutto può cambiare.

Col prevalere di un sentimento di rabbia e frustrazione, oggi con i fascisti al potere e i chiari di luna che si preannunciano, non dobbiamo sottovalutare il rischio di solo domande rivolte all’intero popolo, di punti interrogativi che darebbero vita, nella migliore delle ipotesi, a una democrazia punteggiata. Vale la pena ricordare che nel passato un referendum nell’Europa occidentale si è concluso a favore della pena di morte. Se non fosse inutile, andrebbe ricordato ai fascisti odierni, vincitori di elezioni e fautori di un potere estremamente verticale, che il “popolo” è all’origine del potere, non è il potere. Altrimenti il cosiddetto “popolo” diventa un potere assoluto.

Nel 2017 in Turchia e nel 2020 in Russia, Erdogan e Putin se ne sono serviti per concentrare più potere o per aumentare le loro possibilità di restare al potere. Per quanto riguarda l’ungherese Orbán, nel 2016 e nel 2022 ha utilizzato questo istituto elettorale per cercare di approvare talune leggi, senza peraltro raggiungere il quorum. Quindi i recenti utilizzi da parte di Kirghizistan, Bielorussia o Comore. Gli svizzeri, famosi per i loro referendum, hanno respinto l’estensione delle ferie retribuite nel 2012 e il reddito minimo universale nel 2016.

Chi è al potere, non avendo sottomano un Reichstag da bruciare, vorrebbero trasformare l’istituto referendario in una ruota di scorta per stravolgere l’assetto costituzionale. Pertanto, una misura di salvaguardia dovrebbe consentire solo i referendum di iniziativa popolare (senza porre condizioni troppo restrittive per il suo lancio), non quelli promossi dai governi per cambiare la costituzione.

Tuttavia, se l’unica differenza che ci rimane è quella tra liberali e fascisti, c’è motivo di preoccuparsi. Quanto ai referendum in genere e nel migliore dei casi essi servono a riequilibrare un po’ le cose. Oggi sono diventati l’istituto per l’opportunismo e la mediocrità politica di chi vuole cambiare tutto perché tutto resti sostanzialmente com’è.

venerdì 23 maggio 2025

Bandierine

 

Vi sono dei liberali, europeisti e altre “bandierine”, che sarebbero felici se l’Ucraina vincesse la guerra con la Russia, anche a costo di perdere essi stessi non certo la propria vita ma quella di un figlio, di un amante o del coniuge. L’importante è non dargliela vinta a quel farabutto di Putin e poter esibire tutta la loro gioia e il loro eroismo, giocato sulla carne degli ucraini, nel pettegolezzo social.

Secondo costoro in Ucraina si combatte per la libertà e la democrazia contro l’aggressione armata del dispotismo russo. Poi arriva uno come Trump e viene in luce ciò che prima veniva negato, ossia che l’Ucraina è un satellite economico (ma non solo) degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei.

Siamo sicuri che con frasi sul diritto internazionale, la libertà e la democrazia non s’intenda in realtà l’esistenza tranquilla e raffinata che questi individui conducono? A vedere ciò che, parallelamente, accade a Gaza, più di qualche dubbio sorge legittimo sulla buona fede di questi democratici e liberali che in tal caso simulano afasia.

La popolazione palestinese, al pari di quella ucraina, non rappresenta forse qualcosa di più di un arabesco nei corridoi della storia?

giovedì 22 maggio 2025

Tutto

 

All’ingresso è obbligatorio lasciare il cellulare. All’interno, si vedono per lo più persone sedute davanti al computer, con le cuffie. Questo è il centro nevralgico di quella che si chiama “guerra acustica”. Qui si addestrano le cosiddette “orecchie d’oro”, analisti di guerra acustica che verranno imbarcati sui sottomarini (e non solo). Un centro di ascolto dove si memorizzano i suoni provenienti da tutti i mari del mondo, creando un gigantesco database sonoro sulle navi militari (e non solo). Una stanza, che per ovvi motivi si attraversa molto velocemente, è una specie di enclave completamente cieca: una stanza vietata perché contiene dati sul rumore dei sottomarini.

Navi militari provenienti da tutti i paesi solcano costantemente i mari del mondo. Hanno il diritto di navigare oltre il limite delle 12 miglia nautiche (circa 22 km) dalla costa, e talvolta anche più vicino, in base al “diritto di passaggio inoffensivo”. Ciò significa che troviamo sottomarini stranieri nei pressi delle coste di diversi Paesi, e ciò consente alla stampa di strillare su presunte violazioni da parte di (russi, cinesi, o altri).

Bisogna tener presente che è impossibile rilevare i sottomarini tramite onde radio o simili. Possiamo certamente utilizzare il sonar (che consiste nell’emettere un suono e rilevarne l’eco), ma questo dispositivo, oltre ad avere lo svantaggio di essere rilevabile, segnala solo la presenza di un oggetto senza specificarne la natura. L’unica soluzione è quindi ascoltare, anche grazie al fatto che il suono si propaga molto bene nell’acqua.

Da qui l’importanza cruciale delle “orecchie dorate”. La loro funzione è principalmente quella di rispondere a queste domande: si tratta di un battello militare? In caso affermativo, di che tipo e di quale nazionalità? In caso di guerra questa competenza è decisiva. Ci sono sottomarini da 14.000 tonnellate che fanno meno rumore di un gamberetto. Bisogna essere i più veloci nell’identificazione e lanciare per primi, il che significa saper distinguere in pochi secondi un sottomarino nemico da una semplice barca da pesca. Non è un gioco: pochi secondi per identificare e prendere una decisione.

Sottomarini russi classe Zelenskyj

Davanti a uno schermo che mostra curve di diversi colori che permettono di visualizzare i suoni. Questi strumenti possono aiutare, ma non sono mai sufficienti a identificare il suono. L’obiettivo è distinguere, nel materiale sonoro, un tale ronzio, un tale fischio, una tale regolarità, una tale vibrazione. Si parla di suono “sibilo” o “crepitio”, ma queste caratteristiche non sono necessariamente legate a parametri scientifici. In questo tipo di indagine è soprattutto l’esperienza e il “senso” a contare.

