In un paesino di 800 anime, circa 400 di queste vivono come le più povere tra le persone più povere di quel luogo, con solo il 2% per cento della ricchezza complessiva; solo 80 paesani possiedono tre quarti di tutti i beni, e tra questi solo 8 dispongono del 47,4 di ogni ricchezza. Di che tipo di società potremmo parlare? È questa la rappresentazione in termini percentuali della situazione economica degli abitanti del mondo.
Per venire più direttamente alla nostra situazione relativa alla distribuzione della ricchezza, il 10% della popolazione italiana più ricca detiene circa il 60% della ricchezza nazionale, mentre la metà più povera possiede solo circa il 7,4%. Altri dati evidenziano che il 5% della popolazione più abbiente possiede quasi la metà del patrimonio, e lo 0,7% possiede circa la metà delle risorse finanziarie del Paese (azioni, obbligazioni, depositi).
Sono dati noti e ripetuti ad vomitum, compreso il fatto che il 43 per cento dei contribuenti non versa un centesimo di imposte dirette. Il reddito medio dichiarato in Italia è sostanzialmente lo stesso da circa 15 anni. Più di 14 milioni di contribuenti risultano alla fame o quasi, con mediamente poco più di mille euro il mese. Altri 12 milioni circa, sopravvive con una certa fatica. Complessivamente si tratta del 64,3 per cento dei 40,4 milioni di contribuenti.
Quelli che la sfangano meglio, senza perciò essere ricchi, sono 12 milioni. Lo zoccolo duro di questo strano Paese. I benestanti sono solo 1,7 milioni, con redditi che vanno dai 75 ai 120 mila euro, il 4,2 due dei contribuenti complessivi. Solo 700 mila contribuenti si puossono definire ricchi, ma anche di tale classe reddituale bisogna distinguere poiché un reddito imponibile appena al di sopra di 120 mila euro non può di per sé dare titolo di “ricchezza”. E come raffronto non cito certo Elon Musk e i sui 500 miliardi.
Un Paese di poveri o quasi poveri e una bassa percentuale di benestanti. Poi quello 0,7 che possiede circa la metà delle risorse finanziarie del Paese (azioni, obbligazioni, depositi). Evidentemente stiamo parlando di due realtà diverse, anche più di due, più di tre o quattro realtà diverse da ciò che dicono questi numeri statistici. Una realtà sfaccettata dicono i filosofi.
È sufficiente passare in rassegna i parcheggi dei ristoranti e pizzerie di una data zona il sabato sera e chiedersi a chi appartengano tutte quelle auto dai 50-60 mila euro in su. O dare un’occhiata a porti e porticciuoli che punteggiano le coste della penisola, spesso deturpandole. E a tale proposito, c’è da chiedersi chi siano i proprietari di quelle decine di migliaia di ville e villette nei luoghi di villeggiatura (e non solo), e come sia possibile, dichiarazioni dei redditi alla mano, che vi siano censite due case ogni tre abitanti, con una media di 118 mq per abitazione, con alcune province dove ogni abitante è proprietario mediamente di più di una casa (il catasto nel 2023 ha censite 86mila abitazioni in più rispetto a dodici mesi prima).
Il 93% del parco residenziale è nelle mani di persone fisiche, ma la maggior parte degli incassi fiscali arriva, in proporzione, da immobili a destinazione speciale come alberghi, teatri, ospedali e centri sportivi. Vero è che sulla prima casa, sacra a prescindere, non si versano imposte, tuttavia vuoi vedere che c’è una sottostima delle rendite catastali degli immobili residenziali, seconde e terze case in specie?
Ma allora i veri poveri sono molti di meno di quanto dicono le statistiche? Non proprio: i poveri sono poveri e sono destinati a rimanere tali, se non a peggiorare la propria situazione. Sono i benestanti e i ricchi ad essere molto più benestanti e ricchi di quanto dichiarato al fisco, magari attraverso la cosiddetta ottimizzazione fiscale, che è cosa legale (il fatto che sia legale e che generalmente sfrutti le lacune del sistema non significa affatto che sia anche equa).
Va del resto tenuto conto di ciò che è ovvio: più un sistema fiscale è complesso, più è facile evadere le tasse o frodare il fisco. Ma è vero anche il contrario: a Dubai, per esempio, non esiste alcuna imposta sul reddito. E anche in Italia, per i milionari provenienti dall’estero (“in fuga da regimi fiscali oppressivi”) l’imposizione è fissa a prescindere dal reddito: 200mila e pace, con possibilità di estendere il regime ai familiari, versando 25.000 euro annui per ciascuno, con esenzione da IVIE (immobili esteri), IVAFE (c/c esteri) e obblighi di monitoraggio fiscale su attività estere. Grazie al PD e a chi l’ha seguito (chi ha aderito prima dell’estate 2024 può continuare a versare la flat tax da 100.000 euro).
Sarebbe anche il caso di dare un’occhiata alle aliquote e alla progressione fiscale relativa alle successioni e donazioni, ma per carità lasciamo stare che prima o dopo veniamo invischiati più meno tutti in tale faccenda (mai sentito “dibbbattito” su questi e simili temi nei talk show?).
Quanto alla frode e all’evasione sulle transazioni internazionali, il capitolo è vasto e, come dicono gli apologeti dell’ordine capitalistico, “complesso”: manipolazione dei prezzi di trasferimento nelle transazioni tra filiali; trasferimento del debito da una filiale all’altra per gonfiare artificialmente i risultati, o la localizzazione di beni immateriali in paradisi fiscali e la loro fatturazione ad altre filiali; ridurre al minimo le imposte in caso di rimpatrio dei fondi inserendo una nuova struttura giuridica tra le filiali produttive e la società madre; esiste un insieme di non meno di 3.500 trattati fiscali bilaterali in vigore in tutto il mondo che mirano a prevenire la doppia imposizione e facilitare le attività transfrontaliere, che rappresentano fonti di opportunità di evasione fiscale e di profitti per consulenti e avvocati fiscali ... .


Nessuna forza politica e sottolineo nessuna, si fa carico di queste tematiche e specialmente in campagna elettorale.
RispondiEliminaPoi mi criticano perché non voto.
Io ho imparato e rispondo... Fottetevi!
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