La tendenza a considerare lo scopo dell’economia – nello stadio supremo della produzione mercantile – più importante e fondamentale della società e degli individui, ha prodotto una situazione che per certi aspetti ricorda la vicenda degli abitanti di Rapa Nui. Il lavoro è fondamentale per assicurarci l’esistenza, tuttavia lo sviluppo raggiunto dalle forze produttive invece di farci finalmente padroni delle condizioni di vita è diventato sempre più la giustificazione finale – anche sotto l’aspetto ideologico – per accumulare profitti da parte di una classe che alienando la proprietà, i modi e gli scopi della produzione sociale, s’impadronisce della vita e del destino di tutti.
Nonostante l’idea di taluni sciocchi borghesi che vedono il futuro come la continuazione meccanica del presente, l’aumento sconsiderato delle capacità produttive e di consumo – indotto dalla necessità di valorizzazione del capitale – ci porta in una situazione nella quale siamo a temere le più gravi catastrofi naturali a causa degli effetti che questo modello di sviluppo produce nel clima e nell’ecosistema. Le stesse cause economiche che producono l’innalzamento delle temperature, la depredazione delle risorse e la devastazione degli habitat indispensabili alla vita e alla riproduzione delle specie faunistiche e vegetali, sono responsabili dell’annichilimento del paesaggio e dell’alterazione e distruzione del patrimonio storico-artistico per adattarlo alle redditizie esigenze turistiche.
Non mancano le conoscenze e i mezzi tecnici di controllo e previsione per misurare con esattezza scientifica tali mutamenti e stravolgimenti della biosfera. A fronte di questa situazione drammatica, avviata all’irreversibilità, dovrebbe essere normale attendersi delle proposte che – andando alla radice dei problemi – indicassero la strada per un rovesciamento completo di prospettiva e di paradigma. Per contro, da un lato i soliti idioti sostengono euforicamente che lo sviluppo capitalistico delle forze produttive permette a una grossa parte dell’umanità di accedere a degli standard di benessere più elevati, non rendendosi conto che in tal modo non si fa altro che ricreare globalmente lo stesso scenario d’inquinamento e distruzione; dall’altro lato troviamo chi – pur ponendosi il problema dell’insostenibilità materiale d’esistenza del mondo sul piano di tale movimento – pensa di poterlo gestire con una volontaristica e più idonea gestione dei consumi e finanche con una legislazione più restrittiva in tema di emissioni inquinanti!
I risultati fallimentari delle iniziative che si propongono di gestire e regolare il capitalismo sono sotto gli occhi di tutti e indicano l’entità della confusione di certe idee, così come la protezione dell’”ambiente” sia diventata un pretesto per nuove occasioni di profitto da parte dell’industria “ecologica”, e come in definitiva la conoscenza si riveli inutile se non trova impiego nell’azione politica organizzata per il cambiamento radicale dello stato di cose presenti. Marx ha scritto che ogni epoca si pone solo i problemi che può risolvere, e oggi siamo giunti precisamente al punto in cui non è più possibile risolverne nessuno senza risolverli tutti.
Quindi è necessario un programma politico rivoluzionario che parta dalla consapevolezza che in ogni questione tutti i riformismi della vecchia e nuova politica – specializzata a rendere compatibile il capitalismo – sono al servizio dei padroni del mondo e cioè del processo stesso della produzione di merci. Un simile programma non si trova bell’è fatto, non può essere nemmeno l’elenco di soluzioni facili e felici, alla portata di mano, ma la sua elaborazione/costruzione rappresenta l’unica alternativa possibile e necessaria. Se non ci crediamo, non resta che comprarci una tomba a rate.
Questa nota mi sembra una possibile risposta operativa a chi si domanda "che fare?" in attesa di albe certe o meno. Oltre il pessimismo dilagante, il disincanto diffuso, l'amarezza incombente ecco dunque un ritorno ad una realistica pratica attività quotidiana che possa avere finalmente valenza e senso politico: opporsi e combattere l'attuale meccanismo di sviluppo economico sul territorio e dovunque si manifesti, con la sua ideologia del profitto, in quelle forme tipiche di marchiano sfruttamento evidente agli occhi di tutti. L'attenzione non peregrina ai temi della salute e della qualità della vita, sul posto di lavoro ma anche più genericamente nell'ambiente familiare, in relazione a sistemi produttivi visibilmente inquinanti ed alienanti, è una sensibilità fortunatamente non del tutto persa nel nostro Paese e che vale la pena di coltivare. Senza temevoli facili e strumentali classificazioni partitiche sono da cosiderare ed incoraggiare quindi non solo i demonizzati no-tav , ma anche tutti i volenterosi riuniti nei molto diffusi comitati contrari alle centrali a bio massa (foriere di profitti e tumori), al fotovoltaico a terra (che sostituisce coltivazioni di pregio), alle pale eoliche (nei luoghi di interesse paesaggistico), alle organizzazioni spontanee sorte in difesa dell'ambiente, degli animali e contro la pratica della caccia. Non credo sia casuale che l'attuale vicepresidente di Confindustria, per anni con ruoli di rilievo nel Fondo Ambientale Italiano, attravero gli apparati legali delle sue multinazionali, denunci, quereli, chieda milionari risarcimenti di danni a quei singoli cittadini e a quelle associazioni civili, che si oppongono, con argomentazioni documentate e legittime, alle sue speculazioni immobiliari ed industriali, con l'odioso appoggio incondizionato, complice e delatorio, del suo preferito partito di riferimento. Prossima udienza a fine mese. Foro competente: Bologna.