Il mare è pieno di rumori di ogni genere: animali marini, navi commerciali, piattaforme petrolifere, ecc. L’obiettivo principale è quello di identificare sottomarini e navi militari. Il database acustico contiene migliaia di suoni, comprese registrazioni della maggior parte delle imbarcazioni militari degli ultimi decenni, a varie velocità e in epoche diverse. Il primo passo di ogni specialista è quello ascoltare queste registrazioni. Ci vuole quindi un’eccellente memoria uditiva per ricordare che un dato rumore assomiglia a migliaia di altri già uditi due mesi prima, un anno o anche diversi anni fa.

Ovvia domanda: le macchine non svolgerebbero questa attività meglio degli esseri umani? No. È impossibile attribuire un rumore a un oggetto specifico, al modo di associare un’impronta digitale o il DNA a una persona. Il suono è troppo mutevole. Quella dello stesso battello subacqueo o di superficie varia a seconda della sua velocità, del suo carico, della sua età e delle sue condizioni. Nella migliore delle ipotesi, la macchina consente una selezione approssimativa. Perché oltre ai suoni raccolti da navi e sottomarini, ogni giorno vengono inviate decine di ore di registrazioni raccolte da boe galleggianti e droni sottomarini sparsi un po’ ovunque nei mari del mondo. L’intelligenza artificiale può eliminare i rumori meno interessanti, ma poi spetta agli esseri umani identificare i suoni. La sensibilità dell’orecchio è maggiore di quanto si possa dedurre dall’analisi del segnale.

Immaginiamo di sentire il rumore del traffico stradale e di dover dedurre che tipo di auto è passata. Possibile, ma molto difficile. Il rischio di errore è dato dal fatto che il nostro cervello può creare l’illusione di ritmi che non esistono. In realtà un certo rumore, che possiamo avvertire come un rumore ciclico, ossia segno distintivo di un dispositivo artificiale, in realtà è perfettamente caotico, ossia è quello emesso da una colonia di gamberi!

Inoltre, il metodo di progettazione di un sottomarino influisce sul suono e varia a seconda del Paese. Un sottomarino cinese emette dei suoni che sembrano quelli di un sottomarino cinese. E così per quelli russi o americani. Ma questi sono dettagli molto riservati, ovviamente.

E veniamo all’apocalisse, posto che si parla oggi con tanta leggerezza di guerra nucleare. Se venisse lanciato uno dei missili imbarcati e capaci di distruggere una capitale o un’intera regione, verrebbe lanciato da un sottomarino lanciamissili balistici a propulsione nucleare (SSBN). L’Italia non ne possiede, mentre la Royal Navy ne ha in servizio quattro della classe Vanguard, dotati di 16 missili balistici Trident II. Anche la Francia ne possiede quattro, situati nel porto di Brest. Gli Stati Uniti contano 14 SSBN, segue la Russia con 11, la Cina con 6, Pakistan con 3, India con 2.

Se un SSBN riceve l’ordine di lancio, esso è irreparabile. Il comandante non può chiedere “Siete sicuri?”, perché deve sempre rimanere in assoluto silenzio, e anche se successivamente dovesse ricevere un contrordine, il sottomarino non ne terrà conto, perché potrebbe trattarsi di una trappola, di un contrordine impartito dal nemico. Non se ne terrà conto come nel film Il dottor Stranamore, del quale va ricordato il sottotitolo: Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba.

Come si può essere certi che un SSBN non venga tracciato? È qui che entrano in gioco i sottomarini d’attacco nucleari, dotati di propulsione nucleare, ma “solo” di armi convenzionali come i siluri. Quando un SSBN lascia la base, viene scortato, tra gli altri, da sottomarini nucleari d’attacco, che garantiscono che non venga tracciato, prima di rilasciarlo al largo e in profondità. Chi garantisce questa discrezione? Ancora le “orecchie dorate”.

Qui si entra nella “guerra della mistificazione”. Certi sonar cercano di imitare i suoni di un capodoglio, oppure emettendo rumori destinati a produrre un determinato effetto sul nemico, anche dissuasivo. Mistificazione e spettacolo, come tutto ciò che ci viene raccontato. Tutto.

venerdì 16 maggio 2025

L'abuso di un diritto

 

Nel suo saggio L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, Lenin scrive che l’imperialismo non è una “politica” arbitraria che può essere sostituita da un’altra, ma che deriva inevitabilmente dalle contraddizioni oggettive del capitalismo.

La sinistra, che è diventata da decenni qualcosa di indefinito e di indefinibile, non tiene più conto di questo come di altri specifici assunti della tradizione teorica marxista. E ciò malgrado sia sotto gli occhi di tutti il fatto che è in atto una lotta sempre più aspra tra i grandi Stati-nazione per il controllo dei mercati, delle materie prime, degli snodi strategici di transito dei flussi mercantili, insomma una lotta per la supremazia economica e tecnologica.

Dunque si tratta dei processi generali di accumulazione e riproduzione del capitale, i quali possono essere compresi solo a livello dell’economia globale. E tali processi s’inseriscono nel quadro delle politiche di potenza degli Stati-nazione, vale a dire nel quadro degli equilibri internazionali. Tali equilibri sono entrati in una fase di crisi storica.

Il processo di valorizzazione, circolazione e riproduzione del capitale, arrivato a un certo stadio del suo sviluppo, non può procedere oltre se non con il ricorso alla guerra. Ciò è avvenuto già due volte nella prima metà del secolo scorso, ed ora lo stesso groviglio di contraddizioni irrisolte e irrisolvibili nell’ambito capitalistico si ripropone e sta portando a un conflitto su scala globale che dovrà decidere nuovi equilibri e rapporti di forza.

Nel suo classico saggio storico Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918 (Griff nach der Weltmacht, 1961), Fritz Fischer (certamente non un marxista) dimostrò dettagliatamente che gli obiettivi bellici tedeschi erano profondamente radicati “negli interessi industriali-capitalistici, agrari e commerciali d’oltremare”. Fischer ha anche dimostrato che Hitler perseguì in gran parte gli stessi obiettivi durante la Seconda guerra mondiale (basta leggere il Mein Kampf).

Le due guerre mondiali sono state espressione delle inevitabili contraddizioni del sistema imperialista, basato sulla lotta per colonie, materie prime, mercati e regioni strategiche del mondo. Gli interessi del capitale non sono stati violati, ma imposti nel modo più brutale, con enormi profitti per le banche, l’industria bellica e i monopoli delle esportazioni.

