mercoledì 29 marzo 2023

La talassocrazia americana si prepara alla guerra

 

«Abbiamo 56 navi in costruzione e altre 76 sotto contratto», ha dichiarato ieri l’ammiraglio Michael M. Gilday, capo delle operazioni della Marina degli Stati Uniti, in un’audizione della sottocommissione per la difesa degli stanziamenti del Senato.

L’USS Nevada, sottomarino a propulsione nucleare di classe Ohio che trasporta 20 missili balistici Trident e dozzine di testate nucleari.

La politica internazionale degli Stati Uniti, dal dopoguerra fino ad anni recenti, ha perseguito l’obiettivo di rendere gli altri Stati o simili, facendoli adottare un regime modellato a immagine e somiglianza di quello statunitense, oppure inoffensivi, cioè meramente allineati con la loro egemonia o quantomeno neutrali rispetto ai suoi interessi strategici.

Si cominciò con la democratizzazione dall’alto di Germania e Giappone (1945-51); il sostegno al governo greco nella guerra civile (1946-49); ingerenze in favore della Democrazia cristiana in Italia (1948); i golpe in Perù e Venezuela (1948), quindi il sostegno all’ingresso della Nato di Portogallo (1949) e Turchia (1952).

Sovvertimento dei governi eletti in Iran (1953) e Guatemala (1954); sostegno a Diệm in Vietnam del sud (1954-61); intervento in Libano 1958; organizzazione e sostegno all’invasione di Cuba (1961); collaborazione con le dittature anticomuniste del sud-est asiatico (1961-63); sostegno al golpe militare contro Diệm (1963).

Operazione Power Pack nella Repubblica domenicana (1965-66); collaborazione con le dittature anticomuniste del sud-est asiatico (1963-69); supporto all’instaurazione del regime dei Gorillaz in Brasile (1964); golpe in Argentina (1966); sostegno al golpe in Cile (1973); patrocinio della CIA all’operazione Condor (1973); riconoscimento del governo argentino di Videla (1976); sostegno alla giunta militare di El Salvador (1979-80); operazione Urgent Fury a Grenada (1983); sostegno al Contras in Nicaragua (1981-89).

Il seguito è abbastanza noto.

Veniamo all’oggi: la Cina non è assimilabile agli Stati satellite di Washington, né alle potenze che possono essere rese inoffensive. La RPC è un competitore a tutto campo, un nemico mortale. La strada è obbligata: la guerra.

Il massiccio riarmo di cui ho dato conto in apertura fa parte di un piano della marina statunitense per avere un totale di 373 navi con equipaggio (347.000 marinai) e 150 senza equipaggio, rispetto alle 296 attuali.

La Marina militare è la componente più importante nello scacchiere del Pacifico, non da oggi.

La Cina ha attualmente due portaerei operative, entrambe alimentate a diesel: la Liaoning e la Shandong, e una terza, la Fujian, che forse ha completato la fase di allestimento; una quarta portaerei è in fase di costruzione nel cantiere di Jiangnan (dodici anni fa ho scritto un post sulla flotta subacquea cinese che può ancora offrire un’idea di questa forza navale).

Gli Stati Uniti hanno una flotta che conta, tra l’altro, 11 portaerei a propulsione nucleare, che possono trasportare più di 1.000 aerei d’attacco, superando il numero complessivo di aerei d’attacco trasportati dalle marine di tutte le altre nazioni, più di 70 sottomarini, cui s’aggiungono 300 elicotteri, il corpo dei Marines (204.000 unità), una fitta rete di basi e punti di appoggio, alleati e partner in tutto il pianeta blu.

Il budget della sola Marina militare per l’anno fiscale 2024 supera i 250 miliardi di dollari, con un aumento di 11 miliardi di dollari rispetto all’anno precedente, con 32,8 miliardi di dollari nel solo anno fiscale 2024 per l’acquisizione di 9 mezzi navali, incluso un sottomarino con missili balistici classe Columbia, due sottomarini d’attacco di classe Virginia, due cacciatorpediniere di classe Arleigh Burke, due fregate di classe Constellation.

Nell’anno fiscale 2025, la Marina prevede di acquistare altre sette navi, tra cui due sottomarini, due cacciatorpediniere, una fregata, una nave di sorveglianza oceanica e una super nave da sbarco.

L’ammiraglio Samuel J. Paparo, comandante della flotta del Pacifico, ha affermato che «La Marina sta radunando in questo momento circa 300 navi, e ci sono circa 100 navi in mare in questo momento in tutto il mondo».

Tanto per chi avesse ancora dei dubbi a riguardo delle intenzioni degli Stati Uniti.

3 commenti:

  1. Non c'è nessuno che ha quei dubbi, oppure è in malafede.
    Pietro

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  2. L'unica vera speranza, per il mondo intero soggiungo, è che proprio negli States si inneschino vere e proprie rivolte, determinate dalle fortissime sperequazioni presenti nel paese.
    I prodromi ci sono tutti io penso, e la cosa non viene fuori solo perché gli USA sono uno stato ferocemente poliziesco.
    In Francia pure sta avvenendo ciò, ma se succede negli States sarà un maremoto epocale.
    Saluti

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  3. 🇦🇹 I deputati del Partito della Libertà
    dell'Austria (FPÖ) hanno abbandonato l'aula
    parlamentare durante la trasmissione del
    discorso del Presidente naziucraino Vladimir
    Zelensky.

    Non appena ha iniziato a parlare, i deputati
    dell'FPÖ si sono alzati e hanno lasciato la sala
    dove si riuniva la Camera bassa. Dei cinque
    partiti presenti in Parlamento, l'FPÖ è al terzo
    posto per numero di seggi nella Camera bassa.
    In precedenza, il leader del partito Herbert Kickl
    si era espresso contro il discorso del fantoccio
    Zelenski.

    "È triste che l'FPÖ sia l'unico partito in
    parlamento a prendere sul serio la nostra
    incrollabile neutralità e quindi a sostenere la
    pace", ha commentato il leader del partito.

    I deputati che hanno lasciato la sala hanno
    lasciato sulle loro scrivanie piccoli manifesti
    con il logo del partito e i cartelli "Luogo per la
    neutralità" e "Luogo per la pace".

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