domenica 26 febbraio 2012

“That’s gone”



Il capitalismo è a un nuovo stadio del suo sviluppo e ha ormai esteso come non mai il proprio dominio sul mondo concentrandone il controllo in poche mani. Alcune centinaia di società si spartiscono l’economia mondiale: risorse naturali, quelle umane e tecnologiche, l’industria, i trasporti, i servizi, la finanza, i network. Marx più di 160anni fa aveva messo in chiaro: La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali.

In tale quadro è fondamentale comprendere cos’è, almeno grossomodo, l’Europa e cosa conti. Pur essendo ancora l’area economica più importante del pianeta, essa può contare complessivamente su circa 700mln di abitanti (la metà della Cina, il 60% dell’India) e su una forza di circa 200mln di schiavi, peraltro in parte sindacalizzati e tutelati da leggi. Per limitarsi alla sola Cina, India e Indonesia, questi paesi possono contare sul 40% della popolazione mondiale e almeno 1,5mld di schiavi non sindacalizzati e non tutelati.

Tali cifre dimostrano come il proletariato europeo (definito dai sociologi borghesi come classe media), non possa competere sia sul piano dello sfruttamento capitalistico sia su quello dei consumi potenziali. Dal punto di vista di un proprietario di schiavi, per esempio Sergio Marchionne, è chiara la convenienza a tenersi un gruzzolo di qualche decina di miliardi di euro per investirli in Asia piuttosto che dissiparli in Italia dove la resa produttiva della manodopera è più bassa e i costi di sussistenza nettamente maggiori, dove non puoi licenziare un fannullone su due piedi senza che un giudice ti imponga di reintegrarlo. 

I padroni di schiavi e i loro attaché presso i centri di decisione politica, hanno ben chiara la situazione e la fase in atto. Il capitale in questo genere di democrazia può tutto, il singolo proletario, illuso della titolarità del potere attraverso il voto, può solo sperare di cavarsela in qualche modo. La parola d’ordine è fare dell’Europa una zona franca per il profitto come le altre, come in Cina o in India e Brasile. Ma non tutta l’Europa è uguale e non tutti i paesi in essa hanno lo stesso peso. La linea di tendenza complessiva è comunque quella di creare un “nuovo” modello sociale nel quadro della competizione capitalistica mondiale. In questo senso vanno interpretate le dichiarazioni del personale politico e tecnico europeo e italiano quando, sia pure con sfumature diverse, allude al welfare europeo come a un sistema sociale superato, così come quando assume la decisione di abbandonare al proprio destino le aziende che in passato hanno “tutelato bene l’italianità” ma impedito “la distruzione creatrice schumpeteriana”.


Senza la collaborazione fattiva degli elementi più reazionari della politica, i più corrotti del sindacato e la servitù dei media, tale strategia troverebbe almeno delle resistenze che potrebbero, non già cambiarne il corso, ma almeno limitarne e graduarne gli effetti e i danni per i salariati (se ci si accontenta di questo). In realtà si vuole procedere a tappe forzate e le dimissioni imposte al governo Berlusconi-Tremonti agendo sui flussi finanziari ne sono un esempio che solo gli idioti che si crogiolano nell’antiberlusconismo non hanno saputo cogliere.

Il capitale ha l’assoluta necessità, per superare la propria crisi, di agire nel modo che gli è assolutamente consueto e congeniale, senza atti di palese violenza ma manovrando  apertamente e legalmente sulla struttura produttiva e i flussi finanziari. Le “condizioni politiche” seguono come l’intendenza segue le truppe. Il proletariato, da parte sua, ha un solo modo di reagire e mettere fine a questo stato di cose e alle sue conseguenze, non certo manifestando ordinatamente per le strade e le piazze, o andando appresso ai deliri sulla “decrescita”.

6 commenti:

  1. Ha solo "un modo". Quale? La rivoluzione? E se sì: come, come iniziarla? Col martirio? Ma chi, tra i salariati, i disoccupati, può avere questa vocazione? E chi, poi, tra di essi, guiderà la stessa? E chi la guiderà lo farà nell'interesse del proletariato o, poi, cadrà nella stessa trappola già sperimentata del potere?
    I tuoi post, caro Olympe, sono continui appelli, continue scosse al nostro quieto vivere.

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  2. Ma bisogna prima che si organizzi, il proletariato, o che venga organizzato, che ritrovi la coscienza di classe. Ed è qui che la vedo dura. Se non si sbatte prima il grugno, come in Argentina, se la crisi non picchia davvero duro costringendoci a rinsavire penso che ci accontenteremo del fieno che troviamo nella greppia senza badare alle bastonate che ci danno, da buoni asini quali siamo.

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  3. A proposito di strade e piazze
    vi segnalo cosa stanno preparando.

    Alcune questioni intorno al rapporto NATO “Urban Operations in the Year 2020″

    http://translationcollective.wordpress.com/2010/05/09/eserciti-nelle-strade/

    Da leggere anche alla luce delle parole di Pintor che giustamente Olympe riporta:

    "Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all'attualità e alle prospettive."

    ciao Olympe, sempre ammirevole, e che, ogni giorno di più, mi fai venire in mente il significato del nome Ho Chi Minh:

    la volontà che illumina!

    gianni

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  4. sì Pietro, la vedo dura se non si sbatte prima il grugno

    grazie della segnalazione, Gianni

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  5. Se per assurdo alle prossime elezioni (se gliele lasciano fare) in Grecia vincesse una coalizione di sinistra radicale - i numeri in teoria li hanno, ma sono politicamente allo sbando - con l'annunciato proposito di sbattere i proconsoli della Troika in mare a calci e uscire dall'Unione, il minimo che ci si può aspettare è che l'intelligence organizzi un colpo di Stato e ci riporti i colonnelli. Altrimenti penso che interverrebbe proprio la NATO. Ecco a cosa servono i 130, o 90, cacciabombardieri di ultima generazione di Monti.
    mauro

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  6. Il proletariato, da parte sua, ha un solo modo di reagire e mettere fine a questo stato di cose e alle sue conseguenze, non certo manifestando ordinatamente per le strade e le piazze, o andando appresso ai deliri sulla “decrescita”.

    Non avrebbe cara Olympe, fatto più presto a dire, che il proletariato, ha bisogno della sua forza politica, che curi i suoi interessi immediati, e quelli futuri? e che proprio la mancanza, di questa forza politica (Partito dei lavoratori, potremmo chiamarla?) determina l'arroganza incontrastata dei Marchionne, dei Montezemolo, e dei loro parvenu politici e mediatici?

    Al solito, buon lavoro e saluti.

    Luigi

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