lunedì 3 novembre 2025

Lettura d'evasione

 

In un paesino di 800 anime, circa 400 di queste vivono come le più povere tra le persone più povere di quel luogo, con solo il 2% per cento della ricchezza complessiva; solo 80 paesani possiedono tre quarti di tutti i beni, e tra questi solo 8 dispongono del 47,4 di ogni ricchezza. Di che tipo di società potremmo parlare? È questa la rappresentazione in termini percentuali della situazione economica degli abitanti del mondo.

Per venire più direttamente alla nostra situazione relativa alla distribuzione della ricchezza, il 10% della popolazione italiana più ricca detiene circa il 60% della ricchezza nazionale, mentre la metà più povera possiede solo circa il 7,4%. Altri dati evidenziano che il 5% della popolazione più abbiente possiede quasi la metà del patrimonio, e lo 0,7% possiede circa la metà delle risorse finanziarie del Paese (azioni, obbligazioni, depositi).

Sono dati noti e ripetuti ad vomitum, compreso il fatto che il 43 per cento dei contribuenti non versa un centesimo di imposte dirette. Il reddito medio dichiarato in Italia è sostanzialmente lo stesso da circa 15 anni. Più di 14 milioni di contribuenti risultano alla fame o quasi, con mediamente poco più di mille euro il mese. Altri 12 milioni circa, sopravvive con una certa fatica. Complessivamente si tratta del 64,3 per cento dei 40,4 milioni di contribuenti.

Quelli che la sfangano meglio, senza perciò essere ricchi, sono 12 milioni. Lo zoccolo duro di questo strano Paese. I benestanti sono solo 1,7 milioni, con redditi che vanno dai 75 ai 120 mila euro, il 4,2 due dei contribuenti complessivi. Solo 700 mila contribuenti si puossono definire ricchi, ma anche di tale classe reddituale bisogna distinguere poiché un reddito imponibile appena al di sopra di 120 mila euro non può di per sé dare titolo di “ricchezza”. E come raffronto non cito certo Elon Musk e i sui 500 miliardi.

Un Paese di poveri o quasi poveri e una bassa percentuale di benestanti. Poi quello 0,7 che possiede circa la metà delle risorse finanziarie del Paese (azioni, obbligazioni, depositi). Evidentemente stiamo parlando di due realtà diverse, anche più di due, più di tre o quattro realtà diverse da ciò che dicono questi numeri statistici. Una realtà sfaccettata dicono i filosofi.

È sufficiente passare in rassegna i parcheggi dei ristoranti e pizzerie di una data zona il sabato sera e chiedersi a chi appartengano tutte quelle auto dai 50-60 mila euro in su. O dare un’occhiata a porti e porticciuoli che punteggiano le coste della penisola, spesso deturpandole. E a tale proposito, c’è da chiedersi chi siano i proprietari di quelle decine di migliaia di ville e villette nei luoghi di villeggiatura (e non solo), e come sia possibile, dichiarazioni dei redditi alla mano, che vi siano censite due case ogni tre abitanti, con una media di 118 mq per abitazione, con alcune province dove ogni abitante è proprietario mediamente di più di una casa (il catasto nel 2023 ha censite 86mila abitazioni in più rispetto a dodici mesi prima).

Il 93% del parco residenziale è nelle mani di persone fisiche, ma la maggior parte degli incassi fiscali arriva, in proporzione, da immobili a destinazione speciale come alberghi, teatri, ospedali e centri sportivi. Vero è che sulla prima casa, sacra a prescindere, non si versano imposte, tuttavia vuoi vedere che c’è una sottostima delle rendite catastali degli immobili residenziali, seconde e terze case in specie?

Ma allora i veri poveri sono molti di meno di quanto dicono le statistiche? Non proprio: i poveri sono poveri e sono destinati a rimanere tali, se non a peggiorare la propria situazione. Sono i benestanti e i ricchi ad essere molto più benestanti e ricchi di quanto dichiarato al fisco, magari attraverso la cosiddetta ottimizzazione fiscale, che è cosa legale (il fatto che sia legale e che generalmente sfrutti le lacune del sistema non significa affatto che sia anche equa).

