mercoledì 5 giugno 2024

Il mito più lungo

 

Domani si terranno le celebrazioni dell’anniversario del D-Day, ovvero lo sbarco americano e inglese in Normandia. A festeggiarlo è soprattutto la Francia, che troverà la sua ricompensa nel sentimento del dovere compiuto. Non importa che la guerra con la Germania l’avesse persa, che si alleò con Hitler con voto unanime della sua legittima assemblea nazionale. Poco importa che il vincitore di Verdun accolse Hitler con una franca stretta di mano, che i francesi fossero in maggioranza antisemiti fino ai lobi parietali. Sono cose che ai francesi non è opportuno ricordare, così il loro mondo fatto di grandeur potrà continuare a girare e gli uccellini a cinguettare attorno alla loro innocenza.

A feticizzare quella guerra è oggi Macron, promovendone altre. Egli rappresenta un buon esempio di come una certa visione del passato difficilmente ci aiuti a pensare al presente. Ma lasciamo da parte questo personaggio, ambiguo sotto molti aspetti, e torniamo allo “sbarco”. Voglio proporre una specie di controstoria, di là dei luoghi comuni di certa storiografia e soprattutto di là della mitizzazione hollywoodiana [*].

Innanzitutto mi preme chiarire che se anche lo sbarco in Francia non fosse avvenuto, l’armata Rossa, dopo aver vinto la battaglia di Kursk e in seguito all’Operazione Bagration, stava ormai dilagando, raggiungendo e superato la Vistola nel luglio 1944, ed in ogni caso prima di un anno sarebbe arrivata a Berlino.

Quello russo era considerato da Hitler come il fronte principale. Un tritacarne che inghiottiva ogni mese decine di migliaia di uomini delle armate tedesche (in certi mesi anche centinaia di migliaia di uomini). Hitler considerava quello occidentale come un fronte secondario. Non a torto, almeno per quanto riguarda i primi mesi dopo lo sbarco in Normandia. Tanto è vero che, secondo le deposizioni di Otto Günsche e Heinz Linge, aiutanti di campo personali di Hitler, la mattina del 6 giugno 1944, ricevendo la notizia dello sbarco, il dittatore la accolse quasi euforico.

Uno sbarco alleato in Francia se lo aspettavano tutti, in Normandia anche (contrariamente a certa vulgata postbellica), dove infine erano state concentrate le forze di difesa germaniche. «Mentre Hitler parlava ancora con Keitel e Jodl, venne annunciato l’arrivo di Göring. Hitler gli si affrettò incontro. Göring era già nell’anticamera. Hitler, con espressione raggiante, afferrò la mano destra di Göring con entrambe le mani e gli gridò tutto eccitato: “Göring, ha sentito? Questa mattina gli angloamericani sono finalmente sbarcati in Francia, e proprio nel posto in cui noi li attendavamo! E di là noi li ributteremo fuori!».

Sul fatto di ributtarli in mare sappiamo che si sbagliava, tuttavia gli alleati rimasero quasi due mesi rinchiusi nella loro testa di ponte. Solo alla fine di luglio ruppero il fronte tedesco nei pressi di Avranches. La breccia era larga, all’inizio, solo qualche chilometro. Il comando supremo tedesco diede ordine al feldmaresciallo von Kluge, che comandava il Gruppo di armate occidentali, di chiudere la breccia e ricostituire la continuità del fronte.

Il contrattacco progettato non ebbe luogo poiché si verificò un fatto del tutto inaspettato: il comandante in capo, von Kluge, lasciò il suo quartier generale e non si fece più vedere per due giorni. Non si sapeva dove fosse (aveva raggiunto la linea del fronte e aveva tentato, invano, di prendere contatto con gli americani), e quando riapparve, Hitler lo convocò presso il suo quartier generale. Durante il tragitto, von Kluge si avvelenò nella sua automobile. Hitler con i suoi generali non era un pappamolle come Mussolini con i suoi.

La scomparsa di Kluge gettò nel caos più completo le unità del gruppo di armate occidentale, che per parecchio tempo avevano dovuto difendersi senza ordini e senza direttive di operazioni dagli attacchi delle truppe americane. La perdita di tempo causata dal tradimento di Kluge, la confusione delle truppe tedesche, che in gran parte si ritirarono su nuove posizioni di partenza, e la necessità, che tutto ciò comportava, di dislocare in modo diverso le truppe impedirono la realizzazione del contrattacco progettato.

Il comando supremo tedesco si accorse allora che le sue truppe, in caso di ulteriore avanzata dei reparti americani in direzione di Granville e di Saint-Lo, presso Falaise, avrebbero corso il rischio di essere tagliati fuori e circondate. Al posto del contrattacco progettato, von Rundstedt ricevette l’ordine di ritirare le truppe dalla Francia e dal Belgio e di attestarle dietro la Linea Sigfrido e nei Paesi Bassi.