La classe dirigente tedesca non ha mai accettato di dover fare i conti con il fatto di dover assumere un ruolo di secondo piano sul piano economico e militare. È stato un lavoro meticoloso di decenni, fino alla riunificazione e al consolidamento sociale ed economico interno. Ora, come ho già scritto ben prima delle dichiarazioni belliciste del nuovo cancelliere, si passa al riarmo guardando di nuovo verso Est.

Già nel 2014, il governo di Angela Merkel richiese che la Germania tornasse a svolgere un ruolo militare commisurato al suo peso economico. Un documento strategico, che fungeva da modello per la politica estera del governo, rivendicava un “ruolo di leadership” internazionale per la Germania.

Questa strategia viene messa in pratica nella guerra in Ucraina, che il governo tedesco ha sostenuto finora con aiuti militari per un totale di 28 miliardi di euro. L’imperialismo tedesco sta di nuovo avanzando nella stessa direzione della Prima e della Seconda guerra mondiale. La sinistra liberale e variamente pacifista non se ne rende conto (o finge, che è lo stesso), presa com’è da questioni “politiche” di più grande momento. Certo, come i loro elettori anche questi politicanti hanno il diritto di non capire nulla di ciò che realmente accade intorno a loro, tuttavia non è il caso che abusino di questo diritto.

Nell’analisi di Lenin l’imperialismo e le guerre non nascono da irrazionali manie di Stato, ma dalla logica interna del capitalismo globale. Rispetto al potere del capitale finanziario odierno, ai tempi di Lenin tale potere era ancora agli albori. E il legame tra potere statale, oligarchia finanziaria e guerra imperialista non è mai stato così evidente come oggi.

Quando Lenin scrisse il suo libro (1917), c’era un solo miliardario al mondo: il magnate del petrolio John D. Rockefeller. Oggi di miliardari ce ne sono 2.800, molti dei quali vantano fortune a due o tre cifre miliardarie. Tuttavia, la causa della guerra e del militarismo non riguarda solo l’entità della ricchezza accumulata, ma il parassitismo finanziario su cui si basa.

Il debito pubblico degli Stati Uniti, che nel 1980 ammontava a poco meno di 1.000 miliardi di dollari, è ora salito a 36.000 miliardi di dollari. Negli ultimi quattro anni, l’aumento ha raggiunto i 10.000 miliardi di dollari. Solo circa il 15% del denaro circolante attraverso le istituzioni finanziarie statunitensi confluisce in nuovi investimenti aziendali, mentre il restante 85% è destinato a investimenti già esistenti. L’aumento del prezzo delle azioni e di altri titoli ha poco a che fare con il processo produttivo reale. Questa enorme montagna di debito sta minando la fiducia nel dollaro e quindi nel sistema finanziario internazionale.

L’imperialismo americano sta cercando di uscire da questa situazione di stallo facendo leva sulla propria superiorità militare, scientifica e tecnologica. Donald Trump incarna la dittatura dell’oligarchia finanziaria americana, non meno dei suoi predecessori. Con delle differenze, certo, non solo di forma. Reagisce in modo scomposto ai problemi per i quali non esiste una soluzione progressista nel quadro del capitalismo.

Trump sta cercando di ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti attraverso dazi che stanno strangolando l’economia globale, e cerca di tappare il buco nel bilancio tagliando i programmi sociali. Rivendica Panama, Canada e Groenlandia e sta preparando, di là delle più apparenti schermaglie, una guerra contro la Cina. Altro che “isolazionismo”.

Da parte loro, i Democratici americani non stanno facendo nulla di concreto per opporsi a Trump perché anche loro rappresentano gli interessi di Wall Street, così come del resto tutti i partiti politici italiani ed europei rappresentano gli interessi dell’oligarchia del denaro.

mercoledì 14 maggio 2025

Il miglior acquisto

Massimo Cacciari, dolendosi di questa destra fascista e cripto-fascista, costituita prevalentemente da cretini, che accusa di aver infranto le regole del gioco con i loro logori riflessi psicologici, sostiene che non esistono intellettuali di destra e di sinistra, bensì l’intellettuale, per essere tale, deve porsi al di sopra della contesa. Una neutralità critica? È un ossimoro. Come dei leali combattenti? Quale puro distillato! Che dire, per esempio, degli specialisti di assurdità religiose? Per non parlare degli specialisti della guerra in Ucraina, degli esperti della violenza contemporanea e tacere di quelli che si sbizzarrirono durante il Covid-19! Tuttavia, posso comprendere lo stato d’animo del Filosofo televisivo alle prese con un mondo inesorabile e ridotto allo scontro tra amici e nemici.

Gli intellettuali sono scomparsi. Sembra di essere tornati agli anni Settanta, quando “scomparivano” in Argentina e Cile. Si sono eclissati o si sono estinti? Nel primo caso, in futuro non servirà inviarli al confino, soprattutto perché ogni loro passione è spenta e perciò mancheranno le motivazioni per una condanna. Nel secondo caso, nessuno se n’è accorto.

P.S. Ho notizia sicura che all’ultimo Salone del libro di Torino il signor Alessandro Giuli, probabilmente nel suo umore migliore, ha acquistato la nova edizione delle opere complete di Marx ed Engels. Mi chiedo: ma che se ne fa di quei volumi uno come lui? Che ingenuità perentoria la mia: farà colpo quando riceve amici e camerati. Nel bene o nel male, sarà il miglior acquisto della sua vita.

martedì 13 maggio 2025

La “cosa bianca”

 

Viviamo in un’epoca meravigliosa, lo dico davvero. Quando mai le plebi hanno avuto la possibilità di accedere a notizie ed immagini come oggi, apparentemente senza filtri, e la possibilità di ognuno di noi di scrivere nella fantastica rete di internet quasi quello che gli pare e piace?

In questa Babele di comunicazione e messaggi, di spettacolo senza soste, un semplice fazzoletto di carta usato può trasformarsi in qualunque cosa, facendoci dimenticare il resto.