Va del resto tenuto conto di ciò che è ovvio: più un sistema fiscale è complesso, più è facile evadere le tasse o frodare il fisco. Ma è vero anche il contrario: a Dubai, per esempio, non esiste alcuna imposta sul reddito. E anche in Italia, per i milionari provenienti dall’estero (“in fuga da regimi fiscali oppressivi”) l’imposizione è fissa a prescindere dal reddito: 200mila e pace, con possibilità di estendere il regime ai familiari, versando 25.000 euro annui per ciascuno, con esenzione da IVIE (immobili esteri), IVAFE (c/c esteri) e obblighi di monitoraggio fiscale su attività estere. Grazie al PD e a chi l’ha seguito (chi ha aderito prima dell’estate 2024 può continuare a versare la flat tax da 100.000 euro).

Sarebbe anche il caso di dare un’occhiata alle aliquote e alla progressione fiscale relativa alle successioni e donazioni, ma per carità lasciamo stare che prima o dopo veniamo invischiati più meno tutti in tale faccenda (mai sentito dibbbattito su questi e simili temi nei talk show?).

Quanto alla frode e all’evasione sulle transazioni internazionali, il capitolo è vasto e, come dicono gli apologeti dell’ordine capitalistico, “complesso”: manipolazione dei prezzi di trasferimento nelle transazioni tra filiali; trasferimento del debito da una filiale all’altra per gonfiare artificialmente i risultati, o la localizzazione di beni immateriali in paradisi fiscali e la loro fatturazione ad altre filiali; ridurre al minimo le imposte in caso di rimpatrio dei fondi inserendo una nuova struttura giuridica tra le filiali produttive e la società madre; esiste un insieme di non meno di 3.500 trattati fiscali bilaterali in vigore in tutto il mondo che mirano a prevenire la doppia imposizione e facilitare le attività transfrontaliere, che rappresentano fonti di opportunità di evasione fiscale e di profitti per consulenti e avvocati fiscali ... .

domenica 2 novembre 2025

Eventi che cambiano il mondo

 

Cinquant’anni fa, chi avrebbe immaginato un presidente della Repubblica Popolare Cinese partecipare a un forum economico come quello di Davos (già esisteva!)? Sarebbe stato preso per un burlone oppure per un folle. Se poi avesse aggiunto che lo stesso presidente cinese si sarebbe espresso a favore del capitalismo e del libero scambio globale, l’intero pianeta avrebbe riso a crepapelle.

Ed invece è esattamente ciò che è successo al World Economic Forum di Davos nel 2017, quando Xi Jinping lanciò un appassionato appello al libero scambio globale. Anche otto anni fa la cosa destò qualche perplessità. Fino ad allora, discorsi del genere erano più comunemente associati a leader di altre parti del mondo. Da allora, Xi ha ribadito questa posizione più volte, mentre l’allora presidente degli Stati Uniti, ancora oggi in carica, non ne vuole sapere e ha fatto del protezionismo un principio centrale dell’agenda del suo governo.

L’incontro tra Trump e Xi Jinping, tenutosi giovedì a Gyeongju, in Corea del Sud, si è concentrato sulla prevenzione di un’ulteriore escalation della guerra commerciale in corso tra Cina e Stati Uniti. Nessuno dei due leader ci crede, specie Trump, il quale ha altri progetti. Solo un giorno dopo, nello stesso luogo, il presidente cinese ha invitato gli Stati membri dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) a praticare un “genuino multilateralismo”. Li ha esortati a promuovere un ambiente economico regionale aperto e la liberalizzazione del commercio e degli investimenti. Ed è ciò che più conviene al gigante cinese, ma anche agli altri 20 Paesi che ne fanno parte, Stati Uniti compresi, che però hanno altre ambizioni, che non nascondono.