La Wehrmacht si ritirò dunque dietro la Linea Sigfrido, proteggendosi con combattimenti di retroguardia di bassa intensità. Le truppe anglo americane occuparono la Francia e il Belgio quasi senza incontrare resistenza da parte dei tedeschi. Gli americani, in particolare la Terza Armata comandata dal generale Patton, non sfruttarono neppure la difficile situazione che si era creata per i tedeschi a causa della defezione di Kluge. Solo perché il comando americano non si rese conto della situazione e perse tempo, fu possibile al comando supremo tedesco salvare le proprie forze e ritirarsi dietro la linea Sigfrido senza perdite sostanziali.

A proposito del ritiro delle truppe tedesche dalla Francia e dal Belgio, Hitler osservò ironicamente che Eisenhower e Patton erano stati certamente i primi a stupirsi di quel successo inaspettato. «Quei due rammolliti» dichiarò Hitler «grazie alla ritirata delle nostre truppe, decisa dal comando tedesco, si ritengono addirittura dei grandi strateghi».

Quando i reparti tedeschi ebbero raggiunta la Linea Sigfrido, nella seconda metà di ottobre, si ebbero alcuni combattimenti locali nella regione di Aquisgrana. Negli altri settori della linea regnava la calma.

Nell’operazione di sbarco aereo “Market Garden”, conclusasi con un fallimento, che aveva lo scopo di conquistare, nei Paesi Bassi, il passaggio sul Reno, gli alleati persero, alla fine di settembre del 1944, circa 17.000 uomini. Anche i combattimenti per conquistare il controllo della foce della Schelda furono violentissimi; l’Armata canadese perse, tra ottobre e novembre, circa 13.000 uomini.

*

Senza l’impiego delle forze armate tedesche contro l’Unione Sovietica, non solo non sarebbe avvenuto il D-Day, ma nessun altro sbarco sarebbe stato praticabile nel continente europeo. La Germania avrebbe in tale caso avuto a disposizione una forza militare schiacciante. Milioni di uomini in armi, ben addestrati e determinati, migliaia di carri armati e altri mezzi corazzati, migliaia di aeroplani avrebbero reso folle qualsiasi tentativo d’invasione sul fronte occidentale e meridionale.

Un solo esempio per quanto riguarda la forza aerea ancora disponibile dopo la battaglia di Inghilterra. Durante l’operazione di approvvigionamento di Stalingrado la Luftwaffe perse 488 aerei da trasporto. Queste perdite ammontavano quasi a due terzi di tutti gli aerei da trasporto posseduti dalla Luftwaffe.

Un altro dato significativo dell’impegno germanico in Russia, riguarda caduti, feriti, dispersi e prigionieri. Si tratta complessivamente di milioni di uomini. Del resto e per contro tale dato è confermato dalle enormi perdite sovietiche.

L’entità effettiva delle perdite delle forze armate sovietiche in termini di vittime, incluso il numero di persone morte in prigionia, ammonta probabilmente a 26,9 milioni (con una precisione di più-meno 5 milioni, ma supera in ogni caso la soglia dei 20 milioni (studio realizzato nell’ambito del convegno internazionale “Gefallen – Gefangen – Begraben. Zahlen und Fakten zu sowjetischen und deutschen Opfern des Zweiten Weltkriegs“, tenuto nel luglio 2010 a Dresda).

Le statistiche sulle perdite militari tedesche della seconda guerra mondiale sono divergenti. Nel dopoguerra il servizio di ricerca militare Deutsche Dienststelle (WASt) era incaricato di fornire informazioni alle famiglie dei militari uccisi o dispersi durante la guerra. Conservavano gli archivi di oltre 18 milioni di uomini che prestarono servizio in guerra. Alla fine del 1954 avevano identificato circa 4 milioni di militari morti e dispersi (2.730.000 morti e 1.240.629 dispersi).

Lo storico militare tedesco Rüdiger Overmans, sulla base di una ricerca a campione sui registri ufficiali (con un livello di confidenza del 99%), ha concluso nel 2000 che il totale dei militari tedeschi morti e dispersi è stato di 5.318.000, compresi coloro che morirono come prigionieri di guerra (Deutsche militärische Verluste im Zweiten Weltkrieg, Oldenbourg editore, 2000) [**].

