In epoca non sospetta, il 9 di gennaio, quando la cosa sembrava pressoché inverosimile, scrivevo: basterebbe mettere sul tavolo alcune – non molte – proposte di riforma serie e decisive e Grillo – che non è uno stupido – dopo le elezioni accetterebbe. Ora, dopo le elezioni, se ne sono convinti in molti, almeno a parole. Anche Grillo, il quale però dichiara, per motivi che a me paiono ovvi, che vuole governare lui, però con il voto degli altri. Checché dichiarino i media e poi un po’ tutti seguano a pappagallo, dev’essere invece chiaro che Grillo non ha vinto le elezioni, non nei numeri. Ha ottenuto un grandioso risultato, è moralmente il vincitore delle elezioni, ma in parlamento rappresenta solo la terza forza.
Se in Italia vi fosse una destra appena decente, non coinvolta con gli interessi diretti e immediati del suo padrone politico, il Movimento cinque stelle diventerebbe del tutto ininfluente. La realtà vuole che le cose stiano diversamente, almeno per quanto riguarda il Senato. Ed è sul ricatto – l’indisponibilità del Pd a fare un governo con il Pdl-Lega – che Grillo ha ragione dal suo punto di vista di giocarsi il jolly. Tuttavia, tutta questa ingarbugliata situazione fatta di veti incrociati, non è il punto vero della questione, come invece moltissimi sono disposti a credere.
Nei post di questi giorni credo di aver offerto, per quanto ne sono capace ovviamente, alcuni spunti di riflessione sul tema vero, principale, della situazione reale e non solo politica del momento storico che viviamo. Il Movimento di Grillo nasce con la crisi economica, non per effetto di quella politica. Privilegi e malaffare sono un tratto congenito della scena politica italiana, ma solo l’inasprirsi della crisi esalta l’insopportabilità di tale situazione a fronte del fatto che i problemi economici non sono stati in alcun modo affrontati.
Il programma di Grillo, in un simile frangente, non è molto più straordinario e innovativo, mutatis mutandis, dai buoni propositi programmatici del partito nazionale fascista del 1919 o della Carta del Carnaro di D’Annunzio. Ho sottomano la raccolta dei discorsi di Mussolini ante marcia – l’ho acquistata l’anno scorso in un mercatino, viene buona ora! – e potrei citare numerosi passi, per esempio del discorso di Bologna del 3 aprile 1921, nei quali dopo ottant’anni Grillo potrebbe riconoscersi. Vedrò di citarne qualcuno in una prossima occasione.
La Costituzione fiumana di D’Annunzio, scritta per di più con uno stile stringato e chiaro, senza le volute barocche di molti testi giuridici italiani, prevedeva, tra l’altro, il suffragio universale senza distinzione di sesso a vent’anni e che i cittadini di Fiume potessero promuovere referendum e revocare le cariche pubbliche; quindi il sistema assistenziale e pensionistico, l'unicità del sistema d'emissione, la libertà di iniziativa economico privata, un Consiglio economico formato dalle sette corporazioni, un esecutivo ricalcato su quello della Confederazione elvetica, una Corte suprema chiamata a deliberare sui conflitti istituzionali e sulla correttezza costituzionale delle leggi, eccetera. Insomma, tutte questioni che anticipavano di gran lunga gli eventi e le riforme che in Italia si sarebbero sviluppati solo più tardi con l'Italia repubblicana. Torno al filo del discorso.
La questione non è quanta pulizia dell’ambiente politico e quanta green-economy può regalarci il M5s, ma se esso è in grado di tirarci fuori da una situazione economica e sociale che si va sempre più avvitando e aggravando. Io non credo, e non tanto per un fatto d’incapacità o per inesperienza, ma per la semplice ragione che la crisi non è governabile per decreto-legge, tagliando privilegi e prebende, promettendo una più equa distribuzione del reddito e via elencando. Tutte cose che fanno del bene, s’intende, ma la crisi è un elemento strutturale che ha le sue basi nel modo di produzione stesso e che non può trovare soluzione con aggiustamenti superficiali, tanto più in presenza di fattori internazionali ineludibili, a cominciare dalla selezione selvaggia tra le imprese costrette a rincorrere i livelli di competitività imposti dalla concorrenza, spingendo alla liquidazione dei settori in cui il livello di valorizzazione del capitale risulta più basso.
Una cosa che Grillo sa bene, e difatti è di questo che parla sempre, perché il capitale e la crisi non sono né di destra né di sinistra, e tantomeno le risposte. Vero?
Cioè, può fare qualche esempio per quanto riguarda "che è di questo che Grillo parla sempre?". A me sfugge.
RispondiEliminain senso ironico
EliminaA latere:
RispondiEliminaforse stavolta al berlu gliela fanno pagare!
Se non avesse tolto voti al pd, monti e compagnia cantante il progetto degli eurocrati non avrebbe avuto ritardi.