Ancora nell’anno 2000, la parola d’ordine era “liberalizzazione del commercio globale” e l’aspettativa era il “cambiamento attraverso il commercio”, perché ciò che veniva esportato non erano solo prodotti manifatturieri occidentali, ma anche un intero pacchetto di “valori” occidentali. E se l’esportazione di questi beni vacillava per un qualche motivo, c’era pronto quello che eufemisticamente veniva chiamato interventismo sui diritti umani: con mezzi militari, si diceva al recalcitrante che non avrebbero dovuto intraprendere alcuna azione indipendente, bensì mettere in vendita le sue risorse naturali e aprire il Paese all’importazione di beni a basso costo o alla loro produzione sotto la proprietà e il controllo di aziende occidentali, eccetera.

I salariati dei paesi del G7 producevano circa la metà del prodotto interno lordo globale; oggi è meno di un terzo. All’epoca, poco si accennava ai cambiamenti, a volte drammatici, nell’ordine mondiale. Un mondo unipolare e le nazioni industrializzate del Nord, soprattutto gli Stati Uniti, si sforzavano di imporre regole universalmente applicabili praticamente a tutti i Paesi al fine di aumentare le vendite e i profitti del loro capitale.

Ah, bei tempi quelli. Anche le classi subalterne occidentali ne traevano vantaggio. Quell’ordine mondiale appartiene al passato. Semplicemente perché la ricchezza generata dalla produzione di merci non rimane più concentrata esclusivamente nei vecchi centri capitalistici. L’unità contraddittoria dell’economia globale e della politica basata sugli Stati nazionali genera crisi ricorrenti. Il mercato globale si unifica e si frammenta simultaneamente, portando a uno sviluppo diseguale. Questo si può osservare – e anche la Corea del Sud sta inviando questo segnale – nell’ascesa della Cina e nel relativo declino degli Stati Uniti.

A guidare gli Stati Uniti è gente come Trump, che pensa di recuperare ruolo ed egemonia con le minacce, i dazi e la guerra con le cannoniere. Trump s’illude di vivere nel mondo di ieri, non vuol prendere atto che il nuovo secolo sarà sempre meno “americano”. Quanto all’Europa, alle prese con le sue irrisolte contraddizioni nazionalistiche, è sulla buona strada per tornare graniticamente fascista.

sabato 1 novembre 2025

Ritorno dal passato

 

Per la terza volta da quando la tecnologia ha permesso un’osservazione accurata del cielo, i telescopi hanno individuato un oggetto interstellare in transito nel nostro sistema solare. Il nome dato a questo misterioso ospite di ghiaccio e polvere che affascina astronomi e procacciatori di UFO è 3I/ATLAS.

Una cometa non è un asteroide. Non è solo un pezzo di roccia proveniente da una vecchia collisione nello spazio; è un nucleo fatto di ghiaccio e polvere, noto per allungarsi in una chioma bluastra man mano che si avvicina al Sole, sublimando il suo ghiaccio in gas. Le comete spesso provengono da molto lontano: dalla Fascia di Kuiper, molto vicina a Nettuno, o dalla Nube di Oort, ancora più lontana, per esempio. Ma 3I/ATLAS ha un’altra storia, ancora più lontana, poiché è una cometa interstellare che di cose ne ha viste parecchie.

Da quando abbiamo la tecnologia adatta per osservarli, solo altri due oggetti interstellari, prima di 3I/ATLAS, provenienti da oltre il nostro sistema solare, ci sono noti. Il primo visitatore non nato nel nostro sistema è stato individuato nel 2017, ed è passato tra il Sole e Mercurio. Gli è stato dato il nome di Oumuamua, e qui nel blog ne ho già parlato (basta fare un “cerca”). Due anni dopo, Borisov ha sfiorato l’orbita di Marte, e ora 3I/ATLAS si è silenziosamente infilata tra l'orbita terrestre e quella di Marte.

Forse ce ne siamo un po’ dimenticati grazie alla fantascienza e alle battaglie intergalattiche, ma il primo visitatore non nato nel nostro sistema rimane un evento raro. Nel 2017, Oumuamua è passata tra il Sole e Mercurio. Due anni dopo, Borisov ha sfiorato l’orbita di Marte, e ora la cometa 3I/ATLAS si è silenziosamente infilata tra l’orbita terrestre e quella di Marte.

