mercoledì 11 maggio 2016

La feticizzazione dello sviluppo tecnologico


Al riformismo non è mai interessato l’abolizione del lavoro salariato, ha puntato sempre sullo sviluppo delle forze produttive per giungere a condizioni di vita migliori per le classi lavoratrici. Ciò sembrò realizzarsi nelle fasi alte del ciclo economico, tanto che la questione del socialismo, dopo una certa data, complici le esperienze pseudo socialiste del Novecento, non si è più posta nel dibattito politico della sinistra, se non in termini estremamente generici e in ambiti assai marginali.

Come dire: sviluppiamo le forze produttive capitalistiche e raggiungeremo il socialismo!

Questo modo d’intendere lo sviluppo storico affonda le proprie radici nella Seconda e Terza Internazionale, e si regge sulla falsa convinzione che lo sviluppo delle forze produttive sia di per sé misura del “progresso sociale”. Ma, nel modo di produzione capitalistico, “progresso tecnico” e “progresso sociale” non sono affatto equivalenti come si vuol far credere.

Sicuramente senza “progresso tecnologico” il “progresso sociale” resta fermo all’utopia, ma è altrettanto vero che dal momento che il cosiddetto “progresso tecnologico” è anzitutto progresso delle tecniche capitalistiche, ogni feticizzazione della tecnologia è fuori luogo!


Infatti, dal lato della classe operaia, il "progresso tecnico" si manifesta come aumento della produttività e dell'intensificazione del lavoro, nonché come aumento della disoccupazione; dal lato del capitale, invece, come accrescimento del tempo di pluslavoro. Come si vede, uno stesso fenomeno provoca non solo differenti interpretazioni, per quanto la borghesia intenda spacciarlo univocamente come “progresso sociale”, ma soprattutto diverse determinazioni concrete.

5 commenti:

  1. Quand'ero ragazzino erano gli anni di Gagarin, delle missioni Gemini e Apollo, della 850 e della 124, di Asimov, di saporedimare, della lavatrice finalmente, delle cambiali facili, dei primi grandi rinnovi di contratto, delle prime inflazioni, ecc., ecc.. Da ogni parte sentivo dire - e la cosa mi suggestionave parecchio - che tempo solo pochissimi decenni e del lavoro materiale dell'uomo non ci sarebbe stato quasi più alcun bisogno, che la classe operaia e impiegatizia da lì a breve avrebbe lavorato sì e no un paio d'ore al giorno e, per il resto, se ne sarebbe rimasta a casa, fra gerani, frigorifero e TV, foraggiata dalla grande produttività delle macchine e dei nuovi sistemi tecnologici. Poi, in effetti, la produttività dovuta alal tecnologia iniziò presto a decollare ....

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    1. http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/05/il-carattere-storico-e-transitorio.html

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  2. riscrivo dopo due caffè:

    argomento sempre dirimente e contro cui la possibilità storico sociale di passare ad un modo di produzione più elevato del capitalismo sbatte e si eclissa proprio nel momento in cui sarebbe quantitativamente vicina alla soglia critica.

    quanto meno il lavoro immediato appare come la fonte della ricchezza, mutando in saturazione produttiva totale -ambientale, sociale, astratta, sempre immanente e insieme ostile ed estranea-, tanto più le forze produttive si arrendono dolcemente di fronte alle presunte neutralità e oggettività di scienza e tecnica -e quindi delle forze produttive stesse.

    come ricordi, pure Lenin cercò di ammaestrare il taylorismo ai fini socialisti. Trotskij esaltò l'organizzazione e il carattere militare della produzione sovietica. tanto per citare due giganti.

    cercare di manipolare il processo sociale: ad alcuni è riuscito, non stabilmente. e senza manipolazione ?

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  3. c'è, in proposito, un nuovo pdf di sebastiano isaia, riassuntivo della questione, se non l'hai già visto

    la questione ovviamente rimane tutta da sbrogliare e altro, mi pare, non si può fare se non confutare le posizioni feticistiche apologetiche (post-capitalismo), riformiste (ridare centralità alla politica -cioè allo stato) sia quelle che mischiano le due magari con una aggiunta passatista.

    discernere ciò che lo sviluppo delle forze produttive porta in sè di rivoluzionario e di riproduttivo rispetto al Capitale appare oggi una dialettica dai nodi inestricabili, tanto più senza una dottrina che non si limiti a descrivere (magari accuratamente) i fenomeni ma che li spieghi. in questo senso ti esorto a continuare il prezioso lavoro che fai in queste pagine

    buonagiornata, scappo

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