Un lettore del blog mi chiede un commento sul caso Mills-Berlusconi e dintorni. Caro amico, cosa vuoi commentare, non lo conosciamo forse Berlusconi? È una novità, in via generale, che chi ha la possibilità di comprarsi i “migliori” avvocati rischia molto meno? Perché fare dei discorsi moralistici, in Italia poi! Per un’accusa di reato associativo ti sbattono in galera per anni senza che si sia arrivati a una sentenza di primo grado passata in giudicato. Ma non ci si scandalizza, così come non fa clamore che un sentenza della corte d'appello di Potenza venga semplicemente ignorata dalla Fiat. E l'art. 3 della costituzione? Non monita nulla l'inquilino del Quirinale? Chiaro che la "giustizia" trova il suo fondamento nei rapporti concreti di classe, quindi economici, e su che altro sennò? E che la "gustizia" diventi un mezzo della contesa politica è una conseguenza e non da oggi. Tutti i processi ai potenti dall’Unità ad oggi sono stati processi conclusi con sentenza politica. Forse che la sentenza n. 1564 del 2.5.2003 del processo per mafia ad Andreotti non è politica?
«[…] i fatti che la Corte ha ritenuto provati dicono, comunque, al di là dell’opinione che si voglia coltivare sulla configurabilità nella fattispecie del reato di associazione per delinquere, che il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha, quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, a ottenere che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come l’assassinio del Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza».
Chi lancia sassi contro la polizia si becca cinque anni di galera, e invece Andreotti siede in Senato e solo per un caso non è diventato a suo tempo presidente della repubblica. Nella sua storia è leggibile il segreto dell’irredimibilità e della dimensione macropolitica del problema mafia, di là delle imposture e dei depistaggi alimentati dalla propaganda che lo spaccia come vicenda di bassa macelleria criminale. Questa e altre vicende, la corruzione e le stragi per esempio, dimostrano come sotto il velo della retorica si celino le piaghe della nazione. Quello che si compie sullo sfondo della scena rumorosa è sempre ben più grave.
«[…] i fatti che la Corte ha ritenuto provati dicono, comunque, al di là dell’opinione che si voglia coltivare sulla configurabilità nella fattispecie del reato di associazione per delinquere, che il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha, quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, a ottenere che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come l’assassinio del Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza».
Chi lancia sassi contro la polizia si becca cinque anni di galera, e invece Andreotti siede in Senato e solo per un caso non è diventato a suo tempo presidente della repubblica. Nella sua storia è leggibile il segreto dell’irredimibilità e della dimensione macropolitica del problema mafia, di là delle imposture e dei depistaggi alimentati dalla propaganda che lo spaccia come vicenda di bassa macelleria criminale. Questa e altre vicende, la corruzione e le stragi per esempio, dimostrano come sotto il velo della retorica si celino le piaghe della nazione. Quello che si compie sullo sfondo della scena rumorosa è sempre ben più grave.
Caro Amico, siamo un paese che dimentica tutto e in fretta, salvo rendere gli onori a Badoglio, Balbo, Almirante e perfino a Ciano. In questi giorni la Rai sta ritrasmettendo uno sceneggiato su Edda Mussolini Ciano (una miniserie – scrive wikipedia – che ha avuto un notevole successo, nel 2005 con 9 milioni di spettatori, 35% di share) in cui si racconta la storia della figlia di Mussolini (pensa un po’). A parte gli impressionanti (e voluti) svarioni storici della ricostruzione (perfino comico il fatto che Claude Brasseur interpreta Mussolini al matrimonio della figlia nel 1930, quando questi non aveva ancora 47 anni, ma l’attore quando l’ha interpretato aveva minimo 68 anni e anzi ne dimostrava anche di più), c’è una scena dove il bravo Massimo Ghini interpreta Galeazzo Ciano, il quale viene mostrato mentre al cinema piange commuovendosi per un film sentimentale. Tutto sommato un buon tanghero il mandante dell’assassinio dei fratelli Rosselli, tanto per dire. E le inchieste sugli oltre 5.000 gerarchi fascisti che risultati hanno dato? Alessandro Pirzio Biroli, qualcuno sa cosa combinò e come se la cavò? E Vittorio Cini, ministro fino al giugno 1943? Vi sono stati innumerevoli criminali di guerra che hanno avuto la pensione per i loro servigi con ogni annesso e connesso (anche a Rachele Mussolini fu concessa la pensione di reversibilità). E le stragi di Stato? Quanti “armadi della vergogna”!
In una certa misura, quindi, ha delle ragioni Silvio Berlusconi nell'affermare che contro di lui si sono sempre intentati processi di carattere politico. Ed anche Calogero Mannino ha delle argomentazioni valide nel sostenere la tesi di una persecuzione giudiziaria, nei sui confronti, da parte di non meglio identificati avversari politici. Se sono genericamente concorde sulla natura di classe delle sentenze di giustizia, meno lo sono, nello specifico, sulle inchieste e sulle indagini giudiziarie. In questi anni, nel nostro Paese, la Magistratura ha anche svolto, in alcune occasioni con iniziative piu' o meno individuali, un consapevole ruolo di compensazione a tale ineluttabile fenomeno storico. Per inciso chi istrui' il processo a Giulio Andreotti è oggi al centro delle polemiche per le condanne ai No TAV piemontesi. La pensione di reversibilità a Rachele Mussolini, per la quale non furono evidentemente versati i contributi dovuti, sinceramente, non mi scandalizza troppo. Lo fa e m'indigna molto, invece, chi propone l'equiparazione, ai fini pensionistici e quindi anche morali, tra i combattenti della guerra di Liberazione e quelli della Repubblica Sociale Italiana di Salò. Per conferma della confusione dei ruoli e delle idee, a sostenere questa tesi è stato, clamorosamente, un ex magistrato di insospettabile e provata fede democratica. Non ci si può fidare di nessuno.
RispondiEliminaConscrit
sì, berlusconi ha le stesse ragioni di craxi, cioè di uno beccato con le mani nella mermellata quando tutti avevano mangiato nello stesso barattolo.
RispondiEliminanon ho revocato in dubbio il fatto che B. è quello che TUTTI sanno. se fosse stato un semplice imprenditore forse sarebbe finito dentro subito, ma forse la magistratura non sarebbe stata così occhiuta. ha usato la politica per salvarsi e per salvare le sue attività sul lastrico, ma è anche uno che ha ricevuto un MANDATO per farlo (non certo dal "popolo".
chiaro che mettendosi contro le forze che sostenevano il "cambiamento" se la sia andata a cercare per quanto riguarda l'accanimento giudiziario. il rapporto, come sappiamo, tra poteri non è sempre automatico e lineare, ma dialettico
berlusconi non è più adato a un certo disegno "riformatore" che ora s'impone nel quadro strategico complessivo. non escludo però che possa avere ancora un ruolo politico sempre nel quadro della dialettica dei diversi interessi in campo
ciao
Thanks!
RispondiEliminaAnonimo.