Nello scorso fine settimana, il presidente francese Emmanuel Macron, accompagnato dal neo-cancelliere tedesco Friedrich Merz e dai primi ministri britannico e polacco Keir Starmer e Donald Tusk, si è recato a Kiev per incontrare il dittatore locale, Volodymyr Zelensky. Il viaggio è stato effettuato in treno, e già questo fatto crea il clima adatto: siamo in missione per conto della Pace e della Democrazia.

Questo viaggio avrebbe potuto attirare l’attenzione in modi diversi. E però si dice che i teorici della cospirazione hanno preferito invece concentrarsi su un video girato a bordo del treno dai giornalisti dell’AFP. Il filmato mostra Macron, Merz e Starmer che stanno seduti a briscola in una cabina lussuosamente arredata che ti fa bestemmiare pensando a certi nostri treni pendolari.

Macron ha addirittura abbandonato giacca e cravatta, optando per una felpa con cappuccio, il travestimento perfetto per uno statista che vuole mostrare di essere in azione. Lontani i tempi in cui Chamberlain usava l’ombrello. Ebbene, i nostri investigatori del web, scavando sempre più a fondo negli abissi della stupidità, hanno trovato qualcosa.

Qualcosa che dimostra che il presidente francese non è altro che un rettile venuto sulla Terra per annientarci? Osservate attentamente: sul bel tavolo verniciato, accanto ai fascicoli ordinatamente sistemati in piccole cartelle, c’è una “cosa bianca”, che Macron si affretta ad afferrare per tenerla lontana dalle telecamere.

Ma chi è che fomenta questo cervellotico complottismo? E qui si entra nella sfera del contro- complottismo, che altro non è che l’altra faccia della medaglia complottista. I russi! Hanno creato Storm-1516, un sistema di disinformazione ben oliato che si attiva alla minima accusa fantasiosa. L’Eliseo ha diffuso un messaggio su X: “La disinformazione arriva fino a far passare un semplice fazzoletto per una [bustina di] droga”.

Chi sono i rettiliani, Red Ronnie che imita Crozza oppure ...? Vai a saperlo.

L’oligarchia occidentale puntava a creare il suo lebensraum economico, finanziario e politico ad Est, sennonché ha trovato sulla sua strada due ostacoli: dapprima la Russia di Putin, e ora, ahinoi, il venir meno di una parte fondamentale del blocco imperialista, ossia una fazione della borghesia yankee che si disinteressa dell’Europa e guarda invece prioritariamente all’Asia.

Che dite, tutto un po’ troppo semplice e molto fantapolitico, alla Steven Bannon? Si può credere ciò che si vuole, ma voi intanto zoomate su quella “cosa bianca”.

lunedì 12 maggio 2025

La pace cartaginese della UE

 

Se Putin cederà all’ultimatum di Zelens’kyj e dei suoi complici europei (che minacciano ulteriori sanzioni), ossia una lunga tregua, commetterà un grave errore. La tregua e delle viscose trattative serviranno solo all’Ucraina per tirare il fiato, riorganizzarsi militarmente e recuperare maggior sostegno mediatico.

Ciò ricorda Napoleone che, inizialmente vincitore sul campo, accettò una tregua nel 1813, ma dopo qualche mese ne pagò le conseguenze. Che furono fatali. Le tregue e gli armistizi servono solo a chi sta perdendo (*).

Il fattore tempo è a favore di Mosca. La concessione di una tregua ribalterebbe la situazione, gli imperialisti europei recupererebbero spazio di manovra e nuovi pretesti mediatici. La richiesta di tregua e di “pace” avviene nello stesso momento in cui è in atto un piano UE per destabilizzare i Balcani (**).

La strategia dei delinquenti della UE è sempre la stessa: indebolire le potenze primarie, elevare e rafforzare le potenze secondarie. La differenza tra la strategia della UE e quella del Terzo Reich è solo formale, non sostanziale. L’assunto può sembrare una esagerazione solo agli ingenui e a gente in malafede. Del resto sono gli stessi complici di Netanyahu nel genocidio palestinese.

Zelens’kyj non accetterà mai il piano di pace di Mosca. Le contraddizioni fondamentali che stanno in radice al conflitto, non possono essere risolte se non con la sconfitta del dittatore ucraino e della sua cricca. Francia, Germania e Gran Bretagna, che gli soffiano alle spalle, non vogliono la pace se non dopo aver destabilizzato Putin, fatto della Russia uno spezzatino e messo le mani sulle sue risorse minerarie.

La Russia ha proposto che l’Ucraina venga a colloqui diretti a Istanbul il 15 maggio, senza alcuna precondizione. Putin deve tener fermo il punto e non dire, come ha fatto, che nel corso di queste eventuali trattative si possa concordare un cessate il fuoco. Ha già commesso un errore strategico una prima volta, togliendo l’assedio a Kiev, un secondo errore sarebbe imperdonabile.

(*) Nel 1813, tra Napoleone e Metternich si aprirono trattative a Praga, su concezioni e posizioni inconciliabili sull’ordine europeo. Tale tregua, concessa da Napoleone, consentì il formarsi di una coalizione antifrancese più formidabile e determinata di quelle che Napoleone aveva fino ad allora affrontato. Venne l’autunno, gli alleati della coalizione antifrancese negarono un incontro con Napoleone, con la motivazione del tutto formale che i termini dell’armistizio erano scaduti dal giorno precedente, e perciò s’apprestarono a combattere. Per Napoleone, la brillante campagna della primavera precedente, cui seguì la tregua, si chiudeva infine con la sconfitta autunnale di Lipsia.

(**) Piano che include una “rivoluzione colorata” in Serbia guidata da una ONG, un’escalation del conflitto tra la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e il governo centrale della Bosnia e un’alleanza militare tra Croazia, membro della NATO, Albania e Kosovo.

domenica 11 maggio 2025

Le nostre stupide giornate di lavoro

 

«La stagione dei dividendi entra nel vivo e si prepara a scrivere una pagina importante per Piazza Affari. Il dividend-day è il 19 maggio: oltre 40 società del listino milanese distribuiranno cedole per 15 miliardi di euro. Tra i dividendi già distribuiti ad aprile, gli acconti dello scorso novembre e i prossimi vari appuntamenti, il 2025 vedrà una distribuzione complessiva di 41 miliardi, sugli utili generati nel 2024; un aumento del 13% rispetto allo scorso anno.»