Sempre se si tratta di una cometa e non di qualcos’altro, poiché si sono levate grida di “fallimento scientifico”, di “cometa misteriosa”, di “regole del sistema solare infrante” e limmancabile arrivo di “tecnologia aliena”.

Da dove deriva questa smania, questo desiderio fortissimo di contatto con una dimensione aliena? Forse la risposta è semplicistica, ma penso che anche in tal caso vi sia una forte connessione con i fenomeni connessi alla dimensione metafisica e dunque con le credenze religiose e i relativi surrogati.

Torno subito alla realtà. Fin dalla sua scoperta, avvenuta il 1° luglio attraverso l’obiettivo di un osservatorio cileno, gli astronomi di tutto il mondo hanno rivolto la loro attenzione alla cometa. L’attenzione si è estesa anche a Marte lo scorso ottobre, dove i rover sono riusciti a catturare immagini di 3I/ATLAS mentre passava nel punto più vicino al Pianeta Rosso, a circa 29 milioni di chilometri di distanza, un’inezia.

L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) descrive l’oggetto come una sfera bianca brillante con pixel leggermente sfocati che si muovono a singhiozzo. Ciononostante si è riusciti a estrarre una grande quantità di informazioni. La cometa si muove rapidamente, a circa 60 chilometri al secondo, come sulla Cristoforo Colombo nelle gare notturne tra bolidi terrestri, e non è perfettamente simmetrica nel campo visivo, che è ciò che ci si aspetta da una cometa.

Nel frattempo, alla NASA, sono state catturate altre immagini, che hanno ulteriormente affinato la singolarità e la miriade di stranezze che accompagnano l’oggetto (che qui ometto di raccontare perché non voglio rovinare un giorno di festa agli eventuali lettori giunti fin qui). Come previsto, di fronte a ciò che appare ignoto, gli appassionati di alieni e i procacciatori di UFO si stanno entusiasmando. Avi Loeb, uno di loro, professore di astrofisica ad Harvard, inonda da mesi i social media di teorie extraterrestri. Lo aveva già fatto nel 2017 con Oumuamua, prima di essere smentito dai fatti. Quanto al caso 3I/ATLAS, la sua teoria ora si aggrappa alla probabilità: il 40%, dice. Un 40% di probabilità che la cometa non sia una cometa, ma un oggetto inviato da un’intelligenza aliena.

In definitiva, è così che funziona nelle scienze dei “grandi misteri”, come la cosmologia o la fisica quantistica: poiché non possiamo essere certi che una proposizione teorica sia vera o falsa, ci immergiamo nei calcoli di probabilità per quelle stesse teorie. In meccanica quantistica, questo si traduce in: quali sono le probabilità che un fotone sia contemporaneamente un’onda e una particella?

I fisici adorano i concetti che valgono indistintamente per tutto, e quindi per niente in modo specifico. Credono in questo modo di fare una scienza superiore, mentre si elevano nel cielo terso delle astrazioni pure. Simmetria, supersimmetria, rottura della simmetria: sembra di tornare all’esoterismo. Ma quando rimettono i piedi per terra e devono spiegare la faccenda in maniera più concreta, sono costretti ad arrampicarsi sugli specchi, anzi, sugli “schermi”.

La distribuzione degli eventi quantistici è completamente determinata dalle equazioni della teoria, ma gli eventi singoli non lo sono. Per esempio, la teoria non predice il punto di uno schermo che il singolo fotone andrà a colpire dopo essere passato attraverso un foro; a poter essere determinata con precisione è solo la distribuzione di un gran numero di impatti.

Che è cosa è rilevante per la conoscenza? Il comportamento inevitabilmente casuale di un singolo fotone o il comportamento conseguentemente necessario di un fascio di fotoni? Proprio a tale riguardo Einstein – che si dice eufemisticamete avesse un rapporto complesso con la meccanica quantistica – pronunciò la celebre frase: Dio non gioca a dadi! Una fisica di matematici costretti ad ammettere l’azione del caso senza però essere consapevoli della necessità ad esso dialetticamente connessa.