Che mondo lasceremo ai nostri figli (e nipoti)? L’abbiamo già sentita spesso questa domanda. Non sarebbe male aggiungere: che cosa ne faranno? Siamo certi che siano più saggi e intelligenti di noi, meno permeabili delle generazioni che li hanno preceduti alle lusinghe del “mercato”? Pensano di voler combattere il riscaldamento globale, l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse, la distruzione della biodiversità con il free day e un cellulare in ogni mano? In una vita, quanti cellulari cambieranno?
I cosiddetti millennial “consapevoli” dei problemi climatici, scorazzano su monopattini elettrici, fanno la fila per acquistare l’ultimo modello di iPhone, solo app, navigano compulsivamente sui social, sono dipendenti dai selfie e vivono con la testa sotto una tempesta d’immagini e dati che non smette mai. Anche Greta Tintin non può fare a meno di Twitter. Quando Facebook si è rotto per sei ore, sembrava la fine del mondo. Possiamo anche scommettere che le prossime generazioni si getteranno affamate sul “metaverso” di Zuckerberg.
Dovrebbero invece imparare che il virtuale non esiste, ma è tutto maledettamente reale. Quanto pesano i dati immateriali sulla natura? Qual è il costo ambientale di un video online, di un’e-mail o un like? Qual è l’impronta di carbonio della tecnologia digitale nell’ecosistema? Domande che non ci poniamo, o non abbastanza. Il mondo digitale “smaterializzato”, essenziale per comunicare, lavorare e consumare, si sta rivelando molto più tangibile di quanto pensiamo. Per esempio, assorbe il 10% dell’elettricità mondiale, che non è poco e sarà molta di più con la diffusione del 5G, delle auto elettriche e l’intelligenza artificiale.
Possiamo rinunciare allo smartphone e a tutto il resto che viene con la rivoluzione digitale? Manco per idea. Significherebbe tornare all’età della pietra, cioè del gettone telefonico. Dovremmo rimpiangere le Trabant, che peraltro inquinavano non poco? Esiste una via di mezzo virtuosa tra consumismo sfrenato e tutela dell’ecosistema? Non sopravalutiamo il capitalismo, non c’è alcuna scorciatoia. Quando si parla di queste cose ci s’infila con i piedi in vecchie pantofole accanto al caminetto.
Anche sul piano più strettamente sociale, quello della “lotta alle disuguaglianze”, non si tratta nemmeno di ridistribuire meglio la ricchezza, come credono alcuni. E nemmeno di “ripensare” un modello di sviluppo. È il “mercato” a decidere che cosa è meglio, ossia il capitale. Nel momento che accedi a internet, accendi il televisore, apri un giornale, è il mercato che ti parla, ti suggerisce, blandisce, t’impone il free day e l’ultima versione dei tuoi dispositivi, insomma quella che credi essere il tuo “stile di vita” e la tua visione del mondo.
Che cosa ha maggiore e più immediato impatto sul nostro lavoro, sulla nostra colazione odierna, col nostro smartphone, con Netflix e insomma con il nostro irrinunciabile “stile di vita”, l’economia o i temi ambientali? Almeno finché non ci troviamo con la casa allagata e la connessione internet in panne, ovviamente.
E dunque se c’è una parola per riassumere lo stato dell’economia mondiale e la relativa questione dello stato dei mercati finanziari, non può essere che confusione. Non c’è idea su aspetti cruciali di dove siamo diretti. E si vuol far credere che sarà la politica, questa politica, a governare la “transizione” e a mettere a posto le cose anche per quanto riguarda i temi ambientali?
La principale preoccupazione è di spegnere l’inflazione, per farlo devono aumentare i tassi d’interesse sul denaro, ma non possono perché ciò produrrebbe una crescita più bassa combinata con alti livelli di debito e panico sui mercati finanziari. È di questo che si parla negli ambienti che contano. Quanto al resto è roba per ex presidenti in vacanza e giornalisti a caccia di “notizie”.
bla bla bla
RispondiEliminaQuesto tuo articolo e quello sui mercati di qualche giorno fa sono il classico esempio del perché seguo questo blog da più di 8 anni.
RispondiEliminaGrazie!
Questo tuo commento rappresenta il motivo per cui non ho smesso. Grazie!
EliminaQuindi mi pare di capire siamo in un circolo vizioso con la coperta troppo corta affetti da miopia..
RispondiEliminaMi tocca bere anche questo fine settimana.
Si dovrà prima o poi affrontare il tema del nucleare se non vogliamo ridurre i consumi per quello che ne so io, mi piacerebbe sperare in un asso nella manica ma non ci faccio affidamento, più facile una guerra..
Roberto
Credo che l'umanità agisca perlopiù a seguito di esperienze traumatiche: dubito che sarà possibile pianificare una riconversione globale (a che cosa, poi?); non potendo rinunciare al sistema consumistico, vera esca del capitalismo, forse verrà nuovamente tirata fuori la teoria malthusiana che dovranno patire le società meno ricche.
RispondiElimina(Peppe)
lo penso anch'io
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