Questo, come scrive il Sole 24 ore di oggi, per quanto riguarda i dividendi azionari del listino milanese. Gli amministratori delegati, dopo aver riempito le proprie tasche, trasferiscono quanto più possibile del cosiddetto valore aggiunto ai propri azionisti. Come si diceva una volta: “estorcono plusvalore” come mai prima, a spese del cervello, dei muscoli e dell’anima dei loro schiavi, che non di rado muoiono sul lavoro.

L’aspetto peggiore sono i riacquisti di azioni. Normalmente un’azienda riceve denaro dai suoi azionisti. Si fa esattamente l’opposto, riacquistando le proprie azioni. L’obiettivo? Aumentare i prezzi: meno azioni delle società ci sono in circolazione, più sale il rendimento di ciascuna.

Poi c’è tutto il resto, a cui aggiungere ancora le cedole del debito pubblico pagate nel 2024, per un ammontare complessivo di oltre 85 miliardi. Sia chiaro, solo una parte di quei miliardi finiscono nelle tasche degli italiani che hanno investito in titoli di Stato, il resto finisce all’estero, così come una parte dei ricavi cedolari in titoli europei e di altri Paesi sono incassati in Italia.

Insomma, a leggere questi numeri si può pensare che l’Italia sia economicamente un paese in salute. Cosa che del resto è vera, almeno per quelle persone che possono investire almeno una parte dei loro cospicui risparmi in azioni, obbligazioni e altre fonti di reddito speculativo, non ultimo l’investimento immobiliare (con valori sempre in crescita).

Si strangolano coltivatori, allevatori e fornitori, per che cosa? Per gli azionisti 80enni che, tra un pisolino e l’altro, acquistano immobili o azioni. Quanti miliardi di euro di ricchezza detenuta dagli anziani sono stati trasmessi ai loro figli negli ultimi decenni, e quanta ricchezza liquida e immobiliare sarà ancora trasmessa ai loro eredi nei prossimi anni? Data la relativa diffusione della ricchezza si tratta di un trasferimento di ricchezza imponente, il più grande della storia (con imposte ridicole, esenzioni e detrazioni, senza un’aliquota progressiva per ciò che l’erede riceve in eredità nel corso della sua vita). Non solo per quanto riguarda l’Italia: le società europee del XXI secolo sono tornate ad essere società di eredi.

In una società in cui l’eredità pesa più del lavoro nella costituzione della ricchezza, il meccanismo ereditario plasma un ordine sociale in cui le fortune più grandi sono riservate agli individui provenienti da famiglie benestanti. Altri possono, grazie ai loro sforzi, al merito, o a raccomandazioni in cambio di fedeltà, ottenere buoni posti e stipendi, ma è impossibile per loro raggiungere le posizioni più elevate in termini di ricchezza.

Un fenomeno assai trascurato dalle statistiche e dalla pubblicistica, che è sinonimo di blocco della mobilità sociale. Va poi rilevato che posizione di ricchezza e posizione sociale spesso procedono di pari passo. A ciò poi si aggiungono le politiche fiscali e gli incentivi (leggi bonus) per quei “poveracci” che possono beneficiarne per i loro giardini, la ristrutturazione di ville e villini a spese dei molti che sono tosati alla fonte. Tutto legale, per carità. Ma se pensate che vi sia incompatibilità tra privilegi e uguaglianza di opportunità vuol dire che non siete abbastanza liberali, o non siete abbastanza quel cazzo che volete. Sicuramente passate per essere dei comunisti, di questi tempi la feccia dell’umanità.

Come meravigliarsi se dividendi e rendite alimentano un risentimento degli esclusi che si palesa nel voto elettorale (compresa una aliquota di astenuti)? Il voto incazzato di quelli che non possono permettersi il fuoristrada e un cane di grossa taglia che mangia chili di crocchette al giorno. Di quelli che: “i soldi che la vita mi deve!”. Tutti vogliono essere ricchi, felici di avere tutti i doveri, se questo significa avere tutti i diritti.

Se la sinistra è diventata destra, meglio l’originale della fotocopia, si dice. Paradossalmente in tal modo il voto degli scontenti, che reclamano la condivisione della ricchezza, e quello dei contenti, che puntano a mantenere le posizioni acquisite e anzi a un’ancor maggiore contentezza, si coagula. Il voto è l’essenza di questo tipo di democrazia.

sabato 10 maggio 2025

Freud, Mussolini e gli altri

 

I ricordi di Paula Fichtl, la cameriera di casa Freud a Vienna, in una intervista pubblicata nel 1988 da Tuttolibri e ripresa il 12 aprile da La Stampa (*).

«Molte cose si sapevano già, per esempio che Anna Freud, la vestale del tempio paterno, fosse lesbica e amica di Dorothy Burlingham. [...] Sconcerta, invece, apprendere che la povera Fichtl fosse costretta a dormire come un cane su una panca vicino al gabinetto, aggiustandoci il giaciglio la sera tardi e disfacendo la mattina presto. E questo in un appartamento che, con le sue 19 stanze [in realtà erano 16, nota mia] e una superficie di oltre 550 mq, aveva quasi le dimensioni di una reggia. I Freud dovevano avere i loro buoni motivi per raccomandare alla fedelissima governante di tenere la bocca chiusa.»

Scrive a sua volta Luciano Mecacci nel suo Merilyn M. e altri disastri della psicanalisiDorothy Burlingham «abitava lo stesso palazzo di Freud, al piano di sopra (i due appartamenti erano collegati da una linea telefonica interna). La relazione con Dorothy costituisce un aspetto fondamentale della vita di Anna, ma rappresenta anche un altro prototipo di costellazione analitica. [...] nelle parole della stessa Anna, l’amicizia con Dorothy era “il rapporto più splendido” che lei avesse mai avuto, e anche il padre ne era compiaciuto, come scrisse nel 1929: “la nostra simbiosi con la famiglia americana (senza marito), i cui figli mia figlia alleva analiticamente con mano sicura, si consolida sempre più, cosicché i nostri bisogni per l’estate sono comuni”.»

