martedì 23 luglio 2024

Death of a president

La politica è sangue e merda (cit.).
Spesso è più luna che laltro.

Joe Biden, lo zombie più famoso d’America. A chi interessa il suo caso dopo 48 ore dalla annunciata rinunzia? Neanche fosse Celestino V. I capibastone del Partito democratico hanno recuperato le chiavi della macchina del nonno, che ora potrà essere messo sotto naftalina in una RSA di lusso.

E però si tratta sempre del presidente della prima potenza mondiale, forse anche della prima potenza militare della Via Lattea. Vai a sapere in queste classifiche. Biden sembrava convinto di incarnare la migliore opzione dei democratici per le elezioni presidenziali. Va detto che l’ex numero due di Obama è comunque riuscito nell’impresa di rimuovere Donald Trump dalla Casa Bianca. E questo mi pare nessuno l’abbia ricordato. Ingratitudine.

Ma il tempo passa, la vista si affievolisce, la memoria si indebolisce. E in meno di un trimestre, l’affascinante anziano si è trasformato in un vecchio affetto da demenza senile. Che comunque fino a gennaio prossimo avrà una delle chiavi della famosa valigetta. E di qui a sei mesi tante cose possono succedere. Lo dico per scrupolo: al vecchio Willy Loman, oltre alle chiavi dell’auto, toglietegli anche quelle dell’Apocalisse.

Riavvolgiamo l’ultimo nastro di Biden. 27 giugno 2024, set della CNN. Joe intende chiudere le saracinesche ai calunniatori. Di certo non è più giovanissimo, ha ottantuno anni, ma chi pensa che questo possa essere un ostacolo alla sua rielezione venga a dirglielo in faccia. E però fin in dai primi minuti – davanti a un Donald Trump in gran spolvero – il presidente sprofonda: incoerenze, vuoti di memoria, parole disordinate ... Uno shock per i molti del suo entourage e dei suoi grandi supporter che da tempo fingevano di non vedere lo stato del presidente. Alla fine del dibattito, nessuno poteva negare che il suo ritiro dalla sfida di novembre fosse necessario.

Il giorno successivo, il rispettabilissimo New York Times, organo ufficioso dei democratici, ha mostrato i denti titolando: “Per servire il Paese, il presidente Biden deve abbandonare la corsa”. Biden non sarebbe altro che “l’ombra di un leader” dopo aver “fallito il test”. Il più grande servizio pubblico che possa rendere oggi è togliersi dalle balle, spiegava il giornale.

L’8 luglio, sempre il New York Times spinge per il licenziamento rivelando che un medico specializzato nella malattia di Parkinson, Kevin Cannard, ha visitato la Casa Bianca otto volte in otto mesi. L’équipe del presidente nega categoricamente: il vecchio ha visto un neurologo solo tre volte in tre anni e le visite del medico erano legate al trattamento di altre persone. Queste smentite hanno lo stesso sapore di quelle di Nixon.

Qualche settimana dopo, Joe torna sulla brace. Un’intervista sulla ABC che sembra un test di prontezza mentale. Kaput. In un articolo pubblicato sempre sul New York Times, anche quella faccia di gomma di George Clooney, fedele sostenitore dei democratici e già protagonista di una campagna di raccolta fondi per Biden, gli chiede di dimettersi perché “l’unica battaglia che non può vincere è quella contro il tempo”. Ce ne ricorderemo.

A pugnalare il cadavere, ci penserà quel Nobel per la pace che risponde al nome di Barack Hussein Obama. Biden gli offre il petto: “Signore e signori, presidente Putin”, dice rivolto a Volodymyr Zelenskyj al vertice della NATO a Washington l’11 luglio. Non è semplicemente un lapsus, è una diagnosi fatale. Chi può ancora immaginare Biden come leader della guerra contro la Russia e in prospettiva contro la Cina?


Donald Trump, come tutti sappiamo, il 13 luglio diventa il messia della destra cristiana (e non solo). Per coincidenza, lo stesso giorno, Joe Biden è risultato positivo al Covid-19. È la terza volta che lo becca. Per l’opinione pubblica ciò dimostra innegabilmente che il suo sistema immunitario è fragile e rafforza l’idea che non sia in buone condizioni di salute. Un paziente di fronte al Donald Trump sopravvissuto per volere di dio.

Non c’è più partita. Il 18 luglio, ci pensa il Washington Post, giornale dei lavoratori americani. Nessuno trattiene più i colpi. Fuoco a volontà. La democrazia americana è fatta di denaro, il polmone di una campagna elettorale. Chiudere il rubinetto del denaro è il modo per metterti fuori gioco. Joe/Willy consegna le chiavi. 

11 commenti:

  1. https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/guerre-e-distruzione-biden-e-trump-pari-sono-da-il-fatto/

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  2. Oltre 4 anni fa, al telefono con mio cugino americano, e dem, io lo dissi: è demenza senile. E gli chiesi se su 330 milioni non ne trovavano uno sano. Quindi sono il più bravo come politologo, e anche come neurologo.
    Per il resto, ti segnalo che la data del dibattito è sbagliata.

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  3. E' sempre ammirevole il modo in cui i media, più o meno in coro, magari anche con l'effetto voluto e moderato ad arte del controcanto, passano con disinvoltura da una tesi al sostenere l'esatto contrario.

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  4. Sostituendo all'imperialismo americano (di oggi) con l'imperialismo di domani cinese (già in atto in verità, da decenni! ), cosa cambia?

    G. S.
    Ho messo due punti cara signora.

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  5. Hey sveglia !!!
    Ma non se n'è accorto nessuno ?
    Non dico ad Olympe , che è bravissima , ma a voi lettori.
    Era il 27 giugno 2024, mica 2022.
    Ciao cara

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