giovedì 8 giugno 2023

Il Canale di Panama

 

La storia dello scavo del Canale di Panama che collega gli oceani Atlantico e Pacifico è emblematica di quello che in un post dell’altro giorno definivo come il paradigma dell’imperialismo americano, il modo di agire consueto degli Stati Uniti come paladini dei diritti umani e della democrazia.

L’idea di un canale interoceanico risale ai tempi dei conquistadores che individuarono nell’Istmo di Panama il passaggio più stretto dell’America Centrale. Carlo V aveva ordinato nel 1534 studi per un canale che avrebbe evitato alle navi spagnole dal dover aggirare il Sud America attraverso Capo Horn. È in Francia che il progetto prese davvero forma alla fine degli anni 1870, ossia dopo la realizzazione del Canale di Suez, costruito in dieci anni e che rese possibile quella che per lungo tempo era stata solo un’utopia.

Nel 1879, un congresso della Società Geografica di Parigi esaminò le proposte. Dopo giorni di discussioni, Ferdinand de Lesseps (1805 – 1894) diplomatico e imprenditore francese che aveva realizzato il Canale di Suez, s’impegnò a convincere i delegati a scegliere la zona più stretta di Panama e a imporre, contro il parere di tutti gli ingegneri, un progetto per un canale piano senza chiuse. Il suo costo è stimato in 1,2 miliardi di franchi (una somma mostruosa), la durata dell’opera in 12 anni. Per non far prendere dal panico i creditori, Lesseps annuncia un preventivo della metà e otto anni di costruzione. Il verme è già nel frutto.

Nel 1881 iniziarono i lavori che incontrarono mille insidie: rilievi sottovalutati, patchwork geologico, terremoto, titanico problema dello smaltimento del materiale scavato, senza dimenticare la malaria, la febbre gialla e la dissenteria che causarono ufficialmente 5.616 morti (i morti secondo una fonte americana furono al momento 22.189). Cedimenti del terreno, inondazioni e piene improvvise dei fiumi portano via attrezzature e lavoratori (vi lavorò anche il pittore Gauguin), costringono alla costruzione di giganteschi canali di deviazione o dighe di contenimento.

Il progetto si impantanò e ben presto superò il miliardo e mezzo di franchi, cioè tre volte il budget inizialmente previsto e raccolto da banche e piccoli azionisti. Vengono regolarmente emesse nuove obbligazioni, ma il loro acquisto andava esaurendosi. Di fronte all’irrealtà del progetto iniziale, gli ingegneri costrinsero Lesseps, nel 1887, a riprendere un progetto per un canale con chiuse. Ma le banche, scottate, non credono più nel progetto e gettano la spugna, portando alla rovina 85.000 piccoli azionisti. Nel 1889, la Compagnia Universale del Canale Interoceanico di Panama, fondata da Lesseps nove anni prima, dichiarò bancarotta.

Il capitale privato francese non poteva sostenere finanziariamente un simile progetto; solo il capitale pubblico francese avrebbe potuto far fronte agli impegni crescenti e imprevisti.

Poco dopo scoppiò lo “scandalo Panama”, quando la stampa rivelò che la Società aveva corrotto parlamentari e giornalisti per lanciare un’ultima emissione obbligazionaria. Tra i condannati vi furono in particolare Lesseps ed Eiffel (l’omonimo costruttore della torre).

Panama, che conosciamo oggi come uno Stato (formalmente) indipendente, nel 1903 era una provincia della Colombia. Scrive Wikipedia: “in seguito al rifiuto da parte della Colombia di concedere la gestione dell’istmo a un consorzio nordamericano, gli Stati Uniti inviarono nel territorio panamense la nave da guerra Nashville, che conquistò facilmente il territorio”.

Le cose non andarono esattamente così, almeno dal punto di vista cronologico. L’invio della nave da guerra Nashville avvenne certamente, assieme ad altre due navi, ma solo a seguito di altri fatti di fondamentale importanza.

Philippe Bunau-Varilla, direttore generale del Canale nel 1885-86 e poi supervisore dei lavori di Culebra, si rifiutò a seguito del fallimento francese di abbandonare il progetto del Canale di Panama. Cercò di convincere lo zar di Russia, elaborò un progetto anglo-francese, poi si rivolse al governo degli Stati Uniti, che avevano in progetto di scavare un proprio canale in Nicaragua (per il suo vasto lago il Nicaragua era il sito perfetto per scavare un canale con le chiuse). Con l’aiuto dei finanzieri di Wall Street e del lobbista William N. Cromwell, Bunau-Varilla riuscì a far approvare dal Congresso degli Stati Uniti la continuazione dei lavori a Panama (Cromwell versò 60mila dollari ai fondi elettorali repubblicani).