Di “costellazioni”, triangoli e di più complicati intrecci amorosi tra i più famosi analisti e le loro pazienti, il libro di Mecacci (un tempo non avrebbe avuto bisogno di presentazioni, ma oggi è un altro mondo ...) ne offre esempi a decine, tutti debitamente documentati e fantasmagorici. Con donne che, «allo stesso tempo, erano intelligenti, ricche e fedeli: qualità delle quali almeno una parte fosse necessaria per entrare nel ristretto cerchio dei due maestri [Freud e Jung].» Un mondo, dice Mecacci, «allucinato, parallelo a quello della ricerca scientifica».

Paula Fichtl non fu una semplice cameriera, ma testimone silenziosa e custode di segreti mai rivelati: “Tutta la vita ascoltando i suoi peccati senza parlarne in giro”, è la sintesi perfetta di una convivenza lunga e discreta con il padre-padrone della psicanalisi.

Quello che non c’è nell’intervista qui viene integrato: la moglie di Freud, Martha, era una donna calma, timida, ma molto precisa. Amava curare la casa con meticolosità, legava con nastri colorati la biancheria perfettamente lavata e stirata e faceva la spesa personalmente. Attenta al risparmio, conservava ogni pezzo di spago o carta, raccogliendo tutto in grandi scatole in cucina. Eppure, all’interno della famiglia, la sua voce sembrava contare poco: nessuno le dava davvero retta, nemmeno i figli.

Minna Bernays, la cognata di Freud, era una figura centrale nella vita domestica. Amata dai bambini, rispettata da tutti, viveva in una parte separata della casa ma con una porta comunicante con la camera da letto dei coniugi Freud. Un dettaglio che ha fatto discutere molti biografi. I maligni denigratori, scrive Mecacci, «nell’intento di provare una relazione tra Sigmund Freud e la cognata Minna – che avrebbe abortito il frutto di questo amore – anda[rono] a spulciare persino negli elenchi degli alberghi e nelle stazioni climatiche del Tirolo, dove i due amanti avrebbero soggiornato nel 1900.»

Si legge ancora nell’articolo riedito da La Stampa: dopo il libro di Detlev Berthelsen, raccolta delle memorie della cameriera (**), «Si è cercato di correre ai ripari, dicendo che l’anziana signora non ha più la memoria buona. Ma non è vero, perché ricorda benissimo. [...] È molto vispa e perfino ironica. Le sue cose, a quanto pare, sono state diligentemente e delicatamente setacciate da mani esperte. A parte le lettere, non ha più neppure la raccolta di francobolli regalatale da Freud».

L’intervista non rileva rivela nulla di particolarmente nuovo sul clan Freud. L’intervistatore le chiede se tra i vari pazienti erano più le donne o gli uomini. La cameriera risponde: «Diciamo che erano di più i principi e le principesse. Un povero diavolo non se lo poteva certo permettere».

Il malevolo intervistatore chiede a Paula se si meravigli ancora oggi che molti pazienti di Freud si siano suicidati. Gli domanda se può fargli un esempio particolare. La cameriera risponde: «I due figli della ricchissima Burlingham [Dorothy Trimble Tiffany].»

Chiede ancora se vi fossero più pazienti austriaci o stranieri. Paula risponde: «Stranieri, stranieri! Soprattutto americani. Ricchi, naturalmente». E a proposito dell’arrivo dei nazisti al potere, l’intervistatore afferma: «Si è scritto che Freud fu minacciato e la sua casa saccheggiata dai nazisti». Paula: «Questo non è vero. Vennero 4 o 5 persone, ma non fecero niente e non portarono via niente. Il professore fu lasciato in pace.»

L’intervistatore insiste con un certo tipo di domande: «Le risulta, per esempio, che Freud avesse simpatie per Mussolini? Ho trovato una dedica, che forse non tutti conoscono: “A Benito Mussolini con il devoto saluto di un uomo che nel detentore del potere riconosce l’eroe della cultura. Vienna, 26.IV.1933. Sigmund Freud”». Risponde Paula: «Non sapevo. Mi pare solo di aver sentito dire che Mussolini intervenne a favore del professore quando si trattò di andar via da Vienna. Ma lo fecero anche altri.»

La domanda di fondo resta sempre la stessa e riguarda la validità scientifica della psicanalisi. A tale proposito, Luciano Mecacci nella Premessa alla nuova edizione del suo citato Il caso di Marylin M., scrive:

«Il fatto che, per comprendere lo sviluppo del pensiero di Sigmund Freud o Carl Gustav Jung, di Anna Freud o Melanie Klein, non si possa prescindere dal riferimento alla loro vita personale e al loro ambiente storico-culturale, indubbiamente ne relativizza la pretesa di universalità e scientificità in senso stretto, ma non ne sminuisce il fascino. Direi però nel senso del “perturbante” di freudiana memoria: lo si avverte soprattutto quando, leggendo il resoconto di un caso clinico o la vita di qualche figura centrale della storia della psicanalisi, si rimane in sospeso, non si comprende quale sia il confine tra finzione narrativa e realtà fattuale

Mecacci dedica un intero capitolo del suo libro ai casi inventati e manipolati, che non sono pochi e marginali, a partire proprio da Freud. Quando si leggono i racconti sull’Uomo dei topi, oppure sul caso del piccolo Hans, viene spontaneo chiedersi se il mistificatore e falsario Freud non fosse uno psicotico bisognoso di cure appropriate.

(*) Paula Fichtl proveniva da una famiglia di proprietari di mulini che gestivano il cosiddetto Kirchtagsmühle a Gnigl, località vicino Salisburgo. Suo padre Felix lavorava a tempo pieno come macchinista per la Imperial and Royal State Railway e gestiva il mulino, che era stato di proprietà del nonno, solo come attività secondaria. Dopo la morte prematura della madre Maria, deceduta a causa della tubercolosi, il padre contrasse un secondo matrimonio, ma difficoltà economiche lo costrinsero ad affidare la figlia Paula alle cure della nonna acquisita. Da giovane, dopo vari lavori saltuari in negozi di alimentari e in una fattoria, trovò lavoro come cameriera nella casa della contessa Blome a Salisburgo.