Oltre il 60% delle perdite germaniche ha avuto luogo sul fronte orientale. Senza quelle perdite di uomini, mezzi e materiali non vi sarebbe stata nessuna vittoria alleata sul fronte occidentale. Si sarebbe dovuto attendere il 1945 e gli sviluppi della ricerca e realizzazione della bomba nucleare. Ma prima d’allora si sarebbe raggiunto un accordo tra le parti. Contatti in tal senso non cessarono mai, nonostante l’impegno solenne delle parti alleate nel conflitto (dunque compresa la Russia) di non aderire a una pace separata con la Germania.

Perfino nell’estate del 1944, erano in atto tali trattative da parte degli alleati. La rapida avanzata russa spaventava i circoli britannici influenti, che chiedevano alle truppe angloamericane di passare a un più rapido attacco in profondità. Delle divergenze tra gli angloamericani e russi Hitler era ben informato dai rapporti segreti che gli giungevano da Madrid, Lisbona, Ankara e Stoccolma. Inoltre, Hitler leggeva quasi ogni giorno, durante la riunione sulla situazione militare, le comunicazioni delle agenzie di notizie britanniche, tra le quali l’Agenzia del London Exchange, che riportavano duri giudizi contro la Russia sovietica.

Nel settembre 1944 Hitler sapeva che gli angloamericani erano pronti a concludere con la Germania una pace separata. Prima, però, egli avrebbe dovuto andarsene. La richiesta di allontanare Hitler era stata avanzata dagli inglesi durante colloqui, sollecitati per iniziativa degli inglesi, con funzionari del ministero degli esteri tedesco a Stoccolma. Quando Hitler venne a saperlo, ordinò di interrompere le trattative. Il rappresentante permanente di Ribbentrop presso Hitler, l’ambasciatore Hewel, rivelò a Otto Günsche, aiutante personale di Hitler, il suo disappunto per il fatto che i colloqui di Stoccolma fossero stati interrotti. Egli diceva che la guerra sul fronte orientale era talmente compromessa, che si rendeva indispensabile concludere la pace con le potenze occidentali.

Fin dal 17 gennaio 1944, la Pravda diffuse la voce che Ribbentrop stesse trattando con l’Inghilterra per una pace separata. Non vi sono tuttavia prove di questo fatto. È comunque dimostrato che sia la Gran Bretagna, gli USA e l’Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale mantennero i contatti con il Reich tedesco, attraverso canali diplomatici e dei servizi di informazione.

Secondo il Suchdienste (Servizi di ricerca) del governo tedesco furono 300.000 le vittime tedesche (compresi ebrei) della persecuzione razziale, politica e religiosa nazista. Questa statistica non include 200.000 persone tedesche con disabilità che furono uccise nei programmi di eutanasia Azione T4 e Azione 14f13.

Dopo la guerra furono giustiziati circa 20.000 criminali di guerra e funzionari nazisti e altri 70.000 morirono internati nei campi di detenzione. In Italia, per quanto riguarda i criminali fascisti e delle forze armate, il governo De Gasperi-Togliatti decise per l’amnistia.

[*] Meno di un anno prima di quel fatidico 6 giugno 1944, di sbarchi ce n’erano stati altri, in Italia. Quello in Sicilia dal punto di vista operativo fu quasi un disastro. L’altro sbarco, quello di Anzio, nel gennaio 1944, andò anche peggio. In Sicilia solo la pochezza difensiva del reale esercito italiano consentì che lo sbarco non si tramutasse in un clamoroso fallimento. Hitler, con il suo cinico acume ebbe ad osservare: «Non sono che dei codardi, questo Churchill e questo Eisenhower! Al loro posto io sbarcherei a Genova o addirittura ad Amburgo, non in Sicilia che per noi è un posto meno pericoloso. Churchill, quell’ubriacone, è tutto contento che ci dissanguiamo in Russia e se ne sta ad aspettare ...».

In totale, dal 10 luglio 1943 al 17 agosto 1943 combatterono in Sicilia circa 345.000 soldati dell’Asse, di cui circa l’85% erano truppe dell’Esercito italiano. Solo 100.000 uomini poterono essere evacuati verso l’Italia continentale, di cui circa il 40% erano membri della Wehrmacht. Gli Alleati persero circa 21.700 soldati, di cui circa 17.000 feriti. Il teatro italiano sarebbe rimasto un teatro di guerra secondario, gli Alleati non riuscirono a conquistare l’Italia se non con la sconfitta della Germania (per giungere da Salerno a Roma impiegarono nove mesi e da Anzio cinque mesi).

Tra lo sbarco in Sicilia e quello di Anzio, ve ne fu un altro, quello di Salerno (eccezione fatta per lo sbarco inglese del 3 settembre 1943 nell’estremità sudoccidentale della Calabria e a Taranto). Tuttavia le truppe anglo americane non erano ancora riuscite a conseguire fino a quel momento alcuna vittoria decisiva, benché avessero di fronte solo deboli forze tedesche. Con grande fatica le truppe angloamericane si spingevano avanti metro dopo metro, e dopo ogni passo avanti si fermavano. Il fronte tedesco a Montalbano, presso il convento di Montecassino, non aveva potuto essere spezzato.

