Le riserve auree, a livello globale, superano quelle in euro. Nel 2024 il prezzo dell’oro è
aumentato del 30% e quest’anno ulteriormente del 27%, raggiungendo i 3.500 dollari l’oncia,
100 volte il livello raggiunto quando Nixon ruppe nel 1971 la convertibilità dollaro-oro. Se
all’epoca si fosse investito un milione di lire in oro, pari a circa cinque stipendi medi, oggi il
capitale investito avrebbe raggiunto i 50.000 euro, vale a dire 30 stipendi medi. Questa stima
grossolana, ma non lontana dalla realtà, ci dice innanzitutto quanto ci siamo impoveriti.
Non tutti impoveriti, ovviamente. Per la prima volta la ricchezza finanziaria delle famiglie
ha superato la soglia dei 6.000 miliardi. Tra conti correnti, titoli, azioni, fondi comuni e
assicurazioni, il totale di quelli che chiamano “risparmi” (con l’evasione dell’Iva, dell’Irpef,
con aliquote ridicole per successioni e donazioni?) l’aumento è stato di oltre 249 miliardi
rispetto al 2023. Se non ve ne siete accorti è perché siete distratti. Si tratta di un aumento
della ricchezza finanziaria pari a cinque finanziarie belle toste. Potessero morire di cancro
tutti quelli che sostengono che ci vorrebbe una patrimoniale per riequilibrare un po’ i conti.
Poi dicono che l’Italia cresce poco. Bugiardi. La rendita cresce tantissimo. Nell’ultimo lustro
gli investimenti degli italiani in strumenti finanziari sono saliti del 30%. Come scrive il 24ore,
si tratta del frutto della laboriosità, della prudenza e del senso di responsabilità di milioni
di cittadini. I fondi comuni nel 2024, rispetto ai 12 mesi precedenti, registrano un balzo del
17,6%: da 722 miliardi a quasi 850 miliardi di euro. Ottima performance anche dei titoli di
Stato, che passano da 431 al 493 miliardi, con un incremento del 14,3% in un solo anno.
Anche la liquidità non è male: 1.600 miliardi, ma cresce solo del l’1%, segno che c’è fiducia
e una buona propensione per gli investimenti finanziari.
Intanto il debito globale ha raggiunto un nuovo livello record, pari a 324.000 miliardi di
dollari per governi, famiglie, imprese e banche. Circa tre volte il Pil mondiale. Siamo seduti
a culo nudo sui Campi Flegrei.
Il debito pubblico americano supera i 36 mila miliardi di dollari, più del 120% del Pil, e
l’ammontare detenuto da creditori esteri è di oltre 26 mila miliardi di dollari. Dal 2010 a
oggi la quota del debito estero, soprattutto in titoli e azioni, è salita dal 20% all’88% del
prodotto interno lordo. Il valore di queste azioni è cresciuto quasi del 400%.
L’idea di Trump è quella di contenere il debito pubblico e aumentare le entrate con l’arma
dei dazi, pensando di abbattere il deficit commerciale con gli altri Paesi e far crescere la
produzione negli Stati Uniti, ma vuole anche finanziare nuovi tagli delle tasse per i ricchi e
politiche espansive che rischiano di aggravare il problema del debito.
Si è discusso, nei circoli più autorevoli, della possibilità di convertire il debito del Tesoro a
lungo termine in obbligazioni perpetue che non rimborsano mai il capitale, ma continuano
a pagare solo gli interessi. Nel luglio 2023, il Congressional Research Service ha pubblicato
un rapporto che esamina questa possibilità.
È una eventualità solo teorica? Secondo il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, gli Stati Uniti
non andranno mai in default sul loro debito, un’affermazione che richiamava il vecchio
detto secondo cui non bisogna mai credere a nulla finché non viene ufficialmente smentito.
Una mossa del genere, regolarmente respinta e considerata, soprattutto da Giappone e Cina,
una mossa di default, non è stata ufficialmente discussa nei principali circoli finanziari internazionali. Ma va ricordato che nemmeno le misure adottate da Nixon il 15 agosto 1971
furono discusse. I partner finanziari ed economici e gli alleati degli Stati Uniti ne vennero a
conoscenza come tutti gli altri quando videro il presidente in televisione.