All’età di 24 anni, Paula Fichtl si recò a Vienna per cercare un altro incarico in una famiglia nobile. La ragione del trasferimento fu la rottura del fidanzamento da parte di Paula. Nel 1926, Paula fu assunta come tata da Dorothy Tiffany-Burlingham, la figlia di un gioielliere di New York giunta a Vienna con i suoi quattro figli per sottoporsi a psicoanalisi con Sigmund Freud. Nel frattempo, i quattro figli di Dorothy ricevevano assistenza educativa e psicologica dalla figlia di Freud, Anna. Dorothy, che viveva in Berggasse 19, un piano sopra la famiglia Freud, aveva una relazione intima con Anna Freud. Dopo quattro anni di servizio, Dorothy contrasse la tubercolosi e licenziò Paula perché era importante evitare il contagio della tata, che all’epoca si riteneva avesse una predisposizione ereditaria. Dorothy raccomandò Paula alla famiglia Freud del piano di sotto.

Paula Fichtl ebbe un ruolo nella pratica quotidiana di Sigmund Freud. Il suo compito era aprire la porta ai clienti e accompagnarli nella sala d’attesa. Avrebbe anche dovuto assicurarsi, se possibile, che le persone che si rivolgevano a Freud per un trattamento non si incontrassero nelle sale d’attesa.

Il 4 giugno 1938 accompagnò Sigmund Freud, sua moglie Martha e la figlia Anna in esilio a Londra, a Maresfield Gardens 20.

(**) Si tratta di una lunga intervista, condotta nel corso di otto anni dalla Berthelsen a Londra: Alltag bei Familie Freud, die Erinnerungen der Paula Fichtl, trad. Vita quotidiana in casa Freud, Garzanti 1990, poi anche Ghibli 2022. 

venerdì 9 maggio 2025

L'America in noir

 

Il genocidio dei nativi americani non è riconosciuto come tale nelle scuole americane, il resto è conseguenza in un Paese irto di contraddizioni sociali e armato fino ai denti. Trump, non meno dei suoi predecessori bombaroli, rappresenta un vivido prototipo della miseria umana made in USA, della furiosa violenza che l’industria cinematografica ha mascherato come lotta del “bene” contro il “male” (salvo eccezioni, come nel caso del film di Cimino, I cancelli del cielo).

Per contro, la letteratura ne offre invece uno spaccato verace. Non tutta la letteratura, ma esemplari di scrittori come Jim Thompson, molto più hard di un remoto Raymond Chandler (un noir soft che prediligo), sul genere di James Ellroy, insomma un Dostoevskij dei supermercati, come pare ebbe a definirlo Geoffrey O’Brien (chiedo scusa per le citazioni).

Thompson smise di scrivere thriller classici quando scoprì l’archivio del dottor Otto Lucy, uno psichiatra da cui era andato a farsi visitare. Si immerse poi nella lettura di casi clinici borderline, esplorando l’enorme potenziale distruttivo della “mente umana”. Lo scrittore è stato quindi in grado di creare personaggi davvero folli, ed è questo che lo ha reso l’autore preferito di Stephen King e James Ellroy (del primo non riesco a leggere nulla e del secondo solo le cose più pregevoli).

Ma la “mente umana” non è qualcosa di astratto, come sapeva bene Thompson fin dall’adolescenza, che ci racconta anche le sue esperienze come senzatetto in cerca di lavori pericolosi nei pozzi petroliferi. Spiega come i più poveri si identifichino con i politici più corrotti. Ci porta nei bassifondi dell’Oklahoma, “l’ultima regione senza legge della giovane America, territorio rubato due volte agli indiani, zona di rifugio per le ultime bande di predoni e patriarchi dal grilletto facile”.

Jim Thompson, una vita molto diversa da quella di Brian Thompson, amministrazione delegato della compagnia assicurativa UnitedHealthcare, freddato venerdì 21 febbraio a colpi di pistola da Luigi Mangione, nel cuore di New York. Una città brutale, dove, come ogni altra cosa, la vita può essere comprata.

Nel ventre distopico di questa città, dove tutto è possibile, quando un giovane e attraente ragazzo afferra una pistola per abbattere un magnate delle assicurazioni, non solo la gente non protesta, ma corre addirittura in tribunale per difenderlo. Stiamo parlando di una sola morte, rispetto alle migliaia di persone che muoiono ogni anno a causa di queste compagnie assicurative.

In America tutti hanno una storia con il sistema sanitario. Non solo i poveri, soprattutto loro, ma anche studenti, impiegati, commercianti e venditori ambulanti di hot dog. Tutti. In questo Paese, che vanta i chirurghi più qualificati al mondo, le tecnologie sperimentali più avanzate e dove ogni anno si compiono prodigi medici, la cui notizia fa il giro del mondo, l’accesso all’assistenza sanitaria è degno di un Paese sottosviluppato.

Secondo uno studio condotto dai Physicians for a National Health Program (leggere!), ogni anno circa 45.000 persone muoiono a causa delle assicurazioni private: perché non vi hanno accesso o perché si rifiutano di pagare determinati trattamenti. Pagare tra i 300 e i 600 dollari al mese, non ti protegge da nulla. Parlo per cognizione diretta: qualunque cosa accada, assicurato o no, pagherai. Un’auto ti investe e scappa, sono cazzi tuoi, per esempio una franchigia di 6.000 dollari prima di poter ottenere il rimborso per un ricovero ospedaliero (*).

Quanto vale una vita umana? Possiamo essere davvero liberi quando la nostra esistenza è monetizzata e il nostro destino è giocato alla roulette russa da aziende avide di profitto? A Manhattan, quei manifestanti sostengono un assassino perché hanno sperimentato sulla loro pelle che il capitalismo è insopportabile, salvo che per le solite merde che inneggiano al libero mercato.