L’avamposto di Montecassino era il perno del fronte tedesco chiamato Linea Gustav, lungo la quale, in base ai piani del comando supremo della Wehrmacht, doveva essere fermata l’avanzata delle truppe alleate. Secondo i piani degli alleati la Linea Gustav doveva essere superata nell’ottobre 1943; ma soltanto nel gennaio 1944 essi raggiunsero le sue posizioni difensive, per le difficoltà causate dalle condizioni atmosferiche, dei rifornimenti e dei ritardi nelle operazioni di sbarco, oltre che per l’accanita resistenza tedesca. Il 15 febbraio 1944, 229 bombardieri alleati sganciarono circa 500 tonnellate di bombe su Montecassino. In questo attacco morirono complessivamente 250 civili. Dopo quattro battaglie intorno a Montecassino, gli alleati riuscirono ad aprire la breccia decisiva il 13 maggio 1944. Le truppe tedesche si ritirarono allora lungo la Linea Gotica.

[**] Nella guerra contro l’Armata Rossa l’esercito italiano perse circa 72.000 uomini. Durante la prigionia sovietica morirono in circa 28.000, ovvero più della metà del totale (49.000 prigionieri).

14 commenti:

  1. Appena finito di leggere. Comunque Hollywood si è occupata egregiamente di sviare l'opinione pubblica da queste verità storiche.

    Buona giornata!

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  2. (Plutarco) “I poveri vanno alla guerra, a combattere e morire per i capricci, le ricchezze e il superfluo di altri.”

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  3. E' cosa nota che nelle redazioni dei giornali giacciono in attesa, a volte per anni, i cosiddetti "coccodrilli": documentatissimi articoli commemorativi, elogiativi, pronti per la stampa in caso di prevedibili decessi di illustri centenari o altrettanto prevedibili ricorrenze di storici eventi. Cara Olympe, dopo aver letto con interesse e attenzione il tuo post mi chiedo quanti coccodrilli si annidino nella tua soffitta. E lo dico con ammirazione e invidia. Nella mia miserabile quotidianità oggi mi sono dovuto occupare di due nuovi casi di Covid in famiglia, di una raccomandata dell''INPS su presunti ritardi nel pagamento dei contributi alle colf, del pagamento di IRPEF e IMU, di una telefonata a un caro amico che ha perso la mamma di 101 anni, della raddoppiata sorveglianza anticani al cancello perché la cagnetta Polly è entrata in calore, della piantine di pomodori e melanzane per l'estate, delle lucertole che si stanno mangiando tutte le mie fragoline, del meccanico che non vuole più occuparsi del mio radiatore (anzi non vuole più lavorare) perché ha trovato la moglie a letto con un altro, della prenotazione delle mie prossime visite mediche e della lettura, se ci riesco, delle prime 100 pagine (850 in tutto !) del libro di Yanis Varoufakis, acquistato in seguito alla tua segnalazione. E mi chiedo: carissima, documentatissima, esauriente, spesso indispensabile, Olympe ma come cazzo fai?. Anche passando tutto il giorno in biblioteca non riuscirei a scrivere la decima parte di quello che scrivi tu. Un abbraccio.

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    1. Ah beh caro Martino , me lo chiedo sempre anch'io : ma come fa questa a sapere tutte 'ste cose ?
      Invidia ammirazione e stima ai massimi

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  4. Ma che bello! grazie! Grata goduria...
    Posso aggiungere, parafrasando uno stronzo elladico, che la gente si è ahimè dimenticata di come la "maestra" guerra pesti le dita...
    Un abbraccio, Luigi.

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  5. Le stesse cose che sentiamo da """"storici""" come Paolo Mieli, no? Grazie per il tuo prezioso lavoro, davvero mi piacerebbe che ti leggessero a milioni.
    Pietro

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  6. Oggi mi sono imbattuto in Mieli che ci raccontava lo sbarco. In verità ero un po' distratto ma credo che le due parole "fronte russo " non siano state pronunciate.
    Bravo davvero

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    1. uomo detestabile, storico in assoluta malafede

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    2. Il 99% delle sue lezioncine storiche termina con affermazioni sintetizzabili nella formula 'tutta colpa dei comunisti', anche se si racconta della spedizione di Annibale o della battaglia di Lepanto.

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  7. Infatti ieri alla commemorazione c'era l'erede politico del noto pacifista Bandera, nel ruolo, indebitamente occupato, di presidente di uno stato fantoccio.

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