Washington tentò di negoziare con la Colombia la concessione di una striscia di territorio larga 9,5 km, ma il senato colombiano rifiutò di ratificare tale concessione (*). Come risolvere il problema? «[...] si tenne a New York una riunione confidenziale di uomini daffari interessati al Panama, di agenti della Compagnia di panama e di ufficiali dellesercito americano per trovare una via duscita» [Morison e Commager, Storia degli Stati Uniti, La Nuova Italia, vol. II, p. 551].

Nacque un movimento separatista interno alla Colombia. «Il governatore di Panama aveva consentito di farsi arrestare; lammiraglio columbiano di stanza era stato comprato perché salpasse con le sue navi; le navi da guerra americane avevano impedito che sbarcassero truppe governative per restaurare l’ordine. Trecento manovali della ferrovia e i pompieri della città di Panama avevano formato il nucleo di un esercito rivoluzionario comandato dal generale Huertas, già comandante in capo delle truppe columbiane» (cit., p. 552). Il 4 novembre 1903, fu proclamata l’indipendenza dalla Colombia e la costituzione della repubblica di Panama. 

Bunau-Varilla, un personaggio che meriterebbe un romanzo, dopo aver appoggiato gli insorti, divenne ministro plenipotenziario del nuovo Stato (non avrebbe mai più rimesso piede a Panama!). Pochi giorni dopo, 18 novembre 1903, venne firmato il trattato Hay-Bunau-Varilla che convalidava lo stato di fatto. Il 4 maggio 1904, la New Panama Canal Company cedette i suoi diritti e le sue attività agli Stati Uniti per soli 40 milioni di dollari.

Panama diventa un luogo chiave per il controllo dei Caraibi, e l’opera fu realizzata in una prospettiva militare. Le chiuse sovradimensionate per la flotta mercantile dell’epoca furono installate in previsione del passaggio di future grandi navi da guerra (vedi Morison e Commager, cit., p. 548).

Questa complessa vicenda ne ricorda altre di analoghe, per esempio per quanto riguarda le Filippine, ma anche una vicenda nel tempo molto più vicina a noi.

Agli Stati Uniti la nuova repubblica panamense concesse un affitto perpetuo sul terreno attorno al canale, noto come Zona del Canale di Panama. Si tratta di un’area larga 8 km su ciascun lato del percorso. L’area ospiterà una grande guarnigione americana. Una situazione di colonia americana, come è l’Italia dal dopoguerra. La zona fu abolita nel 1979 e Panama acquisì il controllo del canale nel 1999. Nel frattempo ci fu l’invasione americana, con Operazione “Just Cause” (per i nomi sono imbattibili) contro il capo militare Manuel Noriega, già agente della CIA, ufficialmente per proteggere la neutralità del canale. Leggere la biografia di Noriega può essere altamente istruttivo, sia in generale che per quanto riguarda il “cortile di casa” degli Stati Uniti.


(*) «Il recalcitrare della Columbia imbestialì Roosevelt. “Quegli spregevoli piccoli esseri a Bogotà dovrebbero capire quanti bastoni stanno mettendo fra le ruote e come stanno danneggiando il loro stesso futuro” scriveva; un po' più tardi confessava a Hay [segretario di Stato]: non ritengo che bisogni lasciar quella masnada di ostruzionisti di Bogotà liberi di sbarrare permanentemente una delle vie maestre della civiltà”» (cit., vol. II, p. 551).

P.S. : Nel 2006 è stato votato un progetto di espansione titanico del Canale, da 5,5 miliardi di dollari. Dieci anni dopo sono state inaugurate le nuove chiuse. Il responsabile del porto del Canale ha dichiarato: “Ora possiamo ospitare il 95% della flotta mondiale, con nuovi carichi che richiedono grandi volumi come il gas naturale liquefatto”.

5 commenti:

  1. Grazie per questo articolo, come sempre tristemente gradevolissimo.
    Ricordo che i Panamensi commemorano ogni anno l'eccidio (oltre 2000 vittime) dell'89 e non la loro "liberazione" da Noriega, personaggio che la propaganda yankee seppe tramutare nella macchietta Faccia d'ananas prima di rimuoverlo.
    (Peppe)

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  2. Come Peppe, ti ringrazio per l'articolo, ben scritto e documentato.
    È sempre un piacere.
    Dario

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    1. L'incoraggiamento serve. Grazie ad entrambi

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    2. I suoi scritti sono spesso (non sempre; chiedo venia anche per quel "tristemente") amari per il tema scelto ma necessari.
      Il giornalista argentino Horacio Verbitsky sosteneva che "il giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole che si sappia; il resto è propaganda". Lei fa giornalismo anche quando parla di Storia. Grazie ancora.
      (Peppe)

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