(*) Dalla firma del Social Security Act nel 1965, negli Stati Uniti sono esistiti due sistemi di assicurazione sanitaria pubblica: Medicare, destinato agli anziani e ai disabili gravi, e Medicaid, destinato a coprire le persone con i redditi più bassi. Ciò riguarda circa 65 milioni di persone nel primo caso e 79 milioni nel secondo. Può sembrare molto, ma rispetto alla popolazione degli Stati Uniti (oltre 330 milioni di persone), è una cifra piuttosto esigua. Per poter beneficiare di questi programmi è necessario trovarsi in situazioni di estrema difficoltà. La maggior parte degli americani è assicurata tramite il proprio estorsore di lavoro, ma alcune categorie non sono assicurate. Risultato: una popolazione troppo abbiente per beneficiare del Medicaid e troppo povera per potersi permettere un’assicurazione privata. Circa un quinto degli americani non ha un’assicurazione sanitaria. E i prezzi sia dell’assistenza sanitaria che dei medicinali sono esorbitanti. L’Obamacare, più comunemente noto negli Usa come Affordable Care Act, si prefiggeva di ampliare il numero di persone coperte da Medicaid e supportare coloro che dovevano acquistare una assicurazione. Ma questa misura ha avuto un’efficacia relativa a molto discrezionale a seconda degli Stati. Quindi è stata martellata da Trump durante il suo primo mandato, e ora ci pensa Kennedy Jr. a fargli la guerra e la Corte Suprema dovrà decidere in merito.

giovedì 8 maggio 2025

Il mondo di ieri

 

I cattolici aspettano l’elezione della migliore anguilla capace di dare un colpo a sinistra e tre colpi a destra. Di giocare con le loro angosce esistenziali, di opporsi all’aborto e di nascondere gli stupri sui minori. Una folla saluterà in delirio. La “sobrietà” è raccomandata solo per il 25 aprile.

Tutto ciò è medievale non solo nei rituali: le donne non possono diventare papi perché non hanno il pene, possono solo fare da serve ai maschi. A tale riguardo penso che il monologo maschilista cattolico non avrà un domani, e se per questo nemmeno il mondo attuale avrà un futuro.

Non ho ancora deciso se gli eventi ai quali impavidi assistiamo suscitano più preoccupazione o più disgusto. Del resto, non mi pare che né l’una e nemmeno l’altro sollecitino una qualche reazione di massa. Tutt’altro. Siamo collettivamente precipitati in una specie di sindrome di Alzheimer. Viviamo chiusi in noi stessi, nella terra di nessuno, nei nostri nascondigli. Che cosa succede alla nostra memoria, e che cosa nella memoria degli altri, diventati degli estranei? La desolazione prima della notte eterna.

Il mondo di ieri, per ripetere una celebre formula di Stefan Zweig, è condannato all’incenerimento dalle ineludibili dinamiche degli Stati-nazione, dalla lotta per i mercati e le materie prime, per la supremazia economica e tecnologica. I promotori del disastro ci spiano e profilano, solo i cani non ci giudicano. Non sappiamo se e che cosa potrà sostituire il capitalismo omicida dal volto umano, ma prima dovrà bruciare l’umanoide terminale.

mercoledì 7 maggio 2025

La stanza dei giochi

 

Lui si sta divertendo un mondo. Il 29 aprile lo ha ammesso alla rivista The Atlantic: “Mi sto divertendo molto. La prima volta, avevo due cose da fare: governare il paese e sopravvivere [...]. La seconda volta, guido il paese e il mondo”. Firma decreti esecutivi come se mangiasse pistacchi all’aperitivo, umilia e minaccia, fa crollare le borse, bombarda e invia armi a destra e a manca, insomma fa come qualsiasi altro presidente americano.

Non proprio come qualsiasi altro presidente americano, perché finora non ha dichiarato ufficialmente guerra a nessun Paese. Siamo ancora nella fase delle promesse e delle minacce, per esempio di annettere altri Paesi, mentre altri presidenti prima di lui non solo hanno minacciato di farlo, ma l’hanno fatto davvero (basta leggere questa voce di Wikipedia per farsene una vaga e primordiale idea).

Lo stesso 29 aprile, era a un comizio a Warren, nel Michigan, per celebrare davanti ai suoi fan “i primi 100 giorni di maggior successo di qualsiasi amministrazione nella storia del nostro paese [...]. Abbiamo appena iniziato, non hai ancora visto nulla!”. Sì, ride di gusto. E poi, perché dovrebbe essere triste, visto che “Dio mi ha salvato affinché potessi rendere di nuovo grande l’America”? E difatti si fa ritrarre nelle vesti del papa, scandalizzando i soliti baciapile.

Quale dio? Ce ne sono per tutti i gusti, i bisogni e gli stati d’animo, compreso quello idealizzato sulle banconote da un dollaro. Se la ragione non ha alcun posto in questo contesto – il che accade raramente quando s’invoca Dio come fanno tutti i presidenti – la determinazione c’è. Si tratta di una interpretazione del potere – della nazione più armata e potente del mondo – al servizio di un’ideologia che è essenzialmente totalitaria, quale appunto è quella del capitalismo imperiale. Dov’è dunque la sostanziale differenza tra l’oggi e il passato?

Certo, la forma è sostanza in questi casi, e questo grasso maiale non se ne cura per niente delle formalità, della buona creanza, del savoir-faire diplomatico. È un dio dall’orgoglio insopportabile, capriccioso, arrabbiato, tirannico, viziato e che si sente in diritto di avere tutto: vai avanti, il mondo è la tua stanza dei giochi e puoi prendere tutti i giocattoli che vuoi. E se li rompi, nessun problema, ne riceverai altri. Hanno fatto cose diverse Bush padre e figlio, oppure Obama e Biden, Clinton e l’Europa nella ex Jugoslavia, insomma nella grande stanza dei loro giochi?

Non è certo la prima volta che ciò accade – gli Stati Uniti hanno sperimentato le macchinazioni di J. Edgar Hoover e del maccartismo – ma è la prima volta che chi è al comando dichiara esplicitamente e ruvidamente il suo progetto di classe: riconfigurare le istituzioni, sia nazionali che internazionali, al fine di instaurare un ordine assolutista composto dai più forti, dai più ricchi e dai più illuminati purché di madre lingua anglosassone.

Sono cose che si fanno ma non si dicono, questo il rimprovero. Sarebbe quindi inappropriato ridere di fronte a un clown che gesticola e dimenticare ciò che è sempre avvenuto, sia pure in forme più felpate ma anche in modi più ... esplosivamente assertivi.

lunedì 5 maggio 2025

L'Europa

Israele è sempre in angosciante attesa di conoscere l’entità delle sanzioni europee. Poi gridiamo all’orrore se dei fanatici dovessero far strage nelle metropoli europee o in una sinagoga.

Resta da conoscere, per metterla sul piano della contabilità, quanti morti vi sono stati dalla parte delle truppe ucraine per ogni chilometro di territorio conquistato dai russi.

Un mio modesto auspicio.