RispondiEliminaConscrit
In realtà ogni discussione su risposte operative alle domande della nostra epoca è destinata a restare solo una discussione, perché come Olympe sa molto bene la stragrande maggioranza delle persone è troppo impegnata a sopravvivere, o a lasciarsi vivere, fino al mese o alla settimana successivi per avere tempo e modo di porsi domande.
RispondiEliminaLa stupidità dell'individuo medio viene accortamente assecondata e rinforzata - anche grazie a ritmi di lavoro da fine Ottocento imposti ai lavoratori ed ideologizzati come del tutto naturali ed "etici" - da chi governa il mondo. Moltissimi non hanno alcuna domanda da porsi, o si accontentano delle non-risposte che il sistema mediatico al servizio della dittatura offre loro.
Quanto alla piccola minoranza vigile, organizzata e decisa che dovrebbe svegliare la massa inerte ed ottusa e guidarla verso le risposte di cui sopra, oggi non solo non esiste ma non è nemmeno ipotizzabile: gli Stati moderni, specie in Occidente, non spendono miliardi in polizie e forze di sicurezza psico-politiche per niente. La dittatura ha raggiunto uno stato di autoprotezione virtualmente inattaccabile, al punto che non c'è nemmeno più da disgregare una potenziale minaccia: la minaccia non si aggrega nemmeno, perché l'assoluto e incontrollato monopolio statale della violenza non è messo in discussione nemmeno da chi lo critica.
Morale della favola, come Baudelaire pregava Satana che lo liberasse dalla sua antica miseria, a noi non resta che sperare nel burrone.
mauro
ed è appunto il burrone, la crisi e il peggioramento delle condizioni di vita che offre l'opportunità di nuove iniziative. diamo un po' di tempo al tempo.
Eliminaah, dimenticavo quasi. fa piacere avere commenti su questioni così.
RispondiEliminaPrego esplicitare quali siano le " nuove iniziative" alle quali pensa l'autore. Sono sempre io, il pragmatico e mediocre lettore rompiscatole. Come già detto altre volte, Olympe, post come questi - con i relativi commenti - valgono una vita intera di esperienza con relative conclusioni. Ho imparato più qui in qualche anno che in tutto il resto della mia vita.
RispondiEliminaciao Giorgio,
Eliminain senso letterale non ho parlato di " nuove iniziative" , ho scritto di un programma politico rivoluzionario che non si trova bell’è fatto, non può essere nemmeno l’elenco di soluzioni facili e felici, alla portata di mano. che non può essere, aggiungo, l'elaborazione del singolo. Ricordo anche nel testo che Marx ha scritto che ogni epoca si pone solo i problemi che può risolvere, e oggi siamo giunti precisamente al punto in cui non è più possibile risolverne nessuno senza risolverli tutti. ecco appunto che quest'epoca, presto, molto presto, si troverà di fronte a dei problemi tali che non potrà risolvere presi singolarmente ma che dovrà provvedervi con un programma universale. per presto non intendo oggi o domani e nemmeno tra un paio d'anni. il mio "presto" è dettato dalle contingenze, dal maturare delle situazioni concrete. prima della rivoluzione d'ottobre in Russia vi erano meno di 5mila bolscevici e lenin era meno conosciuto di trotzkij. se il miliardario soros parla di pericoli di "ribellione" in europa, penso che sappia di cosa parla. tuttavia la rivoluzione alla quale alludo credo che avrà pochi punti in comune con quelle del passato anche se, come dico nel post, dovrà partire dalla consapevolezza che in ogni questione tutti i riformismi della vecchia e nuova politica – specializzata a rendere compatibile il capitalismo – sono al servizio dei padroni del mondo e cioè del processo stesso della produzione di merci..
segnalo questo, merita di essere letto, anche perché è scritto bene:
RispondiEliminahttp://malestro.altervista.org/curve-con-catastrofe/