Ciao, gianni
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RispondiElimina"Il programma di Grillo, in un simile frangente, non è molto più straordinario e innovativo, mutatis mutandis, dai buoni propositi programmatici del partito nazionale fascista del 1919 o della Carta del Carnaro di D’Annunzio. Ho sottomano la raccolta dei discorsi di Mussolini ante marcia – l’ho acquistata l’anno scorso in un mercatino, viene buona ora! – e potrei citare numerosi passi, per esempio del discorso di Bologna del 3 aprile 1921, nei quali dopo ottant’anni Grillo potrebbe riconoscersi."
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Scusa, ma andava incorniciato, e l'ho fatto. :D
ciao
Tony
Il famoso (far finta di) cambiare tutto per non cambiare niente che funziona sempre in Italia.
RispondiEliminaSembra ormai che Grillo e Casaleggio abbiano ribadito la loro indisponibilità a qualsiasi tipo di fiducia al governo pd. Tra l'altro, anche l'ipotesi di una forma di astensione soft, come l'uscita dei loro parlamenteri al momento del voto al senato, sarebbe inutile, in quanto bilanciata dall'uscita del pdl che farebbe mancare il numero legale.
RispondiEliminaE allora si possono formulare nuovi plot per il format.
Prendere tempo per blindare il berlu - o cosa più probabile spingerlo alla fuga - e poi andare a nuove elezioni per cercare di raccattare parte dei suoi voti. Oppure, sempre blindandolo, favorire una scissione del pdl ( il prezzo non è un problema tanto pagheremmo noi) con la formazione di un gruppo di senatori responsabili al contrario. Una specie di contrappasso per quelli fatti fuoriuscire dal gov. prodi.
La fantasia per stupire il mondo in italia non manca di certo e a Bruxelles e Francoforte brinderebbero.
E va beh sono caduto nello show, lo confesso!
Ciao,gianni
GRILLO rappresenta l'assenza di un'opposizione, per questo tu come molti altri l'hai votato. purtroppo è un fanatico senza cultura politica, pericoloso
Eliminaciao
Credo che i limiti del suo movimento non tarderanno a rivelarsi.
RispondiEliminaOltretutto, la struttura di tipo aziendale su cui sembra sempre più convergere, non è certamente un luogo in cui respirare liberamente.
Ma " l'assenza di un' opposizione " e la disperazione creata dalla crisi di certo non favoriscono la chiarezza.
Sino ad ora da situazioni come quella che stiamo vivendo si è usciti solamente con una rivoluzione, o una dittatura, o una guerra. O tutte e tre insieme
Ciao, gianni.
mi pare che la situazione politica italiana vada vista attraverso il concetto economico di vantaggio competitivo. Il problema che si pone l'imprenditore, il suo operaio e pure il disoccupato è: come ridarlo all' economia italiana? I partiti in fondo rappresentano proposte di soluzione, più o meno fumose, a questo che è il problema dei problemi.
RispondiEliminaSpecifico che lo dico da posizione anticapitalista, dove il Capitale è inteso come potenza sociale, una definizione che, non a caso, sfuggiva a Pound e continua a sfuggire alla Chiesa Universale.
Berlusconi ripropone le sue solite cazzate che non è mai stato in grado di attuare: meno stato, meno tasse e meno euro. tutte cose che si sono tradotte in un nulla di fatto, eppure i ceti produttivi del nord (la parte del paese che conta davvero) in qualche modo ci credono ancora (molto in lombardia, molto meno in veneto dove la situazione è più grave e hanno dato il voto a Grillo)
Maroni, ottimo stratega, propone che i 2/3 delle tasse pagate allo stato rimangano in Lombardia, lasciando quindi intravedere un abbassamento della pressione fiscale e attraverso essa (nella forma della macroregione politica) una convergenza con la situazione infrastrutturale dei distretti più produttivi e ricchi del nord europa. Una proposta concreta che, se riuscisse ad essere attuata, coglierebbe nel segno.
Grillo, nella confusione delle sue proposte, oltre alla ininfluente guerra alla corruzione e alle caste (dipendenti pubblici compresi),mi pare faccia leva sul ripristino del vantaggio competitivo paventando il ritorno alla sovranità monetaria e alla svalutazione competitiva. Il resto, il reddito di cittadinanza e abbassamento delle tasse -soluzioni insieme inattuabili , discendono esclusivamente dal rifluidificare il meccanismo dell' accumulo che M5S si guarda bene dal criticare nel merito.
Il PD come al solito ha quella serie di mezze idee che guardano contemporaneamente alla CGIL e a Confindustria -dentro la cornice dell' eurozona, una strabismo non più tollerabile. Si guardi bene che considero CGIL e Confindustria parti solo apparentemente contrapposte poichè si muovono sullo stesso terreno del lavoro salariato, ma una fazione unica che esclude le esigenze della gran parte del tessuto produttivo -composto dalle PMI. Confindustria ha sempre attinto direttamente dalle casse statali il proprio vantaggio competitivo, pagato dal resto dei ceti produttivi, con il placet del sindacato.
da